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Autore: Erin    04/07/2016    10 recensioni
A pochi mesi dall'inizio del sesto anno, Harry, Ron ed Hermione riprovano ad usare la Polisucco per trasformarsi in Blaise, Theodore e Astoria e ottenere informazioni circa la possibilità che Draco Malfoy sia divenuto già un Mangiamorte e quali, nel caso, siano i compiti a lui assegnati. Un inconveniente, non perfettamente previsto, metterà Hermione in una complicata situazione: Draco e Astoria hanno un flirt di cui - quasi - nessuno sapeva nulla. Che fare, ora? Stare al gioco pur di ottenere le informazioni tanto agognate? O scappare via e mandare tutto in frantumi? Hermione Granger, però, non si è mai tirata indietro davanti a nulla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Intro: buonasera lettori! Ecco a voi il 13esimo capitolo. Grazie mille per le recensioni, come sempre bellissime e molto motivanti. Spero che anche questo cap vi piaccia, fatemi sapere <3

ps. ricordo che il cambiamento caratteriale di Draco è dovuto al resettaggio di memoria e manipolazione della suddetta da parte di Voldemort. Alcune azioni che compie sono perciò da leggere tenendo presente questo.




POLISUCCO

e contrattempi dolorosi



« Quella luce. È uscita da » borbottò confuso Ronald, indicando la mia testa.

Mi passai le dita tra i capelli, sciogliendo la treccia laterale; sfiorai con i polpastrelli una consistenza estranea. Seta nera. Esitai.

Sfilai quindi rapidamente il nastro e me lo portai davanti al viso, sgranando le palpebre. Le parole fittamente incise, appena in rilievo, mi restituirono uno sguardo muto. Le sfiorai ancora.

« Che razza di magia è? »

Non risposi subito, continuai a toccare quell'oggetto; sbattei le ciglia e sorrisi appena.

« Pensavo fosse quel medaglione, invece è uscita da quel coso » continuò Ron, accovacciandosi accanto a me nell'erba.

« È una magia araba » mormorai, rigirandomelo delicatamente tra le dita.

Ronald guardò Harry che fece spallucce. Quindi tornò alle domande. « E dove l'hai preso? »

« Me l'ha regalato Draco » sussurrai, poi li guardai « per proteggermi in sua assenza. »

Davanti al mio sorriso privo di forze ma vivo di speranza, Harry sorrise a sua volta e venne a sedersi accanto a me; la sua espressione cambiò lievemente verso l'incertezza.

« Quello che hai visto... nel fumo... » provò, ma io scossi la testa, tornando cupa.

« Non voglio parlarne » distolsi lo sguardo, poi mi alzai, spazzolandomi i vestiti. « Va bene così. »

Mi allontanai in direzione della tenda a passo svelto; improvvisamente volevo mettere un enorme distanza tra me e tutto ciò che avevo intorno. Sentivo un calderone di emozioni miscelate, provavo contemporaneamente gioia e dolore.

Sentii dei passi affrettarsi dietro di me, poi una mano mi afferrò la spalla e mi voltò. Ron mi fissava con aria ferita.

« Ci tieni molto a... Malfoy? »

Strinsi il nastro nella mano destra; il bosco taceva e c'erano solo alberi a perdita d'occhio. Harry ci raggiunse e passò una manciata di secondi, durante i quali Ronald non accennò a rinunciare a quella risposta.

Alzai quindi lo sguardo nel suo; aveva la stessa espressione timorosa eppure coraggiosa di quando l'avevo conosciuto, ma la prima stava lasciando sempre più spazio alla seconda. In quel momento mi passarono tantissime cose per la testa. Ciò che provavo per Draco, ciò che lui (non?) provava per me, ciò che Ron voleva, ciò che ci aspettava, ciò che doveva affrontare Harry, la tenacia severa di Tonks, l'incertezza della Resistenza, la guerra che ci stava lacerando, Voldemort che avanzava sempre di più... e tutto sembrava comunque correlato a quella domanda. Ci tieni molto a Malfoy? Sollevai appena il mento, pronunciandomi con assoluta convinzione.

« Sì. »

Lui annuì, annuì più di una volta, come se si stesse autoconvincendo. Poi scosse la testa, si passò una mano sul viso e mi superò diretto alla tenda.

In quel momento vidi Harry girarsi di scatto alle sue spalle. Fu un gesto così rapido che mi fece sgranare gli occhi e fare un passo avanti.

Lo vidi estrarre la bacchetta e guardarsi nervosamente intorno.

« Harry, co-»

Uno sciame di maghi a cavallo di vecchie scope ci passò sulla testa, sopra le fronde degli alberi; mi appiattii contro un tronco e trattenni il respiro.

« Cosa diavolo...? »

« Shh. » Harry zittì Ron e lui deglutì. « Pattuglie » aggiunse poi in un sussurro.

Ma era troppo sperare che non ci avessero notato. Tre scesero in picchiata in mezzo a noi e, prima ancora che potessimo rifletterci, stavamo già scappando.

Scattammo tutti in direzione diverse; io a destra e cominciai a correre con tutta l'energia che avevo, evitando la fitta boscaglia e gli ostacoli nel terreno, saltando qualche sasso, girandomi a lanciare incantesimi alle mie spalle.

Un incarceramus mi passò lungo la tempia sinistra e due catene atterrarono nell'erba davanti a me; dovetti saltare per non caderci sopra.

Avevo perso sia Harry che Ron; l'unica cosa a cui il mio corpo stava rispondendo era un basilare istinto di sopravvivenza. L'unica cosa che le gambe percepivano era la paura che dal mio cervello andava a far palpitare il cuore e mi ordinava di non fermarmi, nonostante il dolore, nonostante i crampi, nonostante sapessi benissimo che non avevo alcuna speranza di farcela.

Il terzo incarceramus mi colpì con tutta forza, infrangendosi dietro le mie ginocchia: all'istante le mie gambe si unirono, avvolte dalle catene, così caddi in avanti. Complice la velocità a cui stavo andando strisciai nell'erba per parecchi metri, con il viso sui rami e le pietre del terreno. Mi fermai con la bocca piena di terra e il sapore ferroso del sangue sotto il naso.

Sentii una lunga risata mentre il mio aggressore si avvicinava. « Mi hai fatto correre come un pazzo, ringraziami che non ti uccido all'istante. »

Si piazzò davanti a me, abbassandosi sulle gambe; notai in quell'istante il nastro di Draco nella terra venire calpestato dalle sue scarpe. Mi dimenai, strattonando le catene e gridando di lasciarmi andare.

Mi colpì con violenza e persi i sensi all'istante.


Svegliarmi a causa di uno schiaffo fu una sensazione nauseante. Il dolore arrivò subito dopo, bruciante, sulla guancia sinistra. Sbattei le palpebre, cercando di prendere fiato e guardai l'uomo che incombeva sopra di me. La sua voce mi arrivò un istante dopo.

« Hai dormito bene, sanguesporco? »

Non lo ascoltai. Il primo pensiero fu dove mi trovassi e se anche Harry e Ron erano stati presi. Potevo vedere solo una stanza dal soffitto basso, sporca e con le pareti cementate alla peggio; sembrava uno scantinato abbandonato.

« Ti trovi a Malfoy Manor, se te lo stai chiedendo » continuò quello.

Alzai gli occhi su di lui; era un uomo nerboruto e dall'espressione ignobile. Mi tirai le gambe al petto, rannicchiandomi.

« E sarai ospite in questo posto... per un po' » sorrise aprendo le braccia come in un macabro gesto di benvenuto.

Restai in silenzio ad osservarlo con disgusto. Nella mia testa, invece, l'informazione che mi aveva dato continuava a vorticare come impazzita. Mi trovo a Malfoy Manor. Mi trovo a Malfoy Manor. Mi trovo a Malfoy Manor.

« Dove sono i tuoi amichetti? »

Sgranai gli occhi ma cercai di riportare immediatamente lo sguardo ad un'espressione più neutra possibile. Non li hanno presi, hanno preso solo me.

« Devi ritrovare al più presto la lingua oppure te la tiro fuori io con la forza » mi disse con quel sorrisetto insistente, prima di accovacciarsi davanti a me.

Mi passò due dita sullo zigomo e appena mi toccò provai una fitta di dolore; mi accorsi solo allora che mi pulsava tutta la guancia e mi bruciavano diversi punti sia lì che nel resto del corpo. Quante ferite avevo? Erano gravi?

« Ti faccio male, piccola? » Aprii tutta la mano sul lato del mio viso e strinse, conficcandomi le unghie nelle carne lacerata. « Io ho appena cominciato. »

« Anson. »

Il mio carceriere si voltò di scatto e vidi, nonostante mi desse appena il profilo, la sua espressione mutare in sorpresa.

« Signor Malfoy... »

Si alzò e così facendo si spostò leggermente a destra, liberandomi di uno spiraglio la visuale.

Draco stava in piedi poco più in là, completamente vestito di nero con la pelle pallida e i capelli color burro a risaltare come una stella nel cielo notturno. Non potei fare a meno di notare anche delle evidenti occhiaie violacee.

« Che stai facendo? »

« Signore, stavo solo... sto interrogando la mezzosangue » tentò di dire Anson con un tono completamente diverso da quello che aveva usato con me. Era riverente, quasi intimorito.

« Vattene. Continuo io qui. »

« Ma certo, signore. »

Anson abbassò appena la testa in un mezzo inchino e si affrettò a lasciare lo scantinato, sparendo oltre una porta di ferro pesante.

Pochi secondi e calò il silenzio. Io non potevo fare altro che restare dov'ero; seduta su quel pavimento di calce, legata per i polsi ad un gancio sopra la mia testa. Ma non avevo smesso un attimo di guardarlo. E non avrei parlato per prima.

« Mezzosangue. » Detto da lui aveva un suono completamente diverso.

La sua mascella si contrasse quando le sue iridi grigie seguirono la linea di quelle che immaginai essere le mie ferite. Lo vidi stringere lo sguardo, perfino deglutire.

Fece un passo avanti, poi un altro, lentamente, finché le punte delle sue scarpe non toccarono le mie.

« Ti sei fatta catturare come una sciocca. »

La sua voce si riempì di una nota triste e incerta. Lo vidi contrarre nuovamente la mascella, quindi parlò con più forza.

« Che cazzo di modo è di agire? »

Sbattei la palpebre e parlai per la prima volta da quando mi ero risvegliata. « Come? »

« Come cazzo vi muovete, voi? È così facile prendervi? » sbottò, guardandomi dalla sua posizione eretta.

Per guardare in alto, il collo cominciava a dolermi; appoggiai la testa contro la parete, priva di forza. Feci scorrere i miei occhi nei suoi e dischiusi appena le labbra. « Mi ucciderai? »

Draco aprì di più lo sguardo, come se l'avessi trafitto con un pugnale. I suoi occhi parvero sfere di acquamarina grezza.

« Non voglio ucciderti » disse piano.

« E allora cosa? Mi farai del male? Cercherai di tirarmi fuori informazioni utili a quel pazzo sanguinario del tuo Signore? » sbottai, ritrovando un po' di forza. « Oppure manderai qualcuno a farlo al posto tuo? » Improvvisamente l'idea che qualcuno come Anson mi toccasse solamente mi fece venire una paura paralizzante; la voce mi si spezzò e smisi di parlare.

Draco dovette notarlo perché si chinò sulle gambe e il suo viso fu all'altezza del mio. Esitò, poi mi sfiorò appena la fronte; quando tolse le dita, gli vidi i polpastrelli sporchi di sangue. Se li portò alle labbra e lo leccò via, poi si tolse dalla tasca un fazzoletto di seta verde e mi tamponò leggermente qualche parte del viso. I suoi occhi seguivano la sua mano e ciò che c'era intorno, i miei occhi non si muovevano dai suoi.

Poi estrasse la bacchetta e d'istinto mi ritrassi, per quel che potei. Lui ne parve amareggiato; poi spostò l'attenzione alle mie ferite e una luce giallastra lasciò la punta del legno, infilandosi in numerosi punti della mia pelle. Avvertii la magia penetrare nel dolore e darmi sollievo.

« Non posso curarle completamente » disse, nascondendo nuovamente la bacchetta sotto gli abiti. « Qualcuno s'insospettirebbe. »

Sbattei le palpebre e cercai il suo sguardo; Draco stava osservando le sbucciature sulle mie ginocchia e i muscoli del suo viso si irrigidirono.

« Draco... »

« Shh » mi zittì.

Avrei voluto dire tante cose. Di nuovo, sentimenti contrastanti si affollavano dentro il mio stomaco, pulsavano dentro la cassa toracica e minacciavano di uscire violentemente. Avrei voluto toccarlo, sentirlo vicino. Avrei voluto scappare, lontanissimo da lì. Avrei voluto che mi dicesse di più, che mi rassicurasse di più. Da che parte stava? Potevo fidarmi?

Infine il suo nastro balenò nei miei pensieri e le lacrime mi pizzicarono gli occhi.

« Ho perso il tuo nastro » mormorai. « L'avevo in mano, stavo correndo, sono caduta... deve essere stato allora che... Ho cercato di prenderlo ma... scusami, ti avevo promesso che-»

« Non m'interessa niente di quel dannato nastro » mi interruppe, severo.

Senza guardarmi si alzò di scatto e se ne andò verso la porta; sentii una forte sensazione di paura al pensiero che mi lasciasse lì da sola. Inspiegabilmente, nonostante tutto ciò che era successo, stare in sua presenza mi trasmetteva sicurezza.


***


Mi appoggiai lungo il corridoio, portandomi una mano alla bocca. Frenai con difficoltà le lacrime che salirono a bruciarmi gli occhi; deglutii, come per digerirle.

Raddrizzai la schiena e ripresi a camminare, svoltando a destra, poi a sinistra, imboccando delle scale buie fino a comparire in un'anticamera, prima della biblioteca.

Delle voci concitate mi arrivarono ancor prima che giungessi nel salone principale; quando misi piede sulla soglia, vidi Anson gesticolare animatamente, raccontando di come aveva catturato e tramortito Hermione. Severus era accanto a Amycus Carrow ed Antonin Dolohov, con malcelata aria disgustata.

Quasi tutti i Mangiamorte della schiera più vicina a Voldemort erano accorsi immediatamente alla notizia che era stata presa una dei tre, in particolar modo la Mezzosangue. Mancava solo l'Oscuro Signore ma sarebbe arrivato a momenti; ero stato io stesso ad avvisarlo, perché era solo questione di tempo prima che qualcuno lo facesse al posto mio. E Voldemort si aspettava che io gli fossi fedele. Sempre.

Avanzai, tirando fuori la bacchetta, procedendo in direzione di Anson. Le sue parole continuavano a susseguirsi con tono divertito e rozzo, visibilmente orgoglioso. Aveva almeno dieci anni più di me e aveva sempre avuto addosso un'insopportabile puzza di latte inacidito. Lo vidi girarsi e notarmi quando fui a qualche metro da lui.

« Malfoy, signore. »

« Dove l'avete trovata? »

« E-erano nella foresta di Dean » rispose con aria stranita.

« Erano solo loro tre? »

« Sì, signore. »

« E gli altri due? » dissi rapido, stringendo la bacchetta tra le dita.

« Li-li abbiamo persi » fece, guardandosi intorno, come cercando supporto dei suoi compagni.

Sollevai la bacchetta e con un gesto secco del polso gli lanciai un'Avada Kedavra. La luce verde s'infranse sul suo petto e il corpo di Anson precipitò a terra con un tonfo sordo.

Cadde il silenzio.

Sollevai il mento sul resto della pattuglia ministeriale, passando in rassegna i loro volti spaventati.

« Eravate – quanti? Dieci? Di più? Vi siete fatti sfuggire dei ragazzi colti alla sprovvista! » urlai, contraendo la mascella. « Cosa ce ne facciamo della Mezzosangue? Cosa c'è da festeggiare? » continuai, spostando furiosamente gli occhi in tutti i loro.

Nessuno fiatò. Le posizioni dei loro corpi si erano fatte chiuse, come a volersi schermire dal mio impeto.

« Dovrei uccidervi tutti » sibilai, facendo un passo verso di loro. La maggior parte di quelli superava abbondantemente i vent'anni e provenivano da famiglie più o meno fedeli alla causa; ma i più volevano solo distinguersi in un mondo in pieno cambiamento. Li vedevo davanti a me, tremanti, ignobili, superficiali e faticavo a tenere a freno la rabbia che provavo in quel momento. Da quando erano morti i miei - da quando avevo perso i ricordi - uccidere era l'unica cosa con cui trovavo pace.

« Tornate a fare il vostro lavoro, luride fecce » dissi infine e li vidi letteralmente correre via dal salone.

« Toglietemi questo coso dal tappeto » feci rivolto a due Mangiamorte che obbedirono rapidamente. Da quando ero diventato il braccio destro del Signore Oscuro nessuno osava contraddirmi, né contrastarmi. E mai come in quel momento quel fattore mi aiutò tantissimo a non esplodere; il loro silenzio e riverenza mi calmò. Avrei voluto strappare gli occhi dalle orbite di tutta la pattuglia ministeriale al completo, solo immaginando che avessero potuto guardarla. Figurarsi toccarla.

« Draco. »

La voce di Severus mi giunse inattesa. Mi voltai a guardarlo con la mascella ancora contratta. Mi bastò un suo sguardo paterno per calmarmi. Deglutii, respirai. Andai a sedermi al lungo tavolo e dopo poco un soffuso chiacchiericcio riprese tra i presenti.

Incrociai le mani sul legno levigato e me le osservai; sui polpastrelli potevo vedere ancora il suo sangue. Non riuscivo a togliermi dalla mente i suoi occhi lucidi, la sua pelle tumefatta, i suoi polsi legati, la sua paura. Era a casa mia e io non potevo fare niente per farla andare via.

Una mano sulla spalla mi fece voltare di scatto. Gli occhi di Piton erano stretti e concentrati quando si chinò verso il mio viso.

« Tre cose deve ricordare l'uomo ogni giorno: il bene che non ha fatto, il male che ha fatto, e il tempo che ha perduto. »

Sbattei le palpebre al suono di quello strano proverbio. Oramai la parola ricordo mi veniva evocata da lui continuamente ma continuamente mi lasciava in sospeso. Una parte di me era sicura che lui sapesse di me più di quanto io sapessi di me stesso. Era un pensiero irrazionale eppur così giusto.

In quel momento comparve Lord Voldemort al centro del salone, accompagnato da volute di fumo nero. Nagini si dispiegò al suo fianco e soffiò rivolta a due Mangiamorte.

« Quale splendida, splendida sorpresa » sibilò il Signore Oscuro, congiungendo i palmi come in una sinistra preghiera. Aprì quindi le braccia e fece un mezzo giro, con un sorriso a tirargli le labbra. « Mi è giunta voce che l'amichetta di Harry Potter è attualmente nostra ospite! »

Mi alzai in piedi e gli feci un inchino col capo. Lui mi guardò e venne a poggiarmi le mani sulle spalle.

« Le pattuglie si sono fatti sfuggire Potter » gli dissi.

Voldemort sgranò gli occhi, così mi affrettai a continuare. « Hanno avuto la giusta punizione. Inoltre mi occuperò personalmente di estrarre dalla Mezzosangue tutte le informazioni sulla Resistenza. »

Lo vidi sorridere con quella deformazione alla labbra che lo faceva apparire così spaventoso; le fessure al posto del suo naso tremarono appena, come branchie.

« Che bravo il mio ragazzo. Lascio tutto nelle tue mani » si avvicinò al mio orecchio, sibilando. « Tira fuori dalla Mezzosangue ogni cosa che sa. Sarà la nostra esca per attirare Harry Potter. »


***


Avevo perso la cognizione del tempo. Non riuscivo a capire se fossero passati minuti oppure ore quando vidi tornare Draco; eppure mi sembravano passati giorni.

Cercai di raddrizzarmi meglio e lui si abbassò alla mia altezza, porgendomi un bicchiere d'acqua; mi poggiò il bordo alle labbra e inclinò gradualmente perché bevessi. Quel liquido fresco nella gola fu una sensazione bellissima.

« Ti farò delle domande. Non dirmi la verità, mai. Dimmi solo bugie. »

Aggrottai la fronte e lo guardai confusa.

« Il Signore Oscuro potrebbe frugare nella mia mente; per quanto io sia un bravo Occlumante non voglio rischiare. »

« Va... bene » dissi incerta. Cercai i suoi occhi ma non mi guardava; non riuscivo a capire se e quanto potevo fidarmi di lui.

« E dovrai gridare. Come se ti stessi torturando. »

Sull'ultima parola ebbi un brivido ma mi feci coraggio e annuii. La sua voce era spaventosamente monocorde e il suo sguardo come perso nel vuoto. Non mi guardava direttamente negli occhi eppure notai il tremore appena accennato alla sua mano destra quando sfiorò per caso le ferite alle mie ginocchia.

« Ti ricordi... di me? » gli domandai.

Finalmente Draco mi guardò; aveva gli occhi stanchi. Il suo profumo d'ambra mi arrivava meno forte e mischiato all'odore di sangue e muffa che impregnava l'aria.

« Hai bisogno di sentirtelo dire? »

Sì. Era chiaro che Draco stesse riacquistando la memoria sottratta ma avevo bisogno di sapere come e in che misura stesse riemergendo; avevo bisogno che lui me lo dicesse chiaramente, volevo sentirlo dalla sua voce.

« Ti prego » sussurrai.

Esitanti, le sue dita mi portarono dietro l'orecchio una ciocca di capelli. Rimase poi con la mano lì e il suo pollice mi carezzò lentamente la tempia. Era il primo vero contatto che avevamo da troppo tempo. E, a ben pensarci, i contatti tra noi erano stati rari anche prima della sua amnesia.

« Sì. A volte no. Non lo so nemmeno io » sussurrò infine. Avrei voluto toccarlo, ma avevo le mani sollevate e legate.

« Però sei qui. »

Spostò lo sguardo nel mio, tagliente sotto le sopracciglia arcuate. « Sono qui. »

Mi osservò per qualche attimo, poi contrasse i muscoli del viso e si staccò bruscamente dal mio corpo. Si alzò in piedi e fece qualche passo all'indietro.

« Ora grida, supplicami di non farti del male. Non chiamarmi per nome. » Le occhiaie come mezzelune d'ombra gli rendevano lo sguardo ancora più penetrante. « E io ti prometto sulla mia vita che ti farò uscire di qui. »

  
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