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Autore: Wings_of_Glass    10/07/2016    1 recensioni
Una storia introspettiva e inverosimile che si svolge tra incontri "segreti" e chat tra Lei, una "principessa" che non crede più nell'amore e non vuole forse farsi salvare, ma che ha disperatamente bisogno di un abbraccio vero, quello pieno di affetto che ti fa sentire sulle nuvole finché quella stretta intensa dura.. e Lui, lo "stalker", il tipico bello, tenebroso e dannato, che attira tutte e vorrebbe far cedere anche lei al suo gioco. Anche se scoprirà suo malgrado che non è affatto una preda semplice da ottenere... Come andrà a finire? Forse con un sonoro schiaffo? o con un bacio rubato? o con un lieto fine da paura?
So che è un argomento già trattato in mille modi, ma spero che la mia nuova storia vi possa piacere ed intrigare, almeno quanto a me piace scriverla qui per voi :)
Dal testo:
-Lo sai.. se fossi un animale saresti sicuramente una tartaruga- mi disse così su due piedi.
-E questo che vuol dire?- gli chiesi accigliata, stava cambiando discorso di nuovo.
-Vuol dire che quando hai paura ti nascondi dentro il tuo guscio-. Si avvicinò e mi prese la mano lentamente. -Ma non ti preoccupare io sono bravo a romperli-.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo cinque: Nel momento del bisogno

Chiudi gli occhi, chi avrai al tuo fianco quando starai davvero male, in ogni momento, sarà una persona che si merita la tua fiducia...

 

Ma non ti preoccupare, io sono bravo a romperli”. Le parole di Nial sul mio guscio mi martellavano in testa, non riuscivo a non pensarci, anche se ormai era passato qualche giorno. Per lui ero come un libro aperto, di cui sfogliare le pagine una a una con estrema cura. Forse avrei dovuto chiedergli cosa aveva intenzione di fare con me. Ma avrebbe risposto la stessa identica cosa di sempre: conoscermi. Forse potevo respirare e vivere qualcosa senza costanti preoccupazioni. Forse potevo uscire dalla mia fortezza di dubbi. Si soffre sempre del resto, non sai mai che aspettarti dalle persone. Quindi perché dovevo costantemente ponderare le mie azioni? Dovevo smetterla di ricordare il nostro primo incontro. Stava cercando di dimostrarmi che potevo fidarmi di lui, che voleva cambiare da ciò che era. Magari non era nemmeno un donnaiolo che ci provava con tutte. Sospirai e mi lasciai cadere sul letto ed in quel momento un messaggio fece vibrare il mio cellulare sul comodino.

Lo stalker ha ritrovato il tuo numero. Visto che bravo ragazzo?”

Nial. Come se avesse percepito i miei pensieri. Risi. “Già proprio bravo”. Digitai ed inviai.

Che lusinghe, che fai principessa?”. La risposta fu immediata. Iniziavo a sentirmi importante forse. Ma principessa proprio no. Non potevo concederglielo.

Non mi piacciono i soprannomi”

Okay, sei la principessa del regno dei non soprannominati”

Sei pazzo”. Era strano. Ma stavo iniziando a sentirmi bene. La mia paura nei suoi confronti stava scemando via, in qualche angoletto del mio cervello.

Per me è un complimento” rispose e non seppi dire se lo avevo offeso oppure no. Molto spesso nemmeno i miei amici comprendevano le mie battute. Dicevano che avevo un pessimo umorismo. “Comunque resti una principessa”. Ancora. Non demordeva facilmente.

No.. non si discute, niente soprannomi” affermai. Non gli avrei lasciato darmi un nomignolo. Quando dai un nome tuo a qualcosa significa che sei disposto ad affezionartici.

Si invece, perché cerchi il tuo principe azzurro”. Mi lesse ancora. Ero davvero trasparente. “Ma ahimè sono solo un cavaliere nero, a cavallo di una capra carnivora, visto che sono vegetariano”. Che?! Era fantasioso, proprio come me.

Sei vegetariano?” gli chiesi poi, lasciando perdere la figura del cavaliere oscuro.

Si, anche tu?”

No, a me piace la carne”

Che mostro, altro che brava ragazza.. dovrò stare attento a te”

Credo che dovrei stare più attenta io”. Mi stiracchiai, girandomi sul fianco. Verso le finestre della mia camera. Tra gli alberi si intravedeva casa sua. Eravamo vicini di casa da anni. Perché solo ora mi aveva notata? Anzi perché solo ora aveva fatto il passo per parlarmi.

Ah si? dovresti stare attenta al pogo piuttosto”. La sua risposta riportò la mia concertazione sul dispaly.

Il pogo? Cos'è?” chiesi curiosa, invece di fare qualche ricerca in merito prima. Google era sempre un amico veloce e fidato. Be, veloce, dipendeva dalla connessione.

E' un ballo in cui tutti si spingono e tirano spintoni, cadi pure per terra”

Tranquillo non so ballare, non ci proverei comunque”

Bene, dovremo fare una lista delle cose da evitare”. Ci metterei troppe persone, pensai.

Nial.. questa conversazione non ha senso” esitai un attimo e poi inviai. Lui restava comunque un tipo strano.

Si vero, ma scommetto che stai sorridendo”. Aveva ragione. Stavo sorridendo e se quella era tutta tattica, stava funzionando. Tattica, strategia per cosa? Per conoscermi, ripetei come un monito. Per una volta tanto non mi sarei lasciata trascinare dalle mie preoccupazioni. Fissai l'orario. Era tardissimo. Dovevo prepararmi, quella sera finalmente avrei rivisto la mia amica, Kim. Eravamo prese entrambe dal lavoro. Ma lei molto più di me. Faceva turni molto duri. Quindi a parte sentirci per messaggio la sera, ci vedevamo veramente di rado. In più lei aveva un fidanzato da due anni, ma si conoscevano fin da bambini. Kevin. Stavano benissimo insieme. Però doveva spartire il tempo libero tra lui e le amicizie. Io scherzosamente gli chiamavo K & K, anche perché lui per rompere il ghiaccio e parlare le aveva offerto un pacchettino di m&m. Ora che ci penso era una vita che non li mangiavo. Era bello vedere la loro felicità. Mi faceva sognare e pensare magari che avrei potuto trovare anche io un ragazzo che mi volesse bene davvero e che mi guardava come Kevin guardava Kim. Alla fine mi rendevo conto che non avevo mai davvero provato cosa fosse amarsi sulla pelle. Non avevo fretta però. Volevo soltanto un rifugio da tutte le peripezie. Una persona che magari mi abbracciasse forte e mi dicesse “Andrà tutto bene, io sono qui e non ti lascerò per nessun motivo”. Qualcuno che mi sostenesse, che ci fosse quando stavo male, che mi facesse divertire e mi proteggesse dai miei difetti. Qualcuno che stesse bene con me.

-Lùùùùùùù-.

Kim mi saltò letteralmente al collo, come un cagnolino che non vede una persona a cui vuole bene da tempo. Io risi e ricambiai l'abbraccio. Lei indossava un vestito nero a puà bianchi senza spalline, stile retro, tutto completato da una treccia curata che le teneva fermi i lunghi capelli neri e le ricadeva sulla spalla e la pelle abbronzata. Glielo aveva regalato Kevin quel vestito. Ed in effetti faceva caldo quella sera. Nonostante ci fosse un venticello leggero che dava sollievo. Ne avrei indossato volentieri uno anche io, ma non ero la tipa da vestitini. Pantaloni forever.

Non c'era bisogno di chiederci come stavamo. I suoi occhi scuri mi dicevano già tutto. Lei voleva che le raccontassi per segno e virgola di Nial, mentre passeggiavamo per il parco alberato. Era affollato, tra bambini con i genitori che giocavano sulle altalene, chi con un gelato, coppiette che si baciavano sulle panchine, chi camminava come noi. Finito tutto il racconto, che le avevo appena accennato per cellulare, la vidi rimuginare.

-Stai attenta Lù-. Fu questo il suo responso ed un po' me lo immaginavo. Lei non voleva che soffrissi, ero già stata abbastanza male per Ivan. Quello stronzo con avevo deciso di aprirmi e che mi aveva trattato come se fossi un problema. Ma non potevo chiudermi e negare una possibilità a tutti solo perché incontravo gente che poteva fare a meno di me dopo un po'. Anche se era quello che avevo sempre cercato di fare per gli ultimi tre, o forse quattro, anni. Dopotutto non conoscevo bene Nial, potevo solo credere a quello che mi diceva. Ma solo il tempo mi avrebbe dato prova della verità delle sue intenzioni.

-Starò attenta- la rassicurai. Infine non mi ero buttata tra le sue braccia e non lo avrei fatto. Lei mi sorrise. Eravamo così diverse, eppure così simili. Come il giorno e la notte. Ci piacevano le stesse cose, come la musica, ed odiavamo le stesse cose, come le torte con la frutta.

Ci prendemmo una granita alla menta per entrambe e ci fermammo in piazza. Le zanzare ancora non avevano accennato a volermi colpire, meglio per loro. Quella granita fu miracolosa e sentii molto meno il caldo di quell'estate, che si prospettava veramente afosa. Non conoscevo molto il paesetto dove abitava lei. Avevo preso due autobus per arrivarci, ma per lei ne valeva la pena. Sapevo solo che era dove abitava il primo ragazzo con cui ero stata. Ma era passato così tanto tempo che ero convinta che se mi avesse incontrato per caso per strada non mi avrebbe nemmeno riconosciuta. Non lo avevamo mai visitato insieme quel posto. Ero stata solamente a casa sua. Sì era triste, ma non si vive di ricordi, quindi li scrollai da me per rimetterli nello scatolone dove dovevano stare. Ricordai invece tutte le cose belle che avevo passato con Kim. Di quando ci eravamo perse in una vacanza fatta insieme, grazie al nostro “prontissimo” senso dell'orientamento. Dei svariati compleanni. Di quando facevamo le torte insieme. Delle notti passate a raccontarci le cose. Dei nostri segreti. Dei consigli. Del fatto che c'eravamo sempre l'una per l'altra. Di come ci eravamo conosciute su un gioco online e scoperto di abitare abbastanza vicino. Perché a volte il destino ci mette lo zampino, ed avevamo creato un'amicizia solida.

Continuammo a parlare dei nostri lavori, di Kevin che era riuscito ad entrare nel campionato regionale di nuoto e del più e del meno. La piazza era medioevale. Piena di pietre insomma. Sia per terra, lastricate. Sia sulle mura dei palazzi attorno. Mi piacevano le cose antiche. Era ampia, troneggiava una torre dell'orologio sul lato nord, con i segni zodiacali a decorare le ore ed al centro una fontana enorme, ornata con una statua di una donna angelo che versava dell'acqua da un'anfora nello specchio lucido dell'acqua. Degli artisti di strada facevano dei numeri e decidemmo di andare ad assistere. Uno suonava un sax, un altro il pianoforte. Un altro ancora era proprio un mangia fuoco. Era carino, a torso nudo, tutto tatuato che faceva vorticare il bastone infuocato in entrambe le estremità in una sorta di danza. Si era radunata una piccola folla attorno a loro. Sentii Kim a fianco a me, stringermi la maglietta, come per farci avanti tra le persone. A lei piaceva cantare, aveva una voce pazzesca. Infatti voleva provare a fare la cantante e un giorno probabilmente sarebbe partita per gli Stati Uniti con Kevin, ma non volevo pensarci. Non era un addio, infine. Era giusto che lei inseguisse il suo sogno.

Ci facemmo largo tra la folla fino ad arrivare quasi accanto al pianoforte. L'uomo ci sorrise incoraggiante, prima di iniziare un'altra canzone. Ripensai a Nial. Anche lui suonava e non gli avevo mai detto che sapevo suonare anche io. Guardai Kim con la coda dell'occhio. Lei era elettrizzata, non vedeva l'ora. Io in ansia. Cercai di non pensare a tutti quegli sguardi che aspettavano e mi chiesi cosa provasse quel musicista, come se dovessi suonare il piano al posto suo. Lui iniziò ad interpretare le note della canzone di Photograph di Ed Sheeran. Anche io sapevo suonarla. Le canzoni che imparavo le sceglievo per il testo soprattutto. Ma non suonavo molto, lo facevo solo quando non volevo pensare. Per rilassarmi e caspita quel musicista aveva una voce davvero coinvolgente.

La voce di Kim intonò le parole alla perfezione, mentre canticchiava assieme all'uomo. Quelle parole così reali. Così vere. L'amore può farti male a volte. Può diventare difficile, ma è l'unica cosa che ci mantiene vivi. Inaspettatamente quando arrivarono al ritornello accompagnai Kim anche con la mia voce, anche se si sentiva appena. Ero troppo timida per cantare allo stesso tono che usava lei. Alzai un attimo lo sguardo sugli spettatori e li trovai in estasi. Qualcuno si massaggiava i brividi sulle braccia e sorrisi. Mi stavo emozionando anche io e mi aspettai che da un momento all'altro qualcuno tirasse fuori gli accendini, come ad un vero concerto. Qualcosa vibrò nella tasca dei miei pantaloncini mimetici e mi riportò un attimo fuori da quell'idillio.

Controllai, credendo fosse una chiamata da casa, invece era Nial.

Principessa hai da fare domani? Ho bisogno di te”. Gli avrei risposto più tardi. Anche se quel “ho bisogno di te” mi frullò per la mente evocandomi mille cose. Mille possibilità. Che voleva dire? Eppure mi faceva sentire così speciale. Volevo chiedergli se fosse successo qualcosa già lì, ma in mezzo a tutta quella gente mi sembrava brutto. Alla fine della canzone tutti applaudirono.

Restai un altro po' con Kim a chiacchierare. Alla fine ci salutammo davanti ad un ristorante con i tavolini all'aperto. Ci eravamo tenute per mano e avevamo quasi saltellato come due bambine per la strada. Eravamo capaci di fare cose pazze insieme, senza curarci di chi ci vedeva. Lei mi aveva accompagnato alla fermata, aveva insistito. Ci guardammo sorridendo per poi abbracciarci. Non sapevamo quando ci saremmo riviste, ma niente poteva rovinare quel momento.

Se non fosse stato per un tizio, un giovane vestito da cameriere, che stava uscendo con uno straccio per pulire dei tavoli ingombrati da due tazze. Lo fissai, mentre abbracciavo Kim, come un cane sta tenendo d'occhio un possibile ladro. Lui mi rivolse uno sguardo strano. Doveva avere all'incirca la nostra età. Poi lo vidi avvicinarsi mentre scioglievamo il nostro abbraccio. Che voleva?

-Ma ragazze mica si può fare una cosa a tre?- chiese divertito. Ci doveva aver visto arrivare e chissà cosa si era messo in testa. Ma non mi importava. Aveva rovinato il nostro saluto.

Muori. Pensai. Ma non lo dissi. Lui rise, vedendoci allibite.

Poi si girò e tornò sui suoi passi come se nulla fosse. Kim in tutta risposta gli fece il dito medio mentre se ne tornava al suo lavoro.

-Che tipo stupido- affermai, ancora un po' arrabbiata per l'uscita di quello sconosciuto.

-Già- rispose. -Poi dicono che siamo noi quelle strane-.

Ridemmo insieme, e mentre arrivò l'autobus, riuscimmo a rubarci un ultimo fugace abbraccio.

Seduta comodamente su uno degli ultimi sedili degli autobus trovai la tranquillità per rispondere a Nial.

Che è successo?” scrissi, cercando di non sembrare troppo invadente.

Fissai fuori le luci dal finestrino sporco, che scorrevano alla velocità del mezzo pubblico e tagliavano la notte. Lasciando scie lucenti nel buio. Dopo un paio di fermate arrivò la sua risposta.

Te lo dirò appena ci vediamo, centra una ragazza”

Centra una ragazza. Quella cosa aumentò le mie domande e la mia ansia. Perché diavolo doveva fare cosi tanto il misterioso? Accidenti a lui.

Va bene, appena stacco da lavoro”

Okay piccola, buonanotte”

Erano appena le nove. Non credevo che andasse a dormire così presto. Magari era in giro, conoscendolo. “Buonanotte” gli risposi. Ma ero troppo curiosa di sapere che doveva dirmi. Sicuramente doveva confidarmi qualcosa, eppure era così strano, ci conoscevamo appena e si fidava già così tanto di me. Dovevo smetterla di farmi domande, domani mi avrebbe chiarito ogni cosa. Al momento ero sicura solo di una cosa. Non avrebbe smesso di darmi un soprannome.
 


 

Angolo autrice.

Premetto che non sono molto brava a fare questi angoli. Ma ci tenevo a ringraziare chi ha recensito, chi legge, chi ha messo la storia tra le seguite, ricordate e preferite. Grazie di cuore ancora :) Siete il mio sostegno, quindi se volete dirmi cosa ne pensate mi fa solo che piacere.

Lo so, in questo capitolo non c'è una scena tra Nial e Lucy, se non solo virtuale, ma ce ne saranno. Ho preferito far comparire il personaggio di Kim, la migliore amica di Lucy e lasciarvi con la suspence di sapere che cosa vuole dirle Nial. Centra una ragazza, ed ha bisogno di lei. Che carino. Ma cosa vorrà dirle?

Lo scopriremo presto ;) 
Per adesso, un saluto a tutti e grazie ancora :)

  
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