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Autore: Jamin_a    16/06/2016    2 recensioni
"Tranquilla zucchero" Si alzò dalla poltrona e, avvicinandosi a lei, la sovrastò con la sua altezza.
"Non sarò di certo io a infrangere i tuoi sogni di gloria da stupida capitolina"
Disse aspramente, fissandola negli occhi e facendosi serio.
[...]
"Ma tu ..." Continuò l'uomo sfiorandole le dita con cui lei teneva ancora stretto il collo della bottiglia.
".. Devi tenere giù le mani dal mio alcol" concluse secco, rubandole l'oggetto dalle mani.
Haymitch fece un passo indietro, sorridendo soddisfatto.
Effie rimase immobile a guardarlo andar via.
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piccola raccolta di momenti Hayffie
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“Ho sentito dire che dopo più di vent’anni nel ruolo di mentore finalmente Haymitch Abernathy ci degna della sua presenza” Disse sarcastica, chiedendosi anche lei cosa avesse spinto il mentore ad essere presente quella sera. Forse era riuscito a capire quanto fosse da maleducati non presentarsi mai a quella festa, ma non sembrava molto da Haymitch fare una cosa del genere, anzi, era molto più probabile che fosse talmente ubriaco da aver preso il treno ed essersi trovato a Capitol City per sbaglio.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si, sono dinuovo qui nel giro di pochi giorni. 
Merito, o meglio colpa, di _Gia che non conosco, ma le sue splendide parole e la sua favolosa energia da hayffie shipper mi hanno fatto venire voglia di scrivere un altro capito, che perchè non risultasse troppo lungo rispetto agli altri, ho deciso di divdere in tre parti, che ovviamente pubblicherò a breve. 
Quindi ovviamente questo capitolo è dedicato a lei, che ringrazio moltissimo, spero di non deluderti.
Comunque, spero di non aver sfociato troppo nell'OOC (il mio peggior nemico) sopratutto nelle parte 2 e 3 del capitolo, nel caso fosse successo mi spiace, ma ero troppo "presa bene" per cambiare l'evoluzione della storia. Quindi, tornando a noi, spero vi piaccia, come al solito le recensioni sono sempre ben accette ; )
Buona lettura


Al diavolo le buone maniere, pensò Effie mentre spalancava la porta della camera adiacente alla sua, sul treno diretto verso Capitol City. 
Era la stanza di Haymitch, erano le due di notte e lo aveva sentito urlare, urla strazianti, cariche di paura e di dolore. 
Poteva essere successa qualsiasi cosa, doveva accertarsi che Haymitch stesse bene. 
Quando entrò lo vide sudato, seduto sul letto, mentre respirava affannosamente, come se avesse appena finito una maratona. 
Lui si voltò di scatto quando la vide entrare e la sua mano corse istintivamente al coltello che teneva sotto il suo cuscino.  
“Hey! Haymitch! Sono io” la ragazza si bloccò sulla porta spaventata quando si ritrovò il coltello del mentore puntato verso di lei e vide i suoi occhi grigi velati dall'odio e dalla paura, come se non fossero gli stessi occhi che lei incrociava ogni anno, da otto anni a questa parte.
Proprio in quel momento Haymitch si scosse, come se si fosse svegliato completamente solo in quel momento. 
Si guardò intorno spaesato per qualche secondo, come nel tentativo di capire ciò che fosse successo. “Scusa” disse distrattamente, ritirando velocemente il coltello dove lo aveva trovato. 
Effie si avvicinò con cautela, lentamente, come se temesse di poterlo vedere scattare ancora da un momento all'altro.  
Si tranquillizzo solo quando incrociò di nuovo gli occhi del mentore, ora li riconosceva, il suo sguardo era tornato quello di sempre. 
“Scusa ti ho svegliata” disse lui visibilmente dispiaciuto. 
“Non fa niente” rispose , andandosi a sedere ai piedi del letto, ancora scossa dall'accaduto.  
Haymitch la guardò dolcemente. 
“Domi con un coltello sotto il cuscino” constatò lei, come se solo in quel momento si fosse resa davvero conto dei danni che lasciano gli Hunger Games. 
“Abitudine” Ammise lui, rassegnato. 
Seguì un attimo di silenzio, che entrambi trovarono imbarazzante. Effie non aveva mai visto Haymitch in quello stato, si era spaventata. Invece lui sembrava già più tranquillo, come se quei risvegli fossero un abitutide.
"Volevo solo assicurarmi che stessi bene"  La ragazza sospirò. “Allora ... visto che stai bene ...”. Si guardò attorno, e si alzò in piedi "Io ..." Disse indicando la porta, lasciando la frase in sospeso.
"Effie" la fermò lui  "Ehm … Io ecco …" Si schiarì la voce  "Grazie" ammise in fine. 
Quella ragazza lo sorprendeva sempre di più, chiunque altro avrebbe detto che lei non era altro che una semplice capitolina, stupida, insensibile e vuota. Chiunque altro avrebbe detto questo di Effie perché era lei a mostrarsi così, lei sorrideva alla mietitura “è una splendida, splendida, splendida occasione” ripeteva ai suoi tributi sorridendo, augurava a tutti “Felici Hunger Games” come fosse davvero una festa, coi suoi ridicoli vestiti, quelle strane parrucche e quegli inutili strati di trucco, era la seconda volta che la vedeva così com'era, e la trovava una ragazza bellissima. Effie Trinket non era quella che si mostrava agli altri, e lui lo sapeva. La considerava quasi una bella persona, quando era sola con lui, non riusciva proprio a capire perché si nascondesse dietro quella stupida maschera.  
Effie lo guardò e gli sorrise, poi si voltò e usci dalla stanza. 
Haymitch si lasciò ricadere sul letto, si strofinò una mano sugli occhi nel tentativo di togliersi dalla testa l’immagine della ragazza in camicia da notte.  
Andiamo Haymitch non fare il coglione, ha dieci anni in meno di te, è una capitolina … Pensò tra sé e sé, eppure nessuna di queste ragioni sembrava così valida per dimenticarsi quanto quella ragazza fosse bella. E finalmente la trovò una ragione, il problema non era Effie, Effie era perfetta, il problema era lui. Lui era solamente un poveraccio ubriacone del distretto dodici, Fece un respiro profondo e si voltò dall’altro lato del letto. Chiuse gli occhi nel tentativo di dormire, ma dopo pochi minuti la sua mente fu nuovamente invasa dalle immagini che lo avevano svegliato di soprassalto precedentemente. I suoi incubi non lo abbandonavano mai, le immagini dell’arena, le morti, i volti di tutti i tributi che avevano combattuto con lui, quelli che avevano combattuto dopo di lui, che lo accusavano di essere sopravvissuto senza meriti, la sua famiglia, il suo dolore… 
Haymitch si rialzò di scatto. Guardò l’orologio, segnava le due e mezza. Sospirò rassegnato al fatto che non sarebbe riuscito a dormire quella notte, tanto valeva farsi un drink. Si alzò dal letto e si avviò verso la porta

 
  
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