Trigger
Warning:
ci
tengo ad inserire un
avvertimento, giusto per non incorrere in eventuali critiche. Il
capitolo
contiene un paio di scene (una in particolare) che si possono
considerare
violente. Non si tratta di violenza pesante, ma
l’avvertimento serve, perché non
tutti amano leggere di personaggi che soffrono fisicamente.
18
Merida
scostò la tenda per guardare fuori. – Sembra che
la tempesta stia passando.
-
Stavano combattendo. – disse il mago Knubbin, mentre era
intento a pulirsi le
unghie. – Forse hanno trovato un accordo.
-
Non voglio sapere che genere di accordo. – rispose Merida.
Artù
era sempre nella sua cella, rintanato in un angolo, con la testa
appoggiata al
muro. Accanto a lui c’era un vassoio con del cibo, ma era
intatto.
-
Sicuramente hanno trovato un accordo con mia sorella, dato che il
tornado si è
portato via sia lei che la bambina. – disse Regina,
meditabonda.
Robin
non diceva una parola. Contrito, con l’arco e la faretra a
tracolla, scrutava
gli altri di sottecchi.
-
Non capisco. Perché Lily ed Emma hanno aiutato Zelena?
– domandò Neve.
-
Lily ha aiutato Zelena. Non Emma. Emma voleva ucciderla. –
specificò Regina,
osservando un fulmine che squarciava il cielo in lontananza. Un tuono
borbottò.
-
Sarebbe un omicidio a sangue freddo. – rispose Neve,
incredula.
L’aria
intorno a loro crepitò. Regina avvertì un brivido
sulla nuca.
-
Che succede? – chiese Killian.
Apparve
un piccolo globo infuocato e poi un pezzo di pergamena
scivolò sulle scartoffie
sparse sulla scrivania. Malefica si affrettò a prenderlo,
prima che lo potesse
fare qualcun altro e lo lesse.
-
Che cosa dice? Di chi è? – domandò
Regina.
-
È di Emma. – Glielo tese in modo che anche lei
potesse leggerlo. – Sembra che
l’Oscuro abbia bisogno di una mano.
Cinque
minuti dopo erano davanti alla villa di Emma. Non c’era
più alcuna protezione,
né intorno alla costruzione, né tantomeno sulla
porta d’ingresso. Infatti,
quando Regina salì in fretta i gradini e afferrò
saldamente la maniglia, niente
la respinse.
-
Emma! – gridò Neve, subito dietro di lei.
Entrarono
tutti in casa.
-
Swan? – Killian vide Emma seduta sul divano del salotto, in
apparente attesa.
Alzò lo sguardo su di lui. I suoi occhi erano duri e freddi,
come lo erano
stati nella foresta, quando l’aveva salvato prima che
Artù gli infliggesse il
colpo mortale.
-
Cos’è successo? – domandò
Neve, avvicinandosi alla figlia con cautela.
-
Dov’è mia figlia? - chiese Malefica, dopo aver
controllato anche le altre
stanze della villa.
-
Lily non è qui. – disse semplicemente Emma. La sua
voce era bassa e
controllata, ma venata di emozione.
Regina
sedette accanto a lei. Notò le sfumature verdognole sul
volto e sulle mani. Gli
occhi erano di un verde molto più intenso ed era un verde
che aveva inondato la
sclera, nascondendone il biancore. La trasformazione era sconcertante e
Regina
non scorse solo Emma, ma anche qualche altro essere, molto potente e
molto
antico. - Credo sia giunto il momento di spiegarci qualcosa, Emma. Non
pensi?
-
Vi ho fatti venire qui apposta. – disse Emma. – Ho
bisogno del vostro aiuto per
fermare Lily.
Spiegò
loro quello che era accaduto; di come Lily avesse attivato la bacchetta
per
spedire Zelena e la bambina a Oz, di come avessero lottato e anche di
come Lily
le avesse portato via gli ultimi ricordi di Camelot.
-
In definitiva... non sappiamo che cosa ha in mente... –
concluse Regina. – Non
puoi scoprirlo guardando attraverso i suoi occhi? È il
vostro dono.
La
parola ‘dono’ le uscì aspra, intrisa di
veleno.
Emma
le scoccò un’occhiata. – Non sono in
grado di vederla. Mi sta bloccando.
-
Belle ha detto che Lily ha ferito Tremotino... perché il suo
sangue apre molte
porte. Questo può esserti d’aiuto? –
chiese sua madre.
-
Forse, ma se non so qual è il piano di Lily e Nimue, non
potrò fermarla.
-
Credevo che Nimue fosse solo un’allucinazione. –
disse Regina.
-
Lo è, ma Nimue è il primo Oscuro. E quindi
è tutti noi.
-
Ti rendi conto che adesso abbiamo un problema enorme, vero? Hai
trasformato
Lily in un Oscuro e per giunta volevi uccidere Zelena!
-
Era l’unico modo per salvarle la vita... Malefica
è d’accordo con me, anche se
non può ricordarlo. E Zelena... non puoi dirmi che dopo
tutto quello che ti ha
fatto, per te non sarebbe stata una liberazione! Stavo cercando di
sbarazzarmi
dell’oscurità e ti stavo facendo un favore!
-
Emma, questo è omicidio premeditato. Doveva esserci un altro
modo. – intervenne
Neve. – Potevi fidarti di noi.
-
Come voi vi siete fidati di me a Camelot? – Il suo tono
s’incrinò e divenne
rabbioso. – Non avete creduto in me, né tantomeno
in Lily. Avete preferito
rinchiudermi in una cella e controllarmi. Non che vi sia servito a
molto...
-
Questo non è possibile. – la interruppe Regina.
-
Invece lo è. Ed è stata tua, l’idea!
Tutti
tacquero. Regina era paonazza.
-
Quindi il punto è... che tu ci hai chiamati
perché non hai più scelta. –
concluse Killian, cupo.
Emma
non rispose.
-
Swan, senti. – Killian allungò la mano per cercare
quella di lei, ma Emma si ritrasse.
Il pirata chiuse il pugno e contrasse la mascella, come se avesse
appena
addentato un limone. – Restituiscici i nostri ricordi.
Sarà più facile
aiutarti.
-
Lo farei, se avessi gli acchiappasogni. Erano nella rimessa sul retro,
ma sono
spariti.
Regina
si alzò in piedi e si appoggiò al divano.
– Che cosa diavolo ha in mente Lily
adesso?
-
Il sangue degli Oscuri può essere usato per un sacco di
incantesimi. E nessuno
di quegli incantesimi è... un buon incantesimo, se capite
che cosa intendo. –
disse Gold. – Potete trovare i precedenti Oscuri nelle
Cronache. Sono testi che
possono esserci utili.
Si
erano riuniti a casa di Regina. Sedevano intorno al tavolo e una debole
luce
illuminava il salone. Di Lily nessuna traccia, ma la calma che
circondava Storybrooke
era spettrale. Le strade erano deserte.
-
Per quanto io apprezzi la passione per la cultura... – disse
Emma, sfiorando il
bracciale nero che Regina aveva deciso di assestarle al polso. - Esiste
un modo
più semplice e veloce. Sono ancora un Oscuro. Posso usare la
magia. Ma dovete
togliermi il bracciale.
Gold
sorrise, ma scosse il capo. Nessuno degli altri intervenne.
-
Già. Giusto. Non vi fidate di me.
-
Lei si fiderebbe di me, se i ruoli fossero invertiti? –
chiese Gold.
-
Quindi è vero. Sei qui. – Henry entrò
in salone. Era scuro in volto e il suo
tono possedeva una sfumatura severa. Dura.
-
Henry... – Emma gli sorrise. – Dobbiamo aiutare
Lily e fermarla. L’unico modo è
togliermi questo bracciale. Dì loro che possono farlo.
-
No. – rispose lui, seccamente.
Emma
lo fissò, incredula. - Come?
-
Ci hai mentito. Su Lily. Su tutto quanto. Perché ora
dovremmo fidarci di te?
-
Io sono tua madre...
-
Davvero? Perché la madre che conosco non mi avrebbe mai
nascosto niente. Non
avrebbe... pensato di fare del male a Violet per spezzare il mio cuore.
Non
avrebbe spezzato quello della sua unica amica.
-
L’ho fatto per liberare Merlino. È stato
terribile... anche per me. Ma allora
credevo di non avere scelta, se volevo distruggere
l’oscurità. – Emma cercò di
avere tutta la sua attenzione. – Sai perché ho
trasformato Lily in un Oscuro?
Perché stava per morire. Dovevo salvarla.
-
Sì, dovevi. Ma avresti potuto parlarcene. Avresti potuto
dirci tutto. Perché
non l’hai fatto?
Emma
restò in silenzio qualche momento, quasi non fosse certa di
quello che avrebbe
detto se avesse aperto bocca.
-
Quando le cose si sono messe male, tu hai fatto tutto da sola. Eravamo
una
squadra! – esclamò Henry, sempre più
rabbioso.
-
Oh, sì? – Stavolta fu Emma ad urlare. La sua voce
divenne oscura e roca, piena
di malignità. I punti in cui la sua pelle aveva assunto
quelle sinistre sfumature
verdi parvero pulsare. – Io sono un Oscuro. Posso non essere
più la madre che
ero prima... ma la madre che siede a quel tavolo ti ha detto che mi ha
rinchiusa in una prigione, nei sotterranei di un castello, quando io
avevo più
bisogno
della mia famiglia?!
Henry
ammutolì all’istante.
-
Avevo portato Lily con me perché l’aiutassero.
Volevo che ci aiutassero
entrambe. Che Merlino ci aiutasse! Invece... hanno solo finto di farlo.
-
È vero? – domandò Henry a Regina.
-
Henry, io...
-
Quando riavrò gli acchiappasogni, loro riavranno i ricordi.
E si renderanno
conto che è vero. Ma in fondo lo sanno già.
Henry
decise che non voleva ascoltare altro. Strinse le labbra e se ne
andò.
-
Spero che tu sia soddisfatta. – commentò Regina.
Aveva una gran voglia di
ribaltare il tavolo e scagliare sfere di fuoco.
Emma
nemmeno si degnò di guardarla.
Gold
si alzò in piedi, appoggiandosi al bastone. –
Credo sia ora di mettersi al
lavoro.
Tutti
si affrettarono a levare le tende, rivolgendo rapide occhiate ad Emma,
che non
mosse un muscolo. Sapeva che sarebbe dovuta rimanere lì, ad
aspettare, mentre
la sua famiglia faceva ciò che era necessario per fermare
Lily. Ci avrebbero
impiegato giorni e non avevano tutto quel tempo.
Gold
si fermò accanto a lei, lasciando andare avanti il resto
della squadra. – Deve
capirlo, signorina Swan. Non si fidano
dell’oscurità. Non di questa
oscurità. È troppo difficile
controllarla. Ci sono passato.
-
Non ho bisogno di consigli. – sibilò Emma.
L’unica cosa di cui aveva bisogno
era di mettergli le mani intorno al collo. Non vedeva l’ora.
Di stringere e
stringere fino a farlo diventare blu. Non poteva più
difendersi adesso che era
un eroe puro e senza macchia. Era solo un omuncolo zoppo. Aveva
imparato ad
usare la spada, aveva difeso la donna che amava, ma non avrebbe avuto
speranze
contro di lei. Poco importava che non potesse usare la magia. Non
avrebbe avuto
speranze, così
come non aveva avuto
scampo quando non era altro che un filatore umile, dedito al proprio
figlio e
al proprio lavoro. I palmi delle mani le prudevano al punto tale che
Emma, per
un istante, fu sicura che non avrebbe resistito a quel richiamo.
Avrebbe ceduto
e l’avrebbe ucciso...
-
Non era un consiglio. Era un dato di fatto. –
continuò l’ex Oscuro. - Loro
hanno fallito. E lei ha fallito qui, a Storybrooke. Abbiamo tutti
commesso
degli sbagli.
“Quando
le cose si sono messe male,
tu hai fatto tutto da sola. Eravamo una squadra!”
Emma
deglutì a fatica. Aveva la gola riarsa e il cuore che
batteva con colpi lenti e
pesanti. - Non dovreste andare senza di me. Lily è...
-
Lily è pericolosa. Ne sono convinto. Erigeremo delle
barriere protettive e
faremo del nostro meglio. Se usa la magia, signorina Swan...
peggiorerà. Lo sa
bene. Si è guardata allo specchio?
Lily
osservò l’allegra famigliola uscire dalla villa di
Regina, attraversare il
vialetto e svoltare l’angolo, diretti verso la biblioteca.
Tremotino era
l’ultimo della fila e si attardò davanti a casa,
quasi fosse indeciso sul da
farsi. Belle tornò sui suoi passi e i due parlarono per
alcuni minuti.
A
Lily non interessava ascoltare cos’avevano da dirsi la Bella
e la Bestia. Le
interessava chi era rimasto in quella casa. Un’arciera usata
come cane da
guardia... ed Emma. E l’arciera non costituiva un problema.
-
Sai cosa devi fare. – disse una voce maschile, dietro di lei.
– Non metterci
troppo. Ah. E un’ultima cosa.
-
Cosa?
Rothbart
scostò il cappuccio della sua tunica. Il viso
dell’Oscuro era pallido e con le
guance leggermente scavate. Alcune vene verdi in esposizione
tracciavano
sentieri lungo quella faccia. Portava i baffi e aveva una fitta massa
di
capelli rossi, con tante ciocche che gli ricadevano sulle orecchie,
sulle
spalle e sulla fronte, disordinatamente. – Lasciami
Tremotino.
-
Perché?
-
Mi piace. – Sorrise, mostrando denti giallastri, molto
più simili a zanne. – Mi
piaceva di più quando era un Oscuro. Avrei voluto
incontrarlo allora. Ma non
avrai niente in contrario se mi sostituisco a lui...
-
Puoi prenderti chi ti pare. Non è un mio problema.
Rothbart
rise. La sua era una risata divertita, fredda e cattiva. Lily aveva
tastato la
mente dello stregone. Era una mente vasta, la mente di un uomo che un
tempo si
chiamava Eric von Rothbart e aveva imparato ad usare la magia in
giovane età.
Era diventato sempre più avido di potere, fino a quando non
aveva stretto il
patto con il precedente Oscuro, Cornelius, per superare il suo maestro
ed
eliminarlo. Non era riuscita ad andare molto in là,
perché lui non gliel’aveva
permesso, ma aveva visto sprazzi della sua vita nel castello che aveva
poi accolto
Emma come prigioniera.
-
Ho qualche idea per questo posto, quando avremo finito.
Ricostruirò il mio
castello. Si torna ai fasti di centinaia di anni fa, cara! –
continuò Rothbart.
Lily
lo ignorò e si avviò verso la villa.
“Ma
avresti potuto parlarcene.
Avresti potuto dirci tutto. Perché non l’hai
fatto?”
“Quando
le cose si sono messe male,
tu hai fatto tutto da sola. Eravamo una squadra!”
Operazione
Cobra. Lo ricordava.
“Che
cosa succede fra te e tua
madre?”
“Il
problema non siamo noi, ma il
suo sortilegio. Dobbiamo spezzarlo, e ti dirò! Ho
già un piano. Prima mossa...”
-
Identificazione... – disse Emma, sdraiata sul divano bianco
del salone.
“Identificazione.
L’ho chiamata
Operazione Cobra”
“Cobra?
Questo non ha niente a che
fare con le favole!”
“Esatto!
È un nome in codice per
depistare la regina”
-Ti
sei messa a parlare da sola? – domandò Merida,
tendendo di più la corda del suo
arco. – Oppure stai elaborando qualche piano? Non ti
conviene. Non hai i tuoi
poteri. Ed io ti infilzerò con una freccia se
sarà necessario.
-
Tu non mi ucciderai, Merida. Non puoi.
-
No. Ma posso sempre infilzarti un ginocchio. Sento che mi
farà stare meglio,
dopo che ho dovuto lasciare Artù in mano a qualche nano
assoldato da tuo padre.
-
Accomodati pure. – rispose Emma, incrociando le gambe e
aspettando la freccia.
Merida
mirò al suo ginocchio.
-
Ehi, si gioca al tiro al bersaglio con l’Oscuro?
Emma
si alzò di scatto e Merida scoccò la freccia in
direzione della soglia del
salone, senza prendere la mira. Lily acchiappò la freccia
con una mano e la
gettò via, per poi liberarsi anche di Merida con un gesto
della mano.
-
Avrebbero dovuto lasciarla dov’era. Qui non serve a molto.
– disse Lily,
dandosi un’occhiata intorno. Prese una foto di Henry e Regina
sistemata su una
mensola e racchiusa in una cornice d’argento. – O
permetterle di uccidere Artù.
Bella casa.
-
So perché sei venuta.
-
Sono venuta perché ho visto quella banda di imbecilli uscire
di casa senza di
te. E immaginavo che non ti avessero invitata nella loro... ricerca.
Che
richiederà molto tempo senza la magia. – Lily si
avvicinò ad Emma.
-
No. Tu sei venuta qui... perché vuoi essere fermata. Come
quel giorno, quando
ti ho trovata. Oppure vuoi che mi unisca a te.
-
Emma... stai lottando per niente. – Posò la foto
al suo posto. - So che cosa
vuoi... lo percepisco. Non ho bisogno di guardare attraverso i tuoi
occhi.
-
La responsabile sono io. – ribatté Emma,
gentilmente. Le prese una mano,
stringendola fra le sue. Vide che anche l’amica stava
cambiando. Il viso era
solcato da venature violacee e sul palmo della mano e tra le dita la
pelle aveva
assunto una sfumatura verde oro. – La mia famiglia ha
fallito, con noi. Ma se
tu soffri più di quanto dovresti, sono io la responsabile.
Lily
si limitò a fissarla. Poi batté le palpebre.
– Tu mi hai salvata. Trasformarmi
in un Oscuro non è stata una delle tue migliori idee... ma
so perché l’hai
fatto. Loro, invece? Perché ti hanno voltato le spalle?
Vieni con me, Emma.
Nimue ha ragione. Insieme siamo più forti.
“Uno
dei miei contatti ha trovato
un indirizzo, ma è di cinque anni fa”.
“Emma,
che c’è?”
“Si
trova a Lowell, in
Massachusetts, che è a meno di... cinquanta chilometri da
Boston, dove abitavo
cinque anni fa. Siamo cresciute in Minnesota, ci siamo separate da
ragazzine e
siamo finite a vivere da adulte a mezz’ora l’una
dall’altra”.
“Come
ho detto, è destino. E il
vostro vi spinge a stare insieme”.
Lily
mise la propria mano sopra quella di Emma. – Anche tu sei
stanca di lottare.
Sospirò.
Oh, si sentiva indicibilmente stanca. Lottare contro quella parte di
sé che
aveva quasi ucciso Regina nelle segrete del castello di Rothbart era
sempre più
complicato. - Questo non conta. Non conta quanto siamo stanche...
perderai te
stessa, Lily.
-
Forse sono sempre stata destinata a questo. L’Anti
Salvatrice... ed ora
l’Oscuro. Non c’è mai stata nessuna
luce... a parte te.
Emma
continuava a tenere la mano di Lily fra le sue.
-
E sarai tu a perdere. Sarete voi. Se non vieni con me adesso... non
avrete
alcuna possibilità. Questa notte sarà tutto
finito.
-
Ci deve essere un modo...
-
Certo che c’è. – Lily, ora, sembrava
triste. Rassegnata, persino. Le mostrò
Excalibur, con i loro nomi incisi sulla lunga lama. Accostò
la spada al viso di
Emma, che non si ritrasse, avvertendone il morso gelido. –
C’è e lo conosci
bene. Resta un’unica soluzione per fermare un Oscuro... ed
è ucciderlo.
In
biblioteca, tutti si stavano dando da fare, esaminando le Cronache
degli
Oscuri.
Belle
aveva il naso affondato tra le pagine ingiallite di un grosso libro
rilegato in
pelle nera. David ne mise uno da parte e si stropicciò gli
occhi, per poi
afferrarne un altro dalla pila sistemata accanto a lui. Killian
scrutava,
perplesso, gli strani simboli che aveva davanti, sfiorando le parole
con la
punta del suo uncino.
Henry
stava vagando tra gli scaffali, impegnato a cercare qualsiasi cosa
potesse
aiutarli a capire il piano di Lily. E intanto pensava a sua madre. Alle
sue
madri.
“La
madre che conosco non mi
avrebbe mai nascosto niente. Non avrebbe... pensato di fare del male a
Violet
per spezzare il mio cuore. Non avrebbe spezzato quello della sua unica
amica”.
“L’ho
fatto per liberare Merlino. È
stato terribile... anche per me. Ma allora credevo di non avere scelta,
se
volevo distruggere l’oscurità”.
Henry
prese un libro. Gold gli passò accanto, riservandogli un
sorriso, prima di
sparire in mezzo a due scaffali, le braccia cariche di tomi spessi e
consunti.
“Io
sono un Oscuro. Posso non
essere più la madre che ero prima... ma la madre che siede a
quel tavolo ti ha
detto che mi ha rinchiusa in una prigione, nei sotterranei di un
castello, quando
io avevo più bisogno della mia famiglia?!”
Era
arrabbiato. Anzi, non era solo arrabbiato. Era furioso. Ce
l’aveva con Emma per
averlo tagliato fuori, per aver deciso di risolvere tutto da sola. E ce
l’aveva
con Regina perché aveva rinchiuso Emma in una segreta.
“L’ho
fatto per liberare
Merlino...”
“La
madre che siede a quel tavolo
ti ha detto che mi ha rinchiusa...”
-
Henry...
Si
girò di scatto. Emma gli sorrise.
-
Mamma... sei scappata? – sussurrò.
Sbirciò in fretta tra gli scaffali. Gli
altri erano ancora chini sui libri e non avevano notato niente.
-
Per un buon motivo. Lily è venuta da me.
-
Lily? Da te? Perché?
-
Voleva che mi unissi a lei. Ma questo non conta. Posso risolvere tutto.
E ho
bisogno che ti fidi di me.
Henry
strinse le labbra. – Te l’ho detto.
-
Sì. Ti ho ascoltato. Ti ho ascoltato davvero. Non voglio che
tu mi tolga il
bracciale.
-
E come farai senza la magia?
-
Con un po’ di aiuto. Il tuo. – Emma sembrava ancora
la Emma che lui ricordava.
Nonostante lui vedesse nel suo sguardo quella scintilla sinistra,
quell’oscurità annidata dentro il suo corpo e che
rischiava di prendere il
sopravvento... le parve ancora la ragazza che aveva portato a
Storybrooke, la
ragazza con la giacca rossa e gli occhi determinati. Quella Emma non
credeva alla
maledizione e indossava una corazza per proteggersi da tutto
ciò che avrebbe
potuto ferirla, ma era rimasta in città. Era rimasta per
aiutarlo. – Lily ha
rubato gli acchiappasogni, ma se riesco a recuperarli, potrò
aiutare tutti.
-
Recuperarli... vuol dire che Lily deve essere da tutt’altra
parte mentre lo
facciamo. Lei... lei forse non ci ucciderà, ma ci
fermerà se ci scopre. E può
succedere. Vede attraverso i tuoi occhi.
-
Anch’io so come bloccarla. So anche depistarla, se
necessario. E poi è convinta
che niente possa fermarla, ormai. Il suo piano è
già in atto...
-
Ma...
-
Un incantesimo di localizzazione. Ecco che cosa serve. –
Malefica era comparsa
dietro ad Henry senza alcun preavviso.
-
Malefica, che cosa stai...? – cominciò Emma.
-
Non ci provare, Emma. Sono responsabile quanto te di ciò che
è accaduto a Lily,
quindi non mi terrete fuori da questa storia.
Henry
diede un’occhiata agli altri per assicurarsi che non si
fossero accorti di
nulla. Erano ancora molto concentrati nella lettura. Sua nonna gli dava
le
spalle e si era presa la testa fra le mani. Belle aveva appena aperto
un altro
libro che lui aveva lasciato sul tavolo.
-
So dove prendere un incantesimo localizzatore. – disse Henry.
– Ma ho bisogno
delle cose che hai usato per costruire gli acchiappasogni.
-
Dimmi dov’è questo incantesimo. Lo
prenderò io. – replicò Malefica.
-
Bene. – rispose Emma. Poi si rivolse di nuovo ad Henry.
– Allora vuoi aiutarmi?
Suo
figlio sorrise. – Mi serve solo un’altra cosa?
-
Che cosa?
-
Un nome.
Certo,
il nome della missione. Emma non ci pensò su troppo a lungo.
– Operazione
Cobra, parte seconda.
-
Andrà bene.
Regina
entrò in biblioteca, trovando, Gold gli Azzurri e Belle
immersi nello studio
approfondito delle Cronache degli Oscuri.
Non
ce la faremo mai così, pensò,
osservando tutti i libri ammucchiati sul tavolo.
“Esiste
un modo più semplice e
veloce. Sono ancora un Oscuro. Posso usare la magia. Ma dovete
togliermi il
bracciale”.
Forse
avrebbe dovuto darle una possibilità. Forse avrebbe dovuto
rifletterci meglio e
permetterle di facilitare la loro ricerca.
-
Regina, dov’è Robin? –
domandò Neve, alzandosi e venendole incontro.
-
È rimasto con Roland. – Un sapore amaro le aveva
invaso la bocca. Robin non
faceva altro che pensare alla bambina che aveva perso, a quanto era
stato
stupido a fidarsi di Zelena. Voleva trovare un modo per andare ad Oz e
recuperarla.
“Ci
serve la bacchetta. Ma finché
ce l’avrà Lily, noi non potremo...”
“Lo
so bene. Non c’è bisogno che me
lo ricordi, Regina. Pensi che sia uno stupido?”.
-
Qualcosa non va? – domandò Neve.
Regina
aprì la bocca per rispondere, ma Uncino la precedette.
– Che diavolo è quello?
Tutti
sollevarono il capo e guardarono da una delle finestre della
biblioteca.
C’era
una figura, davanti all’edificio.
Una
figura enorme, alta e con le spalle larghe, avvolta in una tunica nera
e
pesante, munita di cappuccio. Indossava una maschera a forma di teschio
con
corna di cervo. Sollevò una mano, puntando il dito contro di
loro. Belle si
coprì la bocca con una mano.
-
Indietro! – gridò David, coprendo la moglie con il
suo corpo e spingendola sul
pavimento.
Il
primo attacco del demone si schiantò contro la barriera
magica che circondava
la biblioteca. Un’abbacinante luce rossastra costrinse tutti
a chiudere gli
occhi o a ripararseli con un braccio. Regina capì che la
protezione non avrebbe
resistito. Percepiva chiaramente il potere che emanava. Era un potere
antico e
oscuro. Ma si preparò comunque ad affrontarlo.
-
Cornelius... – mormorò Gold, alle sue spalle.
Il
mostro lanciò un grido, che sembrò più
simile al ruggito di una belva affamata
e poi colpì l’asfalto con il pugno chiuso. Si
aprì una crepa, che si allungò
fino a raggiungere la biblioteca. Il suo secondo attacco ruppe
l’incantesimo di
protezione, che esplose in una moltitudine di frammenti. Pezzi di
vetro,
cemento e legno volarono in ogni direzione, quando la facciata
dell’edificio si
sgretolò. Dal cratere che si era formato al centro
entrò il demone che Gold
aveva chiamato Cornelius. Uno scaffale colmo di libri si
piegò, urtando il
successivo ed entrambi caddero di schianto, riversando una moltitudine
di libri
sul pavimento.
Un
globo infuocato guizzò dalla mano di Regina, fulmineo come
una saetta. Colpì
l’essere in pieno petto e quello arrestò la sua
avanzata, vacillando sulle
game. Ma il globo venne risucchiato dal suo enorme corpo. Solo la parte
superiore della tunica era bruciata, rivelando un’armatura
sotto di essa.
Gold
alzò una mano, ma si rese subito conto che era una
sciocchezza, perché non
possedeva più la magia. Possedeva solo il suo bastone e un
cuore che l’Oscuro
aveva reso puro solo per poter recuperare la spada. Imprecò
contro Emma e
contro se stesso. Belle lo fissò, terrorizzata. Poi strinse
il bastone e sferrò
un colpo, che raggiunse Cornelius agli stinchi. Lui si fermò
e la maschera da
teschio si volse. I suoi occhi erano due buchi neri e risucchianti, nei
quali
sfavillava una sinistra luce rossa. Allungò una delle grandi
mani nude solo per
appoggiargliela sul petto e spingerlo lontano da sé.
Killian
gli conficcò il proprio uncino nella schiena, ma
l’essere continuò ad avanzare,
indisturbato, trascinandoselo dietro. David lo afferrò per
la giacca,
strattonandolo e liberandolo dalla presa di Cornelius.
L’ombra
gigantesca sovrastò Regina. Le dita si aprirono e
l’acchiapparono per i
capelli, tenendola forte. Regina si dibatté ferocemente, ma
senza risultato. Fu
costretta a fissare da vicino la maschera a forma di teschio, le corna
che
sormontavano l’elmo e lo sguardo truce. Si liberò
di lei, mandandola a sbattere
contro uno scaffale.
Gli
occhi di Cornelius si accesero e un lampo rosso illuminò la
biblioteca,
accecando tutti, momentaneamente. Intanto, un tentacolo di magia si
protese
fino alla caviglia di Neve, si attorcigliò intorno ad essa e
iniziò a tirare.
Lei scalciò e annaspò per aggrapparsi a qualcosa.
-
No! – David prese la moglie per le braccia. –
Lasciala andare!
-
Lei vuole te. – sibilò una voce cupa, dietro la
maschera. – Vuole te,
Biancaneve.
Sospinse
David contro la parete in fondo e sollevò la madre di Emma
da terra. Poi
scomparse in una nube rossa.
-
Sono qui. – disse Henry, stringendo il ramo di salice
intrecciato che Emma gli
aveva dato in modo che potessero localizzare gli altri acchiappasogni.
Il ramo
splendeva di una densa luce azzurrina.
Emma
salì le scale che conducevano in cima alla torre
dell’orologio. Malefica la
seguì.
-
Non ha senso. Perché Lily dovrebbe tenere gli acchiappasogni
in un luogo in cui
possiamo riprenderceli? – Emma osservò gli oggetti
che aveva usato per
sottrarre i ricordi della sua famiglia. Dondolavano appesi alle travi
della
torre. – Nimue non poteva suggerire un altro posto?
Allungò
una mano e un incantesimo di protezione la respinse.
-
Perché non possiamo prenderli. – rispose Henry.
-
Lily era convinta che non avreste potuto. – Malefica si fece
avanti e, con un
gesto della mano, infranse la protezione. – Perché
era sicura che non avreste
tolto il bracciale ad Emma. E che nessuno l’avrebbe
ascoltata.
Emma
strinse le labbra e iniziò a raccattare tutti gli
acchiappasogni.
-
Rivoglio subito i miei ricordi, dato che ti ho dato una mano.
– disse Malefica.
-
Se mi togliete il bracciale...
-
A questo ha pensato tuo figlio. – Da una tasca interna della
giacca grigia che
portava sulle spalle, estrasse una piccola ampolla blu. –
Spero che sia
sufficiente.
-
Henry... – mormorò Emma, sorpresa.
-
Non eri obbligata a coinvolgermi. – rispose il ragazzino.
– Ma l’hai fatto. Hai
deciso che potevamo ancora essere una squadra. Mi hai permesso... di
fare
qualcosa per aiutarti. Lo apprezzo. E se tu hai fatto un passo
indietro, lo
farò anch’io.
Emma
allungò il braccio ed Henry lasciò cadere il
liquido magico sul bracciale. Poi
glielo tolse con facilità.
-
Mi farò perdonare. – promise, mettendogli le mani
sulle spalle.
-
Comincia restituendoci i ricordi.
Emma
annuì. Prese l’acchiappasogni di Malefica e lo
attivò, permettendo alla scia di
memorie di ritornare dalla sua proprietaria e fece lo stesso con il
figlio.
Henry batté le palpebre quando gli eventi di Camelot presero
forma nella sua
mente e i pezzi si saldarono l’uno con l’altro.
Malefica si appoggiò al muro,
sconvolta. La giacca le cadde dalle spalle e i suoi occhi si accesero,
diventando dorati.
Emma
stava per dire che dovevano andarsene in fretta dalla torre. Avvertiva
una
presenza nelle vicinanze. Qualcosa di grosso e oscuro che li osservava.
Qualcosa
di... simile a lei... che gli solleticava la mente.
-
Henry...
-
Non siamo soli. – disse Malefica.
Un
basso grugnito inumano la interruppe. Sulle scale comparve un mostro
che aveva
le sembianze di un cinghiale più grosso del normale.
Piantò gli zoccoli
anteriori su uno degli ultimi scalini. Dalle narici uscivano due
sottili fili
di fumo e dalla bocca spuntavano due paia di zanne bianche e acuminate.
“Io
sono molte cose. Sono... la
voce nella tua testa. Sono i poteri oscuri che risiedono in te... e che
hanno
avuto tutti i Signori Oscuri. Tremotino... è uno di loro!
Preferisci qualcun
altro?”
Il
cinghiale mosse qualche passo verso di loro. Henry
indietreggiò. Malefica aprì
le mani e in esse apparve lo scettro.
“Che
ne dici di... Gorgon
l’Invincibile?”
-
State indietro. È un Oscuro. – disse Emma,
proteggendo il figlio con il suo
corpo. – Malefica, porta via Henry.
Gorgon
spalancò le fauci, ruggì e sputò un
getto di fuoco verso di loro. Emma sollevò
entrambe le mani e deviò le fiamme. Ebbe la conferma che non
si trattava
affatto di un’allucinazione. Era reale. Reale come lo era
lei. Non il frutto di
qualche incantesimo, ma una presenza vera nella torre di Storybrooke.
L’Oscuro
che aveva preceduto Zoso era lì, in carne ed ossa. Non
capiva come fosse
possibile e tuttavia lo respinse con la magia, costringendolo ad
indietreggiare. Il cinghiale sbuffò, infuriato.
-
Non ti lasceremo qui! – esclamò Henry.
-
Posso tenerlo a bada. Porta gli acchiappasogni a casa di Regina.
– disse Emma.
Gorgon
sputò fuoco un’altra volta e lei lo
bloccò di nuovo. La ringhiera delle scale
si incendiò. Pezzi di legno esplosero.
-
Vai! – gridò Emma.
Malefica
afferrò Henry.
La
torre dell’orologio era in fiamme. Regina la vide dalla
finestra di una delle
sue stanze al piano superiore.
Bruciava.
-
Mamma! – La voce di Henry la spinse ad accostare le tende e a
scendere al
pianterreno. Suo figlio era là, con Malefica... e un mucchio
di acchiappasogni.
-
Henry... li hai trovati. Dove...?
-
Emma. Mi ha aiutato lei.
-
E dov’è Emma, adesso?
-
Una brutta sorpresa ci stava aspettando nella torre
dell’orologio. Un Oscuro,
secondo quello che ha detto Emma. – specificò
Malefica.
-
Oscuro?
Henry
le parlò dell’enorme cinghiale sputa fuoco che
faceva la guardia agli
acchiappasogni.
-
Cinghiali sputa fuoco? Che scherzo è questo?
Un’invenzione del nuovo Oscuro? –
domandò Killian.
-
Gorgon. Il suo nome è Gorgon. – disse Tremotino.
Aveva un’aria corrucciata. –
Lo chiamavano Gorgon l’Invincibile.
-
Non è davvero invincibile. Sono sicuro che Emma...
-
Se gli Oscuri sono qui e non sono allucinazioni... –
iniziò Tremotino. – Temo
di comprendere che cosa ha fatto Lilith.
Malefica
per prima stentava a crederci. – Ho i miei ricordi. Lily ha
richiamato tutti
gli Oscuri.
-
Che ci uccideranno. – concluse Killian.
-
Certamente non vengono ad offrirci un tè, capitano.
– rispose Tremotino,
alzandosi. La gamba gli faceva male. Molto più del solito.
– Prenderanno delle
vite. E una volta che avranno recuperato appieno i loro poteri...
sarà la fine.
Adesso hanno solo un accesso temporaneo a questo mondo, come un visto
turistico... ma se prendono il posto di anime viventi, potranno
rimanere.
-
Anime viventi... noi. – osservò Killian.
-
Già. Vi siete controllati i polsi?
Tutti
tirarono indietro le maniche delle giacche e delle camice.
-
Non c’è niente, sul mio. – disse
Malefica, mostrando il polso nudo.
-
Nemmeno sul mio. - aggiunse Henry.
Regina
ritirò la manica della giacca beige. Sulla sua pelle
brillò un cerchio di luce
gialligna, ma si dissolse prima che potesse davvero metterlo a fuoco. E
così
anche sui polsi di Robin e Killian. Persino Knubbin ne aveva uno e lo
studiò,
portandosi il polso a pochi millimetri dagli occhi. Il suo corvo
gracchiò,
contrariato.
-
Questo è... – iniziò il mago.
-
Il Marchio di Caronte. – spiegò Tremotino.
-
Il traghettatore della mitologia? – Henry era basito.
– Conduceva le anime
verso l’Oltretomba.
-
Ragazzo in gamba. E Lily ha fatto delle scelte molto interessanti. Di
certo a
quest’ora... anche Biancaneve ha un marchio simile.
– Anche Tremotino sapeva di
avere quel marchio sul polso. Non aveva bisogno di guardare.
– Non abbiamo
molto tempo.
-
Cos’è successo alla nonna?
David
entrò in salotto, trafelato, con una pistola a tracolla.
-
Dove pensi di andare? – domandò Regina.
-
A cercare Neve. Non intendo starmene qui ad aspettare che Lily le
faccia del
male.
-
Non ci andrai, perché se lo farai, morirai... e non
è così che puoi aiutarla.
-
Morirà anche Neve, se non vado.
-
Moriremo tutti. – Regina lo mise al corrente del piano di
Lily e degli altri
Oscuri. – Come pensi di affrontarli? Con una pistola?
David
aprì il polsino della camicia. Il marchio del traghettatore
sfavillò, come se
gli stesse facendo l’occhiolino. - Dov’è
Emma?
Una
nube grigia apparve al centro del salone ed Emma ne uscì,
tutta intera. – So
che cosa sta facendo Lily.
-
Sì. Anche noi lo sappiamo. – mormorò
Regina.
-
Avete recuperato i ricordi?
Regina
scosse il capo. Le disse di quello che era successo in biblioteca e le
parlò
del marchio di Caronte.
-
Quando la luna sarà al suo apice. – disse
Tremotino. – Arriverà subito il
traghetto per l’Oltretomba e ci trascinerà
laggiù.
-
Non è molto allettante, Coccodrillo. –
osservò Killian, sbirciando fuori dalla
finestra.
-
Per esperienza personale... posso dire che non lo è.
-
Allora come lo impediamo? – chiese Emma.
-
Non possiamo. – La voce di Tremotino suonò
lapidaria, ma decisa. – L’Oltretomba
è peggio di ciò che possiate immaginare. Molto
peggio. Vi farà desiderare che le
vecchie storie di fiamme e zolfo siano vere... vi farà
desiderare di morire! Ma
poi... vi renderete conto che la morte è già
arrivata e che quella tortura...
non finirà mai.
-
Stai spaventando mio figlio. Ora basta! – esclamò
Regina. Ma lei era la prima a
sentirsi atterrita. Guardò Emma, istintivamente, alla
ricerca di sostegno, ma
lei sembrava ancora più pallida del solito. Era cadaverica.
-
Ad essere onesti, sta spaventando anche me e il mio corvo! -
asserì Knubbin,
con una voce stridula.
-
Bene, perché dovremmo essere tutti spaventati! Questa
è la morte. È una
battaglia che non possiamo vincere.
-
No! – si ribellò Emma. – Posso ancora
aiutare Lily. Non sono marchiata. E non
intendo arrendermi.
-
Mi unisco all’Oscuro. – disse Malefica.
-
Ci deve essere qualcosa che possiamo fare! - Emma fissò
Tremotino con gli occhi
sgranati. Henry le prese una mano.
-
Sì, qualcosa c’è. – rispose
Tremotino. Si allentò il nodo della cravatta. –
Usiamo bene il tempo che resta. Usiamolo per dire addio.
Il
crepuscolo volgeva al termine e quel che restava del tramonto era una
striscia
rossastra al di là dei boschi. Nuove nuvole minacciose si
stavano assiepando in
cielo. Il vento spazzava le strade deserte di Storybrooke e le acque
del lago
presso il quale Lily si trovava.
Rabbrividì,
ma non per il freddo. Era il senso di solitudine. Si sentiva come un
astronauta
fluttuato troppo lontano dalla propria nave spaziale e ormai alla
deriva in un
buio senza limiti.
Ma
c’era ancora del lavoro da fare.
Estrasse
un acchiappasogni. L’unico che non aveva nascosto nella torre
dell’orologio.
L’aveva tenuto con sé. Si avvicinò
all’albero presso il quale era legata e
imbavagliata Biancaneve, che non faceva che mugugnare e dibattersi per
liberarsi dalle catene magiche.
Avvertì
un fastidioso ronzio nelle orecchie e avvertì una certa
pressione nella mente.
Scosse il capo, nel tentativo di liberarsene. Non era Emma.
L’avrebbe
riconosciuta e ogni tentativo che aveva fatto di guardare attraverso i
suoi
occhi era stato bloccato. Aveva smesso di provarci, ma stava sempre
all’erta.
Quella pressione, però, era diversa. Cercò di
erigere una nuova difesa, però la
presenza la aggirò.
Che
cosa credi di fare?, chiese
una voce cupa nella sua testa.
Gorgon
emerse da una nube nera, avanzando sul prato. Il grosso cinghiale
grugnì.
Avrebbe dovuto immaginare che si trattava di lui. Poteva comunicare
solo con la
mente, dato che non era in grado di parlare.
Non
provare mai più a bloccarmi. Ti
ricordo che abbiamo un accordo. È già difficile
per me raggiungerti senza
lottare per farmi sentire. Non ho ancora recuperato tutti i miei
poteri.
-
Beh, scusami. – rispose Lily, senza troppa convinzione.
– Suppongo che Emma
abbia trovato gli acchiappasogni.
Ci
ha pensato lei e anche tua
madre. E il ragazzino. Perché non possiamo uccidere anche
lui?
-
Perché fa parte dell’accordo. - tagliò
corto Lily. Poi si avvicinò a Biancaneve
con l’acchiappasogni e lo azionò. I ricordi
tornarono nella mente della madre
di Emma. Lei spalancò gli occhi, sbalordita. –
Divertente, vero? Tu e la tua
famigliola non avete più scampo. Non appena la luna
sarà al suo apice, il
traghettatore verrà a prendervi. E gli Oscuri torneranno in
vita.
-
È questo l’accordo che hai stipulato? Vuoi davvero
che muoiano tutti? Non pensi
ad Emma?
-
Ad Henry non succederà niente. E nemmeno al tuo bambino.
Loro sono innocenti. –
Lily si avvicinò a lei. Estrasse la spada che aveva usato
per ferire Tremotino
e procurarsi il sangue. – Tu no.
-
Emma... non ti perdonerà mai.
-
Non darle retta. – disse Nimue. Gettò il cappuccio
della tunica dietro le
spalle. – Non appena tutto sarà compiuto, Emma si
unirà a noi.
-
Non lo farà mai. – rispose Biancaneve. –
Emma lotterà.
-
All’inizio. Ma è già fin troppo stanca
di lottare. Lotta da una vita intera.
Proprio come Lily. Per questo insieme sono più forti.
– Nimue puntò un dito
contro di lei e lo appoggiò sul suo petto. – E sei
stata tu a volerlo. Quando
hai maledetto Lily, l’hai legata indissolubilmente a tua
figlia. La magia ha
sempre un prezzo, Biancaneve.
-
Non ti sei mai scusata. Non che sarebbe servito, ma avresti potuto
almeno
tentare. – disse Lily.
Biancaneve
restò in silenzio.
-
Sai perché sei qui? – continuò Lily,
avvicinando la lama alla sua gola. –
Perché sarai l’ultima a morire. Prima soffrirai.
Biancaneve
aprì la bocca per parlare e Lily usò la punta
della lama per aprire un taglio
nel punto in cui il collo si congiungeva col torace. Un rivolo di
sangue
impregnò il tessuto della camicetta bianca.
-
Mi dispiace. - replicò Biancaneve, sconvolta.
-
È tardi. Questo non li salverà. E non
salverà nemmeno te. – Lily le spinse la
lama nella spalla. Questa volta lasciò che sprofondasse un
po’ nella carne e si
godette i lamenti di Biancaneve. La estrasse senza riguardi. Goccioline
rosse
piovvero sull’erba.
-
Non avrei dovuto portarti via a tua madre. Io e David volevamo
restituire
l’uovo a Malefica... siamo stati ingannati. Non sapevamo...
non sapevamo che
l’Apprendista intendesse bandirti. –
Arrivò alla fine della frase senza fiato.
-
Volevate restituirlo dopo avermi maledetta. Certo. Immagino fosse
più semplice
credere che sarebbe bastato questo. Credere... che fossi solo un
mostro. – La
voce di Lily ora era alterata e tremante. Stentò a
riconoscerla come sua.
-
Volevamo... proteggere Emma. – mormorò Biancaneve.
-
Volevi, semmai. Tuo marito ti ha
seguito perché è una testa vuota. Sei stata tu a
decidere.
-
Avevo paura per mia figlia!
-
Naturalmente. Non avresti mai accettato che tua figlia fosse oscura,
vero?
Volevi che fosse perfetta! Ma sai una cosa? Hai fallito. Non solo a
Camelot.
Hai fallito molto tempo fa. L’oscurità...
è tornata a prendersela! – Lasciò
scivolare la lama lungo il suo braccio, tagliando un pezzo di stoffa e
la pelle
sotto di essa.
Biancaneve
urlò.
-
Ci deve pur essere qualcosa per fermare questo incantesimo. –
disse Henry,
trasportando altri libri e piazzandoli davanti ad Emma.
La
cripta era molto affollata. Il tempo stringeva ed Emma, che aveva
restituito
loro i ricordi, aveva insistito perché tutti si mettessero
al lavoro. Ma gli
unici che sembrava cercare veramente una soluzione erano lei ed Henry.
Knubbin
non era neanche venuto con loro. Era andato da Granny’s a
mangiarsi una doppia
porzione di hamburger e patatine perché non voleva morire
con la pancia vuota. Suo
padre aveva posato il libro che aveva in mano e aveva preso una spada,
sistemandola nel fodero che poi si era legato in vita. Killian girava
svogliatamente le pagine, scambiando qualche occhiata con David. Neal,
in un
angolo, dormiva, ignaro di tutto ciò che stava capitando
intorno a lui.
-
Papà, cosa stai facendo? – chiese Emma, allibita.
-
Vado a cercare tua madre. Anche se morirò, almeno
l’avrò fatto combattendo. –
rispose, risoluto.
-
Non puoi... non puoi arrenderti così. Tu e Biancaneve... non
vi arrendete mai.
-
Swan... – Killian si alzò e si avvicinò
a lei, con cautela. Le posò una mano
sul braccio e la costrinse a guardarlo. – Non pensavo che
l’avrei mai detto ed
è già la seconda volta, ma... il Coccodrillo
forse ha ragione. Non possiamo
vincere stavolta.
Nella
mente di Emma, Tremotino ricominciò a parlare.
“Prenderanno
delle vite.
E una volta che avranno recuperato appieno i loro poteri...
sarà la fine.
Adesso hanno solo un accesso temporaneo a questo mondo, come un visto
turistico... ma se prendono il posto di anime viventi, potranno
rimanere”.
Le
sue parole le facevano venire la pelle d’oca, le gelavano il
sangue nelle vene.
“Usiamo
bene il tempo che resta.
Usiamolo per dire addio”.
Emma
si scostò, rabbiosamente. Poi afferrò Uncino per
la gola con la magia e lo
scaraventò contro la parete opposta.
-
Mamma! – gridò Henry.
-
Emma, fermati, che cosa stai...? – David cercò di
afferrarla, ma Emma fu molto
più rapida e la sua mano destra lo prese per la gola. Le
sfumature verdastre
sul suo viso parvero allargarsi e così anche le sue iridi.
Sollevò il padre da
terra. Lui gorgogliò qualcosa.
“Tu
mi hai salvata. Trasformarmi in
un Oscuro non è stata una delle tue migliori idee... ma so
perché l’hai fatto.
Loro, invece? Perché ti hanno voltato le spalle? Vieni con
me, Emma. Nimue ha ragione.
Insieme siamo più forti”.
-
Mamma... controllalo. – disse Henry, spostando lo sguardo da
lei a David. –
Controllalo. Puoi farlo...
Emma
vide suo padre che diventava paonazzo e annaspava. Vide i suoi occhi
fuori
dalle orbite. Vide le dita che si tendevano verso di lei.
Lo
lasciò. David cadde in ginocchio e boccheggiò, in
cerca d’aria.
-
Io... non... – iniziò Emma. Fissò
quella mano che aveva quasi strangolato suo
padre. Tremava in modo incontrollabile. – Mi dispiace tanto...
-
Va tutto bene, Swan... – disse Uncino. Ma mantenne comunque
le distanze. – Io
credo che... credo sia meglio andarcene.
-
Papà...
David
si massaggiò la gola, ma non le disse niente. Emma
notò il segno delle proprie
unghie sulla sua pelle. Allungò le dita per toccarlo.
E
subito le ritrasse.
Aveva
quasi ucciso suo padre.
Aveva...
-
Emma... – iniziò David.
-
Andate. Non preoccupatevi per me. Andate. – Emma
girò le spalle a tutti,
osservando il proprio riflesso nello specchio. Aveva lo sguardo acquoso
e
arrossato, gli occhi segnati da ombre scure, la pelle marmorea era
verdognola
in più punti. Il male la corrodeva e si era espanso sul
mento e sul labbro
superiore.
-
Non vieni con noi? – chiese Henry. – La nonna...
-
Lo avete detto voi, no? Ci arrendiamo.
-
Emma... lotteremo fino a quando sarà possibile farlo, ma...
– prese a dire
David.
-
Non un’altra parola. – lo interruppe lei, furente.
– La mamma non morirà. Sarà
l’ultima
a morire, perché Lily vuole che soffra. Lo so. Vuole che
soffra, guardando le
persone che ama perire senza che lei possa fare niente per aiutarli.
Tacquero
tutti.
David
smise di toccarsi il collo. Lanciò un’occhiata ad
Emma, indeciso sul da farsi.
Avrebbe voluto abbracciarla. Non importava che avesse pensato di fargli
del
male. Era sua figlia e voleva abbracciarla. Voleva essere perdonato per
non
averle creduto a Camelot. Voleva che Emma si unisse a loro. Ma era
convinto che
se avesse provato a toccarla, Emma si sarebbe allontanata.
-
Emma, avremo bisogno di te. Dobbiamo restare uniti. – chiese
Killian.
-
Verrò. - sentenziò lei, senza voltarsi.
-
Davvero? – domandò Henry.
Emma
si girò, sforzandosi di sorridere. Era un sorriso forzato,
eccessivo. – Sì.
David
prese in braccio il piccolo Neal e si avviò fuori dalla
cripta, seguito da
Killian e da Henry. Il pirata osservò Emma
un’ultima volta, sul punto di dire
qualcosa, ma lei guardava altrove, immersa nei suoi pensieri. Poi anche
lui
salì le scale.
“Usiamo
bene il tempo che resta.
Usiamolo per dire addio”.
Oh,
io userò bene il
tempo che resta, Tremotino. Stanne certo.
-
A quanto pare ci arrendiamo. – disse Regina, meditabonda.
-
No. Né stasera né mai. – rispose Emma.
Fissò l’attenzione su uno dei libri
aperti sul tavolo. Su una pagina c’era un simbolo. Una
spirale. Poco sotto le
parole di un incantesimo. Non era niente che potesse aiutarla contro
gli Oscuri
evocati da Lily, eppure il suo sguardo seguì la linea che
andava all’ingiù, non
verso un punto, ma verso l’infinito. Ordine dal caos o caos
dall’ordine, a
seconda di chi giudicava. Era uno dei simboli più antichi,
il simbolo umano più
remoto di quel ponte instabile che esisteva tra la realtà e
il nulla. Emma la
toccò con l’indice e la tracciò,
partendo dall’interno e andando verso
l’esterno.
-
Emma?
-
Se distruggerò i Signori Oscuri... nessun’anima
sarà dovuta e tu... voi sarete
risparmiati. - La spirale si illuminò un istante, poi le
pagine del libro
vorticarono ed esso si chiuse con un tonfo.
-
Come? – Regina sentiva che ciò che stava per
arrivare non le sarebbe piaciuto.
Per niente.
-
Ricordi la promessa fatta a Camelot? Che avresti fatto tutto il
possibile per
eliminare l’oscurità?
-
Non mi piace il tuo tono. – Il cuore aveva iniziato a battere
forte. Avvertiva
le pulsazioni nelle tempie e il sangue le si rimescolava tumultuoso
nelle vene.
Non
lo dire, Emma. Non
me lo chiedere o mi metterò ad urlare.
-
Ho bisogno che tu mantenga quella promessa. E devi giurarmi che non lo
dirai a
nessun altro.
Regina
avrebbe voluto scacciare quell’idea dalla sua mente con rude,
rabbiosa energia.
Di tutte le cose da non prendere in considerazione, la prima era
sicuramente
uccidere Emma. Quando parlò di nuovo, scandì bene
ogni parola, come se volesse
piantargliele in testa tutte quante. - Ma per eliminare
l’oscurità... devi
trasferirla dentro qualcuno. Ed eliminare quella persona. Non vorrai...
-
Sì. Sarò io quella persona.
Regina
tacque. Non smise di fissarla un secondo, ma tacque.
-
A Camelot non ti sei fidata di me. Questa volta devi farlo. Devi,
Regina. –
L’espressione di Emma era franca. Limpida. Non
c’era traccia di paura. C’era
solo rammarico. Dolore.
-
Non puoi.
-
Non abbiamo altra scelta.
-
C’è sempre un’altra scelta. Non
possiamo... perdere te, Emma. Forse Lily...
-
Non ci pensare nemmeno. Lily non morirà. Perché
non merita questo. – Emma la
prese per le braccia. – Ho dovuto salvarla a Camelot. Pensavo
che avremmo
potuto aiutarla... ma forse non ci saremmo riusciti in ogni caso. Lily
lo
sapeva. Sapeva di non essere abbastanza forte per
l’oscurità. Ha dovuto lottare
contro di essa per tutta la vita. E
quell’oscurità... era la mia.
-
Oh, Emma, non sei responsabile dell’oscurità che
ha dovuto portarsi dietro.
Quella...
-
Ascoltami! – La scosse. Abbastanza forte da sbalordirla.
– Non c’è tempo. Devi
promettermi che lo farai.
-
Questa è la tua punizione, vero?
Emma
batté le palpebre e inclinò leggermente la testa
di lato, perplessa.
-
Hai detto che ci meritiamo una punizione. È questa? Questa
è la mia punizione
per non aver avuto abbastanza fiducia in te a Camelot? È la
punizione per
averti rinchiusa in quella segreta? – Regina ora sembrava
furibonda. Ma non era
solo furibonda. Un terrore violento l’aveva investita come un
fulmine
improvviso.
-
Regina...
-
E Henry? Chi penserà ad Henry?
-
Tu. Lui sarà con te.
-
Ha già perso suo padre, Emma! Non può perdere
anche sua madre. E mi odierà! Mi
odierà non appena farò ciò che mi
chiedi.
-
No. Non lo farà. Ci penserò io.
-
E in che modo?
-
Non preoccuparti di questo.
-
Certo! Sei l’unica che può preoccuparsi, vero? Ci
sono persone che tengono a
te, qui, Emma!
-
Te l’ho detto. Non abbiamo scelta! – Stavolta anche
Emma urlò. Urlò come se
stesse parlando con una persona troppo dura di comprendonio. Aveva gli
occhi
pieni di lacrime e accesi come tizzoni ardenti.
Che
la vita fosse ingiusta, era una cosa che Regina aveva imparato anni fa.
Ma
tutto questo andava ben oltre l’ingiusto. Nonostante le cose
terribili che Emma
aveva detto e fatto, la sua morte non era semplicemente ingiusta. Era
mostruosa.
Una mostruosità che le riusciva difficile accettare, anche
se di scelte non ne
avevano più.
-
Ho bisogno di alcune cose, adesso. Dobbiamo raggiungere Lily e
prenderle
Excalibur non sarà facile. – Emma fece per
superarla e dirigersi verso le scale
della cripta.
Regina
la trattenne con forza per un braccio, costringendola a fare due passi
indietro. L’Oscuro aprì la bocca per chiederle,
forse, che altro aveva da dire.
Regina,
invece, l’attirò contro di sé e
premette le labbra sulle sue.
Non
capiva nemmeno lei che cosa stesse facendo, ma le sue mani strinsero la
sua
giacca nera. Sulle prime, Emma si irrigidì, le sue dita si
aprirono, non
sapendo a cosa aggrapparsi. Poi Regina sentì quelle stesse
dita fra i suoi
capelli e le labbra che si muovevano per seguirla. Regina avvertiva il
suo
odore forte e intenso, la pressione del suo corpo, le unghie che le
graffiavano
la cute.
Infine
Emma la spinse lontano da sé.
Regina
si portò le dita alle labbra. Le sembrava che bruciassero.
Il suo respiro era
ridotto ad un affanno e così anche quello di Emma.
Sto
impazzendo, pensò
lei, con la testa ancora confusa. Era allibita dalle sue stesse azioni.
Non riusciva
a capacitarsene. O sono già
impazzita. Forse
è questo. Sono già impazzita.
Emma
si diresse verso le scale.
-
Emma, aspetta!
Lei
tornò a voltarsi.
“Io ti ho salvata.
Ora tu salva me. E se non
potrai salvarmi, allora fa quello che nessun altro sarà
capace di fare. Sei
l’unica in grado di mettere da parte le emozioni e fare
ciò che è necessario. Distruggermi”.
Ne
era capace? Poteva metterle da parte?
-
Dobbiamo andare, Regina.
Non
disse altro. Solo: dobbiamo andare.
Però...
Emma
prese una mano di Regina e la strinse fra le sue. Regina
levò la mano libera
per fare qualcosa che non aveva mai fatto. Le accarezzò una
guancia. La sua
pelle era liscia al tatto. Le labbra erano rosse e semichiuse. Gli
occhi le
sfuggivano.
In
quel momento rivide Emma. Non aveva più i suoi capelli
luminosi, il suo sguardo
era più cupo, più ombroso, non indossava la sua
giacca rossa, ma era Emma.
In
quell’istante era lì. Con lei.
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Angolo
autrice:
Salve
a tutti. Quanto tempo, eh?
Allora,
qualche precisazione, giusto per capirci:
Il
Rothbart che compare in quella breve scena con Lily è il
barone Eric von
Rothbart, del romanzo fantasy The Black
Swan, scritto da Mercedes Lackey e basato sul balletto Swan Lake. Quindi una nuova versione del
Rothbart che molti di noi
conoscono. Se volete saperne di più su questo personaggio e
sul libro della
Lackey, The
Black Swan
Gorgon
è citato da Tremotino nella premiere della
5°stagione ed ha, appunto, le
sembianze di un cinghiale capace di sputare fuoco. Le altre
caratteristiche,
come il fatto che sappia comunicare con la mente, sono una mia
invenzione.
Cornelius
è l’antagonista del film Disney Taron
e
la pentola magica, come già spiegato qualche
capitolo fa ed è anche un
personaggio della saga fantasy Le
Cronache di Prydain di Lloyd Alexander. Il Cornelius della
mia storia è un
mix delle due versioni conosciute.