Lo Specchio delle Anime.
“Principessina,
se la triste profezia si avverasse, bimba mia, non per questo morirai.
Nel
sonno tu cadrai e il tuo sonno cesserà, se l'amor ti bacerà.
Sia
questo il più fulgido dei tuoi doni: che la speranza mai ti abbandoni!”
[Serenella – La Bella
addormentata nel Bosco, Disney 1959]
Atto XIII – Parte II
La Bella addormentata.
Quando, dopo due ore, non ricevette notizie di Malfoy, Hermione
iniziò a preoccuparsi.
Era una sensazione strana, in effetti. Era già stata in
ansia per lui, soprattutto durante quelle loro missioni quasi suicide, ma
solitamente il tutto si riduceva ad uno strano senso di fastidio alla bocca
dello stomaco, oppure ad uno sgradevole tic all’occhio destro.
Quella volta, invece, il disagio era diffuso in buona
parte dei suoi organi, come un veleno capace di scorrere insieme al sangue
nelle vene. Bruciava, lasciandola in uno stato perenne di ansia e nausea che
non riusciva a sopportare. Non capiva il senso di quelle emozioni. Non capiva
perché improvvisamente le importasse così tanto, perché fosse pronta a mettere
da parte l’orgoglio e l’interesse per la missione solo per poter andare a
cercarlo.
Non lo capiva.
Oppure si?
Malfoy, nei due giorni precedenti, era stato una roccia,
per lei, senza neppure chiedere spiegazioni riguardo il suo comportamento
strano. Le era rimasto accanto quando i Guaritori avevano chiesto loro di
allontanare il Dottore dal corpo di Rosemary e lui aveva urlato come se gli
avessero strappato il cuore dal petto. Era rimasto al suo fianco durante il
funerale, quando Hermione aveva assistito allo strazio che a lei era stato
risparmiato.
Il suo bambino
non aveva avuto funerale.
Malfoy era rimasto al suo fianco e lei non poteva che
essergli riconoscente. Doveva essere quella la motivazione della sua ansia: non
poteva permettere che morisse da solo, non quando era stato così gentile e
riguardoso verso di lei.
Sì, contaci.
Quando si erano separati, lui le aveva promesso che
avrebbe mandato un qualche segnale ogni ora e le aveva chiesto di fare lo
stesso.
I messaggi via patronus di
Hermione non avevano ricevuto alcuna risposta.
All’inizio si era convinta che fosse perché i Mangiamorte
– gli ex – non erano capaci di
evocare quell’incanto, poiché avevano conosciuto troppo male nella loro vita.
Riflettendoci, però, si disse che fosse una giustificazione assurda. Malfoy
avrebbe trovato un altro modo per parlarle, se avesse voluto.
Se avesse potuto.
Per quel motivo, dopo due ore, aveva deciso di lasciar
stare il suo cammino e seguire le tracce che Malfoy aveva lasciato.
Non era stato difficile, davvero. La fanghiglia che
ricopriva il fondo della caverna aveva permesso che le impronte delle sue
scarpe firmate – chi andava in missione
con le scarpe firmate? – restassero ben evidenti anche ad ore dalla loro
creazione. Lui era andato quasi sempre dritto, fermandosi ogni tanto per
osservare delle particolarità nelle pareti di roccia, molte delle quali Hermione
non aveva neppure notato. C’erano incisioni, disegni che dovevano risalire agli
uomini preistorici.
Non c’era dubbio che in quella caverna fossero passate
generazioni e generazioni di uomini e donne e che tutti avessero lasciato
un’impronta. Il valore storico ed artistico di quel luogo sembrava aumentare ad
ogni suo passo.
La meraviglia, tuttavia, si arrestò quando i disegni
divennero più comprensibili e l’orrore di quei messaggi iniziò a fare breccia
nelle emozioni di Hermione.
Una creatura enorme si stagliava sui piccoli umani
stilizzati. Impronte insanguinate ricoprivano quella roccia antica come se
fossero state appena lasciate. Doveva esser frutto di una qualche magia,
naturalmente. Era impossibile che il sangue si mantenesse così bene, a distanza
di secoli.
Era impossibile
che un cadavere con indosso un’armatura risalente al periodo greco fosse ancora
abbandonato in un angolo, perfetto come se si fosse appena addormentato.
Hermione non l’aveva visto e, per un istante, aveva temuto
di star per essere attaccata. Era bastato uno sguardo, ovviamente, per
comprendere quanto inutile fosse stata la sua preoccupazione. Il cadavere era
quasi interamente ricoperto dalle ragnatele, gli occhi sembravano l’unica parte
del corpo ad essersi deteriorata seguendo il corretto iter temporale.
Era come una marionetta degli orrori, realizzò la strega,
con raccapriccio. Morto, eppure abbastanza vivo
da spaventarla.
Conservazione del
corpo, rammentò improvvisamente, rabbrividendo ed arretrando di un paio di
passi. Erano le conseguenze del Djinn.
Il suo viaggio su quella strada non migliorò, i cadaveri
aumentarono così come la sua ansia. La sua speranza, comunque, cresceva con lo
stesso ritmo. Malfoy non era uno sprovveduto, non si sarebbe fatto prendere alle
spalle dalla creatura. Le aveva raccontato delle sue avventure, le aveva
raccontato delle maledizioni scampate per un pelo. Ce l’avrebbe fatta.
Lo pensò finché le impronte della fanghiglia non si
sdoppiarono e, a quelle leggermente a punta di Malfoy, non se ne unì un paio
troppo piccolo per appartenere al mostro. Soprattutto perché il mostro
difficilmente avrebbe indossato delle scarpe.
C’era stato
qualcuno lì.
Seguire quelle orme le sembrò improvvisamente il più arduo
dei compiti. Non voleva scoprire cosa ci sarebbe stato alla fine del tunnel. La
possibilità che qualcuno avesse colpito Malfoy alle spalle aveva reso molto più
reale il rischio che fosse stato ferito.
Qualcosa strisciò
nell’ombra, facendole gelare il sangue nelle vene.
«Malfoy?» chiamò, forse mostrandosi troppo ottimista. La
bacchetta illuminata le tremò in mano. Quel suono continuò, come se un corpo
assurdamente grosso avesse iniziato a girarle intorno, famelico. Il respiro
gelido che le accarezzò il collo le confermò che non potesse trattarsi di
Malfoy. «Io non ho paura di te» aggiunse, forse per convincere se stessa e
mostrarsi un po’ più spavalda.
Il debole non
sopravvive, le aveva detto una volta il Dottor Crave. Lei gli aveva risposto che
spesso erano i forti a morire, proprio a causa del loro coraggio.
Sopravvivere non
significa non morire, aveva aggiunto
allora lui.
Pensando a ciò che era successo a Rosemary, stando a
quello che Malfoy le aveva raccontato, Hermione non se la sentì di metterlo in
dubbio. Non più.
La creatura nell’ombra ringhiò, ma, ascoltando meglio,
Hermione percepì qualcosa di diverso, qualcosa che prima non aveva sentito.
Dolore.
Si rese conto, all’improvviso, che la paura avesse
irretito i suoi sensi. Quell’impronta di sangue che aveva visto prima era
troppo grande per appartenere ad una persona. Le tracce che aveva notato lungo
il percorso, fino a quel punto, erano di un colore troppo scuro, troppo innaturale.
Voltandosi all’improvviso, seguendo il lamento, ebbe la conferma
delle sue teorie.
Alto, grosso e ferito, il Djinn
la fissava da un angolo della caverna, raggomitolato su se stesso, con una
grossa mano artigliata a tamponare uno squarcio aperto sul suo fianco. Sangue
nero gocciolava sul pavimento ed un liquido azzurrognolo gli colava dai grandi
occhi bianchi. Ad Hermione fece tornare in mente i ricordi, nonostante fossero molto più densi e di un colore più
acceso.
Il Djinn si nutre di anime, spingendo le vittime a vivere in
un mondo parallelo.
Forse era l’anima di Malfoy, quella che lui stava
perdendo. Forse erano momenti di quel mondo mai esistito che lui stava
sperimentando in quel momento.
Di una cosa, però, era certa: Draco era stato colpito.
Il Djinn non sembrava
intenzionato a nutrirsi di lei. Non sembrava intenzionato a fare qualcosa che
non fosse morire, in quel momento, nonostante quel privilegio gli sembrasse
precluso.
Avrebbe dovuto
lasciarlo lì.
Avrebbe dovuto
scappare alla ricerca del collega.
Ma la curiosità ebbe la meglio.
Spinta da un impulso che non sapeva neppure dove avesse
origine, Hermione fece un passo avanti ed allungò la mano verso la creatura,
che non si mosse. Le sue dita, tremanti, si avvicinarono alla sostanza
azzurrognola, sfiorandola appena.
Una bambina con
bellissimi capelli color del miele.
Avrebbe dovuto staccarsi.
Occhi come
il ghiaccio, sulle labbra rosa un
sorriso felice.
Doveva staccarsi, prima che l’incanto della creatura la
catturasse nelle sue spire velenose.
Un nome.
Rose.
Quasi come se il Djinn avesse
deciso di lasciarla andare, Hermione si staccò da quella visione e prese un
profondo respiro. Gli occhi bianchi erano improvvisamente tristi, stanchi.
Aveva pagato la
sua morte con un angolo di paradiso.
Lei sentì il cuore stringersi in una morsa gelida, le
lacrime ai bordi degli occhi premevano per uscire. Sapeva che quella creatura
fosse responsabile della possibile morte di Malfoy, ma non se la sentì di esser
crudele.
Non aveva scelto di essere ciò che era. Non poteva
rinnegare se stesso.
«Mi dispiace» gli disse allora, con un sussurro. Poi,
sollevando nuovamente la bacchetta, chiuse gli occhi. Sapeva cosa fare e sapeva
come farlo, ma assistere alla morte di un essere così antico le faceva dolere
il petto. «Avada Kedavra».
Trovò la Traccia fra i resti della creatura, nascosta
negli stracci che aveva usato per coprirsi. Era uno specchietto piccolo,
semplice, con una cornice di rame leggermente decorata. La raccolse sentendo un
moto di orrore sprigionarsi nel suo petto.
Dov’era Malfoy?
Non era lì vicino, non c’era più traccia delle sue
impronte per terra. Qualcuno l’aveva seguito, non c‘erano dubbi al riguardo.
Nonostante tutto, le sembrò quasi assurdo che lui si fosse fatto incastrare
così facilmente. Non era un comportamento da Malfoy.
Morto il Djinn, la caverna le
sembrava molto meno inquietante. Era ancora buia, era ancora fredda, ma non le
sembrava più di esser seguita ad ogni passo. Il silenzio era quasi confortante,
come se le ombre avessero voluto abbracciarla e tenerla lontana da tutti gli
orrori che la aspettavano fuori da quella grotta dimenticata da Dio.
Sapeva di non poter restare. Sapeva di non poter godere di
quella pace.
Non quando Malfoy era ancora disperso o quando Harry
rischiava di esser sopraffatto dall’orrore che minacciava di divorarlo
dall’interno.
Contavano su di
lei, la pace avrebbe dovuto aspettare.
Continuò il suo viaggio con il cuore in gola, il terrore
di essere arrivata troppo tardi cresceva imperioso nel suo petto.
Quando lo vide, temette di aver fallito.
Pallido come un cadavere, placidamente abbandonato contro la parete, Malfoy riposava su un
letto di rovi come la Bella addormentata nel bosco. Hermione aveva ucciso il
Drago cattivo, ma non credeva di poter essere davvero il principe azzurro.
Avrebbe dovuto
riposare anche lui per oltre cento anni?
«Innerva!» tentò, senza tuttavia avvicinarsi. Il terrore
che fosse troppo tardi le impediva di
ragionare lucidamente come avrebbe voluto. Se Malfoy fosse morto, lei sarebbe
stata completamente sola. Non avrebbe potuto coinvolgere nessun altro nella
ricerca, non senza perdere giorni e giorni di tempo. Il solstizio d’Inverno si
avvicinava e, con quello, anche la fine delle loro speranze.
Malfoy, ovviamente, non si riprese.
Maledizione,
Draco.
Quando si avvicinò, Hermione allungò la mano per
prendergli il polso e ricercare il battito. Il sollievo che provò sentendo quel
ticchettio regolare durò poco: era lento, affaticato, il battito di qualcuno
molto vicino alla fine della vita.
Le tremarono le ginocchia, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare per aiutarlo.
Non c’era una cura al veleno del Djinn, doveva esser
la vittima a scegliere di salvarsi.
Come poteva
pretendere che lui tornasse, se un solo istante di quel paradiso era stato
sufficiente a spezzarle il cuore? Draco aveva avuto una vita
complessivamente peggiore della sua, aveva vissuto dolori che Hermione aveva
solo immaginato.
Lei aveva visto una bambina, perché il suo più grande
dolore era stato l’aborto.
Lui cos’aveva visto? Dov’era intrappolato?
Aveva bisogno d’aiuto, da sola non sarebbe riuscita a
salvarlo in tempo.
Con uno sforzo sovrumano, Hermione tirò a sedere il
collega, passandogli un braccio intorno al busto prima di smaterializzarsi
nell’unico posto assolutamente sicuro.
Malfoy era stato tradito, non poteva fidarsi di nessuno.
Ma non poteva
farcela da sola.
***
«Non c’è molto che possiamo fare, adesso».
Non erano
esattamente le parole che Hermione voleva sentire. Tuttavia non se
la sentì di farne una colpa a Zabini, era ben consapevole delle pochissime
informazioni che girassero sul conto dei Djinn e
dell’assenza di cure al veleno.
«Ho preparato questa, dovrebbe aiutarlo a riprendere il
controllo» si intromise Laurie, porgendole una
fialetta dorata. Si era presentata con il suo fidanzato e, sorprendentemente,
non aveva mostrato un minimo di astio verso di lei o verso Malfoy, tutt’altro. Sembrava sinceramente preoccupata, nonostante
la sua ansia dovesse esser ricondotta più alle condizioni del futuro marito che
del giovane addormentato. «Non posso far altro, questo dovrebbe mantenere la
sua anima forte per un po’ più di tempo».
Hermione annuì, senza sorridere. Fu lei stessa a far bere
quello strano liquido a Draco, assistendo impotente all’assenza di conseguenze.
Forse fu un bene, non avere effetti era molto meglio che una morte immediata.
«Sei sicura che vi abbiano traditi?» le chiese allora
Blaise, sedendosi nella poltrona accanto al letto. Il suo sguardo era
impassibile, ma le spalle erano rigide, quasi fosse pronto a scattare via. «Chi
sapeva della missione?» chiese ancora, prima di lanciarle un’occhiata gelida.
«Perché non credi che potremmo essere noi le talpe?».
Lei espirò forte dal naso, incrociando le braccia la
petto. Era la prima volta che si sentiva a disagio a casa sua. «C’erano
impronte estranee, come se qualcuno l’avesse seguito. Altrimenti non saprei
come giustificare il fatto che sia stato colpito, lui è molto più intelligente
di un Djinn» disse, stringendosi nelle spalle.
«Quanto a te, dubito fortemente che vorresti il ritorno di Voldemort» aggiunse,
indicando Laurie con un cenno del capo.
La ragazza chiamata in causa sorrise, avvicinandosi alla
poltrona ed accomodandosi sul bracciolo. «La sua logica è inoppugnabile,
Blaise. L’ultima volta hai rischiato la pelle, non credo che tu voglia farlo di
nuovo». Alzò lo sguardo su Hermione, solo per un attimo. «La vita di noi Sanguesporco non è stata facile, tu lo sai bene».
Hermione sospirò. «Al Ministero le informazioni girano
facilmente, soprattutto negli uffici del Ministro. Ho molti sospetti, ma non
posso avere certezze. Shacklebolt ha dato impiego a molti soggetti dubbi, il
mio capo gli ha più volte chiesto di lasciar perdere» spiegò, scuotendo
leggermente il capo. «Negli ultimi mesi sembra completamente impazzito, ha
fatto tutto quello che gli passava per la testa senza mai preoccuparsi delle
conseguenze».
Non poteva essere
lui, vero?
«Se stai pensando che il Ministro possa essere coinvolto,
io non posso che concordare» le disse Laurie, seria,
incrociando le braccia al petto. Sembrava minuscola accanto al suo fidanzato,
più simile ad un armadio che ad una persona. Il suo sguardo, però, faceva quasi
paura. «L’ho incontrato un paio di settimane fa, inUfficio.
Mi ha chiesto se qualcuno di noi si fosse avvicinato alla creazione di una
nuova pietra filosofale, nonostante il divieto assoluto anche solo di parlarne*». Strinse le labbra,
sospirando. «A cosa potrebbe servirgli, se non per tenere in vita qualcosa che
è stato morto per troppo tempo?».
Era assurda come
ipotesi. Kingsley Shacklebolt era l’uomo dai principi
più sani che Hermione avesse mai conosciuto in vita sua. Non c’era verso che
potesse arrivare a sostenere Voldemort.
Non quando i Mangiamorte avevano ucciso sua moglie.
Ma tutti possono
cambiare. Non lo disse ad alta voce, naturalmente. Lo sguardo che la ragazza
le stava dedicando era più che sufficiente per chiarire cosa pensasse lei di
tutta quella storia. E Blaise, che era rimasto in silenzio, probabilmente concordava.
«Non importa, adesso» disse proprio lui, alla fine, con un
sospiro. «Draco è incosciente da ore ed il suo polso è sempre più debole. Non
possiamo fare nulla, finché non deciderà di svegliarsi da solo». Lo sguardo del
giovane Guaritore era troppo preoccupato
per appartenere a qualcuno che provasse speranza. «Non credo che vorrà farlo,
comunque».
«Non puoi saperlo» sbottò immediatamente la sua fidanzata,
lanciandogli un’occhiata storta. «Malfoy è tante cose, ma non è un codardo. Non
più». Accennò un leve sorriso. «Non da quando gli ho dato un pugno,
quantomeno».
«Perché credi che preferirebbe restare in quel limbo?»
domandò allora Hermione, sentendo un peso sulla bocca dello stomaco. Forse
sapeva perché. L’aveva sperimentato.
«Perché vuoi saperlo?».
«Perchè tu lo conosci meglio di me» la sua risposta fu
immediata. Era la pura e semplice verità. Per una oscura ragione, Hermione
aveva accettato la possibilità che l’amicizia fra Malfoy e Zabini fosse un po’
come ciò che legava lei ed Harry.
Una versione Serpeverde
di lei ed Harry.
Blaise sembrò accettare quella spiegazione come se fosse
buona. Annuì leggermente, spostando lo sguardo sul corpo inanimato del migliore
amico. «Il veleno del Djinn ti regala ciò che hai
sempre desiderato. Io, probabilmente, mi vedrei così come sono» ammise, forse
con po’ troppa allegria. La sua
fidanzata gli sussurrò qualcosa come sbruffone,
ma lui non sembrò prestarvi attenzione. «Quello che intendo dire… Draco può
aver avuto una vita apparentemente perfetta, ma quello che per altri era naturale, per lui non lo è mai stato».
Sospirò, alzandosi in piedi, con le mani in tasca. «Immagina di non aver mai
avuto un vero compleanno in famiglia. Immagina di non aver mai ricevuto un
abbraccio da tuo padre. Immagina come sarebbe stata la tua vita se ogni tuo
passo fosse stato accompagnato da persone estranee, senza mai un sorriso
sincero».
«I suoi genitori lo amano» ribatté però Hermione, con le
sopracciglia inarcate. «Sua madre ha sfidato Voldemort, suo padre ha messo se
stesso a rischio per… per rimediare».
Non spiegò cosa intendesse. Il passato di Lucius Malfoy e Rosemary Crave doveva
restare un segreto.
«Non lo sto mettendo in dubbio». Blaise sospirò,
passandosi una mano fra i corti capelli scuri. «L’amore si dimostra in molti
modi diversi e spesso non viene proprio dimostrato, nonostante ci sia. Ma in
questo caso… questa è la via peggiore,
ti fa crescere credendo di essere solo e, alla fine, sei pronto a tutto pur di
non esserlo più» mormorò, includendosi, questa volta, nella cerchia dei bambini
abbandonati. «Alcuni di noi sono abbastanza fortunati da trovare una via
d’uscita» nel dirlo, prese la mano di Laurie e se la
portò alle labbra, sfiorandole delicatamente le nocche. «Altri no, allora la
vita perde ogni senso e si cercano altre vie per esprimere quell’amore che la
famiglia non può più garantire».
«È ancora giovane. L’amore… la famiglia potrà ancora
arrivare» rispose quindi la strega, sentendo una strana nota di fastidio
diffondersi come un’onda gelida a partire dal fondo del suo stomaco. Poteva
arrivare, perché, forse, lei poteva
esservi coinvolta. «Non può rinunciare alla speranza, non così velocemente».
Blaise annuì, con uno sguardo carico di compassione.
«Arriva un momento in cui la speranza non basta più, Granger. Non quando qualcosa può offrirti di meglio e subito».
Hermione sentì le ginocchia tremare. «Ma così morirà».
Dopo aver preso il proprio cappotto dallo schienale della
poltrona ed aver fatto cenno a Laurie di alzarsi,
Blaise poggiò la mano sulla spalla di Hermione.
«Ci sono destini peggiori della morte».
***
Draco aveva pensato che fare i suoi addii sarebbe stato
facile. Aveva vissuto quella giornata al massimo delle sue possibilità, giocando
con la sua bambina e baciando sua moglie ad ogni occasione buona. Era andato a
pranzo con Rosemary, aveva parlato del suo lavoro e della storia con quel
famoso Charlie, che si era risolto
essere il secondo fra tutti i Weasley.
Un Weasley, per Merlino.
Quello doveva essere un accoppiamento sensato, in qualche
oscura regione del suo cervello. Lui aveva incontrato quel tipo soltanto due
volte in tutta la sua vita ed era stato sempre un rapporto ridotto ad una
parola di cortesia ed a qualche “grazie
per aver controllato quel Drago”.
Il Dottor Crave si era mostrato contrario, stando a quello
che Rosemary gli aveva detto. Il Dottore doveva rappresentare la parte
razionale di Draco, quella che vedeva l’orrore nel costringere quell’anima pura
a convivere con un Weasley.
Probabilmente era
colpa della Granger.
Se avesse deciso di restare, Draco avrebbe potuto far
qualcosa per impedire quello scempio.
Ma non poteva e
doveva dire addio.
«Domani andiamo dal nonno, papà?» le aveva chiesto Rosie,
con un sorriso enorme, tutto fossette e gioia. Un trucco della sua mente per convincerlo a restare. «Voglio una
scopa da corsa!».
Quello era un buon modo
per convincerlo, comunque. Doveva ammettere che il sadismo della sua mente
sapeva raggiungere livelli di nauseante perfezione.
«Faremo quello che vorrai» le aveva quindi risposto lui,
chinandosi per baciarle la fronte e sistemandole le coperte intorno,
assicurandosi che fosse comoda e ben al caldo. Probabilmente era freddolosa
come lui.
In quel momento, una volta trascorse ore, l’intera casa era caduta in un sonno profondo e lui, unico
ancora cosciente, si aggirava per quelle grandi stanze come uno spirito
inquieto. Non aveva ancora deciso come morire, non avendoci mai riflettuto
particolarmente.
Avrebbe potuto usare la magia, ma chi gli assicurava che
non ci sarebbero stai effetti collaterali anche nel mondo reale? Non avrebbe
certo voluto risvegliarsi con una qualche menomazione che gli impedisse di
potare a termine la missione.
Aveva pensato di usare un coltello, piantandoselo nel
petto in una fedele imitazione di quella tragedia babbana** a cui Laurie lo aveva costretto ad assistere. Però il ricordo di
detta ragazza che insultava pesantemente i due protagonisti lo aveva fatto
desistere. Non voleva certo subire lo stesso trattamento, una volta
risvegliato.
Sono due idioti,
io guardo la commedia solo per rammentare a me stessa di non perdere la testa.
«Sai cosa devi fare, Draco».
La voce conosciuta, giunta da una parte oscura alle sue
spalle, lo fece trasalire. Quando si voltò, due occhi chiari come cristalli lo
guardarono con dolcezza e compassione. Rosemary era di nuovo lì, eppure non
sembrava la stessa che credeva di aver incontrato quella mattina. Era giovane,
pallida, con indosso un vestito bianco molto simile a quello con cui era stata
seppellita.
Non si chiese perché la sua visione della ragazza fosse
mutata così radicalmente, non gli importava.
«Non so come farlo»
ammise, allargando le braccia con aria sconfitta. «Non ho mai pensato ai mille
modi in cui una persona può togliersi la vita. È piuttosto deprimente, in
realtà».
Rose sorrise, indicando la finestra. «Puoi morire facendo
la cosa che, più di tutte, ti ha reso felice. In un certo senso, starebbe bene
con questo strano mondo che ti sei creato».
Accigliato, Malfoy la guardò con curiosità. «Vuoi dire che
dovrei morire tentando di far sesso con mia moglie sul cornicione?» domandò,
fingendosi ben più spavaldo o divertito di quanto non fosse in realtà. «Sei
intraprendente, Miss Crave».
Lei non sembrò colpita dal suo sarcasmo. Con una
tranquillità che di vivo non aveva
nulla, si avvicinò a lui, fino ad affiancare l’infisso che poco prima aveva
indicato. Poggiò allora le spalle al muro, intrecciando le dita davanti a sé.
Sembrava fosse in posa per una fotografia, tanto perfetta era la sua immagine.
«Non so se sono intraprendente» gli disse, stringendosi
leggermente nelle spalle. «Quando i miei amici scoprivano le gioie del sesso,
io scoprivo quanto velocemente i Guaritori potevano arrivare nella mia camera»
aggiunse. «Dubito, comunque, che sarei stata pudica. Mio padre mi ha insegnato
che spesso bisogna allungare la mano e prendere ciò che si desidera».
Nonostante sentisse un peso sullo stomaco, Draco annuì.
«Sembra un consiglio da Newton Crave, in effetti» commentò, accennando un
leggero sorriso. «Credi che dovrei buttarmi?» domandò allora, facendo qualche
passo avanti e gettando uno sguardo oltre la vetrata perfettamente pulita.
Rosemary gli sorrise, dolce. «Hai sempre voluto scoprire
cosa si prova a volare senza una scopa, no? Puoi farlo, adesso» disse,
indicando lo spazio davanti a lui. «Fa paura, non è vero? Ma immagino che sia
un male necessario».
Draco le lanciò un’occhiata storta. «So bene di dover
schiattare in fretta e tornare alla realtà, non mi servono promemoria» le
disse, vagamente sarcastico.
Lei scosse il capo, lasciando che qualche ciocca scura le
scivolasse dalla spalla. «Mi riferivo alla paura» spiegò, con una punta di
tristezza nella voce. «Provarla è il male necessario di chiunque sia vivo,
vero? Mi piacerebbe sentire ancora quel brivido».
Draco non riuscì ad impedire che un magone gli salisse in
gola. «Immagino che dovrei esser felice di provarla, allora. Se vuoi, posso provarne
un po’ di più in tuo onore» propose, con un tono che, in fondo, non era poi molto scherzoso.
«Ci sono molte cose che dovrai fare, in mio onore» fu la
risposta che lei gli dedicò, sorridendogli con una dolcezza ed un coraggio tali
da scaldargli il cuore. Allargò un braccio, per indicare ciò che li circonava. «Ormai sei vicino a realizzare tutto questo, non
lo capisci? Non ti serve un sogno, solo un po’ di coraggio in più».
Lui sorrise, ironico. «Noi Serpeverde non siamo mai stati
famosi per il coraggio».
Rose alzò gli occhi al cielo, girandogli intorno per
poggiarsi all’altro fianco della finestra. «Voi Serpeverde siete i primi ad
avere pregiudizi su voi stessi» gli fece notare, incrociando le braccia al
petto. «Tu e mio padre siete più simili di quello che credevo».
«E questo è un male?».
La osservò scuotere il capo, un sorriso ad incresparle le
labbra. «No» rispose, gentile. «Adesso so che tu potrai aiutarlo ad andare
avanti, in qualche modo». La sua voce sembrò tremare leggermente, a quelle parole.
«Ti sto affidando il mio papà, Malfoy, cerca di non mandare tutto a puttane,
uhm? Non costringermi a tornare dalla tomba» lo minacciò, con un sorriso che
fece più male di un fiume di lacrime.
La finestra si aprì davanti a lui senza bisogno che lui muovesse
un dito. Improvvisamente gli sembrò molto più bassa, molto più semplice da
scavalcare.
Bastava sollevare
una gamba.
«Farò del mio meglio, con lui» promise, sentendo la gola
stretta in una morsa incandescente. «Ma non sarà lo stesso, senza di te».
«Lo so» gli rispose, mostrando quella tristezza che mai,
prima di allora, lui aveva scorto sul suo viso giovane e segnato da tanto
dolore. «Ma la vita va avanti, no? Ed è compito di chi resta fare in modo che
le nostre tracce non si perdano nel nulla». Fece un passo avanti, affiancandolo
ed osservando il panorama che si stagliava davanti a loro. «Sai, è piuttosto
deprimente essere ricordati solo per la tristezza che la nostra dipartita ha
lasciato. Elimina tutto ciò che di buono abbiamo fatto, non credi?».
«Immagino sia così» ammise lui, alla fine, facendo un
passo avanti e salendo sul cornicione, le mani ancora piantate saldamente ai
bordi, per non cadere troppo presto. «Farò in modo che tu sia ricordata per
qualcosa di divertente, che ne dici?» le chiese, accennando un sorriso. «Magari
cercherò di tirar fuori una Rosie Malfoy, eh?» aggiunse, forse suonando più
ironico che speranzoso.
La risata che lei gli dedicò gli fece stringere il cuore
in una morsa. «Mio padre te ne sarebbe eternamente grato, sì. Ma temo che tua
figlia acquisirebbe un nonno in più rispetto alla norma. Uno molto insistente
ed incredibilmente appiccicoso».
Draco si strinse nelle spalle, sentendo la voglia di
piangere crescere nel petto. «Immagino che sia un rischio che sono disposto a
correre, se alla mia signora andrà bene» mormorò, realizzando, improvvisamente,
di aver immediatamente pensato alla Granger. Non se ne vergognò, però.
Era diventato un
obiettivo, non un sogno. E le sue motivazioni erano dannatamente più
convincenti di quanto non fossero mai state fino a quel momento.
Voleva lei, a prescindere da tutto.
Amava lei, a prescindere da tutto.
«Vedi, sai essere coraggioso se lo vuoi» gli disse alla
fine lei, incoraggiante. «Devi solo ricordarti che, a volte, prendere decisioni
rischiose può portare a qualcosa di meraviglioso». Improvvisamente al suo
fianco sul cornicione, Rose gli posò una mano sul braccio, incoraggiante.
«Rischia, Draco. Vivi quella vita che a me è stata preclusa. Ama, soffri… sii
sempre riconoscente per ciò che hai e vedrai che potrai affrontare qualunque
difficoltà».
Improvvisamente più fiducioso, Draco guardò l’orizzonte
con un atteggiamento tutto nuovo.
Aveva paura, ma non aveva più intenzione di permettere che
questa gli impedisse di andare avanti.
Non poteva farlo, non era giusto.
Era più forte di quanto non avesse mai creduto.
«Rose» chiamò, però, prima di lasciarsi andare. Lei era
ancora al suo fianco, come se avesse voluto assisterlo ogni istante. Come un angelo custode. «Tu sei davvero tu? Oppure tutto questo è solo frutto
della mia mente?».
Lei si lasciò andare ad una risata liberatoria, gettando
indietro la testa.
«Certo che è tutto frutto della tua mente, Draco» gli
disse, allegra. «Ma perché diavolo non dovrei essere davvero io?***».
Quando si lasciò cadere, Draco sorrise.
***
Rannicchiata sulla poltrona accanto al suo letto, Hermione
teneva fra le mani il vecchio libro di fiabe babbane
che sua nonna le aveva regalato quando era poco più di una bambina. Le aveva lette
tutte milioni di volte, eppure una, in particolare, aveva sempre rapito il suo
immaginario di bimba.
La favola della Bella che dormì per cento anni su un letto
di rovi, in attesa del suo principe.
La vecchia fata, crudele nella sua invidia, aveva trovato la
sua vendetta nella maledizione. La bella principessa sarebbe cresciuta, invero,
in grazia e bellezza, amata da chiunque avesse posato su di lei lo sguardo.
Prima, però, che il sole potesse tramontare sul suo sedicesimo compleanno, ella
si sarebbe punta il dito con il fuso di un arcolaio e la morte l’avrebbe colta.
L’aveva sempre affascinata l’idea di un
principe senza paura pronto a salvarla da un incanto malefico. Naturalmente,
quel desiderio era stato seppellito, negli anni, e l’immagine di quel salvatore
era stata sostituita da quella di un buffo giullare dai capelli rossi.
Quel giullare, in realtà, era diventato
il suo drago crudele.
Si era chiesta dove fosse il suo
principe. Se l’era chiesto così tante volte, in quei mesi, da sentire il cuore
sgretolarsi giorno dopo giorno, riducendosi ad un ammasso di polvere bruciata e
senza più speranza a riscaldarlo.
Però, forse,
il suo principe lei l’aveva trovato, alla fine. L’aveva trovato nel luogo più
assurdo di tutti, l’ultimo in cui avesse mai pensato di dover guardare.
Il suo principe non aveva i capelli come
il fuoco.
Il suo principe non aveva gli occhi
chiari e non era biondo.
Il suo principe era una principessa ed
era sempre stata lì, nascosta negli antri più oscuri del suo cuore, in attesa
che lei si decidesse a porgerle la mano ed accoglierla come davvero meritava.
Lei era il principe, non la Bella.
La fata più giovane, che non aveva ancora concesso alla
giovane principessa il suo dono, le diede ciò che la malvagità aveva rischiato
di toglierle: la speranza. Ella non sarebbe morta, ma sarebbe caduta in un
sonno profondo. Per cento anni avrebbe riposato, finché un figlio di Re
dall’animo nobile non avrebbe spezzato quel terribile maleficio, dandole il
primo bacio del vero amore.
Fu una mossa azzardata, probabilmente. Fu
una mossa stupida.
Ma
non era il vero amore ad essere stupido?
Malfoy sembrava diverso, ma forse era
solo a causa della speranza che, improvvisamente, aveva iniziato ad animare
ogni sua azione. Era il momento di realizzare la sua fiaba, prima che fosse
troppo tardi.
Quando allontanò le labbra da quelle del giovane uomo –
della sua Bella addormentata –
Hermione venne fulminata da due gemme del colore dei diamanti.
Col
primo bacio la sua bella sveglierà, poiché il vero amore tutto potrà.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Giusto perché io ho superato benissimo la morte
della mia Rosie ed il dolore di suo padre, lei è di nuovo tornata a dare
coraggio al nostro piccolo Malfoy sperduto. Questa ragazza fa del bene anche da
morta.
Le fiabe sono tornate a trovarci! Dopo
Biancaneve ed Alice, questa volta tocca alla nostra Rosaspina
ed al principe Filippo (lui è il mio preferito
in assoluto). È stata una rielaborazione un po’ azzardata, ma abbiate
pietà, sono reduce da un esame.
Punti importanti:
» * Per chi non lo ricordasse
(non sono neppure sicura di averlo detto, in realtà), Laurie
è un’alchimista, una delle migliori. Il divieto di creazione di una nuova
pietra filosofale è stato imposto dell’ultimo grande capo degli alchimisti – Nicholas Flames – prima di morire. Nessuno può neppure pronunciare il nome di quella pietruzza
senza essere radiato dall’albo.
» Laurie
e Blaise sono tornati, perché sono gli unici che Hermione sapeva di poter
contattare. Per esser più precisi, era consapevole di potersi rivolgere anche a
Ginny o a Seamus (e con lui i suoi Auror più fidati,
tra cui la cugina di Malfoy stesso, Merrick), ma
nessuno di loro avrebbe potuto offrirle un vero aiuto.
» Qualcuno ha tradito, ma
chi? E chi c’è dietro tutto questo? A volte la spiegazione meno ovvia è quella
corretta, altre volte è l’opposto. Fatto sta che i nostri eroi dovranno
decisamente star attenti alle informazioni che lasceranno circolare.
» **La tragedia in
questione è Romeo e Giulietta. Tragedia meravigliosa, per carità, ma io e Laurie concordiamo nel considerare i due protagonisti un
po’ affrettati. Avevano quattordici
anni, si conoscevano da due giorni e hanno comunque causato una strage perché
avevano l’ormone agitato. Passatemi il cinismo, ma lo ritengo un comportamento
assurdo.
» *** Omaggio ai Doni
della Morte, quando Silente dice praticamente la stessa cosa ad un confuso
Harry, nella stazione di King’s Cross.
Ci sarebbe da fare, al
riguardo, un discorso piuttosto profondo con risvolti religiosi sulla
possibilità che quella sia davvero
Rosemary. Se volete il mio punto di vista, il mondo creato da Djinn è un “paradiso”
per le anime, se mi passate la terminologia cristiana. Si tratta quasi di un
limbo, come quello che Harry stesso ha creato nell’ultimo racconto della Saga.
Se è davvero un luogo a metà fra due
mondi, perché mai Rosie non dovrebbe fermarsi per dare un ultimo
incoraggiamento al vecchio amico? Naturalmente, non abbiamo certezza di nulla.
Forse era lei, forse Draco l’ha immaginata lì. Chi lo sa?
» Spero di non aver
esagerato con i parallelismi con la fiaba, soprattutto perché è fra le mie preferite e mi dispiacerebbe
averla rovinata. Hermione è il principe della sua favola e Malfoy è diventato
la principessa (ma non diteglielo, i maschi sono molto fragili se viene messa
in gioco la loro virilità). Quel bacio, alla fine, potrebbe aver davvero
collaborato al risveglio del Bel Malfoy, così come potrebbe essere stato
inutile ma con un tempismo perfetto. Draco si è svegliato grazie al bacio del
vero amore? Fatto sta che Hermione di certo la penserà così.
A questo punto ho
una domanda: il prossimo capitolo potrebbe avere risvolti piccanti. Ora voglio sapere: i risvolti
in questione li volete leggere (scusando la mia orribile inesperienza e sempre
in modo abbastanza delicato) oppure
lascio solo intendere, così da evitare di dover cambiare il rating?
Piccola comunicazione di
servizio:
Anche lunedì prossimo sarò d’esami, quindi la pubblicazione dovrà slittare a
martedì. Tenetemi nei vostri pensieri, vi
prego, perché per l’esame di ieri ha funzionato ed io sono orribilmente
ansiosa.
Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti
nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie