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Autore: Mnemosine__    10/07/2016    3 recensioni
Poseidone, l'unico che sembrasse avesse prestato fede al giuramento di non avevre figli, ne aveva aveva avuto uno da una mortale.
E aveva anche la faccia tosta di chiedere alla figlia maggiore di mantenere il segreto e di aiutarlo a nascondere il bambino?
"Cosa vuoi che faccia?" Chiese senza tanti convenevoli quando suo padre le aprì la porta.
"Vivere qui. Dovrai proteggerlo dagli occhi degli dei e dei mostri."
"Cioè vuoi che rinunci alla mia vita per fare da baby-sitter. Va bene, lo farò. Ma se Zeus lo scoprirà ti prenderai tutta la colpa.
"Grazie"
"Ringrazia di avermi fatto giurare." Ringhiò lei. "Allora? È un maschio o una femmina?"
Poseidone fece segno a Sally di avvicinarsi con il fagottino.
"Ti presento Perseus, tuo fratello." Elisabeth sbuffò imponendosi di odiare da subito il fagottino, lo avrebbe solo protetto come voleva suo padre e quando la pulce fosse stata abbastanza grande l'avrebbe lasciato e sarebbe tornata a fare i cavoli suoi.
Quando, però, gli occhi dei due si incontrarono tutti questi propositi andarono dritti dritti al Tartaro.
Quel bambino era speciale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ade, Apollo, Nico/Will, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Blood Brothers'
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La musica ad alto volume si sentiva fino ad un isolato di distanza. 
Le luci colorate illuminavano il tenue buio dell'enorme sala. 
Corpi contro corpi, labbra contro labbra, la stanza era piena di mortali che si strusciavano, ballavano uno sull'altro in un intrigo di braccia e gambe.
C'era chi era già ubriaco alle nove di sera, e chi invece guardava famelico il barman che serviva alcolici ripetendosi di aspettare a bere. 
Il locale si trovava in una delle vie più festose di New York, vicino all' Empire State Building. 
"Così se succede qualcosa potete rifugiarvi lì." Aveva detto Chirone. 
Argo aveva accompagnato  i semidei vogliosi di fare festa con un piccolo pulmino, facendosi promettere (a gesti) che si sarebbero fatti riportare al Campo prima che facesse giorno.

Clarisse e Chris furono i primi ad entrare. Lei indossava un paio di jeans e una camicia, troppo restia all'idea di indossare una di "quelle cose" chiamate gonne. 
I capelli, sempre stretti nella sua bandana rossa, avevano un qualcosa di più elegante del solito. 
"Ti va di bere qualcosa?" 
Chris portò la figlia di Ares vicini alla pista, e iniziò a giocherellare con un portafoglio spuntato da chissà dove.
"E quello?" Chiese lei.
"Oh... Ma tu guarda, me lo sono ritrovato in mano." Le sorrise lui, malandrino. 
"Ahi!" Si lamentò quando Clarisse gli mollò uno scappellotto. 
"Fila a rimetterlo nella tasca da cui l'hai rubato." Ordinò lei, imperiosa. 
"Ma perché?" Chiese lui.
"Ho detto fila!" 

Dopo aver fatto esattamente come voleva lei, mi sento in dovere di aggiungere che il ragazzo a cui aveva rubato il portafogli non se n'era nemmeno accorto, il figlio di Ermes prese la sua ragazza per un braccio incitandola ad avvicinarsi al bancone dove servivano da bere.
"Non voglio ubriacarmi." Assicurò subito mentre Clarisse lo guardava scettica mentre si incamminavano verso due sedie.
"O almeno non  subito." Sottolineò lui. 

I due furono subito seguiti da Drew Tanaka. 
La ragazza era riuscita a convincere Chirone a lasciarla uscire dal campo dicendo che se Piper ci poteva andare, perché lei no?
La figlia di Afrodite era stretta in un vestitino che lasciava molto, ma proprio molto poco all'immaginazione. 
Adocchiò un paio di bei ragazzi intenti a fissarla e gli sculettò incontro. 
Si fece offrire da bere senza l'uso della lingua ammaliatrice.

Entrarono anche Piper e Annabeth. 
La prima indossava un grazioso vestito verde chiaro in tinta con le piume intrecciate tra i capelli, la seconda un abito argentato che risaltava gli occhi. 
Le due erano raggianti, i ricci di Annabeth, sciolti, ricadevano morbidi sulle sue spalle e oscillavano ad ogni suo movimento e gli occhi di Piper sembravano cambiare colore di propria iniziativa.
Ovviamente, vennero immediatamente affiancate dai loro baldi giovani, che rifilarono le classiche occhiatacce che facevano scappare anche i mostri a gambe levate ai ragazzi che avevano iniziato a guardare maliziosamente le loro fidanzate. 
Inutile dire che quei ragazzi si dileguarono. 
I due sorrisero "Mortali idioti." Li prese in giro Jason. "Non sono degni di respirare nemmeno la vostra aria, ragazze."

"Andiamo a ballare." Disse prendendo per mano la sua ragazza e portandola sulla pista. 
"Tu non mi inviti a ballare, Testa d'Alghe?" Chiese Annabeth sorridendo al suo ragazzo.
Dei, è meravigliosa pensò Percy ammirandola. 
"Certo che si." Rispose indicandosi il petto con il pollice "Sono un asso nel ballo, io." 
Annabeth, scoppiando a ridere, si lasciò guidare tra la marmaglia di gente e iniziò a muoversi a ritmo di musica insieme a Percy. 

Hazel, fasciata dal suo bello ma semplice vestito rosa pesca, guardò stranita l'intero locale. 
"Ma la musica moderna è tutta così?" Chiese.
"Non tutta. Anzi, ci sono alcune canzoni davvero dolci. Vieni." Frank le prese una mano, invitandola a cercare un luogo appartato dove rifugiarsi da tutta quella confusione.

"Forza Raggio di Sole!" Gridò qualcuno dall'anticamera del locale. 
"No! Questo posto è pieno di persone vive." 
"Anch'io lo sono, Dolcezza."
"Ma questi sono vivi mortali." 
"Io lo sono per metà." 
"Dettagli, Solace." 
"Quindi se io fossi mortale ti piacerei lo stesso?"
"Nessuno ha mai detto che mi piaci."
"Non l'hai detto, ma lo pensi." 
"Che cos'hai detto?"
"L'ho detto ad alta voce?"
"Sembra proprio di si."
"Non importa."
"Ehm..."
"Nico?"
"Mh?"
"Muovi quel bel culetto che ti ritrovi e andiamo!"
Will si fece strada tra la marea di persone trascinando Nico per un braccio.
"Dannazione, Solace!"
"Andiamo Re degli Spettri! Una piccola festa non fa male a nessuno!"
"Questa è la tua opinione, Will." Disse Nico fissando una coppia che puzzava di alcool limonare davanti a loro.
"Dovrebbe essere anche la tua, Nico." Ribatté Will indicando al più piccolo Reyna.
La ragazza, fiera nello sfoggiare il suo vestito viola, era stata affiancata da un giovane. 
Il ragazzo doveva avere più o meno la sua età e sembrava che a Reyna fosse simpatico. 
Era alto, riccio e moro. 
Lui le chiese qualcosa, lei sorrise e annuì. 
Lui le prese la mano. Lei arrossì e abbassò lo sguardo.
Si diressero verso un divanetto e iniziarono a parlare. Al figlio di Ade si scaldò il cuore vedendo Reyna finalmente felice.
"Si, forse le feste fanno bene..." Nico sorrise.

Elisabeth entrò nel locale per penultima, seguita subito dal dio biondo. 
Lei, comoda nel suo top azzurro e i jeans a vita alta, si guardò intorno e, voltasi verso l'amico, disse "Allora, come si diverte il dio del sole ad una festa?" 
Gli occhi di lui brillarono. "Ti va di ballare?"

Jason era davvero felice. Poteva vivere una serata normale, come un ragazzo normale, insieme alla sua ragazza. 
Piper gli sorrise e lui si specchiò nei suo occhi.
"Sei bellissima, Piper." Le sussurrò all'orecchio. Lei arrossì. 
Jason sorrise, pensando che il rossore sulle guance la rendesse ancora più bella. 
Le loro labbra si sfiorarono, timide. Jason si bloccò.
Si ritrasse immediatamente, come se fisse rimasto scottato. 
Lei lo guardò, interrogativa. 
"Cosa..." 
"Shh!!" Fece lui. "Guarda!" 
Lei spostò lo sguardo verso il punto in cui guardava il suo ragazzo e le si scaldò il cuore.
Nico era seduto su una sedia, in un angolo. 
E sorrideva. Si, esatto. S-O-R-R-I-D-E-V-A. 
Will, davanti a lui, ballava in modo strano, confusionario, senza un senso logico, e questo a Nico piaceva. 
Il più grande era felice, finalmente, di essere riuscito a far ridere Nico.
Tanto che si sporse in avanti e lo abbracciò. 
Nico rimase di sasso ma, invece di spingerlo via come era solito fare, lo strinse a se.
Jason strinse la mano a Piper, che ricambiò la stretta. 
La guardò negli occhi e disse, più serio che mai "La Solangelo regna."


Elisabeth era riuscita a trovare il cortile interno del locale e in cui, magicamente, non c'era anima viva. 
Un albero era al centro del piccolo giardino e tra i suoi rami erano appese piccole lanterne che illuminavano l'interno. 
Tra l'erba intorno alle radici crescevano piccoli fiorellini colorati. 
Le pareti, che salivano per una quindicina di metri e che poi lasciavano il cielo scoperto, erano fatte di semplici mattoni. 
Le stelle brillavano come piccoli brillantini su una distesa di blu.
La figlia di Poseidone si diresse verso l'albero.
Ne toccò la corteccia rugosa, appoggiandoci delicatamente le dita, e chiuse gli occhi. 
Si concentrò fino a sentire l'acqua che si muoveva dentro la pianta, la vita che scorreva davanti a lei.
Aprì la propria mente per fonderla con l'essenza della pianta. 
Quello era un albero centenario, lasciato vivere in quel piccolo guardino per paura di rovinare una vita che aveva visto passare davanti a se centinaia di anni. 

Provò a salire più in alto con l'intenzione di percepire il liquido fino al più alto ramo e alle piccole foglie verdi. 
Diede un po' di sollievo all'albero, che sentiva il caldo dell'estate come tutti loro, rinfrescando la linfa che ne scorreva all'interno.
Decise allora di scendere verso alle radici e poi più giù, fino alla terra bagnata. 
La sua coscienza si estese ancore di più, arrivando all'erba e ai fiorellini. 
Sentiva le piccole formiche lavoratrici zampettare sul terreno e poi scendere per i cunicoli da loro costruiti, per andare a riposare. 
Sentì una coccinella posarsi sulla foglia di un fiore.
Un'ape volare fino alla corolla di un fiore giallo per prenderne il nettare. 
Elisabeth era tutt'uno con quel piccolo angolo di paradiso. 
Un piede si posò sull'erba e la magia di quel contatto si ruppe. 
La sua coscienza ritornò nella testa veloce, lasciando la figlia di Poseidone stordita per qualche secondo. 
Quando aprì gli occhi vide il dio che le si avvicinava lentamente. 
"Ti ho cercata dappertutto, dolcezza." Disse Apollo con uno dei sui ormai abituali sorrisi.
"Sono sempre stata qui." Rispose lei andandogli incontro. 
Arrivati uno davanti all'altra si fermarono. 
"Sai che il mio Will sta ballando, si proprio ballando, con Nico?" Chiese lui con un po' troppa foga. 
"Sai che tuo figlio potrebbe arrabbiarsi sul serio se continui a stalkerarlo?" 
Apollo sembrò pensarci su, serio. Poi sorrise "Nah." 
Elisabeth scosse la testa, divertita. 
"Che cosa ci fai qui? Voglio dire, non ti diverti?" Chiese lui. 
"Avevo bisogno di una pausa." Mentì lei.
~•~

"Vado un attimo in bagno." Disse Elisabeth. Lui annuì, sorridendo e facendole fare una giravolta. 
Elisabeth ci mise un po' a trovare il bagno in tutta quella confusione, e quando ci riuscì era già passato un quarto d'ora. 
Si rinfrescò il viso accaldato ed uscì, tornando verso Apollo. 
Ma si bloccò prima di arrivarci. 
Il biondo era circondato da cinque oche che gli ballavano intorno, gli si strusciavano addosso e facevano molte altre cose che lui sembrava gradire. 
In più lui teneva in mano un bicchiere contenente qualcosa di indefinito, che sorseggiava a tratti. 
~•~
"Sei davvero bella stasera, dolcezza." Disse lui sfiorandole il braccio con la mano.
Quel gesto, apparentemente innocuo, le fece scendere un brivido lungo tutta la spina dorsale. 
"Anche tu non sei male." Rispose lei facendo alcuni passi verso la porta. "Io tornerei dentro." 

Apollo, veloce, la bloccò prendendole il braccio con una mano. Al contrario di ogni altro suo tocco, però, la teneva stretta. 
"Apollo..."
"Perché ho l'impressione che tu voglia evitarmi?"
"Non lo so." Disse lei piccata. "Adesso mi lasceresti?" 
"No." Rispose lui.
"Come sarebbe a dire no?" 
"No, vuol dire che non ti lascio." 
Si portò davanti a lei e fece alcuni passi in avanti, facendola indietreggiare.
"Apollo..." Inciampò in una radice, ma il dio la tenne in piedi.
"Lo vedi?" Chiese "Se ti avessi lasciato adesso saresti per terra." 
Apollo continuava a camminare in avanti e lei era costretta ad andare all'indietro. 
Elisabeth toccò con la schiena alla corteccia dell'albero e il dio le si piazzò davanti.
Si appoggiò con le braccia al legno, ponendole all'altezza del collo di lei. 
Si avvicinò con la testa al suo orecchio sinistro.
"Perché mi eviti?" Chiese di nuovo con la sua voce baritonale. 
"Perché nell'ultimo secolo mi sembri diversa?" Le chiese sussurrando. "Perchè ho il sospetto che tu provi qualcosa per me che va oltre l'amicizia, Liz?" 
"È solo una tua impressione."
"Davvero?" Chiese lui ridendo. "Perché io sono un dio, vedo tutto e sento tutto. Non posso essermi sbagliato." 
"Anche i migliori sbagliano, a volte." 
"Già. Ma io non sbaglio mai." Apollo incatenò i suoi occhi dorati con quelli color del mare di Elisabeth. 
"Perché, se fosse davvero così, se ti dicessi che anche io provo qualcosa per te, tu cosa faresti?"
Apollo abbassò le iridi ambrate e, per un piccolo secondo, si chiese che sapore avessero le labbra dell'amica. 
"Apollo..." Chiese la ragazza. 
Il dio si avvicinò impercettibilmente a lei socchiudendo gli occhi. 
"Io non..." 
Attirata come da una calamita, lei ruotò leggermente il capo, chiudendo le palpebre.
Apollo appoggiò delicatamente le labbra sulle sue.
   
 
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