Anime & Manga > Rocky Joe
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Autore: innominetuo    03/07/2016    10 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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Joe riaprì gli occhi lentamente, quasi con fatica.

Si sentiva tutto indolenzito: ogni suo muscolo lo percepiva rigido e duro. Aveva avuto seri problemi, la sera precedente, a prendere sonno, perché aveva faticato ad assumere una posizione sufficientemente comoda: comunque si girasse, tutto il corpo gli aveva provocato fitte di dolore e di malessere. Non era riuscito a sentirsi comodo e rilassato neppure in posizione supina: anche la schiena gli faceva un male cane per i lividi provocatigli dalle cuciture dei guantoni di Walker, che gli si erano impressi nella pelle come rapide sferzate di frusta.*

Pian piano, riuscì a mettersi seduto, sospirando flebilmente. Sentiva ancora il capo pesante, ed aveva la vista un po’ appannata, soprattutto all’occhio destro, molto gonfio. Solo con molta fatica riuscì a mettersi in piedi, facendo leva sugli addominali: se anche questi sapevano svolgere egregiamente il loro dovere, era l’equilibrio che, in quel momento, non gli funzionava al meglio. Per ben due volte era caduto seduto goffamente, come un sacco di patate.

Imprecò a bassa voce tra sé e sé: era la prima volta, quella, che si sentiva così debole e fiacco dopo un incontro.

Mai, in passato, neppure dopo l’incontro con Tooru Rikishi, con Carlos Rivera o con Ryuhi Kim, si era risvegliato al mattino seguente in simili condizioni. Con cautela, si palpò il bernoccolo sulla nuca, che Dude Walker gli aveva appioppato a tradimento, con una sventola spaventosa. Nonostante le proteste di Tange, di Yoko e di suo padre, si era rifiutato di farsi vedere in ospedale, pretendendo di ritornare subito a casa, una volta finito quello che, anziché un incontro, aveva avuto tutte le caratteristiche di un pestaggio tra bulli di periferia.

Più cercava, a tentoni, di raggiungere la sala da bagno per una doccia rinfrescante, e più gli girava la testa.

“E va bene, Joe… stavolta gli allenamenti li riprendiamo tra una settimana e non subito, come al tuo solito. Per il match con Josè c’è ancora molto tempo…” disse a se stesso, stirando le labbra in una piega amara.

°°°°°°

La sera prima, ore 21.00, al Budokan


Non si era mai vista una calca del genere.

Gli spettatori avevano letteralmente preso d’assalto l’intera struttura del Budokan; le biglietterie avevano decretato il tutto esaurito già alle prime ore del mattino: molti appassionati, brontolando ed imprecando, si erano dovuti rassegnare a seguire il match più atteso della stagione per radio o alla televisione. L’incredibile aspettativa dell’incontro era stata provocata dal siparietto dei due pugili alla conferenza stampa, oltre che foraggiata dalla pubblicità, sia nazionale che statunitense. Il frastuono, in sala, era assordante. Gli spettatori giapponesi facevano a gara con i visitatori americani su quale fazione esercitasse il tifo più acceso: era un continuo sventolare di striscioni inneggianti a Joe e a Dude, oltre che di bandiere nazionali, con il fiero e solitario sole rosso contro il firmamento di stelle.

Due cieli diversi, per due mondi diversi.

Yoko si accomodò in prima fila, accompagnata dal nonno Mikinosuke. Per tutto il tragitto, non aveva aperto bocca e continuava a trincerarsi dietro ad un muro, fatto di occhi bassi e di labbra serrate. Erano stati inutili tutti i tentativi del buon vecchio Shiraki di strapparla dal mutismo e di farla chiacchierare: con un sospiro rassegnato, si limitò ad accomodarsi, brontolando sugli acciacchi dell’età e sullo schienale troppo rigido del sedile.

“In effetti il Korakuen Hall, sebbene più piccolo, perlomeno offre delle poltroncine più comode!”

“Buonasera Nakamura-san: anche Lei qui per il nostro ragazzo?” chiese Mikinosuke, con tono affabile, inclinando il capo e ricevendo un inchino in risposta.

Come ormai negli ultimi incontri di Joe, Hiro aveva ricevuto da Yoko il biglietto in prima fila, in modo da poter assistere ai match in sua compagnia. Yoko si limitò ad un cenno del capo indirizzato all’ospite come saluto, per poi scoccargli un’occhiata angosciata: Hiro osservò il viso della giovane, più pallido del solito e le restituì uno sguardo parimenti preoccupato. Neppure a lui era garbato l’atteggiamento inutilmente aggressivo di Walker, che esulava dalla semplice competizione sportiva. La boxe non c’entrava nulla, e neppure l’ambizione e la voglia di battere l’avversario: l’aura rossastra che Walker aveva dimostrato di emanare era l’espressione di un’anima nera, desiderosa solo ed unicamente di portare il buio nelle vite altrui.

Senza resa alcuna, e senza speranza.

“Meno male che gli americani hanno accettato un incontro di sole otto riprese, dato che la Federazione Pugilistica Giapponese si è categoricamente rifiutata di rimettere in palio i titoli vinti dal nostro Joe, già disputati ad Honolulu: quello di stasera viene considerato un incontro amichevole, buono solo a fine pubblicitario. Del resto, Dudley Walker non gode di molto peso contrattuale, neppure a New York, e alla fine ha dovuto rassegnarsi pure lui ad accettare le nostre condizioni.” commentò Mikinosuke, mentre Yoko annuiva in silenzio.

“Meglio così. Joe si incontrerà a fine anno contro Mendoza e deve risparmiare le forze. Non sarà quel bulletto di mezza tacca ad intralciargli il cammino.” sibilò Nakamura, a denti stretti.

Qualche fila più indietro, Jun Kiyoshi contemplò, a braccia conserte, la signorina dei suoi sogni pervicacemente barricata tra due uomini: avrebbe quindi dovuto rassegnarsi, per il futuro, a non poter più neppure assistere agli incontri di boxe vicino a lei? Sospirò flebilmente, sforzandosi di concentrarsi solo su ciò che, di lì a poco, si sarebbe svolto sul ring. Il vociare e gli scoppi di urla e di fischi aumentò in modo parossistico, all’ingresso in sala dei due sfidanti, ognuno accompagnato dal proprio entourage: per l’occasione, Nishi si era fatto dare un permesso da Hayashi per affiancare Joe e pure il giovane Masaki aveva insistito per poter essere presente.

Walker avanzava con passo elastico e baldanzoso, facendo il gesto di “v” con l’indice ed il medio agli spettatori: pareva che volesse sfidarli tutti, uno per uno, con uno sguardo colmo di arroganza e supponenza. Joe camminava tranquillo, sorridendo quietamente e salutando il pubblico. Si sentiva sereno, quella sera. Considerava il match contro Walker un semplice atto dovuto, una formalità da espletare: Dude lo aveva sfidato e non gli restava altro da fare che dargli ora una sonora lezione.

Semplice.

Dopodiché, egli si sarebbe dedicato, con il massimo scrupolo, solo ed esclusivamente alla preparazione, fisica e mentale, per l’incontro con Mendoza: il titolo di campione del mondo dei pesi medi poteva non essere più solo un’affascinante chimera… Aveva scoperto di tenerci, eccome, a quella magnifica cintura, e questo non per mera vanagloria. Joe voleva vincere Josè per far vincere, insieme a lui, Tooru e Carlos. Il ricordo degli amici lo accompagnava costantemente. Mentre saliva i gradini del ring, ripensò, come in un flash, ad un pupazzetto che aveva regalato a Carlos poco prima di partire da Los Angeles e che l’amico aveva chiamato Josè: il ricordo gli fece salire le lacrime agli occhi, che ricacciò subito, con un moto di stizza.

Quello non era il momento di piangere: quello era il momento di combattere. A muso duro.

“Allora Joe: mi raccomando. Non attaccarlo subito. Studialo a lungo, tienilo bene a distanza con i jab di disturbo. Fallo innervosire e stancare: lui è un aggressore**, per cui nella difesa è carente e pure nel gioco di gambe, così come abbiamo potuto vedere nei filmati che ci ha prestato Shiraki-sama. Non ti scoprire e non farlo entrare nella tua guardia, o sei fottuto!”

“Va bene, va bene… ora però lasciami respirare.” Joe lasciò che Nishi gli infilasse i guantoni e che Masaki gli facesse bere un sorso d’acqua. Lo speaker, azzimato nel suo elegantissimo smoking, era in fibrillazione più che mai: presentò i due sfidanti, che vennero accolti dal pubblico con ulteriori scrosci di applausi e di scoppi di voce.

Dude mimò un po’ di shadowboxing, mostrando al pubblico il corpo sodo ed elastico, dalle fasce muscolari larghe e compatte, mentre Joe si limitò ad un leggero saluto agli spettatori ed a sciogliere i muscoli con un po’ di stretching. La pelle color cioccolato fondente, in Dude, guizzava in chiaroscuri, come un tessuto prezioso. Era leggermente più basso e tarchiato di Joe, che negli ultimi mesi si era ulteriormente alzato di statura, superando adesso anche Nakamura: quanto era flessuoso ed elastico Joe, dalla pelle leggermente ambrata e dalla muscolatura tonica ed elegante, quanto al confronto Dude appariva ben più rozzo e belluino.

Mentre Joe ostentava deliberatamente di ignorarlo, perlomeno sino allo scoccare del gong, l’altro non smetteva di intercettarne lo sguardo: gli occhi di Dudley, grandi ed espressivi, si agganciavano al corpo di Joe, come a volerlo trapassare da parte a parte, con stilettate silenziose, ma inequivocabili. Non lo mollarono un solo secondo, neppure quando i suoi guantoni sbatterono contro quelli di Joe, durante i convenevoli di rito.

Finalmente scoccò la prima ripresa.

I due pugili raggiunsero subito il centro del ring. Dudley cercò subito di entrare nella guardia di Joe, ma questi non glielo permise, schivandolo abilmente con il rolling, per proteggersi il viso. Quanto al corpo, riusciva a parare i colpi facilmente con blocchi, schivate ed abbassamenti. Il suo buon gioco di gambe gli consentiva di essere veloce e di tenere Dudley a distanza. L’esperienza maturata nel corso degli anni ora gli consentiva di essere un pugile ben più completo: da mero incontrista e picchiatore, Joe si stava, infatti, evolvendo in stilista***.

La prima ripresa finì così con un Joe illeso e fresco come una rosa e con un Dudley nervoso al pari di un cavallo che morde il freno, ricoperto di sudore. Yoko tirò un sospiro di sollievo: se anche le altre sette riprese si fossero mantenute su tale binario, il suo uomo sarebbe sceso da quel ring più riposato di quando ci era salito. Si volse a Mikinosuke e ad Hiro con un sorriso fiducioso, che i due uomini le restituirono.

Al pari della prima ripresa, anche la seconda e la terza ebbero un esito analogo: Tange non la smetteva di congratularsi con Joe, mentre lo massaggiava e lo rinfrescava, facendosi aiutare da Nishi e da Masaki. Tutti sorridevano, intorno a lui… forse quel Dudley Walker era solo un pugile mediocre, dopo tutto!

“Mah… a me sembra tutto sin troppo facile, vecchio.” borbottò Joe.

“Eh…? Perché dici questo? Ma se fino ad ora sei stato padrone indiscusso del ring?”

“Anche a me pare strano che Walker non sia incisivo più di tanto. Joe, stai attento, quello lì non me la conta giusta!” Nishi controllò i guantoni dell’amico, con fare preoccupato.

Quarta ripresa.

Ancora una volta Joe si tenne al centro del ring, per avere più spazio possibile per muoversi intorno a Dudley da tutte le angolazioni. Non gli interessava più di tanto cercare il KO per quell’idiota. Non gli importava un accidente di Walker. Il suo unico scopo, ora come ora, era Mendoza. Vincere ai punti o per KO, stavolta, per lui era la stessa cosa.

“Mi hai voluto sfidare? E va bene. Ma se pensi di fottermi in qualche modo ti sbagli di grosso!” pensava Joe, cercando con tutte le sue forze di autoconvincersi che tutto sarebbe filato liscio come l’olio, proprio come nelle prime riprese. Eppure… eppure ora Dudley gli apparve diverso, anche se Joe non avrebbe saputo spiegarsi come e perché. Era più che altro una sensazione: un brivido che gli percorse la pelle, in tutto il corpo. Walker avanzò verso di lui lentamente, con i pugni leggermente abbassati, e con una strana luce negli occhi. Un ghigno malevolo gli percorse il viso scuro, in un lampo di luce.

I demoni devono essere simili, quando sorridono…

Joe spalancò gli occhi, incredulo. Dude stava usando una sua vecchia tattica dei primi incontri, quella della guardia abbassata!

“Cerchi il colpo d’incontro, eh? Cosa credi di fare?!” gli sibilò a denti stretti, quando ormai erano vicini a portata di braccio.

“Non si parla all’avversario! Fight!” lo sgridò l’arbitro.

Dude se ne rimase fermo, con le braccia quasi a penzoloni, continuando a sorridere: pareva una pagliaccio tragico, che ti sfida e ti schernisce senza farti ridere affatto.

“Joe, non lasciarti provocare! Stringi la difesa! Resta fermo! FERMO!” urlò Danpei.

Intanto il pubblico rumoreggiava.

Già le prime tre riprese si erano rivelate più noiose del previsto: tanti yen per aggiudicarsi il biglietto per vedere, poi, un incontro del genere? Adesso i pugili se ne stavano addirittura fermi a fissarsi, come due burattini senza fili! Esplosero fischi ed imprecazioni, soprattutto da parte dei fans americani, furiosi anche per aver sostenuto il costo del viaggio in Giappone. Yoko si guardava intorno, preoccupata: un pubblico inferocito può diventare molto pericoloso!

“Combattete! O dichiarerò chiuso l’incontro, per doppia rinuncia!” rampognò l’arbitro.

Joe si decise: avanzò verso Dude per saggiarlo con una combinazione di jab e di diretti, in modo da vanificargli il tentativo del colpo di incontro. Una volta ricevuto il diretto, però, Dude, con una mossa fulminea, scartò di lato, aggirando Joe, per sferrargli un potente gancio destro, che lo colpì all’orecchio ed alla mascella sinistra. Joe barcollò, cadendo seduto a terra.

Era stupefatto.

Quello stronzo lo aveva fregato con un trucco. Quasi non sentiva dolore, soprattutto all’orecchio, che pulsava e ronzava in modo fastidioso. Sentì montare la rabbia verso se stesso, per essere stato tanto stupido! Joe si tirò su al terzo, quasi spintonando l’arbitro.

“Sono scivolato, cosa mi conti a fare!” bofonchiò.

Furibondo, Joe cominciò a pressare Walker, sospingendolo alle corde: questa manfrina di incontro voleva chiuderla, e subito. Nonostante la difesa serrata dell’altro, riuscì a farsi un varco tra le braccia scostandole con un diretto per poi colpirlo al mento con un uppercut. Ciò fece inferocire Dude, il quale si abbassò sulle ginocchia per nuovamente scartare di lato e colpire a sua volta Joe all’occhio destro ed al sopracciglio, che, spaccatosi, sprizzò un getto di sangue. Joe si strofinò il viso leggermente con il guantone, per poter vedere meglio, dato che il sangue gli colava sull’occhio.

“Bastardo… non ti riesce di colpirmi di fronte, eh, mi lavori ai lati!”

Kiss my ass, motherfucker!” (“Baciami il culo, bastardo!”)

L’arbitro provvide subito a controllare lo stato di Joe.

“Te la senti di continuare?” gli chiese, esaminandogli l’occhio.

“Che razza di domanda! Certo, che continuo!” borbottò.

In quella scoccò il gong, a fine round. Sbuffando, Joe tornò al suo angolo. Prontamente, i suoi si prodigarono di medicarlo e di rinfrescarlo.

“Su, risciacquati la bocca… guarda qui come ti ha ridotto l’occhio! Riesci a vedere?” gli domandò Tange, preoccupato. “Te lo avevo detto di tenerlo a distanza! Perché non mi dai mai ascolto, porca miseria!”

Joe non lo ascoltava. Era intento a fissare il suo avversario, che dal suo angolo continuava a sorridergli, con fare strafottente. Osò perfino mandargli un bacio, a mo’ di dileggio.

“Brutto stronzo… ora ti aggiusto io!”

“Calmati, lascialo perdere e resta concentrato, se vuoi continuare!” brontolò Tange, finendo di ungergli il sopracciglio con la vaselina.

“Umpf!”

Yoko era impallidita nel vedere il viso di Joe tumefatto: l’occhio destro era semichiuso dal gonfiore. Il nonno le diede una pacca affettuosa.

“Coraggio, cara: questo incontro non durerà molto… siamo già alla quinta ripresa!”

Allo scoccare del gong, i due pugili girarono in tondo, studiandosi. Avanzò Walker, sferrando un paio di ganci furibondi al viso di Joe.

“Hai finito, bello? Ora tocca a me” ringhiò Joe.

Toccò a lui, ora, abbassarsi leggermente sulle ginocchia per penetrare nella difesa dell’altro: gli sferrò un uppercut poderoso, che mandò Walker ben steso a terra. Fino all’ottavo non gli fu possibile rimettersi in piedi. Sputò per terra, scuotendo la testa per riprendersi del tutto. Rannicchiatosi su se stesso, Dudley caricò su Joe in un balzo, andandolo a colpire con una testata! Joe finì alle corde, reggendosi il capo per il dolore folle: per alcuni secondi ebbe la vista annebbiata e solo dopo aver scosso la testa riuscì a mettere di nuovo a fuoco.

“Fallo! Penalità! Se ne combini un’altra sei squalificato!” lo redarguì l’arbitro severamente. Poi si diresse da Joe, per controllarne lo stato. “Te la senti di continuare?”

“Di nuovo, arbitro? Me la sento, me la sento, porca miseria!”

Fu il turno di Joe di piombare su Walker: lo martellò con una serie infinita di ganci velocissimi, al corpo ed al viso, non appena coglieva, in frazioni di secondo, degli spiragli ove infilarsi. Pareva una furia scatenata: Walker non ebbe il tempo di serrare la difesa e neppure di contrattaccare. Alla fine, Joe riuscì a sferrargli una sventola destra, mandandolo al tappeto per la seconda volta nella stessa ripresa. Si girò, per allontanarsi in modo che l’arbitro potesse nuovamente iniziare la conta, quando sentì un dolore lancinante alla nuca, cadendo, così, in ginocchio: Walker, non si sa come, si era rialzato e lo aveva colpito alle spalle!

“Stop! Squalifica! Dudley Walker è squalificato! Vince Yabuki!”

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L’angolo del boxeur :

Ciao a tutti, provvedo ad un piccolo ripasso sugli stili pugilistici, per meglio comprendere l’incontro di Joe contro Dude:

*di solito appaiono sulla pelle della schiena il giorno seguente al match: mi riferisco ai lividi lasciati dalle cuciture dei guantoni durante gli attacchi ricevuti al torso. Bruciano: parecchio!

** Aggressore (o "in-fighter"): è un pugile dall'aggressione continua, per questo chiamato anche "pressure fighter", che tenta di rimanere addosso all'avversario, aggredendolo con continue raffiche e intense combinazioni di ganci ed uppercut. Un buon in-fighter necessita di buone doti di incassatore, perché questa tecnica lo espone ad essere colpito da serie di jab e diretti prima di riuscire ad entrare nella guardia dell'avversario, dove i colpi dell'in-fighter sono più efficaci. Gli in-fighter agiscono meglio a distanza ravvicinata perché generalmente sono di statura più bassa della media degli avversari e hanno un minore allungo, e perciò sono più efficaci ad una distanza in cui le più lunghe braccia dei loro avversari sono svantaggiate nel colpire rispetto alle loro. Molti in-fighter di bassa statura utilizzano quindi l'altezza ridotta come strumento per schivare i colpi ed infilarsi nella guardia dell'avversario, abbassandosi fino alla vita per passare sotto o di fianco ai colpi in arrivo. A differenza del bloccare i colpi con i guantoni, le schivate fanno andare a vuoto l'avversario causandone lo sbilanciamento, e consentono all'in-fighter di passargli sotto al braccio disteso con i pugni liberi per colpire d'incontro. Nonostante questo stile esponga parecchio i pugili che lo praticano ai colpi degli avversari, qualche in-fighter fu noto invece per essere stato difficile da colpire. Beh, direi che nella vita reale Mike Tyson fosse proprio uno da "pressure fighter"! (v. Capitolo XXVIII “The King is naked”).

*** Stilista (o “out-fighter”): egli boxa rimanendo all'esterno della guardia dell'avversario e cerca di tenere a distanza l'antagonista, colpendolo con pugni veloci e che arrivano da lontano, distruggendo gradualmente la resistenza e le forze dell'avversario fino a ridurlo in propria balìa. A causa del loro affidarsi a colpi veloci ma non devastanti, gli stilisti tendono a vincere ai punti piuttosto che per KO, benché alcuni di essi presentino carriere con percentuali molto alte di incontri vinti prima del limite. Gli out-fighter sono spesso considerati i migliori strateghi del pugilato, grazie alla loro abilità di controllare l'andamento dell'incontro e di condurre l'avversario verso l'epilogo da essi pianificato intaccandone metodicamente le forze ed esibendo maggiore abilità e destrezza di un picchiatore. Questo tipo di pugile dev’essere dotato di un buon allungo, di velocità di braccia, di ottimi riflessi e di un buon gioco di gambe (cosa, quest’ultima, che funge pure da tecnica di difesa). (v. Capitolo I “Ricominciare”) (fonte: Wikipedia)

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Un abbraccio forte forte a Devilangel476: lei sa il perché.
  
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