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Autore: eliseCS    04/07/2016    1 recensioni
Per "festeggiare" il fatto di aver finito gli esami ho deciso (invece di cominciare a concentrarmi sulla tesi) di cominciare a pubblicare questa ff che ho per le mani da un po' di tempo.
Dopo quella sui fondatori e quella su Draco e Astoria la new generation non poteva certo mancare, quindi eccola qui.
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Una ragazza comincerà a scoprire le sue potenzialità in modo alquanto singolare.
Ricordi torneranno pian piano a galla.
Una profezia (forse, l'autrice è ancora un po' indecisa al riguardo)
E ovviamente non si può chiedere ai Potter di restare fuori dai guai, no?
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[...] Non sapeva che invece quello era stato solo l’inizio, come non sapeva che quella crisi era in qualche modo collegata a quello che uno strano bambino dai capelli scuri e spettinati le aveva detto diversi anni prima dietro la siepe di un parco giochi.
Per Elise quello strano incontro era ormai diventato un vecchio ricordo sbiadito e senza importanza, nulla più di un insolito e confuso sogno.
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Un piccolo assaggio dal prologo
Buona lettura
E.
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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16 – Ricordi
 
 
 
Entrata nell’ampio ingresso Elise si fermò a guardarsi intorno.
Dovette però chiudere gli occhi e appoggiarsi alla scrivania postazione del custode che sorvegliava l’ingresso dell’orfanotrofio di notte per non cadere come conseguenza al capogiro che l’aveva colta di sorpresa insieme alla cascata di immagini che le avevano invaso la mente.
 
 
“Elise! Ferma, aspetta, cos’è successo?” una signora abbastanza giovane, i capelli corvini raccolti dietro la nuca, stava rincorrendo una bambina che a occhio e croce non aveva più di cinque anni.
Quella sembrò correre ancora più velocemente fino a raggiungere la scrivania del guardiano notturno nell’ingresso dell’orfanotrofio nascondendocisi sotto.
“Elise…” la signorina Clark fece capolino sotto la scrivania osservando stupita la bambina che si era raggomitolata in un angolo del mobile, le ginocchia al petto.
“Non l’ho fatto apposta, mi dispiace… non so neanche come ho fatto…” singhiozzò la bambina tirando su col naso e asciugandosi malamente le lacrime passandosi il braccio sul viso.
“Tesoro, cosa stai dicendo? Cosa avresti fatto?” domandò l’educatrice tendendo una mano verso Elise per esortarla a venire fuori da sotto la scrivania.
“È colpa mia se Abby è caduta” rispose lei seria.
La signorina Clark sembrò presa in contropiede dalla risposta.
“Cosa… cosa vorrebbe dire che è colpa tua? Elise, non eri neanche vicino a lei…”
“Ma sono stata io! Volevo giocarci io con quella bambola e lei ha fatto la prepotente come al solito e non me l’ha lasciata… mi ha fatto cadere” disse la bambina massaggiandosi un ginocchio attraverso la stoffa rovinata dei pantaloni.
“Così io ho fatto cadere lei” concluse abbassando lo sguardo. “Ma non volevo che si facesse male!” si affrettò ad aggiungere subito dopo vista l’occhiata dubbiosa della signorina Clark.
“Io volevo solo farla inciampare, non che si slogasse una caviglia…” a quelle parole le lacrime tornarono a scenderle lungo le guance.
“Fammi un po’ capire…” cominciò l’educatrice. “Come avresti fatto a far cadere Abby se eri a più di tre metri di distanza da lei?” le domandò gentilmente.
“Ecco… io l’ho guardata e… ho desiderato che inciampasse…” confessò la bambina arrossendo.
La signorina Clark alzò un sopracciglio guardando la bambina, prendendo per la prima volta seriamente in considerazione quello che la piccola aveva detto.
“Va bene…” sospirò alla fine dopo aver riflettuto. “Adesso però esci da lì sotto, bisogna andare a prepararsi per la cena, forza” la incoraggiò ed Elise finalmente lasciò il suo rifugio.
“Ma Abby…” provò la bambina, ma la signorina Clark la fermò: “Non ti preoccupare tesoro, la sua caviglia starà presto meglio, si è presa solo una storta” la rassicurò.
“Tu non ci pensare, ok?” disse poi appoggiando una mano tra i capelli biondi della bambina accarezzandole dolcemente la testa.
La bambina annuì chiudendo gli occhi per qualche secondo.
Quando li riaprì ogni traccia di preoccupazione sembrava svanita.
“Vado a prepararmi per la cena!” annunciò allegramente alla signorina Clark che annuì sorridendo guardandola mentre spariva lungo il corridoio che portava all’area dell’edificio destinata alle camere.
Elise non poteva saperlo, ma la signorina Clark aveva appena deciso che quella bambina andava tenuta d’occhio.
 
 
Elise riaprì gli occhi constatando con sollievo che l’ambiente intorno a lei aveva smesso di girare.
Aveva ricordato.
Aveva ricordato della prima volta che aveva usato i suoi poteri in maniera consapevole.
Sentiva che mancava ancora qualche pezzo per quanto riguardava il dopo, ma se non altro quel ricordo aveva sbloccato quello che era successo prima.
Adesso si ricordava: la prima volta che i suoi poteri si erano manifestati aveva quattro anni.
Il rosa confetto della maglia che avrebbe dovuto indossare proprio non le andava giù, e nessuno era riuscito a spiegarsi come alla fine la bambina fosse riuscita a procurarsi una nuova maglietta azzurra. A nessuno era passato per la testa che quella era sempre la stessa maglietta, solo con un colore diverso.
Da quell’episodio c’erano stati altri incidenti di quel genere, ma erano cose talmente minime che nemmeno la piccola Elise se n’era mai resa veramente conto.
L’episodio con Abby aveva però risvegliato una certa consapevolezza nella bambina, e anche la Elise si vent’anni si trovò leggermente imbarazzata nel prendere atto che la prima volta che aveva usato volontariamente la magia l’avesse fatto per nuocere a qualcuno per ripicca.
E la signorina Clark l’aveva consolata dicendole di non pesarci, che non era colpa sua.
L’aveva consolata talmente bene che lei se n’era completamente dimenticata
Scosse la testa: non aveva senso farsi problemi prima del tempo. Dopotutto era lì proprio per vedere la sua vecchia educatrice, avrebbe fatto ogni cosa a suo tempo.
 
Un rumore di passi rimbombò lungo il corridoio ed Elise si trovò davanti l’oggetto dei suoi pensieri.
“Elise, cara! Che piacere rivederti, è passato un sacco dall’ultima volta che abbiamo fatto due chiacchiere” la salutò la signorina Clark quando fu abbastanza vicina, passando poi ad abbracciare e baciare la ragazza.
Elise si ritrovò a pensare che le sembrava eccessivo definire un paio di giorni come ‘un sacco di tempo’, ma sorrise a sua volta ricambiando l’abbraccio e i baci.
 
Calma, mantieni la calma…
 
“Beh, stavo tornando a casa e sono praticamente passata qui davanti… non potevo non fermarmi a salutare” spiegò.
“Sei sempre troppo gentile tesoro. Ti va se andiamo a parlare fuori? Sai che dopo l’ora di cena nessuno dovrebbe più entrare… in effetti Jack dovrebbe arrivare a momenti” propose l’educatrice facendo strada.
“Certo, nessuno problema. Mi ricordo il regolamento. E, ehm… chi sarebbe Jack?” domandò Elise.
“Oh, è il nuovo guardiano per la notte. Il povero Neil è finalmente riuscito ad andare in pensione e per fortuna hanno trovato in fretta qualcuno che lo sostituisse. È anche più giovane, quindi dovrebbe rimanere qui abbastanza…” rispose l’altra facendo l’occhiolino alla ragazza.
Elise si ritrovò suo malgrado a ridacchiare: il suo rapporto con la signorina Clark era sempre stato speciale, di certo molto più profondo rispetto a quello che solitamente si crea tra un bambino in un orfanotrofio e la sua educatrice.
Però se si metteva a pensare che… no, una cosa per volta. Dopotutto non sapeva ancora se aveva davvero ragione, non sapeva neanche lei perché ma era disposta a darle il beneficio del dubbio.
Per il momento.
 
Come se avessi bisogno di altre conferme…
Cantilenò una vocina nella sua testa che la ragazza si affrettò a scacciare.
 
 
Intanto erano uscite all’esterno, per fortuna nonostante cominciasse ad imbrunire la temperatura era ancora accettabile, ed avevano raggiunto l’area con i giochi nel giardino dell’orfanotrofio.
Vista l’assenza di panchine la signorina Clark si sedette su un’altalena, invitando Elise ad imitarla.
La ragazza si accomodò a sua volta, ripensando a quando, solo poco tempo prima, era nella stessa situazione però con James.
Il viso sorridente del ragazzo fu scacciato malamente dai suoi pensieri quando un’altra serie di immagini le passarono davanti agli occhi impedendole di vedere altro.
 
 
“Forza ragazzi! È ora di rientrare, tutti dentro!” un’educatrice aveva richiamato a gran voce i bambini dell’orfanotrofio che stavano giocando in giardino.
L’aspettativa del pranzo fu sufficiente affinchè tutti abbandonassero quello che stavano facendo per poi riversarsi correndo verso l’ingresso della struttura.
Tutti tranne uno.
Una bambina dai capelli biondi era infatti rimasta nascosta dietro allo scivolo tornando allo scoperto solo quando fu sicura che non fosse rimasto più nessuno.
Erano settimane che voleva provare a farlo, ma non era mai riuscita a trovare il momento giusto.
Le altre educatrici, quelle più anziane, la conoscevano bene e si sarebbero subito accorte della sua assenza. Quella a cui era stato affidato il suo gruppo quella mattina però era arrivata da poco, e non aveva pensato di controllare che effettivamente tutti i bambini l’avessero seguita all’interno.
Sorridendo soddisfatta Elise, che quella volta di anni ne aveva sei e mezzo, si diresse a passo deciso verso la sua altalena preferita.
Era quella con il sellino più alto, tanto che doveva fare un piccolo salto per salirci, e la catena non cigolava nemmeno quando si dondolava.
La bambina saltò su e cominciò a spingersi, impaziente di prendere abbastanza velocità e altezza per fare quello che voleva.
Se ci era riuscita saltando dal letto perché dall’altalena sarebbe dovuto essere diverso?
Di sicuro sarebbe stato più divertente, ne era sicura.
Più saliva più la bambina si spingeva avanti sul seggiolino finchè alla fine, una volta raggiunta la massima altezza consentita dalla giostra, con un colpo di reni si buttò letteralmente in avanti lasciando l’altalena a dondolare per conto suo.
Se qualcuno avesse guardato in quel momento avrebbe visto una bambina sollevata di un paio di metri da terra, le braccia aperte e la testa buttata all’indietro e un sorriso che andava da un orecchio all’altro illuminandole il viso.
Solo un piccolo solco sulla fronte, tra le sopracciglia, lasciava capire quanto la bambina si stesse in realtà concentrando.
Un rumore di passi, un’esclamazione di sorpresa ed Elise si trovò a ricongiungersi con il terreno più bruscamente di quanto avesse voluto.
Riuscì comunque a mantenere l’equilibrio e ad atterrare sui piedi, piegandosi sulle ginocchia per attutire l’urto.
La signorina Clark la stava guardando sbalordita, un’espressione di pura sorpresa dipinta sul volto.
La bambina al contrario le restituì un’espressione a metà tra il colpevole e l’impaurito.
“Cosa… cos’era quella… Elise come hai fatto?”
“Io… volevo vedere com’era volare…” balbettò la bambina, l’espressione dell’educatrice sempre più stupita.
“E… l’hai fatto altre volte?” domandò alla piccola che la guardò con tanto d’occhi: si aspettava una sgridata di proporzioni epiche, non che l’educatrice si interessasse ancora di più.
“No…” cominciò lei. “Non sull’altalena” specificò poi, decidendo che forse non le conveniva dire una bugia. “Di solito lo faccio saltando dal letto” aggiunse alla fine notando lo sguardo della Clark che sembrava esortarla ad andare avanti a spiegarsi.
“E qualcuno ti ha mai visto?”
Elise scosse la testa, era sempre stata molto attenta quando usava i suoi poteri, nessuno si era mai accorto di niente… fino a quel momento.
“E non l’hai detto a nessuno, giusto?” chiese ancora l’educatrice.
La bambina scosse di nuovo la testa: a chi mai avrebbe potuto raccontarlo? L’avrebbero presa per quella strana…
“Bene, vorrà dire che questo sarà il nostro segreto, ok?” le fece promettere la signorina Clark.
“Tu sei davvero una bambina speciale, Elise” la rassicurò poi, intuendo i pensieri che in quel momento stavano verosimilmente affollando quella bionda testolina.
“Sei speciale e questo ti rende diversa dagli altri… in senso buono ovviamente! Spesso però la gente ha paura di ciò che è diverso, di ciò che non conosce. Per questo non devi dire a nessuno quello che sai fare, hai capito?”
“E tu non hai paura?” domandò a quel punto la bambina, lo sguardo già intimorito per la risposta che avrebbe potuto ricevere.
“Ma certo che no tesoro!” rispose la signorina Clark regalandole un buffetto sulla guancia. “Anzi, sai che ti dico? Vorrei essere capace io di fare le cose che sai fare tu… perché scommetto che oltre a saltare dall’altalena c’è altro, ho ragione? Adesso però dobbiamo proprio andare, ma la prossima volta mi fai vedere bene tutto quello che sai fare: cosa ne dici?”
La bambina rispose entusiasta lasciando che il suo visetto venisse illuminato nuovamente da un grande sorriso, lieta di aver ricevuto l’approvazione di quella che era sempre stata la sua educatrice preferita.
 
 
L’area giochi dell’orfanotrofio ritornò a fuoco mentre Elise cercava di non boccheggiare dopo quello che aveva visto.
La signorina Clark sapeva… com’era possibile?
La ragazza rivolse la sua attenzione all’educatrice: stava ancora parlando, dondolandosi distrattamente sull’altalena e sembrava non essersi accorta che per qualche istante Elise si era assentata.
“In effetti l’altalena è sempre stata il tuo gioco preferito…” concluse l’educatrice finendo un discorso di cui Elise non aveva sentito una parola.
“Eh già” rispose lei nervosamente. “Mi è sempre piaciuta perché quando si va in alto sembra quasi di volare…” buttò lì, ma la signorina Clark non si scompose più di tanto.
Non riusciva a capire una cosa: dopo l’episodio dell’altalena non le era stata cancellata la memoria, allora perché continuava a sentire che mancava ancora qualcosa? Non aveva ancora recuperato tutto? Voleva dire che c’era ancora qualcosa da sapere?
Stava per aggiungere qualcosa quando con la coda dell’occhio percepì un movimento al limite del suo campo visivo.
Un uomo alto, i capelli corvini lunghi fino alle spalle e lo sguardo verosimilmente nero come la notte era appena entrato dal cancello dell’orfanotrofio, raggiunto l’ingresso dell’edificio ed era entrato indisturbato.
Elise fece per avvisare la signorina Clark ma quella la precedette notando il suo sguardo ancora rivolto all’ingresso dell’orfanotrofio: “Non ti preoccupare cara, quello è Jack, il nuovo guardiano notturno” spiegò.
 
Guardiano notturno un corno pensò Elise cercando di mantenere un’espressione neutra.
 
Quello era veramente troppo, a quel punto poteva benissimo andare, aveva avuto la conferma di quello che pensava, non aveva senso restare ancora e rischiare magari di mettersi nei guai.
 
“Pensavo che fossi tornata qui per avere delle risposte Elise. Sei sicura di voler andare via proprio adesso?” commentò la signorina Clark nell’esatto momento in cui la ragazza si alzò dall’altalena.
A quelle parole Elise trattenne il respiro: adesso sì che era nei guai.
“Non capisco cosa vuoi dire…”
“Suvvia Elise, sei una ragazza intelligente e io non sono stupida. Ti conosco da quando sei nata, non pensare di potermi mentire”
Le due si guardarono con espressione di sfida.
“Hai la mia parola che poi ti lascerò andare, ma prima ti consiglio di sederti di nuovo, non vorrei mai che cadessi e andassi a sbattere da qualche parte…” disse alla fine la signorina Clark.
“Non ti ricordi Elise? Eri così contenta quel giorno quando i tuoi nuovi genitori sono venuti a prenderti…”
Elise la guardò confusa, salvo poi afferrare saldamente la catena dell’altalena non appena la vista tornò ad appannarsi di nuovo.
 
 
“… e quando ha visto che lo sapevo fare anch’io è rimasto a bocca aperta come un pesce lesso!” stava dicendo una bambina uscendo dal bagno avvolta in un accappatoio di due taglie più grande. Da quando era rimasta sola con l’educatrice non aveva fatto altro che parlare di quanto si era divertita quel pomeriggio a giocare con quel bambino che era speciale come lei.
“E poi ha detto che non siamo i soli! Per esempio tutta la sua famiglia è capace di fare magie, solo che usano una bacchetta… noi siamo ancora troppo piccoli per averne una, ma quando si compiono undici anni ti arriva una lettera che ti avvisa che devi cominciare la scuola e allora puoi anche comprare la bacchetta!” era davvero elettrizzata per tutte le cose di cui era venuta a conoscenza, e sapere che poi era finalmente era stata adottata non aveva di certo contribuito a tranquillizzarla.
Mentre la bambina continuava a chiacchierare la signorina Clark la osservava con le labbra strette provvedendo a preparare il baule di Elise e sistemando sul letto i vestiti che avrebbe dovuto indossare.
“Non mi dirai che non ti piace già più? E meno male che sei stata tu a sceglierlo…” disse l’educatrice notando lo sguardo che la bambina aveva riservato al vestitino che aveva appoggiato sul letto.
Elise arricciò il naso ma alla fine indossò l’indumento senza fare troppe storie, dopotutto era vero che l’aveva scelto lei…
“Adesso vieni qui che ti pettino” disse poi l’educatrice appena Elise ebbe finito di vestirsi.
La bambina annuì e si sedette obbediente sul letto mentre la signorina Clark le spazzolava quel groviglio che al momento si trovava al posto dei capelli cercando di farli tornare ad uno stato presentabile.
Ad un certo punto la donna mise giù la spazzola e appoggiò le mani ai lati della testi di Elise.
Lo sguardo di sorpresa della bambina fu ben presto sostituito da uno vacuo e perso nel vuoto.
“Fidati che è meglio così tesoro…” sussurrò l’educatrice parlando più a se stessa continuando a tenere le mani be appoggiate al capo della bambina seduta davanti a lei.
Alla fine dopo qualche istante interruppe il contatto con la bambina.
Quest’ultima sbattè più volte le palpebre per poi recuperare subito il suo buon umore.
“Mi fai la treccia?” domandò all’educatrice che nel frattempo aveva ripreso in mano la spazzola come se non fosse successo niente.
E in effetti per Elise era così: si sentiva ancora su di giri per il fatto che i suoi nuovi genitori erano finalmente venuti a prenderli, ma non sapeva che parte di quella felicità era dovuta a quello che un certo bambino speciale come lei le aveva raccontato quel pomeriggio al parco tra un salto dall’altalena e l’altro.
Bambino di cui non aveva più il ricordo, come anche dei suoi stessi poteri.
Elise era ufficialmente tornata ad essere una bambina normale, almeno per i successivi quattro anni…
 
 
Quella volta Elise non si preoccupò di sforzarsi di rimanere impassibile né di mascherare la smorfia che le si era sicuramente dipinta sul volto a causa della sgradevole sensazione di giramento che si era presentata insieme all’ultimo ricordo.
Ricordo che aveva definitivamente confermato i suoi sospetti –come se ce ne fosse stato bisogno-: era stata davvero la signorina Clark a cancellarle la memoria.
Se non fosse stato per lei si sarebbe ricordata di cosa era capace di fare, avrebbe potuto usare i suoi poteri, non avrebbe avuto crisi…
Le crisi! Cancellandole la memoria la Clark aveva cancellato del tutto anche la consapevolezza dei suoi poteri, se non l’avesse fatto si sarebbe potuta risparmiare anni di visite inconcludenti all’ospedale e dolori ogni anno più forti.
Lo sguardo che la ragazza riservò all’educatrice era freddo e pieno di rabbia.
 
“Hai idea di quello che ho passato?” le domandò mantenendo un tono di voce basso solo perché non riteneva opportuno attirare l’attenzione delle persone all’interno dell’orfanotrofio, in particolare di un certo guardiano notturno…
“Io mi sono fidata di lei, e lei mi ha fatto dimenticare tutto! Ha idea di quanto mi sia costato non poter usare la magia per tutti questi anni? Ha idea di quanto abbia fatto male?” domandò ancora con rabbia.
La signorina Clark sussultò, molto probabilmente il pensiero di una crisi da sovraccarico non l’aveva mai minimamente sfiorata.
Elise non si fece fermare dall’espressione colpevole e vagamente dispiaciuta sul volto della donna.
“Davvero non capisco come mai si sia data così tanto da fare per farmi dimenticare tutto se poi mia madre mi rivuole indietro… perché scommetto quello che vuole che ha sempre lavorato per lei, non è così?” continuò. “Esattamente qual era il suo piano? Continuare a cancellarmi la memoria così quando mi avrebbe portata da lei non mi sarei ricordata neanche chi sono? E…”
“Non parlare di cose che non sai ragazzina” la interruppe la Clark. L’ultima parte del discorso di Elise sembrava averla punta sul vivo e adesso anche lei sembrava davvero arrabbiata.
“Per chi lavoro non è affar tuo…”
“Oh, a me sembra decisamente affar mio. Un mio amico è quasi morto per colpa vostra, non venirmi a dire di starne fuori!”
“Di quello puoi incolpare solo lui. Se fosse stato più intelligente si sarebbe fatto da parte e non gli sarebbe successo niente…”
“Non dare la colpa a James, perché non è stata colpa sua…”
“Hai ragione, se è stato ferito è stata colpa tua, no?”
 
All’ultima domanda seguì un lungo attimo di silenzio carico di tensione durante il quale le due donne si guardarono quasi a volersi incenerire a vicenda con il solo sguardo.
“Non verrò mai con voi. Dì pure a mia madre che non mi avrà mai dalla sua parte, mai!” disse alla fine Elise incamminandosi verso l’uscita.
“Contaci, ma sei un’illusa se pensi che Shayleen rinuncerà a te solo perché tu non vuoi stare dalla sua parte. In un modo o nell’altro alla fine riuscirà a convincerti: non esiste un finale in cui lei non ottiene quello che vuole, ricordatelo” replicò la voce della signorina Clark arrivandole da dietro.
“Sono proprio curiosa di vedere come farà allora…” rispose la ragazza con tono ironico continuando a camminare.
 
“Ecco la luce che come una stella dal buio nasce
Crescendo con l’ombra amica che sa e ricorda.
Cose taciute e mezze verità faranno parte del suo cammino
Finchè contro il suo volere imparerà ciò che non è mai stato imparato.
Il buio cercherà insistentemente di farla tornare a lui
E con altrettanta insistenza sarà rifiutato
Ma il buon cuore prevale anche quando tutto sembrerà perduto
E la luce si spegne sotto l'arco antico.”
 
Elise si bloccò girandosi di scatto a guardare la signorina Clark che stava sorridendo soddisfatta.
“Come dicevo, Elise, alla fine tua madre otterrà quello che vuole, che tu lo voglia o no: così è stato predetto e non si può cambiare”
La ragazza non disse nulla, le voltò le spalle e cominciò a correre con la vaga sensazione che dovunque fosse andata nessun posto sarebbe stato abbastanza lontano per lasciarsi indietro quello che aveva appena sentito.
 
 
 
///
 
 
 
“L’hai lasciata andare via così? Sembrava sconvolta, prenderla sarebbe stato un gioco da ragazzi Cheryl” disse una voce fredda e profonda in tono di rimprovero.
“Le ho detto la Profezia…”
“Tu… che cosa?” adesso sembrava arrabbiato.
“Chiudi il becco Jack. Lo sai anche tu come finisce, avresti dovuto vedere la faccia che ha fatto. Se siamo fortunati e se lei ha un po’ di sale in zucca verrà da sola evitandoci un sacco di problemi”
“Convinta tu”
“Sarà soltanto questione di tempo”













Come promesso ecco puntuale il sedicesimo capitolo.
E così si è finalmente fatta luce sul passato di Elise e sul ruolo della signorina Clark (o forse no...?)
Ci tengo particolarmente a questo capitolo, soprattutto per quanto riguarda la parte della profezia: sono stata indecisa fino all'ultimo se inserirla o meno, e non vi dico quante volte l'ho dovuta riscrivere per ottenere qualcosa di accettabile (almeno spero che lo sia).
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, grazie a _purcit_ che ha recensito lo scorso capitolo.
A lunedì prossimo!
E.



P.S. Stavo pensando, se è un'idea carina che piace anche a voi, che alla fine di ogni capitolo potrei lasciarvi il titolo del capitolo successivo e due righe di spoiler, cosa ne dite?
Intanto vi lascio quello del capitolo 17: Addestramento.

Scacciò quei pensieri cercando di concentrarsi sulla piuma davanti a lei.
Aprì la bocca per pronunciare l’incantesimo e… “Ma devo recitare la formula ad alta voce o…?” domandò arrossendo. Si sentiva stupida.
Hermione sembrò capire la sua difficoltà visto che le si avvicinò comprensiva: “Prova a vedere come ti trovi meglio. Tenta, sperimenta. Nessuno è qui per giudicarti, Elise, ma per aiutarti ad imparare. Se ti fa sentire meglio sappi che né Harry né Ron sono riusciti a far sollevare la loro piuma alla prima lezione…” disse.
Elise non aveva idea di chi fosse questo Ron, ma in effetti vedere il signor Potter che si grattava la nuca in evidente stato di imbarazzo riuscì a risollevarle il morale. ... continua...
Fatemi sapere se come idea vi piace :)


 
   
 
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