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Autore: Luce_Della_Sera    22/06/2016    1 recensioni
(Sequel di “L’amore è sempre amore” e di “La vera essenza delle famiglie”)
Dal terzo capitolo: "L’amore per i figli è l’amore più grande: è infinito, così infinito che ti lascia senza fiato".
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 10: Giù la maschera

Per quello che ne sapeva Priscilla, qualsiasi ragazza aveva sognato, almeno una volta nella vita, di incontrare il principe azzurro: ma quante potevano dire di esserselo ritrovato praticamente fuori la porta?
Certo, la sua situazione era comunque senza speranza, dato che Kevin era fidanzato con un ragazzo: ma quando aveva sentito il campanello per poco non era svenuta vedendo che si trattava di lui e non dei suoi genitori che tornavano a casa dopo essere stati al supermercato.
“Ciao! Come…”
“Vittoria mi ha parlato di te, e mi ha detto anche dove abitavi, tempo fa. Così…”
“Capisco… Entra, dai!”.
Una parte del suo cervello cercò di immaginare la faccia che avrebbero fatto i suoi, vedendola in compagnia: ma scacciò subito il pensiero.
“Cosa ti offro?”.
“Niente, grazie…sono venuto per parlarti”.
“Davvero? E di cosa?”.
“Adesso mi dirà che si è sbagliato. Che non è gay, e che è pazzo di me!”, pensò la ragazza, volando con la fantasia.
“Vittoria mi ha detto che vendete entrambe prodotti per il corpo, è vero? E che tra questi c’è anche qualcosa da uomo”.
“Ah. Cioè, sì che c’è…aspetta, vado a prendere il catalogo e torno!”.
La ragazza si allontanò, e Kevin non poté fare a meno di ammirare il suo fondoschiena mentre si muoveva. Tra le due, all’inizio era stata Paola, con le sue curve prorompenti e i suoi capelli biondo platino, ad attrarlo maggiormente dal punto di vista fisico; ma ovviamente anche Priscilla, mora e con una cascata di capelli mossi, era bellissima. E di certo, era molto più intelligente dell’altra! Altrimenti, la sua sorellastra non le sarebbe mai stata amica.
Il ragazzo si guardò attorno, cercando di registrare quanti più dettagli possibili della casa in cui viveva la sua amata: in questo modo, sperava di distrarsi da certi pensieri, e soprattutto forse, avrebbe potuto cercare di pensare a cosa altro dirle, dopo aver esaurito la scusa dei prodotti da uomo…
“Eccoci qua. Allora, ti va di dirmi per chi è? Così magari troviamo qualcosa di adatto: ogni persona ha il suo stile. E’ per… il tuo ragazzo?”.
C’era qualcosa di strano nella domanda dell’amica del cuore di sua sorella: Kevin lo sentiva, ma non sapeva proprio dire cosa fosse. Non era qualcosa di negativo, e non era neanche la curiosità morbosa che alcune ragazze dimostravano a volte verso di lui e Davide; sembrava più amarezza. Un’amarezza che lo colpì nel profondo e gli fece prendere una decisione: a lei, avrebbe rivelato la verità.
“No, è per me, non per il mio fidanzato. Io non ho un fidanzato. Sono etero”.
Quel coming out al contrario rimase sospeso per un po’ nell’aria; alla fine, fu Priscilla la prima a parlare.
“Sei etero? Ma allora perché…tua sorella lo sa?”.
“Sì, lo sa. Non prendertela con lei, quando la risentirai: sono stato io a chiederle di mantenere il segreto…”.
Kevin esitò: era davvero saggio raccontare ad un’altra persona la sua decisione? Priscilla non poteva conoscere le dinamiche interne alla sua famiglia, e forse, neanche le importava di conoscerle; ma aveva un gran bisogno di parlare, e con lei non voleva fingere. Quindi, prese un bel respiro e iniziò a raccontare.
 

 
“Squilla?”.
Irene si voltò verso la figlia: quando erano salite in macchina, Sara si era offerta di guidare, e così lei pur stando davanti aveva la possibilità di girarsi e fissare la sua bambina negli occhi quando voleva.
“No, mamma, non è raggiungibile. Dio mio che crisi di nervi che mi sta facendo venire… giuro che appena lo ritroviamo mi sente!”.
Vittoria rimise il cellulare nella borsa, con fare rabbioso.
“Per carità, Vittoria. Per un attimo, mi sei sembrata tuo padre! Stesso tono, e stessa espressione”.
“Sono solo preoccupata, mamma. E anche papà lo è. Avresti dovuto sentirlo poco fa al telefono!”.
“Ci mancherebbe che non lo fosse, Vee. Credimi, gli ho visto fare e dire cose tremende, e tu stessa ormai sai bene cosa ha cercato di farti dieci anni fa…ma vuole bene a Kevin, così come ne vuole a te. Magari a modo suo, e con ‘metodi educativi’, che paiono tali solo ai suoi occhi miopi e alla sua mentalità ristretta, però…a voi ci tiene, ne sono sicura”.
“Non ne dubito. Però ammetto che è fastidioso, a volte”.
“Puoi dirlo forte, credo. Sono quindici anni che lo conosco, si può dire, anche se in realtà la prima volta che lo vidi fu mentre Irene ti aspettava, su una panchina del parco dove abbiamo sempre portato te e Gabriele a giocare…e non gli sono mai stata simpatica”, si intromise Sara. “Però, per me il suo giudizio lascia il tempo che trova. Io ti voglio bene, tu sei mia figlia…e forse un giorno anche lui imparerà che i figli non sono di chi li fa, o almeno non solo: sono anche di chi li cresce”.
“Ma questo lo sanno tutti, mamma!”, esclamò Gabriele.  “Lo capisco persino io che sono più piccolo! Tu sei la mia mamma vera, ma anche mamma Irene è la mia mamma, pure se non mi ha fatto lei. Io voglio bene a tutte e due!”.
Irene si accorse di sentire un certo pizzicore agli occhi.
“Grazie, tesoro. Ma vedi, a volte i bambini sono più saggi degli adulti…”
“Davvero?”.
“Oh, sì. E tu sei un bambino molto saggio e molto forte. Troverai tantissima gente, crescendo, che ti dirà che sei strano perché hai due madri; ma tu saprai, grazie all’esperienza che vivi tutti i giorni, che le famiglie si fondano sull’amore. Noi siamo una famiglia perché ci vogliamo bene. E non siamo né migliori né peggiori di altri: siamo come loro. Hai capito?”.
“Credo di sì, mamma Irene. Dario quindi fa parte di quelle persone che non capiscono che le famiglie sono fatte con l’amore?”.
“Precisamente! Lui pensa che una famiglia per essere tale debba essere composta da madre, padre e figli. E ha paura che Kevin non possa farsi quel tipo di famiglia, da grande”.
Vittoria si sentiva molto a disagio ascoltando quei discorsi. Non che non condividesse le idee di Irene, e che non ammirasse come la donna riusciva a presentare a Gabriele le cose nel modo più semplice possibile, tacendogli altri aspetti dell’omofobia che lui non avrebbe potuto capire… era soltanto tesa, preoccupata, si sentiva lo stomaco annodato e preferiva non pensare ai guai in cui poteva essersi cacciato Kevin solo per aver fatto una bravata: oltretutto, era stanca di fingere.
“Papà non deve preoccuparsi per la futura famiglia di Kevin…” disse, di getto.
“Kevin è eterosessuale”.
“Come sarebbe a dire, eterosessuale?”. Sara dovette fare uno sforzo immane per non girarsi verso la figliastra e tenere gli occhi incollati sulla strada.
“Non è gay. Non è vero niente, l’ha fatto apposta. Papà l’ha fatto arrabbiare in ospedale, gli ha praticamente detto che era un pappamolla perché le aveva prese…e lui s’è vendicato così. Sperava, così come anche io lo speravo, che in questo modo papà avrebbe cambiato idea sui gay”.
Irene guardò istintivamente la compagna, pur sapendo che lei non poteva vederla: capiva perfettamente perché i due ragazzi avevano agito in quel modo. Kevin l’aveva fatto per orgoglio maschile, caratteristica dei maschi umani di qualsiasi orientamento; Vittoria invece perché, neanche tanto segretamente, sperava che suo padre la smettesse di trattare le sue madri come due povere malate mentali. Volendogli bene, lo scusava dando la colpa all’ignoranza e ai pregiudizi tipici dell’età, ma era chiaro che ne soffriva.
“E meno male che alcuni dicono che l’omosessualità è una malattia… eppure, essa non fa male a nessuno. L’omofobia fa un sacco di danni, invece, e ne ho appena avuto un altro esempio pratico…spero solo che tutto vada per il meglio, e che Kevin stia bene!”, pensò la donna.
“Forse dovresti dirlo a tuo padre, Vittoria. Di sicuro non ne sarà felice, ma magari questo farà sì che lui e tuo fratello si parlino, quando lo ritroveremo”, consigliò Sara, mentre si fermava per rispettare un semaforo rosso.
“Magari dovrei, mamma Sara. Ma credo spetti a Kevin parlare”.
“Mi sa che hai ragione. Dimmi un po’, manca ancora molto al posto dove di solito lui si ritrova con i suoi amici?”
“No, mancheranno pochi minuti. Adesso richiamo papà, e vedo a che punto sono lui e Jasmine! Avevamo detto che lo cercavamo fino ad un certo punto e poi avremmo chiamato la polizia, ma chissà, magari hanno cambiato idea…”.
 
 
“Tu sei proprio sicura che nessuno dei suoi amici lo stesse coprendo?”
“Ti ho già detto di sì! Non ho la sfera di cristallo, ma in alcuni casi ho parlato anche con le madri di questi ragazzi, e dubito che avessero sequestrato nostro figlio. Poi in questi giorni lui era normale, non ho notato niente di…”. Jasmine si bloccò. Come aveva fatto a non pensarci prima?
“Cioè, per la verità, credo di aver captato qualche stranezza, ma non la ho riconosciuta come tale sin da subito, purtroppo”.
“Ossia?”.
“Il calcio. Gli ho chiesto proprio qualche ora fa se questo sport gli piace davvero, perché mi pareva lo praticasse più per compiacere te che per una passione sua. Lui mi ha detto che sì, gli piaceva, solo che era triste perché non segnava mai. Lo ha detto dopo una piccola esitazione, ma io non ho capito che in realtà era proprio quella la chiave di tutto…”.
“Non ti seguo. Cosa stai cercando di dirmi? Che si è volatilizzato e si è reso irrintracciabile solo perché io lo avrei costretto a fare calcio?”.
“Ovvio. Se ha pure saltato gli allenamenti, a chi pensi sia rivolta la provocazione, a me?”.
“Ma pensa. Strano come funziona male il suo cervello, da…”
“Dario, ti avverto: finisci la frase, di’ una sola mezza parola contro mio figlio, e giuro che te ne faccio pentire! Se stiamo in questo casino è anche colpa tua! Se tu lo avessi amato per quello che è, come un qualsiasi padre decente farebbe…”
“OH, FINISCILA! STAI ZITTA! Credi che me ne freghi davvero qualcosa dei suoi gusti sessuali in questo momento? Quello che mi preme ora è trovarlo e capire se sta bene. Al resto pensiamo dopo, semmai”.
“Hai ragione, scusa. E’ che sono sconvolta. Non so come ho fatto a non crollare quando abbiamo portato Isabel dai miei, mi sentivo malissimo. E starò meglio solo quando ritroveremo Kevin”.
“Lo ritroveremo, fidati. Sicura che non vuoi chiamare la polizia? Magari loro possono darci una mano”.
“No, sono sua madre. Voglio essere io a ritrovarlo”.
“Come vuoi”.
Il cellulare di Dario prese a suonare proprio in quel momento.
“Questa sarà Vittoria, di nuovo. Perché non le rispondi tu stavolta? Così se ha qualche novità la dice direttamente a te!”.
“Va bene. Spero vivamente che le abbia!”.
Jasmine prese il telefono del marito.
“Vittoria? Cosa c’è? Hai saputo qualcosa???”.
 
 

“Quindi? Pensi che dirai la verità ai tuoi genitori?”.
“Sì. Gli scherzi sono belli quando durano poco, e anche se questa esperienza mi ha insegnato molto, non posso dire che io mi sia divertito”.
“Senti Kevin, non vorrei essere indiscreta…non sei tenuto a dirmelo, ma… dato che non sei gay, sei già innamorato di una ragazza?”.
Priscilla non poteva credere di essere stata così sfacciata: ma ormai, il danno era fatto.
“Bene. E’ l’occasione perfetta. Diglielo ora!”. Kevin sapeva che quella era un’occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire.
“Beh, ecco, io…”
Una melodia interruppe le sue parole, e Priscilla si allontanò da lui di corsa per raggiungere la fonte del suono: si chinò sul cellulare, e assunse un’espressione sbigottita.
“Qualcosa non va, Priscilla?”.
“No, è solo…mi sta chiamando tua sorella!”.

 
 

Vittoria era distrutta; aveva sperato che suo padre e la moglie avessero qualche notizia, invece niente da fare… l’unica cosa che aveva capito era che Jasmine non era ancora intenzionata a chiamare la polizia. Erano arrivati nel locale che Kevin di solito frequentava con gli amici, ma non lo avevano trovato: ora, mentre gli adulti parlavano fuori del pub e Gabriele si divertiva a guardarsi in giro senza staccarsi troppo dalla madre naturale, lei sentiva di aver bisogno del conforto di qualcuno della sua età. Per questo, aveva chiamato la sua migliore amica…e fu del tutto impreparata a sentire cosa quest’ultima aveva da dirle.
“Capisco che tu sia preoccupata per tuo fratello… ma puoi stare tranquilla, lui è qui da me”.
“Eh? Puoi ripetere?”.
Temeva di aver capito male. Che la tensione le avesse fatto venire qualche allucinazione uditiva?
“Lui sta a casa mia. E’ venuto per consultare il catalogo dell’azienda per cui lavoriamo… però ti assicuro che non sapevo tutto quello che era successo. Cioè, lui me lo ha appena detto, ma quando è arrivato non ero a conoscenza di nulla. Altrimenti…”.
“Sì, lo so. Figurati se ce l’ho con te, non è colpa tua”.
“Non te la riprenderai con lui adesso, vero? Poverino, da quel che mi ha detto non deve essere stato facile”.
“Ehi, di solito non sei così comprensiva. Mi nascondi qualcosa, per caso?”.
“Ehm… no. Ma questo non è importante ora, giusto?”.
“Giusto. Ora devo andare: mi tocca dire a tutti che so dov’è. Ci siamo mossi in tantissimi, alla fine si sono aggiunti alle ricerche persino Marco e Tommaso insieme a Davide”.
“Marco sarebbe il padre biologico di tuo fratello Gabriele?”.
“Esatto”.
Vittoria sentì il silenzio dall’altra parte della linea, e immaginò cosa stesse pensando l’amica: era buffo il fatto che Gabriele venisse considerato come un fratello da lei e da Davide, quando invece non lo era per nessuno dei due a livello di sangue. Anche quella era una ulteriore conferma di come le famiglie non fossero solo quelle legate dalla parentela…
“Devo dirgli che presto sarete qui tutti quanti?”.
Vittoria alzò gli occhi al cielo, che si stava già scurendo.
“Non credo che verremo proprio tutti. Però digli di iniziare a organizzare per il suo funerale… non so sua madre, ma di sicuro mio padre appena lo becca lo ammazza”.
“Aspetta, te lo passo”.
“Vee?”
“Ben ritrovato, sai? Ti rendi conto di tutto quello che ci hai fatto passare???”.
“Mi dispiace. Ma non ne potevo più, te lo assicuro”.
“E pensi di aver fatto bene, così? Gabriele è più maturo di te!”.
“Gabriele non ha i miei problemi. E dubito li avrà mai”.
“Magari fosse vero! Ma li avrà, come tutti. Anzi, li ha già, a modo suo; la mia situazione e la sua non sono facili, Kevin! Così come non lo è quella di Davide. Tu non hai idea della fortuna che hai: noi dobbiamo dimostrare sempre qualcosa, veniamo sempre guardati come se fossimo bestie rare solo perché i nostri genitori non sono etero…e sarà così finché la mentalità non cambierà del tutto. Tu no. Tu da questo punto di vista sei a posto”.
“Vittoria, avrai anche ragione, ma non credere che per me la questione sia tanto facile. Ne abbiamo già parlato, no? Papà da quando sono entrato nell’adolescenza non fa che chiedermi prove di virilità, come se ne andasse del suo onore. E sembra non essere mai contento!”.
“E tu dagliele, queste prove di virilità. Affrontalo, parlagli da uomo. Digli la verità, e se lui non capisce perché gli hai mentito, fregatene”.
“Fosse facile. Tu parli così perché non ci vivi sotto lo stesso tetto”.
“Perché, secondo te io sono felice quando mi dice che dovrei andarmene via il prima possibile perché stare con le mie mamme non mi fa bene? Pensi sia stata felice di venire a sapere che dieci anni fa voleva portarmi a vivere con voi, solo perché pensava che le mie madri non fossero adatte a crescermi visto che nessuna delle due ha il pene?”.
“Ma tu non devi dimostrare di essere donna, di continuo”.
“Sarà, ma mi chiede di continuo se sono fidanzata. Neanche mio nonno mi fa queste domande, quindi figurati!”.
“Non è la stessa cosa”.
“Probabilmente no: ma resta il fatto che gli devi dire come stanno le cose, e…”
“E affrontare le conseguenze. Giusto?”.
“Esatto”.
“D’accordo. Tanto, probabilmente lo avrei fatto comunque: non avrei potuto vivere nella finzione ancora a lungo, dopotutto. Però, ti chiedo di darmi ancora un po’ di tempo per sistemare una faccenda”.
“Di che tipo?”.
“Personale. Dopo ti spiego. Ti passo di nuovo Priscilla, ok?”.
Vittoria stava per fargli un’altra domanda, ma rinunciò: quando risentì la voce dell’amica, la salutò dicendole che si sarebbe fatta sentire prima di arrivare da lei, e poi riattaccò. Dopodiché, si mosse verso tutti gli altri, che stavano parlando di figli e di lavoro, e fece il suo annuncio.

 
 
Alla fine, Gabriele aveva acconsentito ad andare a dormire a casa del padre; Davide invece era voluto venire con loro, e Irene era felice di aver dato il cambio alla moglie al volante; almeno, concentrandosi sulla strada non avrebbe rischiato di scoppiare a ridere vedendo gli sguardi che sua figlia e il ragazzo si lanciavano, alternativamente mentre l’altro non guardava. Non sarebbe stato un comportamento adatto ad una donna ultraquarantenne! Però era davvero felice per loro e sperava che, prima o poi, i due si parlassero.
Ormai non era più compito suo fare da tramite tra la figlia e i coetanei, come quando era piccola e lei e Sara la portavano al parco!
“Se qualche omofobo facesse un’indagine sulla nostra famiglia e su quella di Tommaso e Marco, forse si ricrederebbe sul fatto che i bambini cresciuti in famiglie gay vengono su come tali: per Gabriele ancora non si sa, ma Vittoria e Davide sono indiscutibilmente etero, a quanto pare!”, pensò.
“Cosa ne dite ragazzi, succederà il miracolo, stasera?”, domandò Sara, interrompendo le riflessioni della moglie.
“Che miracolo, mamma?”, chiese Vittoria.
“Quello che permetterebbe a tuo padre di smetterla di essere omofobo. E’ una buona cosa, prima di tutto per lui stesso e poi per voi figli; senza pregiudizi si sta meglio!”.
In quel momento, Vittoria esclamò: “Secondo me sì!”, mentre Irene rispose: “Secondo me no”: lo fecero praticamente nello stesso istante, e questo fece scoppiare a ridere tutti i presenti nell’abitacolo.
“Beh, non dovremo aspettare tanto per scoprirlo, no?”, fece notare Davide. “Vee, per quanto riguarda tuo fratello se vuoi io lo tengo fermo e tu lo picchi, dopo. O magari gli fai il solletico per punizione, o quello che ti pare!”.
Vittoria, che aveva appena smesso di ridere, fu scossa di nuovo dalle risate.
“Ma no, dai…non è necessario”, concesse poi, dopo essersi ripresa. “Vorrei solo capire cosa intendeva prima di ridare il telefono a Priscilla…”.
“E cioè?”
“Mi ha chiesto un po’ di tempo per sistemare ‘una faccenda di tipo personale’, ma non ha voluto dirmi altro”.
“Certo che è strano, a volte”.
“Mica tanto, ragazzi!”
Irene non era riuscita a trattenersi.
“Che vuoi dire, mamma?”.
“Vittoria, riflettici. Tuo fratello è a casa di Priscilla. Cosa ci è andato a fare, secondo te?”.
“A chiederle dei prodotti per sé…”.
“Forse, ma questo poteva chiederlo anche a te, non trovi?”.
“Sì, ma…”. La ragazza rimase interdetta per un attimo, poi si illuminò. “Non ci credo!”.
“Credici, tesoro. Perché è così!”.

  
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