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Autore: Stephanie86    19/06/2016    4 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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Trigger Warning: ci tengo ad inserire un avvertimento, giusto per non incorrere in eventuali critiche. Il capitolo contiene un paio di scene (una in particolare) che si possono considerare violente. Non si tratta di violenza pesante, ma l’avvertimento serve, perché non tutti amano leggere di personaggi che soffrono fisicamente.

 

 

18

 

 

 

 L’ira temporalesca che si era abbattuta su Storybrooke come un maglio si era placata, ma il cielo era ancora preda di nubi pesanti, tra le quali si infiltravano i raggi del sole morente. Il contrasto tra le zone d’ombra e le nuvole fulgide attribuivano al mondo un nitore singolare.

Merida scostò la tenda per guardare fuori. – Sembra che la tempesta stia passando.

- Stavano combattendo. – disse il mago Knubbin, mentre era intento a pulirsi le unghie. – Forse hanno trovato un accordo.

- Non voglio sapere che genere di accordo. – rispose Merida.

Artù era sempre nella sua cella, rintanato in un angolo, con la testa appoggiata al muro. Accanto a lui c’era un vassoio con del cibo, ma era intatto.

- Sicuramente hanno trovato un accordo con mia sorella, dato che il tornado si è portato via sia lei che la bambina. – disse Regina, meditabonda.

Robin non diceva una parola. Contrito, con l’arco e la faretra a tracolla, scrutava gli altri di sottecchi.

- Non capisco. Perché Lily ed Emma hanno aiutato Zelena? – domandò Neve.

- Lily ha aiutato Zelena. Non Emma. Emma voleva ucciderla. – specificò Regina, osservando un fulmine che squarciava il cielo in lontananza. Un tuono borbottò.

- Sarebbe un omicidio a sangue freddo. – rispose Neve, incredula.

L’aria intorno a loro crepitò. Regina avvertì un brivido sulla nuca.

- Che succede? – chiese Killian.

Apparve un piccolo globo infuocato e poi un pezzo di pergamena scivolò sulle scartoffie sparse sulla scrivania. Malefica si affrettò a prenderlo, prima che lo potesse fare qualcun altro e lo lesse.

- Che cosa dice? Di chi è? – domandò Regina.

- È di Emma. – Glielo tese in modo che anche lei potesse leggerlo. – Sembra che l’Oscuro abbia bisogno di una mano.

 

Cinque minuti dopo erano davanti alla villa di Emma. Non c’era più alcuna protezione, né intorno alla costruzione, né tantomeno sulla porta d’ingresso. Infatti, quando Regina salì in fretta i gradini e afferrò saldamente la maniglia, niente la respinse.

- Emma! – gridò Neve, subito dietro di lei.

Entrarono tutti in casa.

- Swan? – Killian vide Emma seduta sul divano del salotto, in apparente attesa. Alzò lo sguardo su di lui. I suoi occhi erano duri e freddi, come lo erano stati nella foresta, quando l’aveva salvato prima che Artù gli infliggesse il colpo mortale.

- Cos’è successo? – domandò Neve, avvicinandosi alla figlia con cautela.

- Dov’è mia figlia? - chiese Malefica, dopo aver controllato anche le altre stanze della villa.

- Lily non è qui. – disse semplicemente Emma. La sua voce era bassa e controllata, ma venata di emozione.

Regina sedette accanto a lei. Notò le sfumature verdognole sul volto e sulle mani. Gli occhi erano di un verde molto più intenso ed era un verde che aveva inondato la sclera, nascondendone il biancore. La trasformazione era sconcertante e Regina non scorse solo Emma, ma anche qualche altro essere, molto potente e molto antico. - Credo sia giunto il momento di spiegarci qualcosa, Emma. Non pensi?

- Vi ho fatti venire qui apposta. – disse Emma. – Ho bisogno del vostro aiuto per fermare Lily.

Spiegò loro quello che era accaduto; di come Lily avesse attivato la bacchetta per spedire Zelena e la bambina a Oz, di come avessero lottato e anche di come Lily le avesse portato via gli ultimi ricordi di Camelot.

- In definitiva... non sappiamo che cosa ha in mente... – concluse Regina. – Non puoi scoprirlo guardando attraverso i suoi occhi? È il vostro dono.

La parola ‘dono’ le uscì aspra, intrisa di veleno.

Emma le scoccò un’occhiata. – Non sono in grado di vederla. Mi sta bloccando.

- Belle ha detto che Lily ha ferito Tremotino... perché il suo sangue apre molte porte. Questo può esserti d’aiuto? – chiese sua madre.

- Forse, ma se non so qual è il piano di Lily e Nimue, non potrò fermarla.

- Credevo che Nimue fosse solo un’allucinazione. – disse Regina.

- Lo è, ma Nimue è il primo Oscuro. E quindi è tutti noi.

- Ti rendi conto che adesso abbiamo un problema enorme, vero? Hai trasformato Lily in un Oscuro e per giunta volevi uccidere Zelena!

- Era l’unico modo per salvarle la vita... Malefica è d’accordo con me, anche se non può ricordarlo. E Zelena... non puoi dirmi che dopo tutto quello che ti ha fatto, per te non sarebbe stata una liberazione! Stavo cercando di sbarazzarmi dell’oscurità e ti stavo facendo un favore!

- Emma, questo è omicidio premeditato. Doveva esserci un altro modo. – intervenne Neve. – Potevi fidarti di noi.

- Come voi vi siete fidati di me a Camelot? – Il suo tono s’incrinò e divenne rabbioso. – Non avete creduto in me, né tantomeno in Lily. Avete preferito rinchiudermi in una cella e controllarmi. Non che vi sia servito a molto...

- Questo non è possibile. – la interruppe Regina.

- Invece lo è. Ed è stata tua, l’idea!

Tutti tacquero. Regina era paonazza.

- Quindi il punto è... che tu ci hai chiamati perché non hai più scelta. – concluse Killian, cupo.

Emma non rispose.

- Swan, senti. – Killian allungò la mano per cercare quella di lei, ma Emma si ritrasse. Il pirata chiuse il pugno e contrasse la mascella, come se avesse appena addentato un limone. – Restituiscici i nostri ricordi. Sarà più facile aiutarti.

- Lo farei, se avessi gli acchiappasogni. Erano nella rimessa sul retro, ma sono spariti.

Regina si alzò in piedi e si appoggiò al divano. – Che cosa diavolo ha in mente Lily adesso?

 

- Il sangue degli Oscuri può essere usato per un sacco di incantesimi. E nessuno di quegli incantesimi è... un buon incantesimo, se capite che cosa intendo. – disse Gold. – Potete trovare i precedenti Oscuri nelle Cronache. Sono testi che possono esserci utili.

Si erano riuniti a casa di Regina. Sedevano intorno al tavolo e una debole luce illuminava il salone. Di Lily nessuna traccia, ma la calma che circondava Storybrooke era spettrale. Le strade erano deserte.

- Per quanto io apprezzi la passione per la cultura... – disse Emma, sfiorando il bracciale nero che Regina aveva deciso di assestarle al polso. - Esiste un modo più semplice e veloce. Sono ancora un Oscuro. Posso usare la magia. Ma dovete togliermi il bracciale.

Gold sorrise, ma scosse il capo. Nessuno degli altri intervenne.

- Già. Giusto. Non vi fidate di me.

- Lei si fiderebbe di me, se i ruoli fossero invertiti? – chiese Gold.

- Quindi è vero. Sei qui. – Henry entrò in salone. Era scuro in volto e il suo tono possedeva una sfumatura severa. Dura.

- Henry... – Emma gli sorrise. – Dobbiamo aiutare Lily e fermarla. L’unico modo è togliermi questo bracciale. Dì loro che possono farlo.

- No. – rispose lui, seccamente.

Emma lo fissò, incredula. - Come?

- Ci hai mentito. Su Lily. Su tutto quanto. Perché ora dovremmo fidarci di te?

- Io sono tua madre...

- Davvero? Perché la madre che conosco non mi avrebbe mai nascosto niente. Non avrebbe... pensato di fare del male a Violet per spezzare il mio cuore. Non avrebbe spezzato quello della sua unica amica.

- L’ho fatto per liberare Merlino. È stato terribile... anche per me. Ma allora credevo di non avere scelta, se volevo distruggere l’oscurità. – Emma cercò di avere tutta la sua attenzione. – Sai perché ho trasformato Lily in un Oscuro? Perché stava per morire. Dovevo salvarla.

- Sì, dovevi. Ma avresti potuto parlarcene. Avresti potuto dirci tutto. Perché non l’hai fatto?

Emma restò in silenzio qualche momento, quasi non fosse certa di quello che avrebbe detto se avesse aperto bocca.

- Quando le cose si sono messe male, tu hai fatto tutto da sola. Eravamo una squadra! – esclamò Henry, sempre più rabbioso.

- Oh, sì? – Stavolta fu Emma ad urlare. La sua voce divenne oscura e roca, piena di malignità. I punti in cui la sua pelle aveva assunto quelle sinistre sfumature verdi parvero pulsare. – Io sono un Oscuro. Posso non essere più la madre che ero prima... ma la madre che siede a quel tavolo ti ha detto che mi ha rinchiusa in una prigione, nei sotterranei di un castello, quando io avevo più

bisogno della mia famiglia?!

Henry ammutolì all’istante.

- Avevo portato Lily con me perché l’aiutassero. Volevo che ci aiutassero entrambe. Che Merlino ci aiutasse! Invece... hanno solo finto di farlo.

- È vero? – domandò Henry a Regina.

- Henry, io...

- Quando riavrò gli acchiappasogni, loro riavranno i ricordi. E si renderanno conto che è vero. Ma in fondo lo sanno già.

Henry decise che non voleva ascoltare altro. Strinse le labbra e se ne andò.

- Spero che tu sia soddisfatta. – commentò Regina. Aveva una gran voglia di ribaltare il tavolo e scagliare sfere di fuoco.

Emma nemmeno si degnò di guardarla.

Gold si alzò in piedi, appoggiandosi al bastone. – Credo sia ora di mettersi al lavoro.

Tutti si affrettarono a levare le tende, rivolgendo rapide occhiate ad Emma, che non mosse un muscolo. Sapeva che sarebbe dovuta rimanere lì, ad aspettare, mentre la sua famiglia faceva ciò che era necessario per fermare Lily. Ci avrebbero impiegato giorni e non avevano tutto quel tempo.

Gold si fermò accanto a lei, lasciando andare avanti il resto della squadra. – Deve capirlo, signorina Swan. Non si fidano dell’oscurità. Non di questa oscurità. È troppo difficile controllarla. Ci sono passato.

- Non ho bisogno di consigli. – sibilò Emma. L’unica cosa di cui aveva bisogno era di mettergli le mani intorno al collo. Non vedeva l’ora. Di stringere e stringere fino a farlo diventare blu. Non poteva più difendersi adesso che era un eroe puro e senza macchia. Era solo un omuncolo zoppo. Aveva imparato ad usare la spada, aveva difeso la donna che amava, ma non avrebbe avuto speranze contro di lei. Poco importava che non potesse usare la magia. Non avrebbe avuto speranze,  così come non aveva avuto scampo quando non era altro che un filatore umile, dedito al proprio figlio e al proprio lavoro. I palmi delle mani le prudevano al punto tale che Emma, per un istante, fu sicura che non avrebbe resistito a quel richiamo. Avrebbe ceduto e l’avrebbe ucciso...

- Non era un consiglio. Era un dato di fatto. – continuò l’ex Oscuro. - Loro hanno fallito. E lei ha fallito qui, a Storybrooke. Abbiamo tutti commesso degli sbagli.

“Quando le cose si sono messe male, tu hai fatto tutto da sola. Eravamo una squadra!”

Emma deglutì a fatica. Aveva la gola riarsa e il cuore che batteva con colpi lenti e pesanti. - Non dovreste andare senza di me. Lily è...

- Lily è pericolosa. Ne sono convinto. Erigeremo delle barriere protettive e faremo del nostro meglio. Se usa la magia, signorina Swan... peggiorerà. Lo sa bene. Si è guardata allo specchio?

 

Lily osservò l’allegra famigliola uscire dalla villa di Regina, attraversare il vialetto e svoltare l’angolo, diretti verso la biblioteca. Tremotino era l’ultimo della fila e si attardò davanti a casa, quasi fosse indeciso sul da farsi. Belle tornò sui suoi passi e i due parlarono per alcuni minuti.

A Lily non interessava ascoltare cos’avevano da dirsi la Bella e la Bestia. Le interessava chi era rimasto in quella casa. Un’arciera usata come cane da guardia... ed Emma. E l’arciera non costituiva un problema.

- Sai cosa devi fare. – disse una voce maschile, dietro di lei. – Non metterci troppo. Ah. E un’ultima cosa.

- Cosa?

Rothbart scostò il cappuccio della sua tunica. Il viso dell’Oscuro era pallido e con le guance leggermente scavate. Alcune vene verdi in esposizione tracciavano sentieri lungo quella faccia. Portava i baffi e aveva una fitta massa di capelli rossi, con tante ciocche che gli ricadevano sulle orecchie, sulle spalle e sulla fronte, disordinatamente. – Lasciami Tremotino.

- Perché?

- Mi piace. – Sorrise, mostrando denti giallastri, molto più simili a zanne. – Mi piaceva di più quando era un Oscuro. Avrei voluto incontrarlo allora. Ma non avrai niente in contrario se mi sostituisco a lui...

- Puoi prenderti chi ti pare. Non è un mio problema.

Rothbart rise. La sua era una risata divertita, fredda e cattiva. Lily aveva tastato la mente dello stregone. Era una mente vasta, la mente di un uomo che un tempo si chiamava Eric von Rothbart e aveva imparato ad usare la magia in giovane età. Era diventato sempre più avido di potere, fino a quando non aveva stretto il patto con il precedente Oscuro, Cornelius, per superare il suo maestro ed eliminarlo. Non era riuscita ad andare molto in là, perché lui non gliel’aveva permesso, ma aveva visto sprazzi della sua vita nel castello che aveva poi accolto Emma come prigioniera.

- Ho qualche idea per questo posto, quando avremo finito. Ricostruirò il mio castello. Si torna ai fasti di centinaia di anni fa, cara! – continuò Rothbart.

Lily lo ignorò e si avviò verso la villa.   

 

“Ma avresti potuto parlarcene. Avresti potuto dirci tutto. Perché non l’hai fatto?”

“Quando le cose si sono messe male, tu hai fatto tutto da sola. Eravamo una squadra!”

Operazione Cobra. Lo ricordava.

“Che cosa succede fra te e tua madre?”

“Il problema non siamo noi, ma il suo sortilegio. Dobbiamo spezzarlo, e ti dirò! Ho già un piano. Prima mossa...”

- Identificazione... – disse Emma, sdraiata sul divano bianco del salone.

“Identificazione. L’ho chiamata Operazione Cobra”

“Cobra? Questo non ha niente a che fare con le favole!”

“Esatto! È un nome in codice per depistare la regina”

-Ti sei messa a parlare da sola? – domandò Merida, tendendo di più la corda del suo arco. – Oppure stai elaborando qualche piano? Non ti conviene. Non hai i tuoi poteri. Ed io ti infilzerò con una freccia se sarà necessario.

- Tu non mi ucciderai, Merida. Non puoi.

- No. Ma posso sempre infilzarti un ginocchio. Sento che mi farà stare meglio, dopo che ho dovuto lasciare Artù in mano a qualche nano assoldato da tuo padre.

- Accomodati pure. – rispose Emma, incrociando le gambe e aspettando la freccia.

Merida mirò al suo ginocchio.

- Ehi, si gioca al tiro al bersaglio con l’Oscuro?

Emma si alzò di scatto e Merida scoccò la freccia in direzione della soglia del salone, senza prendere la mira. Lily acchiappò la freccia con una mano e la gettò via, per poi liberarsi anche di Merida con un gesto della mano.

- Avrebbero dovuto lasciarla dov’era. Qui non serve a molto. – disse Lily, dandosi un’occhiata intorno. Prese una foto di Henry e Regina sistemata su una mensola e racchiusa in una cornice d’argento. – O permetterle di uccidere Artù. Bella casa.

- So perché sei venuta.

- Sono venuta perché ho visto quella banda di imbecilli uscire di casa senza di te. E immaginavo che non ti avessero invitata nella loro... ricerca. Che richiederà molto tempo senza la magia. – Lily si avvicinò ad Emma.

- No. Tu sei venuta qui... perché vuoi essere fermata. Come quel giorno, quando ti ho trovata. Oppure vuoi che mi unisca a te.

- Emma... stai lottando per niente. – Posò la foto al suo posto. - So che cosa vuoi... lo percepisco. Non ho bisogno di guardare attraverso i tuoi occhi.

- La responsabile sono io. – ribatté Emma, gentilmente. Le prese una mano, stringendola fra le sue. Vide che anche l’amica stava cambiando. Il viso era solcato da venature violacee e sul palmo della mano e tra le dita la pelle aveva assunto una sfumatura verde oro. – La mia famiglia ha fallito, con noi. Ma se tu soffri più di quanto dovresti, sono io la responsabile.

Lily si limitò a fissarla. Poi batté le palpebre. – Tu mi hai salvata. Trasformarmi in un Oscuro non è stata una delle tue migliori idee... ma so perché l’hai fatto. Loro, invece? Perché ti hanno voltato le spalle? Vieni con me, Emma. Nimue ha ragione. Insieme siamo più forti.

“Uno dei miei contatti ha trovato un indirizzo, ma è di cinque anni fa”.

“Emma, che c’è?”

“Si trova a Lowell, in Massachusetts, che è a meno di... cinquanta chilometri da Boston, dove abitavo cinque anni fa. Siamo cresciute in Minnesota, ci siamo separate da ragazzine e siamo finite a vivere da adulte a mezz’ora l’una dall’altra”.

“Come ho detto, è destino. E il vostro vi spinge a stare insieme”.

Lily mise la propria mano sopra quella di Emma. – Anche tu sei stanca di lottare.

Sospirò. Oh, si sentiva indicibilmente stanca. Lottare contro quella parte di sé che aveva quasi ucciso Regina nelle segrete del castello di Rothbart era sempre più complicato. - Questo non conta. Non conta quanto siamo stanche... perderai te stessa, Lily.

- Forse sono sempre stata destinata a questo. L’Anti Salvatrice... ed ora l’Oscuro. Non c’è mai stata nessuna luce... a parte te.

Emma continuava a tenere la mano di Lily fra le sue.

- E sarai tu a perdere. Sarete voi. Se non vieni con me adesso... non avrete alcuna possibilità. Questa notte sarà tutto finito.

- Ci deve essere un modo...

- Certo che c’è. – Lily, ora, sembrava triste. Rassegnata, persino. Le mostrò Excalibur, con i loro nomi incisi sulla lunga lama. Accostò la spada al viso di Emma, che non si ritrasse, avvertendone il morso gelido. – C’è e lo conosci bene. Resta un’unica soluzione per fermare un Oscuro... ed è ucciderlo.

 

 
In biblioteca, tutti si stavano dando da fare, esaminando le Cronache degli Oscuri.

Belle aveva il naso affondato tra le pagine ingiallite di un grosso libro rilegato in pelle nera. David ne mise uno da parte e si stropicciò gli occhi, per poi afferrarne un altro dalla pila sistemata accanto a lui. Killian scrutava, perplesso, gli strani simboli che aveva davanti, sfiorando le parole con la punta del suo uncino.

Henry stava vagando tra gli scaffali, impegnato a cercare qualsiasi cosa potesse aiutarli a capire il piano di Lily. E intanto pensava a sua madre. Alle sue madri.  

“La madre che conosco non mi avrebbe mai nascosto niente. Non avrebbe... pensato di fare del male a Violet per spezzare il mio cuore. Non avrebbe spezzato quello della sua unica amica”.

“L’ho fatto per liberare Merlino. È stato terribile... anche per me. Ma allora credevo di non avere scelta, se volevo distruggere l’oscurità”.

Henry prese un libro. Gold gli passò accanto, riservandogli un sorriso, prima di sparire in mezzo a due scaffali, le braccia cariche di tomi spessi e consunti.

“Io sono un Oscuro. Posso non essere più la madre che ero prima... ma la madre che siede a quel tavolo ti ha detto che mi ha rinchiusa in una prigione, nei sotterranei di un castello, quando io avevo più bisogno della mia famiglia?!”

Era arrabbiato. Anzi, non era solo arrabbiato. Era furioso. Ce l’aveva con Emma per averlo tagliato fuori, per aver deciso di risolvere tutto da sola. E ce l’aveva con Regina perché aveva rinchiuso Emma in una segreta.

“L’ho fatto per liberare Merlino...”

“La madre che siede a quel tavolo ti ha detto che mi ha rinchiusa...”

- Henry...

Si girò di scatto. Emma gli sorrise.

- Mamma... sei scappata? – sussurrò. Sbirciò in fretta tra gli scaffali. Gli altri erano ancora chini sui libri e non avevano notato niente.

- Per un buon motivo. Lily è venuta da me.

- Lily? Da te? Perché?

- Voleva che mi unissi a lei. Ma questo non conta. Posso risolvere tutto. E ho bisogno che ti fidi di me.

Henry strinse le labbra. – Te l’ho detto.

- Sì. Ti ho ascoltato. Ti ho ascoltato davvero. Non voglio che tu mi tolga il bracciale.

- E come farai senza la magia?

- Con un po’ di aiuto. Il tuo. – Emma sembrava ancora la Emma che lui ricordava. Nonostante lui vedesse nel suo sguardo quella scintilla sinistra, quell’oscurità annidata dentro il suo corpo e che rischiava di prendere il sopravvento... le parve ancora la ragazza che aveva portato a Storybrooke, la ragazza con la giacca rossa e gli occhi determinati. Quella Emma non credeva alla maledizione e indossava una corazza per proteggersi da tutto ciò che avrebbe potuto ferirla, ma era rimasta in città. Era rimasta per aiutarlo. – Lily ha rubato gli acchiappasogni, ma se riesco a recuperarli, potrò aiutare tutti.

- Recuperarli... vuol dire che Lily deve essere da tutt’altra parte mentre lo facciamo. Lei... lei forse non ci ucciderà, ma ci fermerà se ci scopre. E può succedere. Vede attraverso i tuoi occhi.

- Anch’io so come bloccarla. So anche depistarla, se necessario. E poi è convinta che niente possa fermarla, ormai. Il suo piano è già in atto...

- Ma...

- Un incantesimo di localizzazione. Ecco che cosa serve. – Malefica era comparsa dietro ad Henry senza alcun preavviso.

- Malefica, che cosa stai...? – cominciò Emma.

- Non ci provare, Emma. Sono responsabile quanto te di ciò che è accaduto a Lily, quindi non mi terrete fuori da questa storia.

Henry diede un’occhiata agli altri per assicurarsi che non si fossero accorti di nulla. Erano ancora molto concentrati nella lettura. Sua nonna gli dava le spalle e si era presa la testa fra le mani. Belle aveva appena aperto un altro libro che lui aveva lasciato sul tavolo.

- So dove prendere un incantesimo localizzatore. – disse Henry. – Ma ho bisogno delle cose che hai usato per costruire gli acchiappasogni.

- Dimmi dov’è questo incantesimo. Lo prenderò io. – replicò Malefica.

- Bene. – rispose Emma. Poi si rivolse di nuovo ad Henry. – Allora vuoi aiutarmi?

Suo figlio sorrise. – Mi serve solo un’altra cosa?

- Che cosa?

- Un nome.

Certo, il nome della missione. Emma non ci pensò su troppo a lungo. – Operazione Cobra, parte seconda.

- Andrà bene.

 

 
Regina entrò in biblioteca, trovando, Gold gli Azzurri e Belle immersi nello studio approfondito delle Cronache degli Oscuri.

Non ce la faremo mai così, pensò, osservando tutti i libri ammucchiati sul tavolo.

“Esiste un modo più semplice e veloce. Sono ancora un Oscuro. Posso usare la magia. Ma dovete togliermi il bracciale”.

Forse avrebbe dovuto darle una possibilità. Forse avrebbe dovuto rifletterci meglio e permetterle di facilitare la loro ricerca.

- Regina, dov’è Robin? – domandò Neve, alzandosi e venendole incontro.

- È rimasto con Roland. – Un sapore amaro le aveva invaso la bocca. Robin non faceva altro che pensare alla bambina che aveva perso, a quanto era stato stupido a fidarsi di Zelena. Voleva trovare un modo per andare ad Oz e recuperarla.

“Ci serve la bacchetta. Ma finché ce l’avrà Lily, noi non potremo...”

“Lo so bene. Non c’è bisogno che me lo ricordi, Regina. Pensi che sia uno stupido?”.

- Qualcosa non va? – domandò Neve.

Regina aprì la bocca per rispondere, ma Uncino la precedette. – Che diavolo è quello?

Tutti sollevarono il capo e guardarono da una delle finestre della biblioteca.

C’era una figura, davanti all’edificio.

Una figura enorme, alta e con le spalle larghe, avvolta in una tunica nera e pesante, munita di cappuccio. Indossava una maschera a forma di teschio con corna di cervo. Sollevò una mano, puntando il dito contro di loro. Belle si coprì la bocca con una mano.

- Indietro! – gridò David, coprendo la moglie con il suo corpo e spingendola sul pavimento.

Il primo attacco del demone si schiantò contro la barriera magica che circondava la biblioteca. Un’abbacinante luce rossastra costrinse tutti a chiudere gli occhi o a ripararseli con un braccio. Regina capì che la protezione non avrebbe resistito. Percepiva chiaramente il potere che emanava. Era un potere antico e oscuro. Ma si preparò comunque ad affrontarlo.

- Cornelius... – mormorò Gold, alle sue spalle.

Il mostro lanciò un grido, che sembrò più simile al ruggito di una belva affamata e poi colpì l’asfalto con il pugno chiuso. Si aprì una crepa, che si allungò fino a raggiungere la biblioteca. Il suo secondo attacco ruppe l’incantesimo di protezione, che esplose in una moltitudine di frammenti. Pezzi di vetro, cemento e legno volarono in ogni direzione, quando la facciata dell’edificio si sgretolò. Dal cratere che si era formato al centro entrò il demone che Gold aveva chiamato Cornelius. Uno scaffale colmo di libri si piegò, urtando il successivo ed entrambi caddero di schianto, riversando una moltitudine di libri sul pavimento.

Un globo infuocato guizzò dalla mano di Regina, fulmineo come una saetta. Colpì l’essere in pieno petto e quello arrestò la sua avanzata, vacillando sulle game. Ma il globo venne risucchiato dal suo enorme corpo. Solo la parte superiore della tunica era bruciata, rivelando un’armatura sotto di essa.

Gold alzò una mano, ma si rese subito conto che era una sciocchezza, perché non possedeva più la magia. Possedeva solo il suo bastone e un cuore che l’Oscuro aveva reso puro solo per poter recuperare la spada. Imprecò contro Emma e contro se stesso. Belle lo fissò, terrorizzata. Poi strinse il bastone e sferrò un colpo, che raggiunse Cornelius agli stinchi. Lui si fermò e la maschera da teschio si volse. I suoi occhi erano due buchi neri e risucchianti, nei quali sfavillava una sinistra luce rossa. Allungò una delle grandi mani nude solo per appoggiargliela sul petto e spingerlo lontano da sé.

Killian gli conficcò il proprio uncino nella schiena, ma l’essere continuò ad avanzare, indisturbato, trascinandoselo dietro. David lo afferrò per la giacca, strattonandolo e liberandolo dalla presa di Cornelius.

L’ombra gigantesca sovrastò Regina. Le dita si aprirono e l’acchiapparono per i capelli, tenendola forte. Regina si dibatté ferocemente, ma senza risultato. Fu costretta a fissare da vicino la maschera a forma di teschio, le corna che sormontavano l’elmo e lo sguardo truce. Si liberò di lei, mandandola a sbattere contro uno scaffale.

Gli occhi di Cornelius si accesero e un lampo rosso illuminò la biblioteca, accecando tutti, momentaneamente. Intanto, un tentacolo di magia si protese fino alla caviglia di Neve, si attorcigliò intorno ad essa e iniziò a tirare. Lei scalciò e annaspò per aggrapparsi a qualcosa.

- No! – David prese la moglie per le braccia. – Lasciala andare!

- Lei vuole te. – sibilò una voce cupa, dietro la maschera. – Vuole te, Biancaneve.

Sospinse David contro la parete in fondo e sollevò la madre di Emma da terra. Poi scomparse in una nube rossa.

 

 
- Sono qui. – disse Henry, stringendo il ramo di salice intrecciato che Emma gli aveva dato in modo che potessero localizzare gli altri acchiappasogni. Il ramo splendeva di una densa luce azzurrina.

Emma salì le scale che conducevano in cima alla torre dell’orologio. Malefica la seguì.

- Non ha senso. Perché Lily dovrebbe tenere gli acchiappasogni in un luogo in cui possiamo riprenderceli? – Emma osservò gli oggetti che aveva usato per sottrarre i ricordi della sua famiglia. Dondolavano appesi alle travi della torre. – Nimue non poteva suggerire un altro posto?

Allungò una mano e un incantesimo di protezione la respinse.

- Perché non possiamo prenderli. – rispose Henry.

- Lily era convinta che non avreste potuto. – Malefica si fece avanti e, con un gesto della mano, infranse la protezione. – Perché era sicura che non avreste tolto il bracciale ad Emma. E che nessuno l’avrebbe ascoltata.

Emma strinse le labbra e iniziò a raccattare tutti gli acchiappasogni.

- Rivoglio subito i miei ricordi, dato che ti ho dato una mano. – disse Malefica.

- Se mi togliete il bracciale...

- A questo ha pensato tuo figlio. – Da una tasca interna della giacca grigia che portava sulle spalle, estrasse una piccola ampolla blu. – Spero che sia sufficiente.

- Henry... – mormorò Emma, sorpresa.

- Non eri obbligata a coinvolgermi. – rispose il ragazzino. – Ma l’hai fatto. Hai deciso che potevamo ancora essere una squadra. Mi hai permesso... di fare qualcosa per aiutarti. Lo apprezzo. E se tu hai fatto un passo indietro, lo farò anch’io.

Emma allungò il braccio ed Henry lasciò cadere il liquido magico sul bracciale. Poi glielo tolse con facilità.

- Mi farò perdonare. – promise, mettendogli le mani sulle spalle.

- Comincia restituendoci i ricordi.

Emma annuì. Prese l’acchiappasogni di Malefica e lo attivò, permettendo alla scia di memorie di ritornare dalla sua proprietaria e fece lo stesso con il figlio. Henry batté le palpebre quando gli eventi di Camelot presero forma nella sua mente e i pezzi si saldarono l’uno con l’altro. Malefica si appoggiò al muro, sconvolta. La giacca le cadde dalle spalle e i suoi occhi si accesero, diventando dorati.

Emma stava per dire che dovevano andarsene in fretta dalla torre. Avvertiva una presenza nelle vicinanze. Qualcosa di grosso e oscuro che li osservava. Qualcosa di... simile a lei... che gli solleticava la mente.

- Henry...

- Non siamo soli. – disse Malefica.

Un basso grugnito inumano la interruppe. Sulle scale comparve un mostro che aveva le sembianze di un cinghiale più grosso del normale. Piantò gli zoccoli anteriori su uno degli ultimi scalini. Dalle narici uscivano due sottili fili di fumo e dalla bocca spuntavano due paia di zanne bianche e acuminate.

“Io sono molte cose. Sono... la voce nella tua testa. Sono i poteri oscuri che risiedono in te... e che hanno avuto tutti i Signori Oscuri. Tremotino... è uno di loro! Preferisci qualcun altro?”

Il cinghiale mosse qualche passo verso di loro. Henry indietreggiò. Malefica aprì le mani e in esse apparve lo scettro.

“Che ne dici di... Gorgon l’Invincibile?”

- State indietro. È un Oscuro. – disse Emma, proteggendo il figlio con il suo corpo. – Malefica, porta via Henry.

Gorgon spalancò le fauci, ruggì e sputò un getto di fuoco verso di loro. Emma sollevò entrambe le mani e deviò le fiamme. Ebbe la conferma che non si trattava affatto di un’allucinazione. Era reale. Reale come lo era lei. Non il frutto di qualche incantesimo, ma una presenza vera nella torre di Storybrooke. L’Oscuro che aveva preceduto Zoso era lì, in carne ed ossa. Non capiva come fosse possibile e tuttavia lo respinse con la magia, costringendolo ad indietreggiare. Il cinghiale sbuffò, infuriato.

- Non ti lasceremo qui! – esclamò Henry.

- Posso tenerlo a bada. Porta gli acchiappasogni a casa di Regina. – disse Emma.

Gorgon sputò fuoco un’altra volta e lei lo bloccò di nuovo. La ringhiera delle scale si incendiò. Pezzi di legno esplosero.

- Vai! – gridò Emma.

Malefica afferrò Henry.

 

La torre dell’orologio era in fiamme. Regina la vide dalla finestra di una delle sue stanze al piano superiore. 

Bruciava.

- Mamma! – La voce di Henry la spinse ad accostare le tende e a scendere al pianterreno. Suo figlio era là, con Malefica... e un mucchio di acchiappasogni.

- Henry... li hai trovati. Dove...?

- Emma. Mi ha aiutato lei.

- E dov’è Emma, adesso?

- Una brutta sorpresa ci stava aspettando nella torre dell’orologio. Un Oscuro, secondo quello che ha detto Emma. – specificò Malefica.

- Oscuro?

Henry le parlò dell’enorme cinghiale sputa fuoco che faceva la guardia agli acchiappasogni.

- Cinghiali sputa fuoco? Che scherzo è questo? Un’invenzione del nuovo Oscuro? – domandò Killian.

- Gorgon. Il suo nome è Gorgon. – disse Tremotino. Aveva un’aria corrucciata. – Lo chiamavano Gorgon l’Invincibile.

- Non è davvero invincibile. Sono sicuro che Emma...

- Se gli Oscuri sono qui e non sono allucinazioni... – iniziò Tremotino. – Temo di comprendere che cosa ha fatto Lilith.

Malefica per prima stentava a crederci. – Ho i miei ricordi. Lily ha richiamato tutti gli Oscuri.

- Che ci uccideranno. – concluse Killian.

- Certamente non vengono ad offrirci un tè, capitano. – rispose Tremotino, alzandosi. La gamba gli faceva male. Molto più del solito. – Prenderanno delle vite. E una volta che avranno recuperato appieno i loro poteri... sarà la fine. Adesso hanno solo un accesso temporaneo a questo mondo, come un visto turistico... ma se prendono il posto di anime viventi, potranno rimanere.

- Anime viventi... noi. – osservò Killian.

- Già. Vi siete controllati i polsi?

Tutti tirarono indietro le maniche delle giacche e delle camice.

- Non c’è niente, sul mio. – disse Malefica, mostrando il polso nudo.

- Nemmeno sul mio. - aggiunse Henry.

Regina ritirò la manica della giacca beige. Sulla sua pelle brillò un cerchio di luce gialligna, ma si dissolse prima che potesse davvero metterlo a fuoco. E così anche sui polsi di Robin e Killian. Persino Knubbin ne aveva uno e lo studiò, portandosi il polso a pochi millimetri dagli occhi. Il suo corvo gracchiò, contrariato.

- Questo è... – iniziò il mago.

- Il Marchio di Caronte. – spiegò Tremotino.

- Il traghettatore della mitologia? – Henry era basito. – Conduceva le anime verso l’Oltretomba.

- Ragazzo in gamba. E Lily ha fatto delle scelte molto interessanti. Di certo a quest’ora... anche Biancaneve ha un marchio simile. – Anche Tremotino sapeva di avere quel marchio sul polso. Non aveva bisogno di guardare. – Non abbiamo molto tempo.

- Cos’è successo alla nonna?

David entrò in salotto, trafelato, con una pistola a tracolla.

- Dove pensi di andare? – domandò Regina.

- A cercare Neve. Non intendo starmene qui ad aspettare che Lily le faccia del male.

- Non ci andrai, perché se lo farai, morirai... e non è così che puoi aiutarla.

- Morirà anche Neve, se non vado.

- Moriremo tutti. – Regina lo mise al corrente del piano di Lily e degli altri Oscuri. – Come pensi di affrontarli? Con una pistola?

David aprì il polsino della camicia. Il marchio del traghettatore sfavillò, come se gli stesse facendo l’occhiolino. - Dov’è Emma?

Una nube grigia apparve al centro del salone ed Emma ne uscì, tutta intera. – So che cosa sta facendo Lily.

- Sì. Anche noi lo sappiamo. – mormorò Regina.

- Avete recuperato i ricordi?

Regina scosse il capo. Le disse di quello che era successo in biblioteca e le parlò del marchio di Caronte.

- Quando la luna sarà al suo apice. – disse Tremotino. – Arriverà subito il traghetto per l’Oltretomba e ci trascinerà laggiù.

- Non è molto allettante, Coccodrillo. – osservò Killian, sbirciando fuori dalla finestra.

- Per esperienza personale... posso dire che non lo è.

- Allora come lo impediamo? – chiese Emma.

- Non possiamo. – La voce di Tremotino suonò lapidaria, ma decisa. – L’Oltretomba è peggio di ciò che possiate immaginare. Molto peggio. Vi farà desiderare che le vecchie storie di fiamme e zolfo siano vere... vi farà desiderare di morire! Ma poi... vi renderete conto che la morte è già arrivata e che quella tortura... non finirà mai.

- Stai spaventando mio figlio. Ora basta! – esclamò Regina. Ma lei era la prima a sentirsi atterrita. Guardò Emma, istintivamente, alla ricerca di sostegno, ma lei sembrava ancora più pallida del solito. Era cadaverica.

- Ad essere onesti, sta spaventando anche me e il mio corvo! - asserì Knubbin, con una voce stridula.

- Bene, perché dovremmo essere tutti spaventati! Questa è la morte. È una battaglia che non possiamo vincere.

- No! – si ribellò Emma. – Posso ancora aiutare Lily. Non sono marchiata. E non intendo arrendermi.

- Mi unisco all’Oscuro. – disse Malefica.

- Ci deve essere qualcosa che possiamo fare! - Emma fissò Tremotino con gli occhi sgranati. Henry le prese una mano.

- Sì, qualcosa c’è. – rispose Tremotino. Si allentò il nodo della cravatta. – Usiamo bene il tempo che resta. Usiamolo per dire addio.

 

 
Il crepuscolo volgeva al termine e quel che restava del tramonto era una striscia rossastra al di là dei boschi. Nuove nuvole minacciose si stavano assiepando in cielo. Il vento spazzava le strade deserte di Storybrooke e le acque del lago presso il quale Lily si trovava.

Rabbrividì, ma non per il freddo. Era il senso di solitudine. Si sentiva come un astronauta fluttuato troppo lontano dalla propria nave spaziale e ormai alla deriva in un buio senza limiti.

Ma c’era ancora del lavoro da fare.

Estrasse un acchiappasogni. L’unico che non aveva nascosto nella torre dell’orologio. L’aveva tenuto con sé. Si avvicinò all’albero presso il quale era legata e imbavagliata Biancaneve, che non faceva che mugugnare e dibattersi per liberarsi dalle catene magiche.

Avvertì un fastidioso ronzio nelle orecchie e avvertì una certa pressione nella mente. Scosse il capo, nel tentativo di liberarsene. Non era Emma. L’avrebbe riconosciuta e ogni tentativo che aveva fatto di guardare attraverso i suoi occhi era stato bloccato. Aveva smesso di provarci, ma stava sempre all’erta. Quella pressione, però, era diversa. Cercò di erigere una nuova difesa, però la presenza la aggirò.

Che cosa credi di fare?, chiese una voce cupa nella sua testa.

Gorgon emerse da una nube nera, avanzando sul prato. Il grosso cinghiale grugnì. Avrebbe dovuto immaginare che si trattava di lui. Poteva comunicare solo con la mente, dato che non era in grado di parlare.

Non provare mai più a bloccarmi. Ti ricordo che abbiamo un accordo. È già difficile per me raggiungerti senza lottare per farmi sentire. Non ho ancora recuperato tutti i miei poteri.

- Beh, scusami. – rispose Lily, senza troppa convinzione. – Suppongo che Emma abbia trovato gli acchiappasogni.

Ci ha pensato lei e anche tua madre. E il ragazzino. Perché non possiamo uccidere anche lui?

- Perché fa parte dell’accordo. - tagliò corto Lily. Poi si avvicinò a Biancaneve con l’acchiappasogni e lo azionò. I ricordi tornarono nella mente della madre di Emma. Lei spalancò gli occhi, sbalordita. – Divertente, vero? Tu e la tua famigliola non avete più scampo. Non appena la luna sarà al suo apice, il traghettatore verrà a prendervi. E gli Oscuri torneranno in vita.

- È questo l’accordo che hai stipulato? Vuoi davvero che muoiano tutti? Non pensi ad Emma?

- Ad Henry non succederà niente. E nemmeno al tuo bambino. Loro sono innocenti. – Lily si avvicinò a lei. Estrasse la spada che aveva usato per ferire Tremotino e procurarsi il sangue. – Tu no.

- Emma... non ti perdonerà mai.

- Non darle retta. – disse Nimue. Gettò il cappuccio della tunica dietro le spalle. – Non appena tutto sarà compiuto, Emma si unirà a noi.

- Non lo farà mai. – rispose Biancaneve. – Emma lotterà.

- All’inizio. Ma è già fin troppo stanca di lottare. Lotta da una vita intera. Proprio come Lily. Per questo insieme sono più forti. – Nimue puntò un dito contro di lei e lo appoggiò sul suo petto. – E sei stata tu a volerlo. Quando hai maledetto Lily, l’hai legata indissolubilmente a tua figlia. La magia ha sempre un prezzo, Biancaneve.

- Non ti sei mai scusata. Non che sarebbe servito, ma avresti potuto almeno tentare. – disse Lily.

Biancaneve restò in silenzio.

- Sai perché sei qui? – continuò Lily, avvicinando la lama alla sua gola. – Perché sarai l’ultima a morire. Prima soffrirai.

Biancaneve aprì la bocca per parlare e Lily usò la punta della lama per aprire un taglio nel punto in cui il collo si congiungeva col torace. Un rivolo di sangue impregnò il tessuto della camicetta bianca.

- Mi dispiace. - replicò Biancaneve, sconvolta.

- È tardi. Questo non li salverà. E non salverà nemmeno te. – Lily le spinse la lama nella spalla. Questa volta lasciò che sprofondasse un po’ nella carne e si godette i lamenti di Biancaneve. La estrasse senza riguardi. Goccioline rosse piovvero sull’erba.

- Non avrei dovuto portarti via a tua madre. Io e David volevamo restituire l’uovo a Malefica... siamo stati ingannati. Non sapevamo... non sapevamo che l’Apprendista intendesse bandirti. – Arrivò alla fine della frase senza fiato.

- Volevate restituirlo dopo avermi maledetta. Certo. Immagino fosse più semplice credere che sarebbe bastato questo. Credere... che fossi solo un mostro. – La voce di Lily ora era alterata e tremante. Stentò a riconoscerla come sua.

- Volevamo... proteggere Emma. – mormorò Biancaneve.

- Volevi, semmai. Tuo marito ti ha seguito perché è una testa vuota. Sei stata tu a decidere.

- Avevo paura per mia figlia!

- Naturalmente. Non avresti mai accettato che tua figlia fosse oscura, vero? Volevi che fosse perfetta! Ma sai una cosa? Hai fallito. Non solo a Camelot. Hai fallito molto tempo fa. L’oscurità... è tornata a prendersela! – Lasciò scivolare la lama lungo il suo braccio, tagliando un pezzo di stoffa e la pelle sotto di essa.

Biancaneve urlò.

 

 
- Ci deve pur essere qualcosa per fermare questo incantesimo. – disse Henry, trasportando altri libri e piazzandoli davanti ad Emma.

La cripta era molto affollata. Il tempo stringeva ed Emma, che aveva restituito loro i ricordi, aveva insistito perché tutti si mettessero al lavoro. Ma gli unici che sembrava cercare veramente una soluzione erano lei ed Henry. Knubbin non era neanche venuto con loro. Era andato da Granny’s a mangiarsi una doppia porzione di hamburger e patatine perché non voleva morire con la pancia vuota. Suo padre aveva posato il libro che aveva in mano e aveva preso una spada, sistemandola nel fodero che poi si era legato in vita. Killian girava svogliatamente le pagine, scambiando qualche occhiata con David. Neal, in un angolo, dormiva, ignaro di tutto ciò che stava capitando intorno a lui.

- Papà, cosa stai facendo? – chiese Emma, allibita.

- Vado a cercare tua madre. Anche se morirò, almeno l’avrò fatto combattendo. – rispose, risoluto.

- Non puoi... non puoi arrenderti così. Tu e Biancaneve... non vi arrendete mai.

- Swan... – Killian si alzò e si avvicinò a lei, con cautela. Le posò una mano sul braccio e la costrinse a guardarlo. – Non pensavo che l’avrei mai detto ed è già la seconda volta, ma... il Coccodrillo forse ha ragione. Non possiamo vincere stavolta.

Nella mente di Emma, Tremotino ricominciò a parlare.

“Prenderanno delle vite. E una volta che avranno recuperato appieno i loro poteri... sarà la fine. Adesso hanno solo un accesso temporaneo a questo mondo, come un visto turistico... ma se prendono il posto di anime viventi, potranno rimanere”.

Le sue parole le facevano venire la pelle d’oca, le gelavano il sangue nelle vene.

“Usiamo bene il tempo che resta. Usiamolo per dire addio”.

Emma si scostò, rabbiosamente. Poi afferrò Uncino per la gola con la magia e lo scaraventò contro la parete opposta.

- Mamma! – gridò Henry.

- Emma, fermati, che cosa stai...? – David cercò di afferrarla, ma Emma fu molto più rapida e la sua mano destra lo prese per la gola. Le sfumature verdastre sul suo viso parvero allargarsi e così anche le sue iridi. Sollevò il padre da terra. Lui gorgogliò qualcosa.

“Tu mi hai salvata. Trasformarmi in un Oscuro non è stata una delle tue migliori idee... ma so perché l’hai fatto. Loro, invece? Perché ti hanno voltato le spalle? Vieni con me, Emma. Nimue ha ragione. Insieme siamo più forti”.

- Mamma... controllalo. – disse Henry, spostando lo sguardo da lei a David. – Controllalo. Puoi farlo...

Emma vide suo padre che diventava paonazzo e annaspava. Vide i suoi occhi fuori dalle orbite. Vide le dita che si tendevano verso di lei.

Lo lasciò. David cadde in ginocchio e boccheggiò, in cerca d’aria.

- Io... non... – iniziò Emma. Fissò quella mano che aveva quasi strangolato suo padre. Tremava in modo incontrollabile. – Mi dispiace tanto...

- Va tutto bene, Swan... – disse Uncino. Ma mantenne comunque le distanze. – Io credo che... credo sia meglio andarcene.

- Papà...

David si massaggiò la gola, ma non le disse niente. Emma notò il segno delle proprie unghie sulla sua pelle. Allungò le dita per toccarlo.

E subito le ritrasse.

Aveva quasi ucciso suo padre.

Aveva...

- Emma... – iniziò David.

- Andate. Non preoccupatevi per me. Andate. – Emma girò le spalle a tutti, osservando il proprio riflesso nello specchio. Aveva lo sguardo acquoso e arrossato, gli occhi segnati da ombre scure, la pelle marmorea era verdognola in più punti. Il male la corrodeva e si era espanso sul mento e sul labbro superiore.

- Non vieni con noi? – chiese Henry. – La nonna...

- Lo avete detto voi, no? Ci arrendiamo.

- Emma... lotteremo fino a quando sarà possibile farlo, ma... – prese a dire David.

- Non un’altra parola. – lo interruppe lei, furente. – La mamma non morirà. Sarà l’ultima a morire, perché Lily vuole che soffra. Lo so. Vuole che soffra, guardando le persone che ama perire senza che lei possa fare niente per aiutarli.  

Tacquero tutti.

David smise di toccarsi il collo. Lanciò un’occhiata ad Emma, indeciso sul da farsi. Avrebbe voluto abbracciarla. Non importava che avesse pensato di fargli del male. Era sua figlia e voleva abbracciarla. Voleva essere perdonato per non averle creduto a Camelot. Voleva che Emma si unisse a loro. Ma era convinto che se avesse provato a toccarla, Emma si sarebbe allontanata.

- Emma, avremo bisogno di te. Dobbiamo restare uniti. – chiese Killian.

- Verrò. - sentenziò lei, senza voltarsi.

- Davvero? – domandò Henry.

Emma si girò, sforzandosi di sorridere. Era un sorriso forzato, eccessivo. – Sì.

David prese in braccio il piccolo Neal e si avviò fuori dalla cripta, seguito da Killian e da Henry. Il pirata osservò Emma un’ultima volta, sul punto di dire qualcosa, ma lei guardava altrove, immersa nei suoi pensieri. Poi anche lui salì le scale.

“Usiamo bene il tempo che resta. Usiamolo per dire addio”.

Oh, io userò bene il tempo che resta, Tremotino. Stanne certo.

- A quanto pare ci arrendiamo. – disse Regina, meditabonda.

- No. Né stasera né mai. – rispose Emma. Fissò l’attenzione su uno dei libri aperti sul tavolo. Su una pagina c’era un simbolo. Una spirale. Poco sotto le parole di un incantesimo. Non era niente che potesse aiutarla contro gli Oscuri evocati da Lily, eppure il suo sguardo seguì la linea che andava all’ingiù, non verso un punto, ma verso l’infinito. Ordine dal caos o caos dall’ordine, a seconda di chi giudicava. Era uno dei simboli più antichi, il simbolo umano più remoto di quel ponte instabile che esisteva tra la realtà e il nulla. Emma la toccò con l’indice e la tracciò, partendo dall’interno e andando verso l’esterno.

- Emma?

- Se distruggerò i Signori Oscuri... nessun’anima sarà dovuta e tu... voi sarete risparmiati. - La spirale si illuminò un istante, poi le pagine del libro vorticarono ed esso si chiuse con un tonfo.

- Come? – Regina sentiva che ciò che stava per arrivare non le sarebbe piaciuto. Per niente.

- Ricordi la promessa fatta a Camelot? Che avresti fatto tutto il possibile per eliminare l’oscurità?

- Non mi piace il tuo tono. – Il cuore aveva iniziato a battere forte. Avvertiva le pulsazioni nelle tempie e il sangue le si rimescolava tumultuoso nelle vene.

Non lo dire, Emma. Non me lo chiedere o mi metterò ad urlare.

- Ho bisogno che tu mantenga quella promessa. E devi giurarmi che non lo dirai a nessun altro.

Regina avrebbe voluto scacciare quell’idea dalla sua mente con rude, rabbiosa energia. Di tutte le cose da non prendere in considerazione, la prima era sicuramente uccidere Emma. Quando parlò di nuovo, scandì bene ogni parola, come se volesse piantargliele in testa tutte quante. - Ma per eliminare l’oscurità... devi trasferirla dentro qualcuno. Ed eliminare quella persona. Non vorrai...

- Sì. Sarò io quella persona.

Regina tacque. Non smise di fissarla un secondo, ma tacque.

- A Camelot non ti sei fidata di me. Questa volta devi farlo. Devi, Regina. – L’espressione di Emma era franca. Limpida. Non c’era traccia di paura. C’era solo rammarico. Dolore.

- Non puoi.

- Non abbiamo altra scelta.

- C’è sempre un’altra scelta. Non possiamo... perdere te, Emma. Forse Lily...

- Non ci pensare nemmeno. Lily non morirà. Perché non merita questo. – Emma la prese per le braccia. – Ho dovuto salvarla a Camelot. Pensavo che avremmo potuto aiutarla... ma forse non ci saremmo riusciti in ogni caso. Lily lo sapeva. Sapeva di non essere abbastanza forte per l’oscurità. Ha dovuto lottare contro di essa per tutta la vita. E quell’oscurità... era la mia.

- Oh, Emma, non sei responsabile dell’oscurità che ha dovuto portarsi dietro. Quella...

- Ascoltami! – La scosse. Abbastanza forte da sbalordirla. – Non c’è tempo. Devi promettermi che lo farai.

- Questa è la tua punizione, vero?

Emma batté le palpebre e inclinò leggermente la testa di lato, perplessa.

- Hai detto che ci meritiamo una punizione. È questa? Questa è la mia punizione per non aver avuto abbastanza fiducia in te a Camelot? È la punizione per averti rinchiusa in quella segreta? – Regina ora sembrava furibonda. Ma non era solo furibonda. Un terrore violento l’aveva investita come un fulmine improvviso.

- Regina...

- E Henry? Chi penserà ad Henry?

- Tu. Lui sarà con te.

- Ha già perso suo padre, Emma! Non può perdere anche sua madre. E mi odierà! Mi odierà non appena farò ciò che mi chiedi.

- No. Non lo farà. Ci penserò io.

- E in che modo?

- Non preoccuparti di questo.

- Certo! Sei l’unica che può preoccuparsi, vero? Ci sono persone che tengono a te, qui, Emma!

- Te l’ho detto. Non abbiamo scelta! – Stavolta anche Emma urlò. Urlò come se stesse parlando con una persona troppo dura di comprendonio. Aveva gli occhi pieni di lacrime e accesi come tizzoni ardenti.

Che la vita fosse ingiusta, era una cosa che Regina aveva imparato anni fa. Ma tutto questo andava ben oltre l’ingiusto. Nonostante le cose terribili che Emma aveva detto e fatto, la sua morte non era semplicemente ingiusta. Era mostruosa. Una mostruosità che le riusciva difficile accettare, anche se di scelte non ne avevano più.

- Ho bisogno di alcune cose, adesso. Dobbiamo raggiungere Lily e prenderle Excalibur non sarà facile. – Emma fece per superarla e dirigersi verso le scale della cripta.

Regina la trattenne con forza per un braccio, costringendola a fare due passi indietro. L’Oscuro aprì la bocca per chiederle, forse, che altro aveva da dire.

Regina, invece, l’attirò contro di sé e premette le labbra sulle sue.

Non capiva nemmeno lei che cosa stesse facendo, ma le sue mani strinsero la sua giacca nera. Sulle prime, Emma si irrigidì, le sue dita si aprirono, non sapendo a cosa aggrapparsi. Poi Regina sentì quelle stesse dita fra i suoi capelli e le labbra che si muovevano per seguirla. Regina avvertiva il suo odore forte e intenso, la pressione del suo corpo, le unghie che le graffiavano la cute.

Infine Emma la spinse lontano da sé.

Regina si portò le dita alle labbra. Le sembrava che bruciassero. Il suo respiro era ridotto ad un affanno e così anche quello di Emma.

Sto impazzendo, pensò lei, con la testa ancora confusa. Era allibita dalle sue stesse azioni. Non riusciva a capacitarsene. O sono già impazzita. Forse è questo. Sono già impazzita.

Emma si diresse verso le scale.

- Emma, aspetta!

Lei tornò a voltarsi.

 “Io ti ho salvata. Ora tu salva me. E se non potrai salvarmi, allora fa quello che nessun altro sarà capace di fare. Sei l’unica in grado di mettere da parte le emozioni e fare ciò che è necessario. Distruggermi”.

Ne era capace? Poteva metterle da parte?

- Dobbiamo andare, Regina.

Non disse altro. Solo: dobbiamo andare.

Però...

Emma prese una mano di Regina e la strinse fra le sue. Regina levò la mano libera per fare qualcosa che non aveva mai fatto. Le accarezzò una guancia. La sua pelle era liscia al tatto. Le labbra erano rosse e semichiuse. Gli occhi le sfuggivano.

In quel momento rivide Emma. Non aveva più i suoi capelli luminosi, il suo sguardo era più cupo, più ombroso, non indossava la sua giacca rossa, ma era Emma.

In quell’istante era lì. Con lei.

 

_______________________

 

 
Angolo autrice:

Salve a tutti. Quanto tempo, eh?

 

Allora, qualche precisazione, giusto per capirci:

Il Rothbart che compare in quella breve scena con Lily è il barone Eric von Rothbart, del romanzo fantasy The Black Swan, scritto da Mercedes Lackey e basato sul balletto Swan Lake. Quindi una nuova versione del Rothbart che molti di noi conoscono. Se volete saperne di più su questo personaggio e sul libro della Lackey, The Black Swan

 

Gorgon è citato da Tremotino nella premiere della 5°stagione ed ha, appunto, le sembianze di un cinghiale capace di sputare fuoco. Le altre caratteristiche, come il fatto che sappia comunicare con la mente, sono una mia invenzione.

 

Cornelius è l’antagonista del film Disney Taron e la pentola magica, come già spiegato qualche capitolo fa ed è anche un personaggio della saga fantasy Le Cronache di Prydain di Lloyd Alexander. Il Cornelius della mia storia è un mix delle due versioni conosciute.

Devo anche ammettere che nell’ultimo periodo sono stata troppo dietro ad un’altra serie tv, The 100. Quindi, chi ha seguito/segue la serie, avrà capito che la scena di Lily che inizia a torturare Snow è ispirata alle tecniche di tortura dei Grounders. Ecco il motivo dell’avvertimento iniziale.


   
 
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