Mi scuso ancora una volta per il ritardo immenso. Ad ogni modo, questa è la fine della storia.
Epilogo
Quella vita vuota non
l'ha mai convinta.
Non è quella che avrebbe
voluto per se stessa. E', però, quella che si è meritata (l'ho
scoperto a mie spese troppo tardi. L'ho ammesso a me stessa con
riluttanza – ma mi sono crogiolata nel mio dolore con più
passione, quando ho capito che non potevo incolpare altri).
Ha finito il periodo di
tirocinio.
Quando si è congedata da
Minerva, il giorno dopo che tutti se n'erano già andati, ha chiesto
di poter rimanere da sola per alcuni istanti nel suo ufficio. La
preside, sorpresa ma decisa ad assecondarla – anche lei, come la
sua famiglia, cammina sulle uova in sua presenza – le ha
lasciato l'uso esclusivo della stanza per un'ora intera.
Severus la osserva.
Ghigna, poiché non gli serve parlare per capire.
(Dopotutto, noi due
siamo anime affini).
Lily sfodera la bacchetta
e incanta gli altri quadri, obbligandoli ad un sonno forzato. Non
vuole testimoni, mentre compie il suo rituale.
Estrae un coltello dalla
borsa.
Se non può avere la
luce, si macchierà dell'ombra.
"Mi dispiace."
dice, mentre fa scorrere la lama a contatto con la tela – non
spinge ancora, non calca la mano. Vuole godersi il momento,
l'espressione spezzata di lui.
"Non si dicono le
bugie, Lily." risponde lui "Non ad un Serpeverde."
Lei sorride – il
primo sorriso vero dopo mesi; forse il primo sorriso vero della sua
vita.
Questa non è una
recita.
(E' la prima volta che
mi chiama per nome. Il mio nome, il nome della nonna. Il nome della
sua amata e il nome che rappresenta l'assoluto. Il suo assoluto per
me).
Con un senso di vittoria
profonda che le percorre l'animo, taglia la tela. Severus non si
sposta nemmeno.
Ghigna e lascia che la
lama deturpi il suo viso.
"Sarà strano"
esclama infine "Morire due volte."
Lily ride.
E' una risata piena,
soddisfatta, vitale.
E' il brivido
dell'eccitazione che cresce in un'onda lenta e le percorre la
schiena.
"Non ti
preoccupare." sussurra, baciando quelle labbra di carta spezzate
"Non sarai da solo, non questa volta."
Ed è così che si
abbadona, con i pezzi di tela in grembo, trascinando la cornice per
terra con sé.
(Non chiedo perdono a
nessuno. Siete marci, tutti marci. Siete corrotti e non mi avete dato
ciò di cui avevo bisogno).
Alza il coltello per la
penultima volta. Si incide prima un polso, poi l'altro.
Osserva il sangue
vermiglio scorrere su ciò che rimane di Severus Piton e sorride.
E' finalmente in pace.
Il brivido della vita
che si estingue è quanto di più intenso abbia mai provato.
E' una luce che arde
con tutta se stessa prima di spegnersi nell'ombra.
(E' quello di cui ho
bisogno. Se non possono vivere circondata da un amore assoluto,
morirò per raggiungerne un altro. Lo strapperò anche se non è
mio).
E' così che finisce la
vita di Lily Luna Potter: su un pavimento di pietra, con addosso
pezzi di tela violata e distrutta e, finalmente, con un sorriso
leggero sulle labbra ormai esangui.