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Autore: Mrs Montgomery    18/06/2016    4 recensioni
Grace King era al suo ultimo anno di liceo. D’animo allegro e tranquillo, era restia all'amore, non lo voleva cercare né tantomeno trovare.
Lucas Turner si era appena trasferito da Chicago, stufo delle continue liti con i genitori e al turbolento rapporto con loro.
I due coetanei si incontrarono una sera d’estate scoprendo di essere vicini di casa. Ciò non imponeva nessuna situazione comune, se non quella di essere compagni di qualche corso a scuola, inoltre entrambi volevano solamente passare un anno tranquillo.
Grace era appena uscita da una disastrosa relazione e Lucas non desiderava impicci.
Nessuno dei due era in cerca di tenerezza o passione, ma al cuore non si potè comandare e, quando i sentimenti si incontrarono, non poterono far altro che unirsi per formare l'emozione più bella.
La loro storia verrà ostacolata e dovranno prendere delle decisioni che li porteranno a separarsi.
Lucas e Grace riusciranno a ritrovarsi solamente mostrando una forte tenacia e coraggio per superare ogni ostacolo.
Solo così potranno essere liberi.
Liberi di vivere.
Liberi di amarsi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Trailer di Inaspettato Amore


Il colpo




Lucas e Grace si erano ritrovati dopo l’ennesimo tentativo, da parte di forze esterne, di dividerli.
Ormai il loro legame era diventato talmente forte che sarebbero riusciti a parare qualsiasi colpo basso da parte dei loro nemici. La fiducia che provavano l’uno nei confronti dell’altra, era talmente grande che non raggiungeva di poco l’amore che si era instaurato tra loro. Erano due semplici ragazzi che volevano vivere in maniera spensierata la loro storia e comportarsi come tutte le coppie di adolescenti. Camminare per i corridoi mano nella mano, al pub il venerdì sera, andare al cinema di sabato e fare un pic-nic la domenica; tutto nella normalità.
Le loro uniche preoccupazioni dovevano essere rivolte agli esami di fine anno, alla separazione per andare all’università o quale vestito indossare al ballo di fine anno.
Nonostante Rylan volasse attorno a loro, come ad un avvoltoio, Lucas e Grace riuscirono a ritagliarsi molti bei momenti, solamente concentrandosi sui loro desideri e lasciandosi alle spalle chi voleva loro del male.
Incredibile era la forza dell’amore!
Nei loro cuori c’era la purezza e il coraggio di affrontare le insidie, ma nell’ombra qualcuno tramava per farli cadere.
«Questo è assurdo! Mi rifiuto di credere che non sia uno scherzo di pessimo gusto!»
Grace era completamente fuori di sé. Niente sembrava trattenerla dall’urlare contro quel giovane agente di polizia. Il malcapitato non riusciva nemmeno a spiccicare parola che Grace sembrava non mollare l’osso.
«Sappiate che ne sono sorpreso anche io, ma non c’è nulla che possa fare per evitarlo» si ritrovò a spiegare con molta calma - stato d’animo assente in Grace - quel giovane poliziotto che aveva raggiunto lei e Lucas al parco, interrompendo quello che doveva essere un tranquillo pomeriggio. «Se fosse per me chiuderei un occhio, ma ho ricevuto degli ordini ben precisi. Mi è stato detto di avvisare Lucas Turner che deve presentarsi alla centrale della polizia quest’oggi.»
«Perché?»
«Non te lo so dire» rispose il poliziotto.
La fronte di Grace si riempì di rughe, sembrava che da un momento all’altro si sarebbe formata una crepa su quel viso tanto imbronciato. Lucas non l’aveva mai vista in quello stato, temeva che da un momento all’altro potesse saltare addosso all’agente per sbranarlo.
«Dylan, per favore! Possibile che tu non sappia, neanche minimamente, il motivo che ha spinto i tuoi superiori a voler Lucas alla Centrale?!»
«Grace, ti risparmio una segnalazione per questo tuo comportamento indisponente verso una forza dell’ordine, solo perché ero amico di tuo fratello e l’ho tirato spesso fuori dai guai» replicò Dylan puntandole il dito contro. «Sappi che sei fortunata. Sei fortunata a essere la sorella di Brandon e sei fortunata a conoscere me o a quest’ora ti avrei già sbattuta dentro!»
«Oh sì, gran bella fortuna! Non so nemmeno per cosa il mio ragazzo è stato denunciato.»
«Non è proprio una denuncia. Si tratta di una segnalazione anonima e quindi bisogna verificare…»
Grace sembrò volergli ancora andare addosso, ma Lucas riuscì a prevenire quella che sarebbe stata un’altra lunga discussione. Le cinse le spalle e subito sentì i nervi tesi della sua ragazza calmarsi grazie al suo tocco gentile.
«Sono sicuro che c’è stato un errore. Non ho fatto niente di male.»
«Infatti» calcò Grace fissando il giovane poliziotto, che iniziava a sentirsi a disagio di fronte a quella situazione.
Non era semplice rimanere impassibili quando, nel proprio lavoro, venivano coinvolte persone che conosceva. Il giovane Dylan, che da due anni faceva parte del corpo di polizia di Atlanta, era stato un grande amico di Brandon fin dai tempi della scuola, seppur fosse più grande di qualche anno. Era stato grazie al suo aiuto se il gemello di Grace se l’era ben cavata da qualche guaio.
Abitando nello stesso quartiere, Dylan conosceva anche la nonna di Lucas. Era profondo il rispetto che le portava, come vicina di casa e come persona più adulta. Questo rendeva il suo compito ancora più difficile, siccome conosceva il grande affetto che quella dolce vecchina provava per il nipote.
«Posso dirti che quando arriverai alla Centrale, ti chiederanno le tue generalità e il domicilio. L’incaricato del caso ti informerà del motivo per cui sei stato chiamato e poi il seguito dipende da altri fattori» aggiunse Dylan, cercando di mostrarsi disponibile.
«Grazie» gli disse Lucas, apprezzando quella cortesia.
Grace sembrava di tutt’altro parere, ma evitò di commentare. Non comprendeva cosa mai potesse portare gli agenti di polizia a chiamare la presenza di Lucas alla Centrale. Dylan aveva nominato una segnalazione anonima. Lei non ci credeva neanche un po’ e quando intercettò la figura di Rylan ci credeva sempre meno.
C’era il suo zampino, non aveva dubbi!
L’uomo stava dall’altra parte del parco, intento a camminare tranquillamente sul marciapiede con quell’aria così sicura di sé che Grace detestava. Dopo tutto quello che aveva fatto contro di loro, non si poteva meritare altro se non il suo pieno disprezzo e ci avrebbe scommesso una mano che dietro a quella denuncia anonima ci fosse proprio lui.
Chi, se non Rylan, poteva aver mosso qualcosa contro Lucas?
Pensandoci bene, poteva averlo denunciato per quel pugno che gli aveva sferrato al bar di Jim. Un gesto avventato e aggressivo che - avrebbero dovuto immaginare - aveva le sue conseguenze.
Vederlo gironzolare per la città mostrando sfrontatezza mentre loro dovevano sempre mantenere alta la guardia, accresceva la tremenda furia che già Grace provava. Lo sguardo glaciale della ragazza lo seguiva passo dopo passo. Era sorda ai discorsi tra Lucas e Dylan, nel suo mirino c’era solo quel demonio.
Fu quando lo vide attraversare la strada e dirigersi verso un locale, che qualcosa la fece scattare. Grace iniziò a camminare a passo svelto verso di lui. Intendeva raggiungerlo immediatamente e nulla l’avrebbe fermata!
Lucas intercettò subito le sue intenzioni e tentò di fermarla, sapendo che agendo d’impulso Grace si sarebbe solamente cacciati nei guai. Riuscì a malapena a compiere tre passi perchè Dylan lo bloccò, doveva portarlo alla Centrale; prima avrebbe sbrigato quella faccenda e meglio sarebbe stato.
Nel frattempo Grace entrò nel locale e le bastò poco per captare Rylan. Senza paura, s’avventò su di lui. Lo spintonò cogliendolo di sorpresa e quando lo vide accorgersi di lei, non esitò ad affrontarlo seduta stante. Non lo temeva, sebbene fosse più alto e grosso. La fiamma della sua furia era più forte del freddo intenso che Rylan poteva creare.
«Lo devi lasciare in pace» cominciò Grace puntandogli il dito contro. «Non lo porterai mai via. Non importa cosa farai, chi minaccerai o manipolerai, Lucas rimarrà qui!»
«Per quanta sicurezza puoi emanare, se dici questo, significa che non sei poi così tanto sicura.»
«Non provare a fregarmi con i tuoi giri di parole, Rylan. Oggi non ne sono proprio in vena!»
«Mi stai rovinando il pomeriggio.»
Era incredibile come sapeva gestire una situazione di tensione, bisognava riconoscerglielo.
«Smettila di spargere veleno attorno a tuo fratello. Sappi che non ne ricaverai proprio niente. Un giorno, molto presto, verrai pagato con la tua stessa moneta.»
«Per caso stai per dire qualcosa tipo “i Lannister pagano sempre i loro debiti”?» domandò Rylan mettendo le braccia conserte e mostrandosi annoiato dal discorso della ragazza. «Onestamente, Grace. Non ti annoi mai di fare questi discorsi da gran donna? Sei solo una ragazzina e lo dico con tutto l’affetto del mondo. Hai diciotto anni, goditi la tua vita!»
«Difficile quando uno psicolabile stronzo tenta di tutto per rendertela impossibile.»
«Sarei io lo psicolabile stronzo?» chiese Rylan indicandosi con i pollici, prima di mostrare un ghigno divertito. «Quasi quasi, preferisco questo battibecco all’aperitivo che avevo programmato. In fondo non sei di spiacevole compagnia, gattina.»
Grace scosse il capo, nel vano tentativo di comprendere cosa gli passasse veramente per quella mente malsana. Non sarebbe stata quell’occhiata maliziosa o quel sorriso sinistro ad intimidirla. Rylan poteva sfornare tutto il suo carisma, ne possedeva un gran tanto, ma non l’avrebbe fatta cedere.
«Che razza di persona sei?» sussurrò, fissandolo incredula. «Sei persino arrivato a denunciare il tuo stesso fratello, per via di questa fantomatica guerra. Non te ne frega proprio niente di lui?»
Per la prima volta, Rylan venne colto da un’insospettabile sorpresa. «Credo di essermi perso un passaggio. Io avrei fatto… che cosa?»
«Ora non fingere di cadere dalle nuvole. Sai benissimo di che cosa sto parlando.»
«No, piccola gattina. Non ne ho la più pallida idea.»
«La pagherai. Questa è una promessa» disse Grace non staccando mai il suo sguardo da quello del cognato.
Poteva provare a raggirarla come preferiva, ma ormai non sarebbe più caduta in nessuna sua trappola. Lo conosceva poco e quel poco le bastava per non fidarsi di lui.
«Lascia in pace Lucas» continuò imperterrita, non scomponendolo minimamente. «Sarò anche più giovane di te, ma non per questo ho meno coraggio. Non ho paura né di te né dei tuoi soldi, non avete alcun valore per me. Difenderò Lucas con i denti e le unghie.»
«Ammiro questa tua tenacia. Mi domando solo quanto durerà…»
«Abbastanza» rispose Grace tagliente.
«Mi domando se mio fratello merita tutto questo ardore» le soffiò Rylan, avvicinando repentinamente il suo viso.
«Merita questo e altro.»
«Immagino» commentò l’altro schioccandole un’occhiata poco casta.
Grace sostenne quello sguardo con la stessa fierezza di una leonessa. Sapeva bene contro chi si era apertamente messa contro e non si sarebbe tirata indietro. Doveva farlo per Lucas.
Facile era la parola meno adatta per descrivere quella guerra. Nulla sarebbe stato facile contro Rylan. L’uomo era scaltro, aveva tantissimi mezzi a disposizione e ne avevano avuto la prova tangibile. La vita di Grace era stata scombussolata e non poteva incolpare nessun altro se non sé stessa.
Voleva essere coerente con i suoi pensieri e le sue azioni, ma soprattutto le sue scelte.
Era stata lei a decidere di mettersi contro Rylan, conoscendone le conseguenze. Il pensiero di passarla liscia, non la sfiorava minimamente; di sicuro non sarebbe andata così. Non si pentiva di aver scelto di stare al fianco di Lucas.
Come poteva essere diversamente?
Cedere al ricatto di Rylan o ai suoi intrighi, sarebbe stato il segnale che non provava realmente qualcosa di concreto per Lucas. Per quanto fosse poco il tempo passato a conoscersi e vivere come una coppia, Grace si era affezionata sinceramente a quel ragazzo conosciuto una sera di fine estate. Prima come amica e poi come innamorata. La fiducia era arrivata prima dell’infatuazione ed era grazie alla fiducia se erano riusciti a superare tutto.
Lanciandogli un’ultima occhiata di sfida, Grace voltò le spalle a Rylan per andarsene via da quel locale e da lui, ma qualcosa la sorprese… li sorprese!
Un uomo alto quanto un armadio, con il passamontagna scuro a coprirgli il volto, gli stava puntando una pistola addosso.
«Voi due! Unitevi agli altri!» urlò aggressivo, indicando le altre persone che stavano sedute in fondo alla saletta.
C’erano altri due uomini, anzi no. Erano un uomo e una donna. Lei stava minacciando uno dei camerieri, sicuramente voleva sapere dove stavano i soldi, mentre lui controllava un gruppo di ostaggi.
Colui che aveva scovato Rylan e Grace, prese la ragazza per un braccio e tirò l’altro per la camicia, inserendoli nella massa.
La paura era tanta e non solo per la propria incolumità, c’erano dei bambini e anche una donna in attesa, oltre che a tanti giovani che pensavano di passare in tutt’altra maniera quel pomeriggio soleggiato.
Chiunque in quella situazione si sarebbe sentito un insetto, pronto ad essere schiacciato da un gigante. Anche il più coraggioso avrebbe provato paura, sentendosi impotente di fronte alla minaccia che aveva di fronte a sè.
Eppure ciò poteva essere smentito.
Rylan, che tanto era apparito come persona forte e senza scrupoli, continuava a mostrarsi esattamente così. Data la situazione, Grace avrebbe quasi scommesso che quella sua aria sfrontata sarebbe caduta, come una maschera, e invece fu sorpresa di vederlo impassibile.
Il fratello di Lucas se ne stava seduto, con le gambe stese e lo sguardo tranquillo che si spostava in continuazione per verificare ciò che stava accadendo. Al contrario, lei aveva le gambe strette al petto, tremavano dalla paura mentre il suo cuore palpitava velocemente per via dell’ansia.
Sperava tanto che quella tortura finisse presto e - soprattutto - bene.
Grace tentò di allontanare il pensiero di quella rapina, accaduta un mese prima, in un negozio del Wisconsin, dove gli ostaggi vennero uccisi tutti dopo che i rapinatori presero il loro bottino. Pregava che non si trattassero degli stessi mascalzoni, dal momento che quelli non erano ancora stati presi. Di tanto in tanto, nascondeva la testa tra le gambe e chiudeva gli occhi per fare lunghi respiri profondi e calmare la sua inquietudine.
L’unico lato positivo - se così poteva essere malamente definito - era che non stava in solitudine, ma c’erano almeno altre quindici persone. Erano tutti sulla stessa sventurata barca. Sperò che non facesse la stessa fine del Titanic.
«Ho fame. Non è che puoi tirar fuori gli artigli da gattina come hai fatto con me? Magari rimedierai un panino.»
Grace rimase sconvolta dalla disinvoltura di Rylan. Non gli rispose nemmeno e non per caparbietà, era talmente terrorizzata che non riusciva a spiccicare parola.
Passò un’ora, un’interminabile ora.
Non era una semplice rapina.
C’erano ancora degli ostaggi, quindi chiunque avesse pianificato di prendere sotto sequestro quel locale aveva altro in mente.
Lo scopo non era ancora chiaro, non per Grace almeno.
A controllare lei e gli altri era arrivata la donna, che aveva dato il cambio al suo complice mentre quest’ultimo e il capo dell’operazione stavano dietro al bancone dei cocktail, parlando al cellulare.
Le uniche parole che si sentirono chiaramente, perché urlate, furono: nessun agente, auto sul retro e scambio.
Passò mezz’ora prima che uno dei due uomini si fece avanti.
«Liberiamone quattro. La polizia saprà che contrattiamo seriamente e riusciremo ad avere l’auto sul retro» disse alla donna.
Lei annuì e per buon senso fece cenno a due bambini, alla donna incinta e una signora anziana di alzarsi.
«Voi potete andare. Gli altri, non si azzardino minimamente ad alzare il posteriore da terra.» Alzò la pistola. «Questa è carica.»
La donna incinta e l’anziana signora, sconosciute tra loro, si unirono per dar forza ai bambini che non volevano staccarsi dai genitori. I piccoli cominciarono a piangere, ingenuamente non coscienti del pericolo che correvano. Il minore tra i due si attaccò alla gamba del padre, il quale tentò di convincerlo a seguire la sorellina e le due donne, ma non ci fu verso.
Grace si voltò ad osservare quella scena. Il bambino non doveva avere più di sei anni e la sua disperazione era lecita. C’era da domandarsi perché i sequestratori non ebbero la pietà di lasciarlo uscire con uno dei genitori.
La rapinatrice donna sembrò irritarsi, si notava dai gesti, visto che il suo viso era nascosto dal passamontagna.
«Muoversi! Muoversi!»
«Lasciatemi qui e permettete a questi due piccoli di essere accompagnati fuori dalla loro mamma» avanzò l’anziana signora, prima che la situazione degenerasse.
«Ma io avevo scelto te.»
«I bambini non vogliono staccarsi da loro. È… è comprensibile, sono così piccoli.»
«Sarete liberi tu, la portatrice di un futuro moccioso e quei due frignoni. Così ho deciso e così sarà» continuò la donna fissandola dal suo buon metro e ottanta. L’anziana signora fu l’unica ad accorgersi di quegli occhi grigi e taglienti, che incutevano non poco timore.
«La prego, che cosa le costa fare questo scambio?»
«Qua comando io e se non ti sta bene, te ne torni seduta.»
«Ora basta!» gridò uno dei due uomini, avvicinandosi a loro. «Al posto dei mocciosi, fa uscire quei due là in fondo e se la vecchia fa ancora storie, trova un sostituto. Ho patteggiato con la polizia che quattro ostaggi sarebbero usciti ora e quattro saranno!»
La donna obbedì e afferrò per il braccio una ragazza, che Grace aveva già visto a scuola, assieme alla sua amica. L’anziana signora rimase in silenzio e seguì la sequestratrice, la quale accompagnò tutti alla porta e li tenne sotto tiro fino a quando non raggiunsero gli agenti della polizia.
«Ecco! Non siamo neanche i fortunati ad uscire. Andrà a finire che ci lasceremo le penne!» esclamò Rylan sottovoce.
«Noto che sei sempre molto positivo» commentò Grace.
«Mi piace definirmi realista» le alitò addosso.
«E a me piace definirti stronzo!»
Rylan alzò gli occhi al cielo e tornò in silenzio.
Quanti minuti passarono dopo, Grace non lo seppe con certezza. Tenne sempre il capo appoggiato alle ginocchia, era l’unica maniera per rilassarsi.
Qualcosa, però, catturò la sua attenzione.
Inizialmente non ci fece caso, il rumore dei suoi pensieri era più forte delle voci attorno a lei, ma quando alzò il capo e lo sguardo vide che uno ostaggio stava discutendo animatamente con uno dei due uomini. Il ribelle, come lo aveva soprannominato Rylan, stava sfogando la sua tensione e ansia contro il sequestratore.
Non sarebbe finita bene, senza dubbio quando intervenne la donna che puntò subito la pistola contro il ragazzo. Lui continuò imperterrito con il suo discorso, che fu arduo da seguire siccome uno sparo attirò l’attenzione degli altri ostaggi.
Gli occhi di tutti erano fissi sul ribelle, che restò in piedi e con le mani alzate.
Grace corrugò la fronte come tutti gli altri e, quando vide che non era stato ferito, tirò un sospiro di sollievo. Quel senso di tranquillità s’arrestò pochi secondi dopo, nel momento esatto in cui notò del sangue sulla sua spalla. Sgranò gli occhi toccandosi nervosamente quel punto del corpo, ma non sentì alcun male. La macchia… improvvisamente si rese conto non era proprio una macchia. Erano dei piccoli schizzi.
«È ferito!» udì avanti a sè.
Alzò lo sguardo poco più sopra e notò che Rylan stava stringendo la sua spalla sinistra, sul suo viso una smorfia di fastidio.
Un minuto.
Grace visse un minuto a rallentatore, in cui non capì se stava godendo perché finalmente il karma aveva colpito quello stronzo oppure la pietà e la compassione stavano tirando pugni a quel muro di freddezza.
La fonte dei problemi di Lucas era stato concretamente colpito; non stava morendo dissanguato, ma il proiettile aveva sfiorato la sua pelle e - certamente - non gli faceva bene.
Alcuni ostaggi si avvicinarono a lui per capire quali fossero le sue condizioni. Grace, invece, rimase immobile dov’era e si godette quel momento. Rylan stava pagando il pegno del male che aveva sparso nell’ultimo periodo, come l’utilizzo di terribili trucchi e di quel sporco ricatto. La ruota girava per tutti e per quanto ad una persona potesse andar bene, prima o poi, avrebbe guadagnato ciò che si meritava.
Improvvisamente qualcosa si mosse in Grace.
Lei non era così.
Non augurava il male alle persone, anche a quelle che se lo meritavano, perché ciò non l’avrebbe resa migliore di loro.
Non aveva mai augurato al suo padre biologico di soffrire, per averla abbandonata.
Non aveva mai augurato a David di schiantarsi contro un palo, per averla tradita.
Non aveva mai augurato a Brandon di continuare ad avere problemi per il resto della sua vita, perché le aveva fatto il peggiore dei torti.
Grace era sempre stata certa che quando una persona spargesse male, avrebbe ricevuto solo male. Quindi, secondo questa sua determinata logica, era inutile sprecare pensieri negativi o vivere nell’odio.
Senza contare che detestare una persona la portava a vivere male, esattamente come da quando Kelly si era unita a Rylan. Lei detestava la sua nuova nemica ed era certa che meritasse il suo disprezzo, eppure era Grace a starci male.
La domanda saltava all’ovvio: perché doveva sprecare tanti bei momenti che poteva vivere, per persone che non sarebbero mai state felici per via dell’ombra dei loro peccati che li seguivano?
Rylan doveva pagare per ciò che aveva fatto a Lucas e una punizione poteva essere stata quello sparo. Ma il buon senso di Grace e il suo cuore le impedivano di rimanere inerme di fronte ad una persona che soffriva seriamente.
«Lasciatelo uscire, anche da solo» disse Grace al sequestratore che aveva individuato fosse il capo. «L-lui ha bisogno di essere curato.»
L’uomo schioccò un’occhiata a Rylan, prima di tornare sul viso della ragazza. «Il proiettile l’ha solo sfiorato.»
«Ma s-sta perdendo sangue.»
«Il rischio di incappare in una rapina, signorina» disse l’altro prima di voltarle le spalle.
«Torna con gli altri se non vuoi essere colpita e non sarà per sbaglio» aggiunse la donna.
Grace sobbalzò dalla paura e fece retrofront. Lanciò un’occhiata a Rylan e lo vide togliersi la camicia per vedere in che stato fosse la sua ferita. Sembrava un taglio lungo almeno cinque centimetri. Quel proiettile l’aveva sfiorato per bene e stava ancora uscendo sangue.
«Tieni.» Uno dei sequestratori le passò la cassetta del pronto soccorso. «Dato che ci tieni tanto, aiutalo.»
La ragazza si sentì in una strana situazione. Sarebbe stata proprio lei ad aiutarlo?
Che buffo scherzo della vita, si ritrovò a pensare.
Prese un lungo respiro e si avvicinò al perfido cognato, si inginocchiò di fronte a lui e aprì la cassetta. Dentro c’erano delle garze, acqua ossigenata, un paio di cerotti e qualche pomata.
Grace non aveva mai fatto alcun corso e non si rivedeva molto nel ruolo di infermiera, ma a quanto pare era la prescelta per aiutarle quello scapestrato.
«Che cosa stai facendo?» chiese Rylan, guardandola con la fronte corrucciata.
«Ti aiuto, anche se non so da dove partire.»
«Ma sei impedita?» L’uomo non fece altri commenti, sarebbe stato stupido perché avrebbero perso inutilmente tempo. «Prendi il fazzoletto dalla tasca interna della mia giacca e impegnalo di acqua ossigenata.»
Grace non se lo fece ripetere due volte e seguì alla lettera le sue indicazioni. Fu Rylan a seguirla nel suo ruolo da crocerossina, domandandosi per tutto il tempo, il motivo che la spingeva a medicarlo.
Fra tutti gli ostaggi proprio lei!
Il fratello di Lucas rimase in silenzio tutto il tempo. La studiava con lo sguardo, desiderava inquadrare quella ragazza che tanto lo aveva ostacolato e che gli aveva fatto ben capire il suo disprezzo.
Era proprio questo forte sentimento negativo che la legava a lui, a farlo interrogare sul motivo di quella compassione che stava mostrando. Anche mentre lo curava, Grace utilizzò molta delicatezza. Non lo pizzicò, non strinse troppo forte la benda e addirittura gli domandò scusa quando Rylan fece finta di sentir dolore sotto al suo tocco.
No, non la comprendeva affatto!
Mentalmente, le diede della pazza. Non capiva proprio perché lo stesse aiutando dopo tutto ciò che lui aveva fatto e Rylan era ben conscio di non esser stato un angelo.
Più Grace proseguiva nel medicarlo e più Rylan provava rabbia. Gli dava addirittura fastidio che lo toccasse, perché era certo che la ragazza preferiva strozzarlo. Gli dava fastidio tutto quel perbenismo perché non capiva!
«Perché l’hai fatto?» le domandò quando finì di medicarlo. «Tu mi odi e ammetto benissimo che hai tante ragioni per farlo.»
«Ho un cuore, al contrario di te.»
Rylan sogghignò per il tono che la ragazza aveva detto quelle parole. «Sei tosta, non c’è dubbio.»
«Sono felice che te ne sia accorto» commentò lei falsamente.
«Comunque… non ho fatto niente contro mio fratello.»
Grace voltò il capo di scatto verso di lui. «Eccetto parlar male di lui e ricattare la sua ragazza?»
«Mi riferisco alla denuncia di cui hai parlato prima che scoppiasse tutto questo macello» disse Rylan alzando gli occhi al cielo. «Non sono stato io a denunciarlo, credimi.»
«Dammi una valida ragione… oh, aspetta. Non mi fido di te» gli disse Grace mostrando un sorriso ironico.
Il fatto che lo aveva aiutato, non doveva dar a significare che aveva fiducia in lui.
«Sei decisamente una stronza.»
«Mi ritengo una ragazza sincera.»
Queste battute furono le ultime, poi il silenziò calò tra loro e gli altri ostaggi.
L’orologio dava le cinque e mezza, quando i sequestratori dissero che altre tre persone sarebbero state liberate e fra queste scelsero Grace.
Nonostante sapeva di poter tirar un gran sospiro di sollievo per la sua liberazione, il senso di colpa invase la mente della ragazza. Strano, in effetti, quasi surreale, ma Grace non si sentiva di lasciare lì Rylan. E non perché tutto d’un tratto si era affezionata a lui, anzi, ma credeva che la sua ferita avrebbe avuto bisogno di essere guardata da un vero medico.
«Posso fare a cambio con lui?»
«Non abbiamo scambiato quella vecchia con la madre dei mocciosi, perché credi che faremo un’eccezione per te?» le rispose uno dei due uomini.
«Fila via da qui, viso d’angelo» disse un altro.
Grace voltò leggermente il capo in direzione di Rylan, lui aveva ascoltato tutto.
«Vai» mimò con le labbra.
«Forza!» esclamò la donna dandole uno spintone e avvicinarla all’altra ragazza che stava per essere liberata.
Dopo quasi tre ore dentro a quel locale, con un’atmosfera asfissiante, Grace uscì alla luce del sole. Iniziò subito a sentire la stanchezza piombarle addosso, il suo primo pensiero fu di sdraiarsi nel suo letto. Aveva decisamente bisogno di qualcosa di morbido su cui posarsi.
I suoi occhi vennero catturati dalla moltitudine di persone che stavano oltre le barriere. C’era la stampa locale, tre volanti della polizia, un’ambulanza, due furgoni bianchi…
«Grace!»
La voce disperata di sua madre attirò subito la sua attenzione. Josie e Peter furono lasciati passare per andare a riabbracciare la figlia. Solamente loro e i altri genitori degli ostaggi conoscevano l’ansia provata.
«Sto bene. Sto bene» disse Grace mentre la madre l’abbracciava forte.
Anche Peter non la lasciò andare neanche per un istante. Sebbene il loro rapporto si era un po’ rovinato, ciò non toglieva l’affetto che li aveva uniti fin dal primo momento in cui si conobbero.
Grace era sua figlia, anche se non di sangue.
L’avrebbe sempre protetta, non approvava alcune sue scelte e si era infastidito per la verità nascosta su Brandon, ma non per questo aveva cancellato il sincero amore paterno che provava per la sua piccolina.
Ancora ricordava il giorno in cui rimase conquistato da quella bambina dai grandi occhi azzurri e i capelli biondi acconciati in una treccia. Le era sembrata una di quelle bambole di porcellana che si trovavano nei negozi di antiquariato. Ma ciò che lo affascinò maggiormente della sua figlia adottiva fu la palese timidezza e la sua dolcezza infinita.
Fu facile legare con lei, al contrario di Brandon.
«Sicura di star bene?» le domandò preoccupato, facendole una carezza sulla guancia.
Grace annuì, prima che la sua attenzione venne catturata dal viso preoccupato di Lucas, il quale era rimasto dietro le transenne. La ragazza si scostò subito dai suoi genitori e gli corse in contro. Desiderava essere stretta tra le sue braccia, in lui trovava l’unico posto sicuro in cui rifugiarsi.
Gli occhi di Lucas si illuminarono, non appena la vide andare nella sua direzione. Scavalcò la transenna con un balzo, che neanche si capacitò di come c’era riuscito, e la raggiunse a metà strada per racchiuderla in un abbraccio pieno d’amore, ma anche della paura che aveva provato nelle ultime ore.
Grace si strinse contro al suo petto e sospirò sollevata, tranquillizzandosi totalmente quando sentì Lucas stringerla contro il suo petto. Povero ragazzo, era letteralmente morto di spavento nel saperla parte degli ostaggi.
Un coro d’applausi si levò di fronte alla dolce scena di due innamorati che si riabbracciavano dopo che una tragedia era quasi stata sfiorata. Ma le orecchie di Grace e Lucas furono sorde di fronte a tale attenzione; per quanto potessero apprezzare, in quel momento, per loro, il mondo attorno era inesistente.
L’unica cosa che importava era quella di potersi stringere nuovamente.
Mai prima di quel momento a Lucas mancò sentire l’esili braccia della ragazza stringerlo e Grace assaporò pienamente il suo odore delicato. Lucas non era solito usare alcuna acqua di colonia o profumo maschile, il suo odore era semplicemente determinato dal bagnoschiuma che utilizzava per lavarsi e per lei non c’era niente di più meraviglioso.
«Va tutto bene, amore» disse Grace, carezzandogli la schiena, mentre lui non accennava a lasciarla andare.
«Sono stato qua per tutto il tempo. Non hai idea di quante volte ho pensato di scavalcare le barriere ed entrare per stare con te.»
«Avresti corso un pericolo troppo grande e inutile.»
«Poteva accaderti qualsiasi cosa, Grace. Te ne rendi conto?!» domandò Lucas prendendole il viso tra le mani e puntando i suoi occhi cristallini in quelli della sua ragazza.
«Anche a te, se fossi entrato.»
«Almeno saremmo stati insieme. Nell’ultimo periodo abbiamo superato… beh, abbastanza. Ormai stiamo insieme in tutto e per tutto. Io e te, in ogni circostanza.»
Un sorriso intenerito apparve sulle labbra della giovane. «Questo momento ricalca Titanic con “salti tu, salto io”?»
«Beh… “io e te, in ogni circostanza” sarà il nostro “salti tu, salto io”, se vuoi» affermò Lucas sorridendole, mentre le carezzava le guance imporporate.
Nonostante stessero insieme da sei mesi, Grace era ancora capace di arrossire quando le riservava particolari attenzioni o frasi sincere e non scontate.
Come le riconosceva?
Semplicemente, ancor prima di mettersi insieme, lei si lamentava di come i ragazzi utilizzavano le stesse frasi trite e ritrite come “sono affascinato dai tuoi occhi tristi”, “sei speciale”, “hai quel qualcosa in più” e tante altre.
Difatti Lucas aveva ridotto al minimo i complimenti, per conquistarla si limitò al più banale segnale di corteggiamento: la punzecchiò.
Adorava vederla fingere di arrabbiarsi e rispondergli a tono, assumeva più carattere e in questa maniera il suo aspetto angelico passava nettamente in secondo piano.
A guardare Grace, solo guardarla, si poteva pensare che fosse una ragazza docile e tranquilla, ma bastava scoprire qualche nervo per incontrare la leonessa che risiedeva in lei.
«Da quando sei diventato così impulsivo?»
«Da quando mi sono innamorato di te.»
Grace alzò una mano per carezzargli i capelli e poi avvicinò la sua bocca a quella del ragazzo per baciarlo. Aveva pensato tanto a lui, mentre era in attesa di essere liberata.
Il ricordo dei momenti più belli e divertenti passati insieme, fu abbastanza per attenuare la tensione che aveva avuto in corpo. In un certo senso, l’aveva salvata a dare di matto.
Lucas le faceva unicamente del bene, al contrario di ciò che pensavano Josie e Peter.
Le mali lingue avevano riportato ai suoi genitori le voci che circolavano su Lucas e quindi non vedevano più di buon occhio la loro relazione.
Grace non si fece influenzare minimamente.
Lei era sicura dei sentimenti che provava e di quelli di Lucas, questo le bastava. Inoltre nell’ultimo periodo erano stati messi a dura prova ed erano riusciti a superare tutti gli ostacoli.
«Senti, c’è una cosa che devi sapere» disse Grace scostandosi lentamente. «Rylan era con me quando quei criminali hanno preso possesso del locale e… ed è stato ferito. Non una ferita grave. Il proiettile l’ha a malapena sfiorato e sono riuscita a medicarlo in qualche maniera, ma avrebbe bisogno di un vero med-»
«Tu, cosa?»
«Oh… ehm… sì» boccheggiò Grace.
«Perché?»
«Perché non volevano farlo uscire nonostante fosse ferito, stava perdendo sangue e… beh non sarebbe stato il massimo averlo sulla coscienza.»
«Non sarà una leggera ferita ad uccidere quel bastardo» disse Lucas digrignando i denti al pensiero del fratello aiutato proprio da lei.
Non era la tipica gelosia maschile, assolutamente no.
Il ragazzo era infastidito perché non comprendeva come Grace potesse veramente averlo aiutato, anche nel più banale dei gesti, dopo tutto quello che Rylan aveva mosso contro di loro.
«Tu sai che ti ho sempre lasciato libero arbitrio sulle tue scelte riguardo tuo fratello e so bene cosa ha fatto, ma forse potresti parlargli quando uscirà da là» continuò Grace sussurrando le sue parole e soppesandole, per non farlo arrabbiare di più. «Sto solo pensando che se la situazione fosse capovolta e al suo posto ci fosse Brandon, beh… vorrei dirgli qualcosa. Rylan ha una lieve ferita, ma poteva anche morire.»
«Forse, sottolineo forse, era la sua punizione.»
Grace scosse la testa, senza mai scostare i suoi occhi da quelli rabbiosi di Lucas. «Tu non lo pensi veramente. Posso permettermi la presunzione di dire che non sei cattivo. Hai tutte le ragioni per avercela con Rylan e ti posso benissimo confessare che per un momento sono stata contenta che il proiettile avesse sfiorato lui, però a cosa ci porterà il rancore verso lui o altri?» gli domandò tentando di farlo riflettere, solo per il suo bene.
Non era giusto per nessuno dei due vivere con quel peso sul petto e trascinarselo per chissà quanto. Su Grace non era tanto pesante, perché non si trattava di suo fratello, per Lucas invece era tutto il contrario.
Per quanto poteva serbargli il più duro dei rancori, Rylan rimaneva suo fratello e forse quel rancore era tanto grande perché Lucas non era mai riuscito ad instaurare un vero rapporto fraterno con lui.
Riguardo a quello Grace non poteva capire, dal momento che con Brandon era stata tutt’altra storia. Da tempo non pensava intensamente al gemello, ma da quando Rylan era entrato nella sua vita, anche il pensiero di lui era tornato. E non per via del ricatto, bensì perché aveva assistito a quello che era un terribile rapporto tra fratelli.
Brandon l’aveva abbandonata, le aveva fatto un torto grave, nonostante ciò dubitava che lui le farebbe mai del male direttamente.
Soffriva nel vedere quello che doveva essere un rapporto bellissimo e molto unito.
«Scusa, ma non riesco proprio a seguire il tuo discorso» disse Lucas.
Grace alzò le spalle, non volendo insistere ulteriormente.
«E poi, fidati, non è proprio la stessa situazione che con Brandon. Cioè… capisco che ti abbia ferita, ma… non è la stessa cosa!»
«Guarda che se avessi davanti a me Brandon, non sarebbe facile perdonarlo.»
«Resta più facile di quanto io possa perdonare Rylan.»
«Sì, hai ragione» ammise Grace.
Lucas rimase qualche attimo in silenzio, con le mani unite a quelle della persona a cui voleva più bene oltre che amava con tutto il cuore. Guardò a lungo verso il locale, cercando di immaginarsi suo fratello là dentro assieme agli altri ostaggi. Rylan, per la prima volta, era dalla parte del più debole e la sua sfacciataggine non gli avrebbe salvato la pelle.
«Non sono arrabbiato con te» riprese il ragazzo, tornando con lo sguardo sul viso di Grace. «È solo che mi riesce veramente difficile provare preoccupazione nei suoi confronti e ancor più difficile è comprendere la tua compassione per lui.»
«Non voglio che tu capisca, perché nemmeno io so darmi una vera risposta» disse Grace con mezzo sorriso. La verità era che di Rylan non gliene fregava un bel niente, ma stava solo cercando di proteggere Lucas dal suo disprezzo. «E non pretendo che tu lo perdoni, perché solamente tu sai tutto ciò che è accaduto tra voi. Desidero il meglio per te e penso che odiare tuo fratello non sia giusto… per te.»
Lucas aggrottò la fronte. Non capiva il vero significato di quelle parole e per questo Grace stava per raccontare qualcosa che solo i suoi migliori amici… anzi, che solo Natalie sapeva.
Non era qualcosa di veramente terribile, ma forse lo avrebbe aiutato.
«Dopo la rottura con David… io ho provato tanta di quella rabbia. Probabilmente era perché soffrivo, ma era veramente tanta. Lentamente stavo diventando fredda, non tanto con le persone all’esterno, ma con me… davo a me la colpa di tutto. Il mio carattere, il mio modo di prendere le decisioni e di comportarmi. Ho creduto di essere quella sbagliata e quando mi sono ripresa, per così dire, la situazione non è molto cambiata.»
Grace si passò una mano tra i capelli e poggiò una mano sul petto, prendendo un respiro profondo, mentre la completa attenzione di Lucas era su di lei.
«La mia sofferenza, il non aver più David, mi aveva portato ad essere arrabbiata, così arrabbiata da mantenere a distanza chiunque percepivo come una minaccia e riversavo tutti i miei sentimenti negativi sul primo punto di sfogo. Inoltre ogni volta che incontravo David, finivo la serata… beh… non in maniera tanto piacevole. Per via della rabbia che lui mi ha causato, ero estranea all’amore… ma che dico! Ero una nemica giurata dell’amore e questo è davvero triste. Un po’ me ne vergogno ancora.»
«E poi? Quando hai fatto la trasformazione da piccolo diavoletto a dolce angioletto?» domandò Lucas con tenera ironia.
«Quando ho incontrato te» sussurrò Grace con un fil di voce, con una dolce paura nel cuore e l’amore negli occhi grandi e azzurri. «Tu hai sconvolto abbastanza il mio mondo, Lucas Turner.»
«Mai quanto tu hai fatto con me, Grace King.»
I due scoppiarono a ridere per quel botta e risposta con nomi e cognomi annessi. Riuscivano a rendere un momento delicato, in uno dolce, arrivando ad uno divertente.
«Tu sei arrivato nella mia vita in maniera inaspettata, sai?» continuò la ragazza. «Nell’esatto momento in cui non volevo più avere niente a che fare con i sentimenti e tutto ciò che desideravo era un anno tranquillo.»
«Ti ho rovinato un bel piano.»
Grace scosse il capo lentamente, prima di spostargli qualche ciuffo corvino dietro all’orecchio. «Tu non te ne rendi conto, ma mi hai salvata. Mi hai salvata da me stessa e alle volte mi dispiace, perché non voglio che tu senta questa grande responsabilità sulle spalle.»
«E tu cosa credi di aver fatto con me?» replicò Lucas, guardandola con la medesima tenerezza. «Ero io quello che voleva estraniarsi dal mondo e nascondersi dal suo passato. Poi tu sei entrata nella mia vita come un uragano, all’inizio pensavo che mi avresti portato altra confusione, e invece sei riuscita inspiegabilmente ha placare la tempesta dentro di me.»
«Siamo una coppia di poeti» disse la ragazza strofinando il suo naso contro quello di Lucas.
Lui scoppiò a ridere. «Altro che Bukowski e Oscar Wilde, le persone dovrebbero citare le frasi di Lucas Matthew Turner e Grace Sophia King!»
«Sì, dovrebbero proprio!» gli diede corda lei facendo risuonare nei dintorni la sua allegra risata. «Sai, i nostri nomi detti per intero suonano magnificamente!»
Lucas annuì e poi si fermò a guardarla. Lo faceva spesso e lei neanche se ne accorgeva, lui adorava osservarla. Alle volte non capiva cosa passasse per quella testolina, spesso non la comprendeva in realtà ma tentava di non farglielo capire.
La punzecchiava, scherzava e quant’altro, ma la verità era che faticava a starle dietro e non gli era mai capitato.
Lucas pareva quello più arguto nella coppia e lo era, sicuramente Grace era più svampita, però c’erano dei momenti in cui il ragazzo perdeva la sua apparente sicurezza e si perdeva ad osservare inebetito il viso della sua ragazza.
Quegli occhi furbi e sorridenti, la bocca sempre rivolta verso l’alto e quelle fossette del sorriso che amava baciare.
«Tornando alle proprie responsabilità» riprese Lucas, mentre lei tutta tranquilla gli mise le mani dietro al collo. «Tu hai scelto me, al posto di tuo fratello. Chi credi debba sentirsi in colpa veramente?»
Lei sospirò. «Tutti e due o nessuno dei due, presumo.»
«Eccoci al solito punto. Tu ed io insieme, in ogni circostanza.»
«Più che altro ci ritroviamo sempre» proseguì Grace, dicendo qualcosa a cui aveva già pensato prima d’allora. «Sai ci sono state un paio di volte in cui pensavo che avremmo chiuso una volta per tutte. Come quando ho scoperto del tuo passato e ti ho mal giudicato per qualche ora, o quando ti hanno mostrato la foto del mio incontro veramente casuale con David. Mi dispiace dirti che non ho avuto paura di perderti, e non perché non ci tengo a te, ma perché sono abituata che le persone, anzi gli uomini della mia vita, se ne vanno sempre e allora non mi stupisco… e sembra che soffro di meno.»
«Appunto, sembra» ripetè Lucas.
«Ti confesso che ho delle fasi quando ricevo una delusione.»
«Ah sì? E quali sono?»
«All’inizio sono calma…»
«La calma prima della tempesta» l’anticipo Lucas con mezzo sorriso.
Grace annuì. «Prima c’è la calma, poi metabolizzo cosa è successo e allora divento triste e la tristezza me la trascino per un po’ di giorni. Poi arriva la rabbia e dopo… dopo c’è semplicemente il dopo.»
«“Dopo c’è semplicemente il dopo”, ottimo aforisma signorina King. Dovremmo inserirlo nel nostro libro!» esclamò Lucas sapendo che l’avrebbe fatta ridere e così accadde.
Era prevedibile.
Alle volte Lucas non capiva i suoi pensieri, però prevedeva le sue mosse. Questo lo soddisfaceva abbastanza.
«Prenditi gioco di me, signor Turner, poi vedrai cosa ti accadrà prima o poi» disse Grace puntandogli il dito.
«Sono tutto orecchi!»
«Non te lo dico. Che gusto ci sarebbe sennò?»
«Contenta tu, contenti tutti» rispose Lucas con fare provocatorio.
Grace imitò un verso animalesco e poi lo abbracciò, affondando il capo contro il petto del ragazzo.
«Ehm… perché fai versi strani e poi mi abbracci?»
«Perché vorrei baciarti, però mi irriti, quindi ti abbraccio perché mi va di far così.»
Lei non poteva vederlo, ma Lucas sorrise intenerito. Una cosa che gli piaceva di Grace era quel suo modo di fare un po’ da bambina, un tratto di carattere che usciva solamente quando lei iniziava ad aprirsi completamente con qualcuno, e sapendolo non poteva che fargli piacere.
Difficile era riuscire a capire completamente Grace, Lucas stesso ammetteva che ancora non la conosceva ampiamente, però quel tanto che conosceva era abbastanza per averla fatta diventare una delle persone più importanti della sua vita.
«E se ti baciassi io?»
Lentamente lei alzò il capo e Lucas semplicemente la baciò.
«Non so come avrei fatto senza se fossi tornato a Chicago» ammise lui.
«Non dirlo a me.»
Il loro dolce momento venne interrotto dagli applausi delle persone lì attorno che avevano assistito alla liberazione di tutti gli ostaggi. I due giovani erano stati così presi dalle loro carinerie che non si erano minimamente accorti di ciò che accadde attorno.
A quanto pare alcuni agenti della polizia riuscirono ad entrare nel locale, sorprendere i sequestratori e arrestarli senza che nessuno si facesse alcun male.
Tutti videro quei tre farabutti con il volto scoperto e messi in manette. Sospiri di sollievo e sguardi commossi erano protagonisti fra la folla. Chiunque lì aveva provato una grande preoccupazione, anche chi non conosceva nessun ostaggio.
Fu facile individuare la figura di Rylan, era l’unico che uscì da quel locale con la stessa aria da spaccone con cui era entrato.
Grace scorse subito lo sguardo di Lucas saettare sul fratello, uno sguardo tutt’altro che limpido. La ragazza non disse nulla, desiderava lasciargli il giusto tempo per riflettere. Rylan andò a farsi controllare la ferita alla spalla dai paramedici che avevano atteso all’esterno in caso di emergenza.
I genitori di Grace la raggiunsero per dirle che stavano andando a casa e che l’avrebbero portata con sé, le occhiatacce rivolte a Lucas non mancarono, ma il ragazzo li ignorò deliberatamente troppo concentrato su suo fratello.
«Torno a casa con lui.»
«No. Tu torni a casa ora!» replicò Peter con tono grave.
«È stata una giornata pesante. Dopo lo spavento che ci siamo presi oggi pomeriggio, preferiremmo che tornassi con noi» intervenne Josie con tono più gentile.
«Vai con i tuoi genitori» aggiunse Lucas, prima di darle un bacio sulla guancia. «Io devo sbrigare ancora quella faccenda.»
«Va bene. Ti chiamo stasera» disse Grace, lasciandolo andar via.
Peter seguì il ragazzo con il solito sguardo guardingo. Era sempre sospettoso nei suoi confronti, al contrario di Josie che si era lasciata scivolare via tutte le dicerie che aveva sentito.
«Che faccenda ha da sbrigare?»
«Niente che abbia a che fare con droga o alcol» rispose Grace stizzita, non sopportando il trattamento sgradevole che rifilava ogni volta al suo ragazzo. «Mi aspettereste cinque minuti? Devo andare a parlare con una persona.»
«Chi?» Peter scattò sull’attenti.
«Quel tipo laggiù» rispose Grace avviandosi verso Rylan.
Non appena la intercettò, l’uomo si scostò dai paramedici, che avevano finito di curarlo, e si mise subito in bella posa per accoglierla al suo meglio. L’angolo destro della bocca alzato, lo sguardo leggermente socchiuso, il capo inclinato e le mani in tasca; tipico di lui.
«Mia adorata cognata, come vedi sto alla grande. Praticamente un graffietto da niente.»
«Buon per te» disse lei freddamente, limitandosi a fissarlo.
«Ho visto andar via il mio fratellino. Scommetto che ti ha accolto piangendo, è sempre stato sensibile, anche se non lo vuole dimostrare. Ma certamente lo saprai, lo conosci bene tu, no?» disse come a volerla sfidare
«Lo conosco, forse meno di te, ma lo conosco, ed è un bravo ragazzo, al contrario di come hai cercato di farlo passare.»
Rylan alzò le sopracciglia e si sporse in avanti. «Io ho solo raccontato la verità che nessuno conosceva, nemmeno tu.»
«Vorrei tanto che quella ferita ti avesse fatto riflettere sul dono della vita e sulla sua utilità se si agisce nel bene. Mi rendo conto che per te questo significa pretendere troppo, però speravo che potessi retrocedere sui tuoi piani di distruggere la vita che Lucas si è creato qui… anche questo è troppo, vero?» domandò Grace alzando le spalle e arrendendosi ormai alla persona che aveva di fronte, compresa la sua ignota umanità.
«Mi dipingi come un mostro. Credi veramente che io lo sia?»
«No, non credo che tu sia un mostro. Ma sicuramente non sei una bella persona o un buon fratello.»
«E Brandon? Brandon è stato un buon fratello?» la provocò Rylan.
«No, non lo è stato» rispose Grace con una calma tagliente. «Vedi? Io e Lucas abbiamo molto più in comune di quanto credi. Ti auguro di passare una buona serata, Rylan, a quanto pare qualcuno ti ha graziato quest’oggi.»
L’uomo incassò il colpo e rimase in silenzio per qualche istante, era pensieroso. Afferrò subito il gomito della ragazza, non appena lei fece per voltargli le spalle e andarsene.
«Perché sei venuta qui da me?»
Grace si divincolò dalla sua presa. «Speravo invano nell’incontro con la tua sensibilità, ma vedo che ne sei proprio sprovvisto. Fai quasi tenerezza.»
«Certo che mio fratello si è preso proprio una bella gatta da pelare.»
«Non sono una gatta.»
«Sei una tosta, sei sprecata per Lucas.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo e se ne andò salutandolo con un blando cenno della mano.
Rylan la fissò raggiungere i suoi genitori e andar via con loro, senza più degnarlo della sua attenzione. Quella ragazzina lo mandava in bestia per quel suo modo di fare sfrontato e tenace. Grace non aveva mai mollato la presa durante una loro discussione e mai aveva abbassato lo sguardo dandosi sconfitta. Erano simili in quello, difficilmente lasciavano perdere una propria convinzione o trattavano su qualcosa. Per loro esisteva il bianco o il nero, la zona grigia non era minimamente considerata.
Era proprio quella tenacia, che li accomunava, a tener la mente di Rylan occupata per tutto il giorno. L’uomo passò il resto del pomeriggio a pensare a Grace. Rifletté sul modo in cui agì per difendere sé stessa e Lucas, la maniera in cui riuscì a respingere ogni attacco e quella determinazione che raramente si intravedeva nelle giovani della sua età.
Ci fu un momento in cui provò una sincera ammirazione per lei, chiaramente non l’avrebbe ammesso neanche sotto una tremenda tortura; Rylan era orgoglioso come pochi, specialmente quando si trattava del suo ego.
Quel continuo pensare a Grace lo portò a prendere una decisione ferrea.
Il maggiore dei fratelli Turner uscì dall’albergo, dove soggiornò in quei giorni, poco dopo che la notte calò su Atlanta e salì sulla sua costosa auto per trovarsi pochi minuti dopo nel quartiere di Grace.
Posteggiò l’auto a pochi metri dall’abitazione della ragazza e attese. Avrebbe atteso anche per tutta la notte se fosse stato necessario; la sua assente pazienza ringraziò che non lo fu.
Grace uscì dalla porta di casa sua circa una mezz’oretta più tardi dal suo arrivo.
Rylan scese immediatamente dall’auto e si posterà all’uscita del suo vialetto. Per via del buio, lei ci mise un po’ a notare la sua presenza e a capire che si trattava veramente di lui. Quando accadde, non si mostrò per nulla soddisfatta.
Grace tentò di ignorarlo di proposito e continuare per la sua strada, ma Rylan la bloccò.
Lei sospirò pesantemente. «È stata una lunga giornata e non ce la farei proprio a sopportarti a quest’ora. Quindi qualsiasi piano diabolico hai ingegnato, rimandalo a domani.»
«Piano diabolico, tzk! Sei totalmente fuori strada!» si ribellò l’uomo.
«Ne dubito.»
«Ti dico che è così!»
All’ennesima reazione impassibile di Grace, Rylan sbuffò sonoramente e prese dalla tasca interna della giacca un fascicolo stropicciato.
«Tieni prima che cambi idea!»
La ragazza si ritrovò tra le mani pagine che aveva già visto. Le osservò e rendendosene conto corrugò la fronte e poi alzò lo sguardo su di lui. «È il…»
«Fascicolo su tuo fratello, sì.»
Grace glielo rese sgarbatamente. «Non cederò a nessuno sporco ricatto.»
Rylan corrucciò la fronte, fissandola scettico. «Perché… oh, va bene!» sbraitò fra sé e sé. «Senti, te lo sto consegnando senza alcun secondo fine. Non voglio niente in cambio. È solo che… beh, non devi avere delle spiegazioni. Prendilo e basta!» esclamò riponendoglielo malamente tra le mani.
La ragazza lo scrutò senza abbassare minimamente le sue difese. Pensava e ripensava, ma non riusciva a capire a che gioco stesse giocando.
Quale perfido piano aveva architettato?
Voleva provare a guadagnarsi la sua fiducia per poi colpirla nel momento in cui si sarebbe mostrata vulnerabile? Sicuramente doveva essere così, pensò Grace.
«Perché tale generosità? Non mi vorrai far credere che quel proiettile ti ha veramente fatto riflettere» gli disse sarcasticamente.
«Ignoro lo scopo di tutte queste domande inutili. Hai ottenuto ciò che volevi, forse esprimerai più entusiasmo nel sapere che me ne sto andando.»
«Ora sono certa che l’apocalisse sia vicina.»
«Questo tuo sarcasmo mi mancherà» disse Rylan abbozzando mezzo sorriso e sembrando sincero.
«Te ne vai sul serio?»
«E per sempre» affermò deciso quell’altro, ma non convince minimamente Grace. Lei lo fissava dritto negli occhi, cercando di captare qualche segnale riguardo la sua - già conosciuta - malafede. «Questa città non mi piace. La gente di questa città non mi piace. Qui è tutto così… bleah. Non vedevo l’ora di andarmene, però speravo di farlo con mio fratello. Ti confesserò che ero certo di riuscirci, ma non avevo minimamente calcolato di potermi trovare di fronte un’avversaria tanto capace.»
«Si suppone che tu mi stia facendo un complimento?»
Rylan le fece l’occhiolino. «Sei una vera rompiscatole Grace Sophia King, ma sei una tosta e se ti porrai così in tutti gli obiettivi della vita, vedrai che farai strada.»
«Attenzione, attenzione. Se continui così rischi veramente di far finire il mondo» ridacchiò Grace, trovando assurdo quel momento. Stavano quasi parlando civilmente e lei non desiderava stampargli in faccia qualcosa di appuntito.
«Continuo a credere che non vai bene per mio fratello. Sei troppo forte per Lucas» precisò Rylan, facendole scuotere il capo. Sarebbe potuta nascere una discussione su quell’argomento. Era qualcosa che faceva subito saltare i nervi a Grace, quindi l’uomo lasciò correre il discorso. Non aveva la minima voglia di discutere, stranamente preferiva chiudere quella faccenda rimanendo in tregua. «Buona fortuna, piccola Grace. Sappi che quando avrai bisogno di un compagno d’avventura, sarò disponibile. Credo che potremmo formare una squadra vincente.»
Grace alzò le sopracciglia e si trattenne dal ridergli in faccia. «Scusa, ma ho già un ottimo compagno di squadra. Ma grazie dell’offerta.»
«Tienila presente per il futuro» disse prendendole una ciocca di capelli, iniziando a giocherellarci. «Mi ritengo un ottimo alleato.»
«Mantieni pure le tue convinzioni, io farò lo stesso con le mie.»
«Mi stupirei del contrario» rispose Rylan, scostandosi da lei. «Buona serata, cognatina, e buona fortuna con tuo fratello. Spero di rincontrarti.»
“Io spero proprio di no” pensò Grace, ma si trattenne dal dirlo. Si limitò ad abbozzare un sorriso e lo salutò con un cenno della mano, mentre lo guardava risalire sull’auto e partire.
Rylan stava veramente abbandonando Atlanta e per sempre, a detta sua. Grace non sapeva se fidarsi della sua parola e tantomeno se il consegnarle quei fogli facessero parte di un piano strategico oppure era stato un gesto sincero.
Poche certezze e ancora tante domande.
Abbassò lo sguardo sulle pagine dove erano state trascritte le informazioni su Brandon. Poteva veramente raggiungerlo e avere delle risposte.
Ecco, una certezza la possedeva: sarebbe andata da Brandon.



Mrs. Montgomery:
Eccomi tornata!
Rylan vi ha stupite vero?
Sappiate che il bello e maligno fratello di Lucas non se ne starà tanto lontano da Atlanta e vi anticipo che sarà proprio Grace a farlo tornare.
Apro una parentesi su Grace. In questo capitolo ho accennato alla rabbia che aveva provato per David e a come questa emozione avesse influito sulla sua vita. Sappiate che in questa storia non vedrete solo i lati buoni di Grace, come quello compassionevole che ho deciso di mostrarvi oggi. Come ho già accennato subirà - e non solo lei - un cambiamento per via di un fatto di cui leggerete nel capitolo 17.
Preparatevi a tante sorprese e godetevi la "calma" di questi capitoli ;)
Parlando di Brandon, confermo che nel prossimo capitolo lo rivedrete e... vedrete anche altro.
Vi ringrazio per aver letto e per chi recensirà!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
-Baci


 

   
 
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