Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Alsha    16/06/2016    3 recensioni
|Lockwood and co!AU|
Tenete d'occhio questi giovani talentuosi, presto leggerete il loro nome ovunque. Con la loro abilità nulla li potrà fermare.
Non sono ancora i migliori, ma presto lo saranno. Di chi parlo?Ma è ovvio!
Della Mandrake and Co!
La caccia ai fantasmi è il loro mestiere.
Genere: Dark, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bartimeus, Kitty Jones, Nathaniel, Tolomeo
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ultima pubblicazione pre-pausa estiva, per lasciarvi contenti. E per fare un regalo a Fauna, che se lo merita u.u
Buone vacanze a tutti!
 
EDIT 06-03-23: ho dato un'aggiustata alla formattazione e ad un paio di frasi
EDIT 08-03-23: ho postato la traduzione in inglese per la Bart prompts week 2023 - giorno tre "fright"

 
 
BOOM!
-breve introduzione alla gloriosa vita di me medesimo, Bartimeus Sakhr-
 
 
Stava calando la sera.
 
Le stelle sorgevano delicate a oriente, mentre il sole ancora tingeva il cielo con morbide pennellate rosso sangue, una lieve brezza muoveva i rami spogli degli alberi…
 
E io non avevo un dannato posto dove andare a dormire.
 
Certo, sarei potuto andare a rompere per l’ennesima volta le scatole al prof, ma non volevo passare una serata (Un’altra serata, in realtà.) a sentirmi dire che dovevo rassegnarmi e trovarmi un altro lavoro.
 
Il mio lavoro era perfetto!
 
Tra gli Agenti migliori, con la miglior Vista di tutta Londra, del tutto sprecato per quella tana di idioti della Gladstone (Che, a riprova della loro stupidità, non mi hanno tenuto con loro. Perché mi sono licenziato io, ci tengo a sottolinearlo.), senza contare la mia bellezza e il mio indiscutibile senso pratico.
 
Ma come avevo avuto modo d’imparare, bellezza e senso pratico non servono a niente con degli idioti che ti comandano, e che ritengono i tuoi Talenti inaffidabili visto che sei ormai alla soglia dei ventiquattro anni (Ventisei, adesso, mi hanno- mi SONO licenziato due anni fa.) e la maggior parte degli Agenti perde i suoi talenti verso quell’età.
 
La maggior parte, appunto! Ma figurati se quelli hanno voluto sentire ragioni.
 
Colpa di tutte le nuove normative introdotte da quell’imbecille di Deveraux, il nuovo proprietario, che da quando è subentrato al socio ha smantellato praticamente tutto il sistema ideato cinquant’anni fa da Gladstone (Pace all’anima sua, sperando che almeno lui rimanga nella sua tomba.).
 
Tornando a noi, stavo bazzicando per le strade ormai buie di Londra, bardato di tutto punto con stocco e lampi al magnesio di mia invenzione alla cintura, giubbotto di pelle pressoché disintegrato dalle mie numerose avventure e una fame che mi sarei mangiato mio fratello se solo ne avessi avuto uno (Ma non lo avevo, il che lo rendeva estremamente fortunato.). Mi aspettavo un Visitatore ad ogni angolo, pronto ad aggredirmi, per questo scivolavo sotto i lampioni antifantasma ogni qualvolta che potevo.
 
Forse era il caso di andare ad un rifugio per senzatetto, o cercare di raggiungere la casa del professore prima che arrivasse la mezzanotte e i fantasmi si riversassero in quantità per le strade, fattosta che continuai a ciondolare come l’emerito deficiente che divento se sono a corto di cibo, accodandomi con discrezione ai gruppi di bambini delle ronde notturne.
 
Provavo una certa empatia per quei bambini, dato che anche io, appena arrivato a Londra, avevo fatto parte di quei gruppi di disperati che pur di portare il cibo a casa rischiavano la vita tutte le notti per privati troppo tirchi da volere Agenti addestrati come si deve.
 
Io ero stato relativamente fortunato, quando mi avevano preso alla Gladstone nonostante l’età (Come già detto, tutto merito del senso pratico e dei miei meravigliosi occhi neri.) ma per la maggior parte le ronde notturne continuavano a trascinarsi nelle tenebre come loro solito.
 
A ben pensarci, c’era anche la baracca di Queezle sul Tamigi, dove l’acqua corrente avrebbe annullato l’effetto delle Sorgenti che giacevano sul fondo del fiume, ma era pieno inverno e l’umidità avrebbe potuto uccidermi, lì sotto.
 
Quindi, non restava che ciondolare nelle zone già disinfestate, trovare una bella panchina di ferro e sonnecchiarci fino a mattina sperando di sopravvivere. Lo avevo già fatto, era meglio di niente e tra panchina e stocco i Visitatori tendevano a starsene lontani.
 
E poi cercavo sempre luoghi in cui le emanazioni metapsichiche (chiarori di morte e Sorgenti) non c’erano. La mia Vista era tanto buona che riuscivo a passare nottate indenni senza problemi (Quasi sempre. È da ricordare una nottata di qualche anno fa, in cui mi svegliai con una Vergine di Gelo ai piedi della panchina e le emanazioni mi bruciarono la suola delle scarpe da ginnastica. Dovetti comprarne un altro paio, che mi costò un piccolo patrimonio, motivo per cui ho eletto le Vergini di Gelo mie peggiori nemiche dopo Faquarl.), ma anche il motivo per cui dovevo tenermi lontano dai cimiteri se non avevo con me i miei occhiali da sole.
 
Come in quel momento, ad esempio, in quel vecchio cimitero di quartiere, con le lapidi talmente addossate le une alle altre che sembravano brufoli sulla faccia di un adolescente e un adolescente talmente addossato al capanno del custode da sembrare muschio su una lapide.
 
Quasi lo avevo scambiato per un morto, tra tutti gli spettri che si erano aggrappati alle loro ossa nelle loro bare e quella luminosità ultraterrena che faceva brillare il camposanto come illuminato a festa, poi avevo riconosciuto lo stocco e le catene per terra.
 
Oh, e anche il fantasma che tentava di dargli un caldo abbraccio.
 
Feci una cosa stupidissima.
 
Raggiunsi la cancellata e mi tuffai oltre la grata aperta (È buona norma lasciare sempre una via di fuga all’Agente. E per quanto quel marmocchio sembrasse più uno spolverino che un Agente, aveva  rispettato questa norma base, per sua fortuna.).
 
Corsi veloce come facevo da piccolo per le strade di Baghdad dopo aver rubato qualcosa al mercato, ma qui non c’era l’odore di spezie e terra scaldata dal sole, il calore estivo sulla pelle e le vecchiette che lanciavano improperi quando, scalzo e impolverato, gli tagliavi la strada.
 
Ero a Londra, con il suo carico di spettri tristi e malinconici, l’aria umida e la brezza invernale sulla pelle.
 
E un Ossa Nude davanti a me.
 
– LEVATI!
 
Il ragazzino si riscosse, si guardò attorno senza nemmeno vedermi e poi, improvvisamente, si gettò di lato.
 
Il fuoco greco esplose sotto il  fantasma, una Deflagrazione delle mie migliori, con una combinazione di magnesio e argento che attendevo di brevettare.
 
Il contraccolpo mi spinse indietro, e scaraventò il ragazzino lontano di due metri in un groviglio di catene e stoffa. Mentre il fumo dell’ordigno si dissolveva e il magnesio continuava a brillare sul fondo del cratere nel terreno, mi si aprì sul volto un sorriso estremamente affascinante.
 
Peccato non ci fossero giornalisti sul posto, avrei fatto la mia bella figura, al contrario del marmocchio, che cercava di districarsi dalle catene e dalla sua giacca senza riuscire a guadagnare un centimetro, fissando alternatamente le manifestazioni che si dissolvevano o si allontanavano e me, che ghignavo di rimando.
 
– Che c’è, vuoi una mano?
 
 
– Sa di risciacquatura dei piatti. – sentenziai, stendendo le gambe sul divano e fissando critico la tazza di the.
 
Dalla poltrona di fronte Nathaniel mi guardava male, malissimo anzi. Il suo debito nei miei confronti gli impedì di lagnarsi.
 
Mi aveva ospitato per il resto della notte, offerto la colazione e anche concesso di farmi una doccia a casa sua, che non era poco, ma adesso non vedeva l’ora di buttarmi fuori. E io non vedevo l’ora di rimanere.
 
– Senti, ragazzo. – iniziai, diplomaticamente come mio solito – Tu gestisci un’Agezia e sei solo come un cane, io ho bisogno di lavoro e sono un ottimo Agente, quindi da oggi lavoriamo assieme. – mi alzai per andare a mettere la tazzina nel lavabo – Devo recuperare un paio di cose da un amico, ma da oggi pomeriggio mi trasferisco qui, mi farebbe piacere trovare la stanza sgombra dai tuoi peluche.
 
Io non ho dei peluche! – strillò stizzito, con il tono di voce solitamente riservato ai fischietti per cani – E che cosa ti fa credere che io abbia intenzione di assumerti?!
 
– Il fatto che ti ho salvato la vita. – sciacquai le mani nel lavabo – E che cerchi soci.
 
– Sì, ma non è detto che cerco te. – brontolò – Quali sono le tue referenze?
 
Spalancai la bocca.
 
Io dare delle referenze a te? Tu hai bisogno di me come l’acqua! Io ho lavorato per la Gladstone e per le industrie di Salomon King! Lo stesso King potrebbe riferirti grandi cose sul mio conto! Ho posto fine all’infestazione di un intero cimitero a Praga solo con uno stocco e un lampo al magnesio difettoso! E tu credi di non volermi come socio?
 
 
Non mi volle.
 
Almeno, all’inizio.
 
Mi ci vollero due settimane di stalking per convincerlo che senza di me era perso. Lo presi per esasperazione, immagino, ma quello che conta sono i fini, non i mezzi.
 
Stabilii la mia base operativa nel seminterrato, in un angolo che venne subito rifornito di barattoli di magnesio, limatura di ferro, polvere d’argento e altre cose tendenzialmente letali per i fantasmi e (in caso di esplosione) per qualsiasi altro essere vivente nei pressi.
 
Avevo causato due esplosioni accidentali nei primi tre giorni. Colpa della lavatrice che aveva iniziato a centrifugare qualche metro più in là, dato che il seminterrato (vedi anche zona allenamenti, vedi anche laboratorio e vedi anche lavanderia) era un’accozzaglia di quasi tutto quello che non stesse ai piani superiori (adibiti rispettivamente a cucina e biblioteca/salotto, camere da letto e sottotetto, per amor di precisione).
 
A quasi un mese di distanza dal nostro primo incontro, ci eravamo parlati sì e no una decina di volte, perlopiù quando cercava di cacciarmi dal giardino davanti a casa o dovevamo andare in qualche missione.
 
Il nostro regime di reciproca sopportazione, nonostante tutto, lavorava bene, le missioni finivano tendenzialmente con il compenso versato sul nostro conto corrente e con un vassoio di biscotti comprato all’angolo da quella piattola di Simpkin.
 
Per il resto, le nostre interazioni si riducevano a “passami il sale” “prenditelo”. Così, mentre Nathaniel si imboscava nei suoi libri polverosi, io me ne andavo nel mio rifugio preferito.
 
 
Suonai alla targhetta del Professor Button come avevo già fatto molte volte, e come molte altre volte mi aprì un quindicenne egiziano pelle e ossa, con i capelli ricci e corti un po’ arruffati e un maglione troppo grande per lui.
 
Rimanemmo lì a fissarci un po’.
 
– Allora, Tolomeo, mi fai entrare o no?

 
 
  
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