Lo Specchio delle Anime.
The sharp knife of a short
life, well
I’ve had, just enough time.
So put on your best boys and I’ll
wear my peals,
What I never did is done.*
[The Band Perry – If
I die young]
Atto XII – Parte II
Il rimpianto del Padre.
Si rese conto ci fosse qualcosa di sbagliato quando non
venne accolto dalla solita occhiataccia dell’elfo domestico. Per il resto, la
stanza sembrava la stessa: solita penombra, soliti fiori esotici nei vasi,
soliti libri sparsi per tutta la stanza.
L’iniziale sorpresa, però, sparì velocemente e, allora,
Draco ebbe modo di notare la vera differenza.
Rosemary non lo stava guardando. In realtà, non sembrava
neppure essersi resa conto che lui fosse entrato nella stanza. Era sdraiata,
gli occhi chiari puntati nel nulla davanti a lei, molto più pallida di quanto
non fosse mai stata.
L’elfo Downey era al suo fianco,
i grandi occhioni sgranati e colmi di orrore. Non sembrò neppure scontento
dell’arrivo di Draco, anzi. Quando lo vide, si allontanò dalla sua padroncina e
lo raggiunse, prendendolo per il polso e trascinandolo accanto al letto.
«Parlatele, Padron Malfoy» gli
disse, con vocina flebile ma imperiosa. «Magari vi risponderà. Voi le piacete,
voi potete fare qualcosa…» aggiunse, angosciato. Le sue vecchie mani tremavano
di aspettativa e di paura, cosa che fece cadere un macigno sul petto di Draco.
Osservò il profilo pallido di colei che aveva imparato a
considerare una amica, senza tuttavia osare toccarla. «Da quanto tempo è così?»
domandò allora, in un sussurro. Più la guardava, più la sentiva lontana, vicina
alla morte e non alla vita.
Sbagliata, ecco com’era quella situazione.
Era sbagliato che quella ventenne fosse bloccata in un
letto, senza possibilità di fare tutte quelle cose che lui, un paio di anni
prima, non aveva voluto fare.
«Da ieri, quando il Padrone è venuto a trovarla» gli
rispose l’elfo, con le orecchie basse. «Gli ha detto che lo avrebbe aspettato,
ma quando lui è uscito…».
Il suo tono era talmente desolato che Draco rimpianse le
cattiverie con cui era stato solito accoglierlo durante le altre visite.
«Cosa dicono i medici?» chiese quindi, azzardandosi ad
allungare la mano per sfiorare il dorso di quella di Rosemary, solo con la
punta delle dita. Temeva potesse rompersi, forse. Oppure che potesse
riprendersi e chiedergli il perché di quell’orrore.
«I Guaritori dicono che le resta molto poco».
«Mesi?» la speranza era evidente nella voce del giovane
mago.
«Ore, Padrone». L’elfo era disperato, non
c’era altro modo per descrivere quel tono. «Padron
Newton ha dato un pugno al Guaritore, gli ha detto che è un incompetente e che
la nostra bambina non può morire» raccontò, infervorandosi. «Ha soltanto ventun anni».
Aveva detto nostra bambina, quasi ad ulteriore
conferma di quanto quella ragazza fosse importante per i componenti della
famiglia. A Draco sembrava impossibile immaginare il Dottor Crave talmente
furioso da perdere il controllo. Ma, dopotutto, lui cos’avrebbe fatto? Per quel
che ne sapeva, Rosemary era l’unica parente in vita del dottore ed era,
probabilmente, il suo più grande orgoglio e rimpianto. Aveva visto il suo
sguardo, quando si erano trovati nella stessa stanza. Aveva notato l’amore
incondizionato con cui lei aveva ricambiato, quel sorriso caloroso che, non era
difficile crederlo, nessuno doveva aver mai rivolto a quell’uomo.
Lussuria, forse lusinga, ma mai amore.
«Il Dottor Crave non ha trovato una cura, quindi» mormorò
allora il mago, sentendosi tuttavia estremamente stupido o inutile. Ovviamente
non c’era una cura, se anche il prezzo fosse stato la sua vita, il dottore non
avrebbe esitato un singolo istante.
L’elfo scosse il capo, poi sospirò e si riavvicinò per
accarezzare i capelli della sua padroncina.
«Ho fatto tutto il possibile, per lei» la voce di Crave,
improvvisa, fece trasalire Draco. «Il possibile non è bastato». Era roca, secca
ma disperata. Il giovane sentì un brivido lungo la spina dorsale, che divenne
terrore quando lo guardò.
Non aveva mai visto degli occhi così colmi d’orrore.
«Non può farsene una colpa, Dottore» provò a rassicurarlo
Draco, spostandosi così che lui potesse avvicinarsi alla figlia. In quel
momento, vide Hermione Granger entrare dietro di lui, gli occhi colmi di
dispiacere.
Alla fine era vero, allora. Il dottore li aveva in cura
entrambi.
Se fosse stato un altro momento, si sarebbe arrabbiato.
«Rosemary ha sempre fatto l’impossibile, per me» rispose il
dottore, senza guardare i due. «Lei era la mia bambina impossibile, ma io non
sono riuscito ad essere impossibile per lei» aggiunse, con la voce
improvvisamente ridotta ad un sussurro strozzato.
Draco ed Hermione lo osservarono crollare sulla poltrona
accanto al letto, le dita strette intorno a quelle delicate di ciò che restava
di sua figlia. Lei non sembrò reagire e l’elfo, che aveva atteso l’arrivo del
Padrone con trepidazione, si accasciò in un angolo, improvvisamente sconfitto.
La morte aleggiava su tutti loro come l’alito freddo di un
dissennatore.
«Non poteva farlo, Dottore». Mostrando quella gentilezza
d’animo che l’aveva sempre contraddistinta, Hermione si avvicinò e gli posò una
mano sulla spalla, accosciandosi accanto a lui. I suoi occhi scuri erano enormi
e lucidi. «Per quanto le sembri assurdo, adesso, capirà che era semplicemente così
che doveva andare».
Quelle parole fecero storcere il naso a Draco.
Così doveva andare.
Non era qualcosa da dire ad un padre in procinto di
perdere la figlia. Non era una cosa da dire a prescindere a qualcuno che
stesse perdendo una persona amata. La Granger doveva essere impazzita, non
c’era altra spiegazione. Se lui, che non era mai stato una personcina delicata, aveva percepito l’asprezza di quelle
parole, lei doveva aver perso la testa.
Il Dottore, però, le sorrise, come se avessero già
discusso di quella storia, come se, per lui, quella frase tanto dura da
digerire avesse avuto un senso.
Magari Draco era troppo preso dalla situazione per essere
oggettivo. Diversamente dalla Granger, lui aveva conosciuto Rosemary. Lui aveva
fatto amicizia con quella ragazzina tanto impertinente e l’idea di vederla
sparire da un secondo all’altro gli stava frantumando il cuore.
«Ha solo vent’anni, è troppo
giovane per morire» mormorò l’uomo, passandosi l’unica mano libera sul viso,
senza staccare lo sguardo dal corpo immobile della ragazza. «Ha trascorso gli
ultimi sei chiusa in questa stanza, dopo essere stata torturata per mesi.
E tutto perché io non ho saputo essere un padre quantomeno decente».
«Non dica così, lei non lo vorrebbe». Draco scattò, senza
sapere bene perché. Forse gli sembrò corretto difendere il pensiero di
Rosemary, essendo lei impossibilitata a farlo. «Parlava di lei con un amore
incondizionato, anche io sono riuscito a vederlo. Soffriva all’idea del modo in
cui si stava torturando e, lo dico per esperienza, questo accade solo quando il
padre in questione è un ottimo padre».
Hermione gli dedicò un leggero sorriso, quasi come se lo
stesse compatendo, poi tornò a concentrarsi sul dottore. Lei sapeva qualcosa.
Qualcosa da cui Draco era stato escluso.
«Rosemary è sempre stata l’unica a non vedere… la
realtà, anche quando tutti gliela sbattevano in faccia. È una ragazza
estremamente testarda, sapete» mormorò l’uomo, con un tono colmo di amore e
sofferenza al tempo stesso. «Quando è nata…» scosse il capo, espirando dal
naso. «Sapete, sua madre voleva abortire. Sono stati i miei genitori a farle
cambiare idea. A me non interessava, non ero neppure certo di essere io il vero
responsabile, considerata la fama che Victoria si portava dietro».
In un flash, Draco visualizzò Victoria Fawley
ed i suoi sorprendenti occhi di cristallo, collegando tutte quelle piccole
somiglianze che aveva ignorato fino a quel momento. Ricordò anche le parole che
sua madre gli aveva detto, quando era solo un ragazzino, per evitare che le
gironzolasse troppo intorno, nonostante gli anni di distanza.
Quella donna viene accolta in società solo grazie ai soldi
della sua famiglia, altrimenti neppure il peggiore postribolo la farebbe
entrare.
Il pensiero che Rosemary fosse figlia sua fece
rabbrividire Draco.
«Non mi sono fatto vedere durante la gravidanza, ho
lasciato che se ne occupassero i miei genitori. Mio padre è stato d’accordo,
riteneva che rischiassi di innervosire la madre di suo nipote e compromettere
la salute del nascituro» continuò a raccontare il Dottore, con disprezzo verso
se stesso. «Quando sua madre è entrata in travaglio, io mi sono rintanato in un
pub e ho meditato di ubriacarmi. Credo che ad impedirmi di farlo sia stato
l’amore per mia madre, non mi avrebbe perdonato una cosa simile».
Sua madre.
Draco ricordava vagamente la signora Crave, ma tutti ne
avevano sempre parlato benissimo. Il fatto che non si fossero mai schierati
apertamente aveva impedito che fossero esclusi ma, in realtà, tutti sapevano bene
che entrambi i coniugi avessero agito di nascosto per contrastare il Signore
Oscuro e proteggere i babbani del loro paese. Rosalyn
e Magnus Crave erano stati gli angeli custodi di
molte persone ed erano riusciti a confondersi fra i peggiori demoni del loro
mondo.
Il dottore non era stato altrettanto bravo.
«Non appena mio padre me l’ha messa in braccio, lei ha
smesso di piangere» disse ancora lui, accarezzando con il pollice il dorso
della mano di Rosemary. «Mi hanno raccontato che non si fosse calmata dal
momento in cui era nata ed i Guaritori avevano addirittura ipotizzato di darle
una pozione calmante. Ma lei ha smesso quando l’ho presa».
«Ha riconosciuto suo padre» mormorò allora Hermione,
dolcemente. «L’ha aiutata fin dai primi istanti, ha sempre fatto il possibile».
Crave scoppiò in una risata inquietante. «No, non è vero.
Le volevo bene, ma per me è sempre stata un peso, più che una gioia. Avevo
diciannove anni ed ero lo studente più brillante del mio corso di Medimagia, avere una bambina, dal mio punto di vista, era
la peggiore delle disgrazie» disse, disgustato da se stesso. Rosemary non
sembrava rispondere alla sua vicinanza. «Lei ha passato i primi sei anni della
sua vita con i miei genitori ed altri quattro in collegio, io andavo a trovarla
solo raramente e le portavo qualche libro o dei giocattoli. La consideravo una cuginetta molto rompiscatole, più che una figlia».
«Un po’ rompiscatole lo è davvero». Draco non riuscì a
frenare la lingua, accennò un lieve sorriso quando il dottore e la Granger si
voltarono a guardarlo. «Le somiglia in modo spaventoso, Dottore, quindi quelle
visite, per quanto brevi, devono aver lasciato il segno».
Crave annuì, tornando a concentrarsi sulla ragazza.
«Voleva diventare Magizoologa e secondo me ne aveva
tutte le capacità. A sei anni conosceva alla perfezione tutte le
caratteristiche dei draghi del libro che le avevo regalato durante l’ultima
visita» accennò un sorriso triste, pronunciando quelle parole. «Mi disse che
sarebbe diventata la migliore, come me. Un guaritore per tutte le creature
fantastiche». Il sorriso, veloce com’era comparso, sparì. «Quando morirono i
miei genitori…» sospirò, passandosi la mano libera fra i capelli. «Non avevo
compiuto trent’anni ed ero un imbecille. Ho passato
il giorno del funerale e quello dopo ad ubriacarmi, credevo di esser rimasto
completamente solo… finché una zia non pensò bene di andare a recuperare lei»
con un cenno indicò sua figlia, senza riuscire a trattenere una piccola smorfia
addolorata. «Mi gettò le braccia al collo e disse l’unica frase al mondo capace
di farmi riprendere da quella strana catalessi in cui ero caduto».
«Cosa…» Hermione dovette schiarirsi la voce, prima di
ricominciare a parlare. Nei minuti in cui non l’aveva guardata, Draco non era
riuscito a rendersi conto che avesse gli occhi arrossati. «Cosa le disse?».
Crave strinse le labbra per un istante, prima di
ricominciare a parlare. «Mi disse “ti
voglio bene, papà”. Una frase semplice, non trovate? Ma per me fu come un
pugno in faccia. Mi aveva sempre chiamato Newt,
magari Newtie se voleva farmi
arrabbiare, ma mai papà». Si fermò per un istante, mentre l’elfo, ancora
seduto in un angolo, si soffiava rumorosamente il naso in un angolo della sua
divisa. «Mi piace pensare che sia stato quello il momento in cui sono davvero
diventato un padre, nonostante io non sia ancora riuscito a meritare neppure
una briciola di quel titolo».
«Ha sempre avuto talento nel dire la cosa giusta al
momento giusto, allora» mormorò Draco, con un tono insolitamente gentile, senza
tuttavia riuscire ad alzare lo sguardo dalla punta delle proprie scarpe.
Ricordare l’ultimo incontro con la ragazza gli faceva male. Se non fosse stato
per lei, non avrebbe mai intrapreso quella via che era tanto determinato a
seguire.
«Dev’essere un talento di
famiglia, anche mia madre sapeva farlo» concordò il dottore, con un sospiro.
«Da quel momento è rimasta con me, per quanto permettessero i miei impegni.
Durante la scuola ero solito scriverle una volta al mese per mandarle qualche
regalino o rimproverarla per i guai in cui si cacciava» aggiunse, concludendo
con un tono insolitamente aspro. «Una volta al mese, capite? E quando le
scrivevo, non le chiedevo mai come andassero le cose con la scuola, non le
chiedevo se stesse bene… non sapevo neppure che avesse degli amici, prima di
ritrovarmi Neville Paciock in questa stanza».
Ovviamente era amica di Paciock, pensò Draco. Raccogliere
casi umani era più forte di lei.
«Non può farsene una colpa, lei è un uomo molto impegnato»
tentò di nuovo di confortarlo Hermione, nonostante non suonasse estremamente
convinta. Con ogni probabilità, la parte più nobile di lei non riusciva a
capacitarsi di che tipo di padre avesse così poco a cuore la sua unica figlia.
«Rosemary non ha mai messo in dubbio il suo amore per lei,
questo posso garantirglielo» si intromise allora Draco. «Non ha mai fatto altro
che vantarla, con me. È il miglior padre del mondo, per lei».
Il suo intervento sembrò far sprofondare il dottore in
un’angoscia ancora più nera.
«Quale padre non si preoccuperebbe, non ricevendo notizie
di sua figlia per due mesi?» sbottò, furioso contro se stesso, la
schiena ritta e le spalle rigide. «Mi sono rifiutato di aiutare i Mangiamorte e
non ho pensato di proteggere la cosa più importante che avevo al mondo»
aggiunse, in un sibilo. «Ho preferito nascondermi, ritenendo che loro
non avrebbero mai trovato qualcosa con cui ricattarmi. Mi sono nascosto
ritenendo che non ci fosse nulla di più importante della mia stessa, misera vita, da proteggere. Ho dato per
scontato che nessuno sapesse di Rose, perché io non ne avevo parlato con
nessuno, perché io ero imbarazzato da quella debolezza giovanile». La
sua mano libera si strinse a pugno contro le lenzuola del letto, mentre l’altra
non si mosse da sopra le dita della ragazza. «Lei non si è mai vergognata di
me. Lei non ha mai nascosto agli altri chi fosse suo padre» nel dirlo, allentò
il pugno ed allungò quella mano per sfiorare il viso di lei. «Rose è sempre
stata orgogliosa di me e quell’orgoglio l’ha portata dov’è ora».
«Sarebbe successo, in un modo o nell’altro». Draco si rese
conto della realtà delle proprie parole non appena le pronunciò. I Mangiamorte
si sarebbero vendicati, in un modo o nell’altro, ed avrebbero fatto pagare il
prezzo più alto possibile a quel padre, nonostante lui non se ne fosse neppure
reso conto. «Se avesse collaborato, forse la guerra non sarebbe finita e
saremmo morti tutti. Se avesse tentato di salvare subito Rosemary, loro
l’avrebbero uccisa. Ha avuto sei anni da passare con lei, è stata la migliore
fra le possibilità».
Crave fece un verso sarcastico, senza voltarsi verso di
lui. «Mia figlia è rimasta due mesi in mano a dei macellai e se gli Auror non
l’avessero trovata, per pura fortuna,
probabilmente io me ne sarei reso conto solo davanti al suo cadavere. Non
esistono possibilità migliori, Malfoy. La mia bambina sta morendo ed è tutta
colpa mia. L’hanno catturata perché io non l’ho ritenuta abbastanza meritevole
di protezione. L’hanno torturata per sessantacinque giorni perché io non ho
capito cosa fosse successo». Si voltò, fulminando i due giovani con i suoi
lucidi occhi scuri. «Sapete qual è la parte peggiore, in tutto questo?» chiese
quindi, guardandoli come se si aspettasse davvero una risposta.
Risposta che Hermione sembrava conoscere. «Lei non prova
alcun rancore. Le vuole bene come se non fosse successo nulla e lei non riesce
a sopportarlo» mormorò, con la voce rotta. C’era un dolore, in lei, che fece
spaventare Draco.
Cosa le era successo?
Crave annuì, stringendo i denti. «Ogni mattina mi sveglio
e mi chiedo cosa sarebbe stato di me, senza di lei. Forse sarei diventato un
Mangiamorte, forse mi sarei sposato ed avrei avuto altri figli. Poi mi chiedo
cosa sarò, senza di lei, e non riesco mai a trovare una risposta». La
voce del dottore ebbe un cedimento, ma lui non lo dimostrò. «Un padre resta
sempre un padre, quando perde sua figlia. Ma se un padre non è un padre? Io non
lo sono mai diventato davvero, sto ancora imparando. Cosa sarò, quando lei mi
lascerà?». Quella domanda si perse nel cupo silenzio della stanza, interrotto
solo sporadicamente dai singhiozzi dell’elfo. «Non diventerò un Mangiamorte,
non mi sposerò e non avrò altri figli. Non sarò padre, non sarò nonno, non sarò
nulla».
«Lei è un padre, Dottore» disse Draco, mentre
Hermione voltava il capo per nascondere le lacrime. Lui resisteva, nonostante
dubitasse di poter reggere ancora a lungo. «Lo è da almeno sei anni, se davvero
non riusciva a vedersi come tale prima della guerra. Lo è adesso e lo sarà
dopo, proprio come vorrebbe Rosemary. Cosa crede le direbbe, se la sentisse
dire queste sciocchezze?».
Il rumore di un fruscio fra le lenzuola impedì a chiunque
di continuare. Tre paia di occhi su puntarono su quelli chiarissimi e
affaticati della signorina Crave. «Gli… direi…» mormorò, in un sussurro debole,
ricambiando finalmente la stretta della mano di suo padre. «…che è un… vecchio
ippogrifo brontolone» continuò, fissando l’uomo con una dolcezza
indescrivibile.
Draco avrebbe voluto sentirsi sollevato, nel rivederla
cosciente. Avrebbe voluto gioire, perché forse il pericolo era stato ancora una
volta scongiurato.
Avrebbe voluto provare un briciolo di speranza in più, ma
non ci riuscì. La era sempre lì, aleggiava sulle loro spalle come una gelida
brezza invernale.
«Non devi affaticarti, bambina». Premuroso, Crave si era
alzato dalla poltrona e le aveva accarezzato la guancia pallida, cercando di
mostrarsi tranquillo e sereno. «Non preoccuparti, va tutto bene. Ti fa male
qualcosa?».
Lei, in tutta risposta, gli dedicò un sorriso che fece
singhiozzare Hermione, ormai nascosta dietro Draco per non farsi vedere. Fu
verso di lui che si voltò la ragazza, subito dopo, gli occhi affaticati e
preoccupati. «Non puoi… dire la verità. Non ora» gli ordinò, nonostante la sua
voce sembrasse sul punto di spegnersi. Lo fissò finché lui, compreso a cosa si
stesse riferendo, non annuì.
Draco ricordava bene il loro primo incontro, quella storia
che doveva restare segreta. E ricordava la promessa che lei era riuscita ad
estorcergli durante uno dei seguenti.
Va’ a trovare tuo padre.
«Non parlare, tesoro». Incurante di quello scambio quasi
silenzioso, Crave le scostò una ciocca di capelli dalla fronte, riattirando su di sé quei cristalli affaticati. «Devi
riposare, altrimenti non sarai abbastanza in forze per la tua lezione con Newt Scamandro, ricordi?»
aggiunse poi, dolcemente.
Il cuore di Draco si strinse in una morsa.
Rosemary Crave aveva solamente vent’anni
ed un mucchio di sogni che non si sarebbero mai realizzati a causa di qualcuno come
lui.
L’ammasso sanguinolento sul suo braccio destro bruciò come
se Voldemort avesse iniziato a chiamarlo dall’oltretomba, ricordandogli quali
fossero i crimini di cui, anche senza volerlo davvero, si era macchiato.
«Sarebbe così bello…» sospirò Rose, accennando un sorriso
sognante. Qualcosa, in quell’istante, fece venire la pelle d’oca a Draco. Un
brivido gli corse lungo la spina dorsale quando Hermione gli afferrò la manica
della camicia e la strinse con forza, dimostrandogli che anche lei avesse
percepito qualcosa. «Sono così… stanca»
aggiunse allora la giovane, quasi in un lamento. «Non… non ce la faccio più»,
un sussurro che suonò forte come un urlo di dolore. «Posso dormire, adesso?»,
una supplica, una richiesta dolorosa come una pugnatala
al cuore.
Posso smettere di combattere, adesso?
Draco allungò la mano per coprire quella che Hermione gli
aveva stretto al braccio, trascinandola indietro mentre Newton Crave
impallidiva per l’orrore.
«Rosie?».
«Ti voglio bene, papà».
***
Successero molte cose, in quel momento, e pur a distanza
di anni Draco non riuscì mai ad essere certo di averle davvero comprese tutte.
Rosemary Crave, a poco più di vent’anni,
aveva chiuso gli occhi per l’ultima volta. Suo padre, lo stesso dottore che
molti credevano non conoscesse i sentimenti, aveva urlato il suo nome, afferrandola
per le spalle e scuotendola, perché era semplicemente impossibile,
perché era ingiusto, perché lui non l’avrebbe mai permesso.
No, Rosie, no! Rose! ROSE!
Draco ricordava di aver stretto al petto Hermione Granger,
impedendole di assistere alla caduta dell’uomo in cui entrambi avevano
confidato. Impedendole di vedere la violenza necessaria ai Guaritori per
staccarlo dal corpo di quella ragazza che non esisteva più.
Ricordava di averla condotta fuori da quella stanza,
sentendo le sue lacrime bagnargli la camicia e le proprie scendere lungo le
guance.
Ricordava l’urlo straziante con cui Newton Crave aveva
detto addio a tutto ciò che era rimasto della sua famiglia.
***
«Ti ha chiesto di non dire qualcosa».
Erano passate due ore e trentacinque minuti, da quando
Draco ed Hermione erano stati costretti a lasciare la stanza di Rosemary Crave.
C’era stato un enorme viavai di medici ed infermieri, da quando erano usciti.
Qualcuno aveva mormorato sulla possibilità di somministrare un calmante,
evidentemente al dottor Crave, oppure all’elfo. Draco non sapeva bene chi dei
due stesse reagendo peggio. Lui non era riuscito a pensare a nulla che non
fossero quegli occhi senza vita.
La Granger, evidentemente, doveva avere un modo diverso
per affrontare lo shock.
«Mi ha raccontato una storia e mi ha chiesto di non dirla
a suo padre» le rispose allora, secco. Non era stato scortese, si rese conto.
Non aveva la forza di essere scortese.
Rosemary non avrebbe voluto.
«Che storia?» domandò ancora lei, con un filo di voce. «Perché
suo padre non ne deve sapere nulla?» aggiunse, preoccupata. «In questo momento,
credo sarebbe pronto ad ascoltare qualunque cosa che riguardi la sua bambina».
«Non questo» specificò allora, scuotendo il capo. «Lo
farebbe sentire soltanto peggio».
La mano di Hermione si posò sul suo braccio, rassicurante.
«Puoi parlarmene?».
Poteva parlargliene? Dopotutto, Rosemary non aveva mai
posto dei limiti su di lei. Non gli aveva mai chiesto di non parlarle ad altri.
Io voglio parlarne.
Se ne rese conto all’improvviso, sentendo un brivido lungo
la spina dorsale. Non era una brutta sensazione, tutt’altro.
Gli sembrò quasi di sentire un nodo sciogliersi all’altezza dello stomaco.
«Quando è stata rapita, mio padre è stato incaricato di
sorvegliarla» iniziò a raccontare, senza guardarla ma sentendo distintamente la
sua presa irrigidirsi. «Gli avevano detto di trattarla meglio degli altri,
perché l’avrebbero usata per il riscatto. In realtà avevano già iniziato a fare
degli esperimenti».
«Il dottore ha accennato qualcosa» mormorò lei,
sospirando. «Non sapevo ci fosse una divisione di ricerca. Ma, dopotutto,
non sapevo neppure che stessero cercando lo Specchio. Il male che conosci
sembra sempre terribile, finché non viene fuori ciò che non conosci».
«Nessun esterno sapeva
degli esperimenti, neppure mio padre. Lo scoprì perché alla fine non riuscirono
più a rimetterla in sesto» ricominciò a spiegare allora lui, ricordando il
racconto con cui la ragazza aveva conquistato totalmente la sua attenzione. «Provò
a parlare con il Signore Oscuro, sai? Rosemary lo ha sentito chiedere di
lasciarla stare, perché era una giovane purosangue che sarebbe stata molto
utile alla causa, se l’avessero liberata».
«Ma Voldemort non ascoltò» si intromise ancora Hermione,
incurante dell’involontario brivido che quel nome scatenò in Draco. Resistette
alla tentazione di afferrarsi il braccio destro solo per non darle altri motivi
di provare pena per lui. Se non l’aveva ancora scoperto, non c’era bisogno che
le fosse sbattuta in faccia la verità del suo dolore.
Non poteva dirle che non sapeva come guarire.
Scosse il capo, allora, tornando alla sua storia. «Gli
disse che lei li stava già aiutando e che il suo destino era segnato. Mio padre
non riuscì a digerire quella risposta» spiegò, senza riuscire a nascondere un
leggero e triste sorriso. «Provò a farla scappare, ma Bellatrix
glielo impedì e alla fine lo rimosse dall’incarico».
«Però gli Auror l’hanno trovata, alla fine».
Draco annuì, voltandosi, finalmente, verso di lei. «Mio
padre ha fatto la spia, pur di salvarla. L’ultima volta in cui lei gli ha
parlato, lui si è scusato per non esser riuscito a salvarla prima». Espirò dal
naso, esasperato. «È stato un padre migliore per lei che per me, ci credi?
Credo sia per questo che Rose abbia deciso di non dirlo al dottore. L’avrebbe
fatto sentire un padre peggiore del più vigliacco fra i Mangiamorte».
Hermione restò in silenzio per qualche istante, assorbendo
tutte quelle informazioni. Draco non riuscì a biasimarla, anche lui stentava a
credere che il vecchio Lucius avesse davvero fatto un’azione tanto buona.
Oppure non voleva crederci, considerando che sarebbe stata l’ennesima
dimostrazione di quanto poco quell’uomo avesse mai tenuto a lui.
«Ti sei mai chiesto perché lei ti abbia rivelato questa
storia?» gli domandò alla fine, con un filo di voce, piegando leggermente il
capo per costringerlo a guardarla negli occhi. «Hai capito il perché?».
Lui si strinse nelle spalle. «L’ho trovata nella camera di
mio padre, qui in ospedale. E non fare quella faccia, so che tu sai che
è in fin di vita da un pezzo» sbottò, notando gli occhi di lei ingrandirsi. «Le
ho chiesto cosa stesse facendo lì e lei mi ha spiegato il motivo della sua
riconoscenza, tutto qui».
La Granger alzò gli occhi al cielo, poggiando le spalle
allo schienale della sedia su cui si era accomodata. «Io non conoscevo quella
ragazza, ma conosco abbastanza il Dottore da credere che fosse riuscito a
renderla più simile a lui di quanto non avesse effettivamente desiderato. Non
credo ti abbia raccontato tutto questo senza un ulteriore scopo».
Draco si voltò a guardarla, curioso, senza tuttavia dare
molto peso a quelle parole. Dentro di sé sapeva benissimo che il vero
scopo di Rosemary fosse quello di spingerlo a parlare con suo padre e
perdonarlo, se possibile. Semplicemente, aveva scelto di ignorare quella
possibilità.
«Sei più testone di Harry, adesso capisco perché era tanto
ossessionato da te» sospirò quindi lei, incrociando le braccia al petto. «Perché
credi che Lucius Malfoy l’abbia aiutata, se non per dare a lei quello che non
era riuscito a garantire a te? Entrambi siete stati messi davanti ad un cammino
prestabilito, entrambi siete stati condannati a morte senza aver commesso alcun
peccato» nel dirlo, indicò con un cenno il braccio, fasciato sotto la camicia
candida. «Non ha potuto salvarti, perché salvarti avrebbe implicato ucciderti.
Ma Rose… lei aveva qualcuno, fuori, pronto ad aiutarla. Rose avrebbe trovato
quella salvezza che lui, un Mangiamorte, non poteva garantire a suo figlio».
Lei sapeva della cicatrice.
Quello fu il primo pensiero che lo fulminò, spingendolo a
ritirarsi contro lo schienale della sedia e dedicarle un’occhiataccia da
serpente calpestato.
Lei ha ragione.
Quel pensiero arrivò un momento dopo, quando l’immagine
del viso di suo padre, posto per la prima volta faccia a faccia con il suo
marchio, gli balenò in mente.
Disgusto e orrore, non orgoglio e follia.
Non possiamo ribellarci Draco, l’altra possibilità è la
morte.
Era la sua morte, che temevano, non quella di
Lucius. Era lui che Narcissa aveva tentato di
proteggere, supplicando pietà ai piedi dell’Oscuro Signore. Era grazie a lui
se Lucius aveva tentato di salvare Rosemary, per il rimorso di non aver potuto
mai far di più ed aiutare il suo unico figlio.
Quando si alzò in piedi, la Granger non lo imitò.
«Cosa stai facendo?».
«Chiudo i conti con il passato, Mezzosangue. Vado a
trovare mio padre».
Quando lei gli sorrise, lui sentì qualcosa di caldo e
pesante posarsi sul suo stomaco.
Da qualche parte lo spirito di Rosemary Crave gli stava
sorridendo, ne era più che certo. Sperò soltanto che, un giorno, anche il
Dottore avrebbe ricevuto lo stesso conforto che lei aveva appena regalato a
Lucius.
Draco le avrebbe
restituito il favore.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e
bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho
una pagina facebook!
Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Questo capitolo mi ha uccisa. Mi sto odiando, sento che
Newton Crave mi sta odiando e che Draco vorrebbe festeggiare sul mio cadavere.
Ho sofferto. Ho pianto. Mi
sono scervellata per trovare un finale diverso alla breve vita di Rose, ma non
ce l’ho fatta. Questa non sarà l’ultima volta in cui si sentirà parlare di lei,
ma sì, è morta. Caput.
Voglio morire.
Mi scuso infinitamente per il
ritardo, ma il capitolo è stato complicato e doloroso ed io martedì ho esami. Quindi,
per favore, siate clementi e pensatemi, martedì.
Se dovessi sparire, sappiate
che il Dottore e Draco sono venuti a prendermi.
Punti importanti:
» * Io amavo
questa canzone.
» Rosemary è peggiorata, sì, ma non così velocemente come
potrebbe sembrare. Quando Draco l’ha conosciuta lei aveva già pochissimo da
vivere. Semplicemente, la natura ha fatto il suo corso.
» Temporalmente
parlando, ci troviamo alla sera del capitolo precedente. Dopo aver confessato
di star per perdere sua figlia, il dottore ha portato Hermione a conoscerla,
trovandoci Draco.
» Newton Crave è stato un padre di merda, passatemi il francesismo.
» Scusate se insisto,
ma dovete capire che Crave adorava
sua figlia. L’ha sempre adorata. SEMPRE.
Lei lo ha salvato dalla depressione alla morte dei suoi genitori, lei è sempre
stata lì a mostrargli che qualcosa, al mondo, poteva essere buono e puro. Ma ora quel qualcosa è
sparito ed il dottore è di nuovo da solo.
» Hermione sembra fredda, in alcuni momenti, ma è soltanto perché lei
sa cosa vuol dire.
» Rosemary Crave era il mio personaggio
preferito ed io l’ho dovuta uccidere. Abbiate pietà.
» Per quanto contorto, c’è un vero
rammarico dietro il comportamento di Lucius. Ha salvato Rose, perché era come
salvare Draco. Non ha fatto nulla per Draco, perché – come lui stesso ha detto
al dottore – i Mangiamorte avrebbero trovato un modo peggiore per vendicarsi
del fallimento all’Ufficio Misteri. Lucius Malfoy ama suo figlio e nessuno mi
convincerà del contrario.
» Rose e Neville sono amici, lo sono
diventati quando lei ha tentato di ucciderlo per aver quasi ammazzato un
coleottero squamato che si era posato sulla sua piantina nella serra. È lui a
portarle i fiori esotici, regolarmente, ogni volta che va a trovare i suoi
genitori.
Siate in lutto con me, perché Rosemary
Crave era un’anima bellissima e suo padre è rimasto solo.
Grazie ancora a
chiunque leggerà,
-Marnie