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Autore: Cara_Sconosciuta    17/04/2009    4 recensioni
Crossover tra "Gabrielle" e "As if we were brothers".
“Chiederti cosa è successo mi sembra superfluo.” Rifletté il giovane insegnante, chiudendo la porta e tornando a sedersi dove, fino a pochi minuti prima, stava consumando, in pace con se stesso e col mondo, un buon piatto di cibo giapponese rigorosamente take away. “Quindi mi limiterò a mangiare.” “Questa roba? Assolutamente no!” Esclamò la donna, sottraendogli il piatto e lasciandolo con le bacchette sospese in aria.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bueno

Bueno!!!

Ecco qui una twoshot  molto awww che pubblico da casa della socia *saltella perché ha convinto i suoi* su una coppia...beh, su una coppia.

Eh sì, perché scambiare tutte le coppie immaginabili all'interno delle singole storie non era più sufficiente, quindi ci siamo date al crossover!!!! A voi la lettura!!!

I miei personaggi sono miei e quelli della socia suoi XD

Buona  lettura!!!

Temperance

Best Friends


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I was tired of hurting

So tired of searching

Till you walked into my life

“Non ne posso più!”

“Ehm... ciao.” Salutò Christian, sistemandosi gli occhiali sul naso e lasciando entrare Monique che, a passo di marcia, superò l’ingresso ed arrivò in sala da pranzo, iniziando a lisciare con attenzione maniacale e rasentante l’isteria tutte le pieghe sulla tovaglia di tessuto bianco.

“Chiederti cosa è successo mi sembra superfluo.” Rifletté il giovane insegnante, chiudendo la porta e tornando a sedersi dove, fino a pochi minuti prima, stava consumando, in pace con se stesso e col mondo, un buon piatto di cibo giapponese rigorosamente take away. “Quindi mi limiterò a mangiare.”

“Questa roba? Assolutamente no!” Esclamò la donna, sottraendogli il piatto e lasciandolo con le bacchette sospese in aria.

“Immagino di no... litigato con Gerry?”

“Oh quello!” Con gesto rabbioso, Monique svuotò il piatto nella spazzatura, facendo sì che Christian si vedesse svanire da davanti agli occhi la possibilità di una cena degna di tale nome. “Gli ho dato un ultimatum: o libera l’appartamento entro domani sera o...”

Chris inarcò un sopracciglio, incoraggiandola a continuare.

Nessuna risposta.

“O...?”

“Non lo so, Christiàn! Gli ho detto di andarsene e basta!”

“Tu...” Cominciò, puntandole contro una bacchetta. “Non sei un granché come stratega. E io ho fame.”

“Scusami... È che io... non lo so, non so perché dovresti starmi ad ascoltare... nemmeno ci conosciamo così tanto, dopotutto... scusa, Chris, me ne vado subito...”

“Ehi, ehi, calmati...” Esclamò lui, afferrandola per un polso prima ancora che potesse pensare di raggiungere la porta d’ingresso. “Sei calda, Monique...”

“Lo so, mi... mi viene la febbre quando sono nervosa.”

“Siediti, ti faccio un tè.”

“Christiàn...”

“Siediti.”

Annuendo velocemente, Monique si accomodò sulla piccola poltrona del minuscolo salotto, collegato alla sala da pranzo e alla cucina solo attraverso un arco totalmente privo di porte.

Era strana, quella casetta... sembrava una grande villa in miniatura, con tutto perfettamente in ordine...

“Come sta Lulù?” La raggiunse la voce di Christian dalla cucina.

“Bene... è da Coco. Con quei tre si diverte di certo più che a casa con quello.”

“Ehi... è stato il tuo fidanzato fino a ieri, forse chiamarlo per nome non sarebbe una cattiva idea.”

Monique annuì, senza pensare che lui non poteva vederla.

“Hai ragione, ma...”

“Il tè è in infusione.” Sorrise il giovane uomo, accovacciandosi davanti alla poltrona, i gomiti poggiati sulle cosce e le mani portate a sostenersi il viso.

“Non mi piace il tè... mi hai bloccata prima che riuscissi a dirtelo.”

“Ma il mio tè è speciale!” Esclamò lui, schiacciando un occhio.

“Oh, non ne dubito...”

“Monique... Monmon, dai, fammi un sorriso...”

Lei scosse il capo, abbassando lo sguardo sul parquet chiaro.

“Tu ti rendi conto che ti conosco da quattro mesi e ti ho vista sorridere solo una volta?”

“Beh, sei già stato fortunato... visto poi il periodo in cui mi hai presa...”

“Già... ora però tu mi spieghi bene che ti succede... altrimenti il tè speciale me lo bevo tutto io!” Sorrise lui, arricciando il naso e sfiorando con un dito la punta di quello di lei.

“Si vede che sei abituato a lavorare con i bambini... non sei mai serio, eh?”

Christian parve pensarci, poi scosse la testa con fare deciso, facendo in modo che gli occhiali gli si stortassero sul naso.

Con una mano Monique si coprì la bocca, soffocando a stento una risatina.

“Ma quanto sei scemo!”

“Esattamente il minimo indispensabile per tirarti fuori dal tuo stato catatonico.”

Era sempre stato così, sempre, da quando si erano conosciuti, quattro mesi prima, quando lei era andata a prendere Lulù, messa in punizione per aver morso il vicino di banco. E lei, appoggiata alla cattedra, si era lanciata in un’invettiva contro ‘quell’idiota del suo fidanzato che non sapeva fare altro che criticare e criticare e criticare’.

Un’ora dopo erano in un café del centro a godersi una coppa di gelato, mentre Christian raccontava la storia di come aveva lasciato l’America in seguito alla decisione di ricominciare da zero dopo l’ennesima storia finita male.

L’aveva fatta ridere, ridere come una pazza, le aveva ridato il buon umore... ma un sorriso non glielo aveva strappato neppure lui. Quelli erano riservati a Luciane...e a Gerry, fino a poco tempo prima.

Però Christian era diventato importante per lei, era il suo punto di riferimento, l’unica persona che riusciva a non farla sentire terribilmente sola, così come le capitava fin troppo spesso, da qualche tempo a quella parte.

Importante.... chissà che non fosse proprio quello il problema con Gerry...

 

“Dove sei stata?”

“Fuori...” Rispose Monique, intrecciando velocemente le ciocche bionde di Lulù.

“Con quell’americano?”

“È italiano, Gerard. Siamo andati a bere un caffè; è reato, ora?”

“Lo è per me, se passate più tempo insieme voi due che noi!”

“Gerry, per favore, la bambina...”

“La bambina, certo... hai sempre una scusa, eh?”

“Gerry...”

 

It was a feeling

I’d never known

And for the first time

I didn’t feel alone

 

E forse aveva ragione Gerry ad essere un po’geloso, perché lui a farla sentire come la faceva sentire Christian non ci era riuscito mai.

Mai a farla ridere per un nonnulla, mai a farle dimenticare tutti i suoi problemi solo con una carezza sulla punta del naso.

Mai.

“Beh, ti sei incantata?” Domandò Christian, agitandole una mano davanti al viso. “Monmon?”

E poi quanto, quanto le piaceva l’adorabile accento con cui pronunciava il suo nome?

“No, no, pensavo...”

Sedendosi accanto a lei sul bracciolo della poltrona, Chris prese qualcosa dalla tasca dei jeans, per poi fingere di estrarre quello stesso qualcosa da dietro l’orecchio di lei.

“Un penny per i tuoi pensieri.”

“Quello è un euro...”

“È perché i tuoi pensieri valgono di più.”

Monique scosse il capo, intenerita, e si appoggiò al fianco di lui.

“Come fai, me lo spieghi?”

“A fare cosa?” Chiese lui, scompigliandole i capelli leggermente mossi.

“A essere così... te stesso.”

Chris ridacchiò.

“Incommensurabilmente idiota, intendi? Non saprei... credo di esserci nato.”

“Sensibile, intendo, e dolce più di qualsiasi altro uomo.”

Chris si strinse nelle spalle.

“Credo dipenda dal fatto di essere gay.... sai com’è, tendiamo a sentire in modo un po’diverso e...”

“Lo sei davvero?”

Monique si morse la lingua... non intendeva fargli quella domanda assurda, ma non era proprio riuscita a trattenersi.

Christian soppesò la domanda, continuando a tormentare con le dita le ciocche scure di Monmon.

“Io amo... la persona di cui mi innamoro, suppongo. Il sesso è un carattere abbastanza secondario. Per caso sono sempre stati uomini... che poi non so se posso dire di essermi mai innamorato sul serio.”

“Sì, ma potresti?”

Chris la guardò, confuso.

“Che cosa, innamorarmi?”

“Di una donna...” Completò lei, lo sguardo di nuovo basso.

Che diamine le stava succedendo? Non arrossiva, lei!

Christian, però, inaspettatamente, sorrise, chinandosi a cercare i suoi occhi.

“Forse potrei. O forse l’ho già fatto, chissà.” Rispose, chinandosi ancora un po’di più e tornando a sfiorarle la punta del naso con quella carezza leggera diventata ormai un loro piccolo rito.

“Chri...”

“L’acqua si fredda, vado a togliere le bustine.” Comunicò lui, senza darle il tempo nemmeno di finire di pronunciare il suo nome.

 

You’re more than a lover

There could never be another

To make me feel the way you do

Oh, we just get closer

I fall in love all over

Every time I look at you

 

Monique si appoggiò alla parete dell’arco che univa sala da pranzo e cucina, le braccia incrociate al petto, e si prese qualche istante per osservare Christian che, con la cura che metteva in ogni minimo gesto, toglieva l’infuso dalla tazza e lo buttava nella spazzatura.

Tutto quello che faceva l’affascinava e anche questo era nuovo per lei... ammirare ogni movimento, anche il più sciocco o banale, con occhi che lo vedono assolutamente, totalmente speciale.

Diverso da qualsiasi altro.

Come lui.

“Come mai solo una tazza?” Domandò, ritrovandosi ad avvicinarsi senza aver dato ai piedi l’ordine di muoversi.

Christian si strinse nelle spalle, voltandosi a sorriderle.

“Avevo solo una bustina di tè speciale e ho deciso di sacrificarmi.”

“Christiàn... non dovevi... te l’ho detto, non mi piace il tè. Bevilo tu.”

Chris si voltò del tutto, appoggiandosi con la schiena al ripiano accanto al lavandino e guardò Monique fissamente per un istante, prima che il suo viso assumesse una strana smorfia, come se stesse tentando di trattenere una risata.

“Che c’è?” Chiese lei, perplessa, avvicinandosi. “Stai... ridendo?”

Christian scosse velocemente il capo, mentre uno sbuffo divertito sfuggiva alle sue labbra.

“Sì, stai ridendo!” Ripeté la donna, puntandogli un indice contro il petto. “Sono così comica, professore?”

“No, è che...”

“Che?” Lo spronò, spingendo con il dito sul taschino della camicia verdina  di lui.

Risatina.

“Christiàn!”

“Ecco, è questo!” Esclamò lui, lasciandosi andare, finalmente, ad una squillante risata liberatoria.

“Il tuo nome?” Domandò lei, ancora più perplessa.

Christian annuì, spostando la mano di lei dal suo petto.

Monique non oppose resistenza, troppo occupata a classificare le sensazioni che la risata di Chris aveva provocato in lei.

“Ma... perché?”

“È come lo pronunci... mi fa morire!”

“Sbaglio? Dovevi dirmelo!”

“E perché? Mi piace da impazzire.” Mormorò con giocosa malizia, muovendo mezzo passo verso Monique, che non indietreggiò.

“Ma io voglio dirlo giusto...”

“E dai, non fare i capricci, ora...”

“Christiàn.”

“Sposta l’accento.”

Monique chiuse per un momento gli occhi, cercando inutilmente di concentrarsi sulla pronuncia del nome e finse di non accorgersi che Chris si era avvicinato ancora di qualche centimetro.

“Christiàn...” Mormorò, aprendo gli occhi.

Non ricordava che i suoi fossero così chiari.

“Christian.” Disse lui, con voce ferma.

“Christìan.”

“Christian.”

“Christian...” Soffiò, finalmente con l’accento al posto giusto. E la lezione finì.

“Monique...” Replicò lui, con lo stesso tono che aveva usato lei, passandole le braccia intorno alla vita.

“Christiàn...” Mormorò Monique, un’ultima volta, sulle labbra di lui, mentre Chris la stringeva a sé, sorridendo, al sentire nuovamente il nome pronunciato come prima.

Forse non era poi così male...

“Non imparerai mai, vero?” Mormorò,  invertendo le posizioni, in modo che Monique si ritrovasse con la schiena poggiata contro il ripiano e le ginocchia incredibilmente molli, per quanto questo, con la posizione, non c’entrasse poi molto.

Quando, Dio, quando era regredita all’età di quattordici anni?

“Non ne ho alcuna intenzione, in effetti....” Pausa. Sguardo decisamente pestifero negli occhi di lei. “Christiàn.”

E poi di parlare non ci fu tempo più.

Di slancio, Christian sollevò il corpo sottile di Monique fino a posarla delicatamente sul ripiano e lei, d’istinto, gli allacciò le braccia dietro alla nuca, catturando le sue labbra con le proprie con un desiderio tale da poter essere definito quasi affamato.

Con un mugolio soddisfatto, Chris si sistemò tra le sue gambe, spostando una mano dalla schiena al capo di lei, affondandola tra i suoi capelli per spingerla ancora di più verso di lui, tentando di approfondire ulteriormente quel contatto tanto atteso e mai confessato.

E così rimasero, persi l’uno nell’altra, esplorandosi vicendevolmente in una corsa di mani, labbra e lingue... finché qualcosa che nemmeno lei avrebbe saputo definire riportò Monique alla realtà in modo incredibilmente brusco e violento.

Che cosa accidenti stava facendo?

È vero, si era sempre sentita attratta da Chris in modo quasi insano.

È vero, erano amici, si volevano bene, forse stava iniziando ad innamorarsi di lui... o forse lo era già, innamorata.

È vero, nessuno l’aveva mai fatta sentire come lì, in quel momento, con lui.

Tutto vero, ma c’era un piccolo, insignificante ma...

“Non è successo davvero.” Dichiarò, allontanandosi da lui per quanto la profondità del cucinotto glielo permettesse. “Non è successo assolutamente niente, tra noi.”

Chris inarcò un sopracciglio, perplesso.

“Monmon, temo che questo non possa essere classificato come niente.” La corresse, sporgendosi per riguadagnare i centimetri persi.

“Questo cosa? Non è successo niente, come puoi pensare che sia successo qualcosa, eh, Christiàn? Spiegami, questo co...”

“Questo questo.” Dichiarò l’uomo, tornando a cercare le labbra di lei.

E sentendola, suo malgrado, rilassarsi per un istante, prima di tornare a cercare di negare tutto.

“No!” Esclamò, secca, spingendolo via. “No, tu... tu...”

“Io io cosa?”

“Tu sei... homosexuel.” Soffiò in francese, troppo agitata per pensare alla parola in inglese.

“Primo, non parlare in francese che impiego eoni per realizzare cosa stai dicendo e le mie tesi perdono di credibilità, se esposte a velocità lumaca. Per quanto, in effetti...” Chris inclinò leggermente il capo da un lato, abbozzando un sorriso. “...mi rimanga sempre il mio adorabile sguardo da cucciolo bastonato. Secondo, non ci vedo proprio niente di male nel fatto che io sia o sia stato homosexuel, come dici tu.”

“Non è che sei stato! O lo sei o non lo sei, non è che si cambia così!”

“E tu che ne sai, scusa? Sei mai stata lesbica?”

“No, ma...”

“Sarebbe la prima volta che senti parlare di una persona che da etero diventa gay o vice versa?”

“Ehm... no, però...”

“E ora dimmi... dimmi questo, Monique.” Ok, si doveva evidentemente essere persa un passaggio... perché altrimenti non avrebbe mai potuto spiegarsi quel suo repentino cambio di espressione. Quando era diventato così tremendamente serio? “Tu... tu non senti un brivido, come quando hai la febbre, che ti corre su per la schiena, quando io faccio questo?” Mentre parlava, le sfiorò la punta del naso con le dita, in quel piccolo gesto soltanto loro.

Monique socchiuse gli occhi, trattenendo il fiato.

“Perché io lo sento. E quando ti abbraccio... non avresti voglia, una voglia incredibilmente forte, di restare così per tutta l’eternità?”

“Christiàn...”

“Sssh....” La zittì, posandole due dita sulle labbra. “Ti mangerei di baci ogni volta che mi chiami in quel modo.”

“Ma non...”

“Monmon... io sono innamorato di te... un po’di più ogni volta che ti guardo... dimmi solo... è un amore univoco? Se è così fammelo sapere subito, non sto a perderci tempo, però se...”

“Christiàn, viens ici....” Soffiò la giovane, scivolando di nuovo in avanti e chiudendo le gambe intorno alla vita di Chris, che più vicino di così non avrebbe potuto andare nemmeno volendolo.

Je dois vous dire un secret...

 

When my world goes crazy

You’re right there to save me

You make me see how much I have

 

 

“Un segreto? A me? Ma è stupido... ci siamo solo noi...”

Viens... jouer avec moi.

Con un sorriso, Chris lasciò che lei accostasse le labbra al suo orecchio ed iniziasse a sussurrare, come se fossero in mezzo a mille e mille altre persone... eppure, anche in tutto quell’andirivieni, non esistesse nulla, nulla a parte loro.

“Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, Christiàn... anzi, Christian. Dopo Lulù, s’intende... Sei sempre, sempre lì per me, quando ne ho bisogno, mi hai fatto capire che non sono poi così sola, dopotutto e credo...credo che sarei persa, senza di te. Tu sei... sei molto, molto più di un innamorato, per me...”

Je t’aime, Monique.” Bisbigliò Christian, suo malgrado quasi con le lacrime agli occhi, dopo quella mezza dichiarazione, passando nuovamente le braccia intorno ai fianchi di lei e prendendola in braccio. “Je t’aime.

E Monique sorrise, accarezzandogli i corti capelli biondi per poi scendere sul viso e chinarsi a posargli un bacio delicato sulla punta del naso.

Ti amo anco io...” Disse, in italiano, appoggiando la fronte contro quella di lui.

Anche io.” Corresse lui. “Ci sono riuscito...”

“A fare che cosa?”

“A farti sorridere.”

“Oh...” Replicò semplicemente Monique, mentre le sue guance si coloravano di rosso. “Già... non me n’ero nemmeno accorta.”

“Bugiarda...” Soffiò Christian, posando le labbra su quelle di lei in un leggerissimo bacio.

Che lei decise essere assolutamente troppo leggero.

“Dove mi porti?” Domandò al sentirlo muovere, allontanandosi da lui il minimo indispensabile per riuscire a parlare.

“In un posto che voglio farti vedere da un po’...”

“Dove?”

“In camera mia.”

“Io ho già visto la tua camera...”

Christian sorrise, leggermente malizioso, ricambiando il bacio sul naso di poco prima.

“Lo so.” Porta aperta. “Ma diciamo che mi piacerebbe che tu la vedessi... da un’altra angolazione.”

 

And I still tremble

                                                    When we touch

And oh the look in your eyes

When we make love

(Tim McGraw, My Best Friend)

 

Continua....

 

   
 
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