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Autore: Mnemosine__    30/06/2016    4 recensioni
Poseidone, l'unico che sembrasse avesse prestato fede al giuramento di non avevre figli, ne aveva aveva avuto uno da una mortale.
E aveva anche la faccia tosta di chiedere alla figlia maggiore di mantenere il segreto e di aiutarlo a nascondere il bambino?
"Cosa vuoi che faccia?" Chiese senza tanti convenevoli quando suo padre le aprì la porta.
"Vivere qui. Dovrai proteggerlo dagli occhi degli dei e dei mostri."
"Cioè vuoi che rinunci alla mia vita per fare da baby-sitter. Va bene, lo farò. Ma se Zeus lo scoprirà ti prenderai tutta la colpa.
"Grazie"
"Ringrazia di avermi fatto giurare." Ringhiò lei. "Allora? È un maschio o una femmina?"
Poseidone fece segno a Sally di avvicinarsi con il fagottino.
"Ti presento Perseus, tuo fratello." Elisabeth sbuffò imponendosi di odiare da subito il fagottino, lo avrebbe solo protetto come voleva suo padre e quando la pulce fosse stata abbastanza grande l'avrebbe lasciato e sarebbe tornata a fare i cavoli suoi.
Quando, però, gli occhi dei due si incontrarono tutti questi propositi andarono dritti dritti al Tartaro.
Quel bambino era speciale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ade, Apollo, Nico/Will, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Blood Brothers'
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Tutti i semidei del campo Mezzosangue erano sulla collina vicino all'albero di Talia.
Aspettavano con ansia l'arrivo dei compagni del campo Giove.
Appoggiati al tronco del pino, un po' in disparte, c'erano Annabeth, Nico, Percy e Piper. 
La figlia di Poseidone stava chiacchierando allegramente con Apollo sotto un altro albero, seduta sulle sue radici. 

Un'improvvisa folata di vento fece sbilanciare Percy. "Bro!" Urlò qualcuno dall'alto.
Percy alzò lo sguardo e vide Jason Grace planare verso di lui.
Appena poggiati i piedi a terra Percy gli saltò addosso "Bro!"
I due si abbracciarono calorosamente. Il figlio di Poseidone fece in tempo a spostarsi che due secondi dopo anche Piper si lanciò verso Jason. 
Ai piedi della collina, intanto, avevano parcheggiato un grande numero di Suv, da cui avevano iniziato a scendere i semidei Romani. 

Da una macchina più grande scesero i due pretori, e un centurione. 
I tre risalirono velocemente la collina per poi lanciarsi tra le braccia degli amici.
Hazel e Frank, a turno, vennero stritolati da tutti. 
Nico sorrise, timido, a Reyna. 
La pretore lo abbracciò d'impeto e il figlio di Ade, dopo un momento di esitazione, ricambiò l'abbraccio.

Percy fece l'occhiolino a Jason "Bro, ti devo raccontare delle novità." 
Gli parlò della punizione di Apollo, indicandoglielo poi con un cenno del mento.
Jason notò la figlia di Poseidone, quella ragazza aveva qualcosa di familiare.
I gesti, la postura composta... Li aveva già visti.
"Chi è la ragazza con cuoi sta flirtando?"
Percy avvampò "Non stanno flirtando!"
"A me sembra proprio di si, invece." Ribatté il figlio di Giove. 
Percy sbuffò e si avvicinò ai due, subito seguito da Jason.
"Ragazzi." Li chiamò il figlio di Poseidone.
Il dio si aprì in un sorriso che andava da un'orecchia all'altra. 
"Fratellino!" Urlò rivolto a Jason "Che bello rivederti!"
"È un piacere anche per me, divino Apollo." Rispose Jason inchinandosi. 
"Oh non ce n'è bisogno." Minimizzò il dio con un cenno della mano senza perdere il suo caratteristico sorriso.
 "Ora sono mortale e bla, bla, bla. Ma  apprezzo il tuo gesto."
Percy si rivolse a Jason "Bro, ti presento..."
Quando lei si girò, il figlio di Giove perse un battito.
"Liz?" Sussurrò, come a chiederne la conferma.
La ragazza sorrise "Ciao Jason." 
"Un momento... Vi conoscete?" Chiese Percy, sconvolto. I due non diedero segno di averlo sentito.
Apollo prese il figlio si Poseidone per un braccio e lo portò  vicino ad un altro albero "Vieni, Pulce. Lasciamo che si chiariscano." 



Il campo Giove era in fermento. Un bambino che non aveva più di tre anni era appena arrivato, accompagnato da Lupa in persona, alla roccaforte Romana. 
Davanti al Piccolo Tevere sostava gran parte della legione. 
Sull'altra sponda del fiume, la dea aspettava con il cucciolo-uomo. 
I militi non sapevano come comportarsi con la dea, aspettavano tutti l'arrivo dei pretori e i loro ordini.
Qualcuno gridò "Arrivano i Pretori!" 
I legionari si fecero da parte, formando un corridoio, per lasciar passare i due ragazzi dai mantelli viola. 
"Che cosa sta succedendo?" Chiese Giulio, figlio di Marte, pretore della dodicesima legione. 
"Non lo sappiamo, signore. Guardi al di là del fiume." Rispose un centurione.
Il giovane si fermò all'istante alla vista di Lupa. Si inchinò, così come tutti, sotto il suo esempio. Tutti, tranne una.
"Giulio..." Sussurrò la ragazza accanto a lui.  
"Cosa c'è?" Chiese.
Lei non rispose subito. 
Scambiava strani sguardi con la dea, come se in quel momento stessero parlando con gli occhi. 

 Ad un certo punto la ragazza si accigliò. 
"Non è possibile." Disse scuotendo la testa, rivolta alla dea. 
Lei ringhiò, come per sfidarla a non credere alle sue parole. 
Con il muso fece segno al bambino di fare un passo in avanti.
"Elisabeth, che cosa sta dicendo?" 
Lei continuò ad ignorarlo, troppo concentrata nella sua conversazione con Lupa. 
La figlia di Nettuno annuì "Va bene." 
Giulio, e anche tutti i semidei presenti, continuavano a non capire cosa stesse succedendo. 
Fece un passo in avanti, e con un gesto della mano ordinò alle acque del fiume di separarsi. 
Camminò senza fatica sul letto del fiume e, arrivata dall'altra parte, si inginocchiò di fronte al bambino. 
"Come ti chiami?" Chiese.
"Jason Grace." Rispose subito lui, gonfiando il petto. 
"E sai anche dirmi di chi sei figlio, Jason?" 
"La mia mamma si chiama Baryl. Il mio papà... Non so come si chiami il mio papà, non sono nemmeno chi sia il mio papà." 
Lupa emise un suono gutturale, è guardò negli occhi la ragazza. 
Lei impallidì. 
"Ti va di venire con me, Jason? Qui avrai una nuova casa, una famiglia." Gli disse. 
"Io voglio la mia mamma." Rispose lui.
"Lo so, ma la tua mamma ti ha affidato a Lupa" disse lei indicando la dea "E lei ha deciso che sei pronto per il campo." 
"Che cos'è un campo?" Chiese lui.
"Un posto..." Si bloccò "L'unico posto dove quello come noi posso vivere al sicuro." 
"E si gioca?" 
"Si, certo." 

Lupa ringhiò, come a ricordare ai due di non avere tempo da perdere. 
"Scusa." Disse la ragazza. "Mi occuperò di lui."
La dea sembrò soddisfatta e, senza guardarsi indietro, corse verso il suo branco che la aspettava all'ingresso del tunnel.
Il piccolo la guardò, triste, e fece ciao con la manina.
"Vieni?" Chiese Elisabeth a Jason.
Lui annuì e le prese la mano.
Insieme attraversarono il fiume e appena poggiati i piedi sulla sponda, l'acqua ricadde pesantemente sul letto e ricominciò a scorrere. 
"Che cos'ha detti Lupa? Chi è lui?" Chiese il pretore alla collega.
Lei si rivolse all'intera valle"Romani! Salutate Jason Grace, figlio di Giove!"



Jason era paralizzato.
Elisabeth, invece, sembrava a proprio agio.
"Ti trovo in forma." Constatò. 
"Liz." Ripeté Jason senza sapere cos'altro dire "Tu eri..."
"Morta? No." Disse lei scuotendo la testa. "Apollo mi ha guarita immediatamente."
"Sei viva..." 
"Già." 
Jason fece un passo in avanti e, con un grande atto di coraggio, la abbracciò.
"Sei viva!" Ripeté sorridendo. 
"E tu porti gli occhiali." Commentò lei reprimendo un sorriso.
"Ecco... La mia vista è un po' decaduta..." 
"Diciamoci la verità JayJay, tu sei sempre stato un po' miope." 
JayJay, A Jason si strinse il cuore sentendo quel nomignolo. 
"Io ci ho sempre visto benissimo!" Disse lui gonfiando il petto.
"L'importante è crederci, JayJay." 




Erano ormai passati due anni dall'arrivo di Jason. 
Tutti, fin dal primo giorno, avevano riservato al piccolo tutti i tipi di attenzioni.
I figli di Venere facevano a turno per fargli da babysitter e i figli di Mercurio si divertivano a preparare scherzi e ad insegnare il mestiere del furto al bambino, il quale però, dopo aver rubato qualcosa, tornava subito indietro a restituirla, dicendo che non era leale rubare di nascosto.
Jason adorava tutti quei ragazzi gentili che stavano con lui, ma adorava ancora di più la ragazza che lo aveva portato al campo.

Molti pomeriggi si fermava a giocare con lui, gli aveva insegnato a leggere, scrivere e contare sia in inglese che in latino, gli aveva insegnato ad usare il suo piccolo spadino di legno che un figlio di Vulcano aveva intagliato per lui...
 
Lei era gentile, ma ogni volta che incrociava il suo sguardo Jason vedeva che la ragazza aveva un non so che di malinconico negli occhi.
Così, un giorno, il piccolo Jason decise che la sua missione sarebbe stata far sorridere Elisabeth.
 Il piccolo ometto era andato da una figlia di Cerere, chiedendole un bel fiore da regalarle.  
Ecco, quindi, Jason che corre verso la pretore con una bella rosa azzurra in mano. 
"Liz! Liz! Guarda che ti ho portato!" 
Lei alzò gli occhi dal libro che teneva in mano e lo sguardo le si addolcì. 
"Che cosa fai, JayJay?" 
"Guarda cosa ti ho portato! Nina me l'ha data dicendo che è il tuo fiore preferito! Ti piace?" 
"È molto bella Jason, grazie." Gli disse prendendo il mano il fiore.
Jason si grattò la testa "Perché non sorridi?"
"Perché sono triste, JayJay." 
"E perché?"
"Perché mio padre due mesi fa mi ha proibito di vedere mio fratello." Disse lei con voce tremante. 
"E perché?" 
"Se lo incontrassi, lui sarebbe in pericolo." 
"E perché?" 
"Perché... Jason, non voglio parlarne." 
"E perché?" 
"Perché no. È un argomento che non dovrai mai più tirare fuori, mai più." Disse lei, rigida.
"Ma..." 
"Niente ma. Il discorso si chiude qui."




"Quindi... Non sei figlia di Nettuno, ma di Poseidone." 
"Esatto." 
"Non sei romana."
"Per un certo periodo lo sono stata, duemila anni fa."
Jason sorrise. 



Le porte della casa pretoria dove alloggiava là figlia di Nettuno vennero aperte con forza, sbattendo contro il muro.
Jason, ormai un tredicenne, entrò nella stanza della pretore con gli occhi che lanciavano fulmini. 
Lo seguiva una ragazza arrivata da poco, figlia di Bellona.
Elisabeth sostava davanti al letto, a capo chino, mentre preparava un borsone.
"Che cosa vuol dire che tu e Giulio ve ne andate?" Ringhiò Jason.
"Quello che hai appena detto." Rispose lei secca, senza alzare lo sguardo. 
"Riformulerò la domanda, che cosa vuol dire che tu te ne vai?"
"Crono (nda. Non ho scritto Saturno perché per i romani è un dio agreste, non il re dei titani) si sta risvegliando e noi dobbiamo intervenire." Si limitò a rispondere.
"E perché non mandate qualcun altro?"
"Perché, in questo momento, io e lui siamo i guerrieri più forti del campo. Te escluso."

"Mandate me, allora." 
Elisabeth alzò gli occhi dal bagaglio, sbuffando.
"Sei troppo giovane e inesperto." Disse piccata.
"Io giovane e inesperto? Guarda te e Giulio! Non fate altro che stare dietro una scrivania! Nessuno, in questi anni vi ha mai visto combattere!" 
"Io e Giulio ci alleniamo tutte le notti, quando tu e i tuoi compagni dormite!" 
"Ma nessuno vi ha mai visti! Come facciamo a sapere che siete davvero così forti?"
Senza volerlo i due si erano messi ad urlare, l'uno contro l'altra.
La figlia di Nettuno indurì lo sguardo e in un secondo Jason si ritrovò a sbattere contro la parete, perdendo ogni volontà sul suo corpo.
Una forza invisibile lo aveva spinto con grande energia.
"Ti sembro così debole? Potrei spezzarti il collo con un battito di ciglia." Gli urlò in faccia Elisabeth. 
Ruotò, rapida, il polso e Jason si accasciò a terra, riuscendo di nuovo a muoversi decise di alzarsi.
"Come...?"
"Nel sangue c'è acqua." 

La pretore si voltò verso Reyna, la figlia di Bellona "Ti sei guadagnata il posto come nuovo pretore Ramirez-Arellano. Scegli il tuo collega con cura." 
Prese la borsa e, lanciando un'occhiata a Jason come a sfidarlo a fermarla, uscì dalla stanza per raggiungere Giulio. 




"Perché non sei mai tornata?" Chiese ad un tratto.
"Giove mi ha fatto giurare di non tornare più al campo Giove. Io e te non ci saremmo mai dovuti conoscere." 


"Jason." Lo chiamò Reyna. 
Lui non diede segno di averla sentita.
"Jason." Ripeté con un tono più dolce.
"Non ci sono più." Sussurrò lui.
"Lei non c'è più."
"Mi dispiace." Disse Reyna mettendogli una mano sulla spalla. "Mi dispiace tanto." 

~•~

"Allora, bro, come conosci mia sorella?" Chiese Percy a Jason mentre camminavano verso le porte del campo. 
Apollo ed Elisabeth gli camminavano dietro.
"Tua sorella?" Chiese il figlio di Giove "Non sorellastra?"
"Si... Credevo lo sapessi. Lei è mia sorella maggiore."
"Ok, sono confuso." Dichiarò.
Percy si mise a ridere "Ci credo."
"Aspetta, stai dicendo sul serio? Ma non eri l'unico figlio mortale di Poseidone?" 
"Infatti lo sono." Disse Percy mandando ancora più in confusione l'amico.
"Uh? Non credo di capire, fratello." Jason si grattò la testa.
"Ricordati che io sono immortale." Spiegò Elisabeth "Perciò Percy rimane l'unico figlio mortale di Poseidone."
"Ehm..."
"Ti basti sapere che io e Percy siamo fratello e sorella, il resto è una storia complicata." Disse Elisabeth.
"Quindi è lui il bambino di cui mi parlavi quando ero piccolo?" Chiese Jason.
Lei fece segno di si con la testa.
"Dove vi siete conosciuti?" Chiese Percy al cugino.
"Al Campo Giove."
"Sei stata al campo?" Chiese alla sorella "Credevo non avessi mai visitato né il campo Mezzosangue né il campo Giove." 
"Quando Papà mi ha ordinato di lasciarti mi ha anche consigliato di prendermi una pausa dai greci, così sono andata al campo Giove." 

"Ho voglia di andare in spiaggia." Li interruppe il dio soprappensiero. Si rivolse all'amica "Vieni con me?" 
Lei annuì e baciò il fratello sulla guancia "A dopo."

Quando si furono allontanati Jason commentò 
"Bro?"
"Dimmi bro."
"La nostra è una famiglia davvero strana."
"Puoi dirlo forte."
   
 
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