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Autore: Minga Donquixote    23/05/2016    4 recensioni
«Sei incredibile!» Si lamentò lei, tornando a sedersi sul pavimento e afferrandogli una mano. «Vuoi pure che ti racconti una fiaba per bambini?»
Cutler la guardò minaccioso e strinse forte la mano, facendola gemere di dolore. «Sei insopportabile.» le sibilò.
«Faccio del mio meglio.» ribattè lei, testarda.
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Era sicuramente un incubo il posto in cui era capitata la giovane Eris Gallese. Parrucche incipriate, lotte di pirati, dannati corsetti e no docce saponate.
Quando non si studia la storia, ci si trova impreparati.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Norrington, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: It's Just a Good Business 
Autore: Minga (Lady) Donquixote
Pairing: Het, Beckett/OC 
Disclaimer: Tutti i diritti a Jerry Bruckheimer. L'unico personaggio che mi appartiene è Eris Gallese.
Avvertenze: Cutler Beckett non è un CATTIVO personaggio nella fiction. Sarà il solito narcisista bastardo ma se siete abituati alle classiche fanfiction con Cutler che picchia a destra e manca e sfrutta giovani fanciulle questa fanfiction non fa per voi. Potrei sembrare di andare fuori personaggio poichè vedo Beckett non solo sotto un punto di vista negativo ma anche positivo data la storia che precede il primo film "Pirati dei Caraibi - La Maledizione della Prima Luna". La fiction sarà molto comica, non si andrà troppo sul romantico ma è possibile che salti all'occhio la possibile coppia centrale.
Detto questo vi auguro buona lettura e le recensioni, sia positive che negative, sia corte sia lunghe, sono ben accette.

Capitolo 1. Strani Armadi dalla Giamaica
 
Il campanello suonò prima una volta, poi due, poi tre, finchè una giovane ragazza dai capelli lisci e mori decise finalmente di fare la sua apparizione.
«Si?»
La mora guardò il ragazzo delle consegne con occhio indagatore poi fece scorrere lo sguardo sull’enorme pacco dietro di lui.
«Ho una consegna a questo indirizzo»
«In realtà aspettavo delle pizze ma ok, di cosa si tratta? E’ sicuro di non aver sbagliato? I miei genitori non mi hanno avvertito di nessuna eventuale consegna. Soprattutto di un pacco così grande.» sospirò lei, poggiandosi contro la porta, con aria stanca.
«Qui mi dice: consegna alla Signorina Gallese Eris. E’ suo o no? Mi ci sono volute 2 ore per trovare questa strada.» disse fattorino, cominciando ad innervosirsi.
La ragazza parve agitarsi sotto lo sguardo scocciato dell’uomo e decise che era meglio toglierselo di torno il prima possibile, in linea di massima avrebbe chiamato il venditore e fatto ritornare indietro.
«Beh, Eris sono io…quindi va bene. Lo può mettere qui, poi ci penserò da me»
Si scansò per far passare l’uomo con l’enorme pacco. Ci volle un po’ per farlo passare attraverso la porta, quel coso era enorme.
Dopo aver firmato ed essersi liberata dell’uomo irritante, Eris prese a sondare attentamente tutto il pacco, cercando di capire di cosa si trattasse.
Il pacco proveniva da un paese della Giamaica. Si chiese come avesse fatto quel coso a finire in Italia dalla Giamaica senza che nessuno l’avesse ordinato o richiesto. Il destinatario inoltre si leggeva veramente male, ma un simbolo chiaro brillava sulla carta lucente.
Un simbolo strano eppure familiare con quattro lettere: EITC.
No, non poteva sbagliarsi.
«Che diavolo ci fa qui un pacco dei “Pirati dei Caraibi”? Ricordo di non aver comprato mai nulla…»
Forse aveva fatto per sbaglio l’acquisto e non se ne era resa conto. Questa era a volta buona che suo padre l’-
Il campanello suonò per l’ennesima volta.
«Oh, finalmente le pizze.»
E ovviamente l’enorme pacco nero rimase dimenticato nel salone.
Beh, fino a quando non rientrarono i genitori della ragazza.

Quella stessa sera, dopo la tremenda discussione con i genitori, il pacco, che si rivelò essere un armadio, fu portato nel salone secondario.
Avendo una casa spaziosa spostare l’enorme pezzo di legno antico non fu difficile.
Quella stessa sera Eris, con una maglietta a maniche corte e dei pantacollant indossati velocemente, si trovò davanti a quel grande oggetto, accarezzando con la punta delle dita la superficie liscia e scura. Curiosa decise di azzardare ad aprire le ante, rompendo il materiale che l’avvolgeva e impediva di aprire, e l’interno la sbalordì.
Vi erano vestiti. Tanti vestiti.
Un’occhiata più da vicino e realizzò che erano completi del XVI secolo o giù di lì. Aveva sempre odiato la storia.
Con un sorrisetto decise di avventurarsi ancor più in là, cercando di vedere se trovava qualche strano completo o qualche vestito a mo’ di principessa.
Ma più scostava vestiti e più tendeva ad entrare nel grande armadio.
«Ma va, che si va a Narnia adesso?» ridacchiò.
Quando entrambi i piedi coperti dalle scarpe da ginnastica furono all’interno del mobile, le ante si chiusero brutalmente e dallo spavento Eris fece un paio di passi indietro finché non sentì più la terra sotto di se e, senza alcun preavviso, cadde verso il basso.
Le urla perse nel profondo buio.

Durante quella che gli parve essere ancora la caduta nel vuoto si susseguirono una serie di rumori.
Prima una serie di colpi da sparo. Urla. Onde che si infrangevano contro qualcosa. Cozzare di ferri. Parole confuse.
Poi il silenzio, ma questo durò poco. Un nuovo rumore, solo quel rumore, si presentò ogni volta.
Un continuo tamburellare su un oggetto vuoto, producendo un rumore singolare.
Eris immaginò tre dita toccare uno dopo l’altro la superficie morbida di una scrivania e sorrise al pensiero.
Il rumore cessò di colpo e ricominciò solo parecchio tempo dopo.
Non capiva. Non vedeva.
Voleva capire. Voleva vedere.
La ragazza aprì lentamente gli occhi, la luce del sole era forte sul viso e lo sentiva bruciare.
Cercò di non affaticarsi troppo, si sentiva esausta, e prese soltanto a muovere il capo intorno a se. Guardandosi intorno.
Era in una stanza. Una grande stanza beige chiaro.
C’era una scrivania proprio davanti al letto e una sedia era stata sistemata proprio alla sua sinistra, accanto al suo corpo disteso.
Eris constatò di trovarsi su un letto, le lenzuola erano morbidissime sotto i suoi palmi e sentiva che se si fosse mossa sarebbe sprofondata in quel materasso comodissimo.
Ma oltre alla vista aveva acquisito anche un altro senso, a quanto pareva.
Un forte odore di salsedine le invase le narici facendola sospirare di piacere come l’aria penetrò nei polmoni donandogli una sensazione confortante.
Ma la cosa che attirò la sua attenzione era proprio da dove proveniva il forte odore e il vento fresco.
Le tende erano tirate da parte e la bellissima vista di un balcone le si presentò davanti, al dì là il mare.
Un mare blu immenso e brillante.
Già, le era sempre piaciuto il mare…
Aspetta, il mare?
La sorpresa e la realizzazione improvvisa di non trovarsi sul SUO letto e nella SUA stanza prese possesso del suo essere e saltò immediatamente a sedere, agitandosi e tentando di uscire da quell’ammasso di coperte.
Quando toccò terra con la punta dei piedi realizzò di essere scalza, o meglio, praticamente quasi nuda.
Indossava solo una lunga veste bianca, con pizzi rosa ridicoli intorno.
«Ma che diavolo-?!»
Qualcuno l’aveva spogliata. Privata anche…delle mutandine.
Li avrebbe uccisi. Tutti.
Avvistata la porta si lanciò con tutta la sua rabbia verso di essa e la aprì di colpo.
Un lungo corridoio le comparve davanti e senza pensarci cercò un modo per uscire da quel posto.
Non fece caso né a quadri né a domestiche che vedendola si erano perfino messe a gridare.
Eris era talmente impegnata a cercare una via di fuga, preoccupata del luogo sconosciuto in cui si era ritrovata, che non ricordò nemmeno il percorso che aveva fatto.
Fatto sta che, senza rendersene conto, si ritrovò in un qualche giardino pieno di cespugli di rose, gigli e chissà quale altro fiore che le stava dando la nausea.
«Mi hanno rapita! Non c’è nient’altra spiegazione…»
Dopo aver girato l’angolo della casa la visione più orribile che potesse immaginare le capitò davanti agli occhi.
Una donna robusta e dall’aspetto burbero teneva davanti un paio di scarpe bianche della Nike e sotto di se un fuoco ardente che scoppiettava felice per il pasto in arrivo.
Con un grido a dir poco disumano Eris si lanciò sulla donna e afferrò le scarpe dalle sue mani e quasi prese a ringhiarle contro.
Colta di sorpresa la donna aveva guardato la ragazzina come fosse un animale pericoloso pronto ad azzannarla al collo e tutto l’aspetto burbero e severo scomparve all’improvviso mentre scappava via, le braccia in alto.
La Gallese, quando capì che il pericolo era passato, si lasciò cadere a terra e coccolò le sue scarpe, felice che non fossero finite in pasto al fuoco cattivo.
Dopo pochi minuti, il rumore di molti passi prese ad avvicinarsi al luogo in cui era rimasta seduta e in quattro e quattr’otto si ritrovò circondata da circa 7/8 militari in tuta bianca e rossa.
«Ecco, Mio Signore. E’ uscita dalla camera ma nessuno ha notato nulla»
Eris deglutì sonoramente guardando tremante i curiosi fucili con coltelli affilati in punta.
Dovevano essere baionette.
«Com’è scortese da parte vostra gironzolare per casa altrui, Miss»
Quella voce.
La mora prese a girarsi intorno e quando si aprì uno varco tra i corpi dei soldati strabuzzò gli occhi.
Un omino, vestito di tutto punto, stivali di pelle nera e una parrucca bianca la fissava con sguardo attento e quasi divertito.
«M-m-ma tu…tu…»
L’uomo alzò un sopracciglio e distese le labbra in un sorriso parecchio tirato.
«Io cosa, Miss?»
«Ma tu sei-!»
Si alzò in piedi, incurante delle lame che le sfioravano la pelle e si avvicinò velocemente al parruccato.
L’uomo parve agitarsi quando la vide avvicinarsi così velocemente e sentendosi minacciato, sistemò la mano sull’elsa della spada, pronto a sfoderarla al minimo accenno di pericolo.
Ma questo non arrivò.
La ragazza si fermò a pochi passi da lui ed essendo una decina di centimetri più alta si abbassò a guardarlo negli occhi. I nasi quasi a sfiorarsi.
«Non è assolutamente possibile.»
Lo aveva detto con uno strano sguardo in quegli occhi marrone scuro. Una piccola fiamma brillava al loro interno, l’uomo poteva avvertirlo.
«Cutler Beckett! NON. CI. CREDO. SEI IDENTICO!» urlò, rialzandosi e sovrastandolo, tenendo ancora strette al petto le scarpe da ginnastica, quasi fossero un pupazzo di peluche.
A quel punto, l’uomo non poté fare altro che constatare che la giovane aveva battuto un po’ troppo forte la testa dopo la caduta.
«E’ Lord, in realtà.»
«E lo dici anche nel suo modo carino!» squittì lei guardandolo con un sorriso a trentadue denti.
Cutler la guardò con i suoi intensi occhi color del ghiaccio, quasi annoiato, e fece cenno alle guardie di abbassare le armi con un gesto della mano e quasi distrattamente notò gli sguardi che gli uomini lanciavano alle cosce nude della ragazzina.
«Miss, non è consono andarsene in giro per un maniero. Soprattutto se accolta gentilmente e in condizioni decisamente NON adatte» e lanciò uno sguardo in basso.
Eris, dopo essersi ripresa, seguì lo sguardo del più basso e sorrise.
«Beh, divertente ragazzi ma ora ridatemi i miei vestiti.»
«I tuoi vestiti sono laceri, ragazzina. Ho dovuto bruciarli. Le condizioni in cui ti trovavi…credevo fossi affetta da lebbra o che so io.» intervenne la donna burbera che all’inizio voleva giustiziare le sue scarpe.
Dopo quello che parve un minuto di intenso silenzio, il viso prima steso in puro shock venne sostituito da uno più rilassato e le labbra formarono un sorriso. Senza preavviso, Eris scoppiò a ridere.
«Si…certo…come dici tu!» e continuò a ridere finchè non si stabilizzò di nuovo e fece per asciugarsi le finte lacrime di ilarità al lato degl’occhi. «Ma ora basta scherzare. Seriamente, ridatemi i miei vestiti.»
Tutti tacquero.
Cutler parve leggermente preoccupato da quell’attacco improvviso. Forse aveva davvero ripescato una matta.
«Ehi, mi avete sentito?! Lo scherzo è bello quando dura poco!» inveì, guardando prima i soldati, poi la donna e infine il presunto Beckett.
«Nessuno sta scherzando, Miss. Siete caduta improvvisamente dal cielo su uno dei miei Ammiragli nel bel mezzo di una battaglia ed eravate gravemente ferita.» rivelò senza mezzi termini, lo sguardo freddo e indagatore che le trafiggeva l’anima.
«I pirati catturati hanno sostenuto di non avervi mai vista, e che non eravate, quindi, una loro compagna. Tutto quello che ho fatto è stato portarvi qui, a Port Royal e far curare le vostre ferite da-»
«ASPETTA ASPETTA ASPETTA, COSA?! PORT ROYAL?» urlò nuovamente facendolo sobbalzare e sospirare irritato. Gli stava distruggendo i timpani con quegli urli improvvisi. «Tu menti…»
Il Lord scoccò la lingua contro il palato e la guardò con superiorità nonostante l’altezza.
«E da cosa ne trarrei vantaggio, scusate?»
Non seppe rispondere a quella domanda così ovvia.
Ma era decisamente impossibile.
Cadere lì? Nel bel mezzo della battaglia?
Ricordava di essere precipitata ma…forse era un sogno. Forse aveva sbattuto forte la testa contro qualcosa ed era entrata in coma perenne? Si, non c’era altra spiegazione.
Stava sognando.
«Dammi un pizzicotto!»
«Cosa?» l’uomo sgranò gli occhi e la guardò con la bocca leggermente aperta.
«Un pizzicotto!» sospirò lei e senza aspettare che lo facesse lui chiuse velocemente le proprie dita intorno alla carne nuda del braccio e strinse forte.
Con un urletto chiuse forte gli occhi e sorrise.
“Quando riaprirò gli occhi sarò a casa, proprio davanti a quell’enorme armadio”
Ma nemmeno a dirlo, quando li riaprì si trovò davanti gli occhi grigi di Cutler che la guardava con un sorrisetto di scherno.
«Ho bisogno delle mie caramelle…» singhiozzò tirando su col naso, pronta a perdersi in urla e pianti. «ADESSO!»


 
  
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