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Autore: Inikos DS    17/07/2016    2 recensioni
Nico Di Angelo ha sedici anni, dopo la morte prematura della madre Maria, si troverà a dover fare i conti con la nuova compagna del padre: Persefone. Costei porterà via al ragazzo l’unica persona cara rimastagli; sua sorella Bianca.
Accusato ingiustamente dalla donna, di esser lui l’assassino della ragazza, Nico sarà portato di forza in un manicomio situato su un isola, nel pieno dell’oceano Atlantico; l’Happy Island.
Qui il ragazzo, si troverà ad affrontare una situazione completamente nuova, distrutto dal dolore e circondato da malati mentali, scoprirà presto gli orrori che si celano dietro quel nome, all’apparenza così “rassicurante”. Tra nuove amicizie, odio e il tanto desiderato amore, Nico dovrà combattere contro i suoi demoni per riuscire nella sua vendetta: eliminare Persefone e proclamare la sua innocenza al mondo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Nico/Will, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Angolo Autore:
Eccomi ritornato cari lettori. Volevo avvisarvi che questo è un capitolo di passaggio, dunque è relativamente corto. Spero comunque, possa prendervi e piacervi. 
Auguro una buona lettura a tutti e se volete, fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie a tutti. 
xxNico





Happy Island / 2 giorni dopo.





Nico galleggiava nel buio. 
Immerso nel più nero dei silenzi, si lasciva corrodere dal dolore.
Anche quella sera aveva rifiutato la cena, gettando il piatto contro la parete.
Tutto era così vivo nella sua mente, che a tratti credeva di trovarsi ancora lì, ma poi il buio tornava a cancellare ogni cosa.



La polizia era arrivata con una velocità strabiliante, entrati gli agenti avevano ordinato a tutti di non muoversi. Due secondi dopo due medici avevano fatto irruzione nella stanza muniti di barella, sulla quale avevano depositato Persefone. 
Uno degli agenti le aveva domandato chi fosse stato il colpevole, e lei aveva indicato Nico; tutti lo avevano indicato. 
I poliziotti lo avevano afferrato per le spalle, e poi spinto verso l’uscita, ordinando a tutti i presenti di non muoversi.
Usciti avevano trovato un capannello di agenti e infermieri accalcati intorno al corpo esanime di Bianca. Nico nel vederlo non era riuscito a trattenersi e dopo aver spintonato gli agenti era corso verso di lei. Ade però lo aveva riacciuffato quasi subito, e scaraventato con forza al suolo. 
<< Non osare avvicinarti a lei. >> gli aveva urlato. Spiegando poi agli agenti la dinamica di quel che era accaduto. Tutti si erano voltati verso Nico con uno sguardo carico di disprezzo, e prima che potessero ammanettarlo, il ragazzo aveva visto qualcosa brillare tra l’erba. Strisciando aveva raccolto il ciondolo che aveva regalato a Bianca qualche ora prima; silenzioso l’aveva infilato in tasca.  



Ora lo teneva in mano e se lo rigirava tra due dita.
All’interno non vi erano più quattro foto ma solo tre; la sua, quella di sua sorella e di sua madre Maria. Il volto di Ade era stato stracciato via.




I poliziotti lo avevano scortato in caserma, e qui era stato lasciato a marcire in una stanza per ben due ore.
Quando finalmente la porta si era aperta due donne avevano fatto il loro ingresso, una in divisa, l’altra vestita con un camice bianco.
<< Nico Di Angelo, giusto? >> le aveva domandato la poliziotta.
Lui aveva annuito.
<< Sei stato accusato dell’omicidio di tua sorella Bianca Di Angelo, e di tentato omicidio nei confronti della tua matrigna Persefone Kore. >>
<< Non sono stato io ad uccidere mia sorella. >> aveva sibilato lui, guardando le due donne negli occhi. 
<< Mi dispiace Nico, davvero, ma oltre dieci persone hanno confermato di aver assistito all’accaduto. >> era intervenuta la donna in camice. 
<< Mentono, io non avrei mai ucciso mia sorella. E’ stata Persefone, quella brutta puttana. >> aveva tentato di difendersi, ma la rabbia aveva preso il sopravvento.
Le due donne si era scambiate uno sguardo d’assenso.
<< Nico so che non dev’essere stato facile, perdere la propria madre, e poi veder entrare nella tua vita una sconosciuta…Ma non possiamo ignorare un fatto così grave, sappiamo che non hai agito lucidamente. >>
<< Ma io… >>
<< Per tale motivo. >> aveva continuato la donna imperterrita. << Abbiamo deciso di evitare il carcere. Sarai mandato in un istituto correttivo, dove delle persone qualificate ti aiuteranno a superare i tuoi problemi. >>
Il ragazzo non aveva potuto credere alle proprie orecchie.
<< Cosa? Un istituto correttivo… intendete dire un manicomio? Ma io non sono pazzo. >>  aveva ribattuto mortificato.
<< Nessuno ha parlato di manicomio Nico… >>
<< Io non sono pazzo. >> aveva ribadito nuovamente il moro, alzando il tono della voce. << Io non pazzo, è stata quella brutta puttana di merda! >> questa volta la voce era un urlo. 
Le due donne gli avevano intimato di calmarsi, ma Nico aveva perso il senno della ragione. Con un calcio aveva fatto cozzare la sedia di ferro a terra, per poi ribaltare il tavolo. Due agenti avevano fatto immediatamente irruzione nella stanza.
<< Preparatelo, partirà questa notte stessa. >> aveva detto la psicologa, uscendo.





Il ragazzo chiuse gli occhi e poi li riaprì.
Quel giorno si sarebbe celebrato il funerale di Bianca. Ma a lui non era stato permesso di partecipare. In realtà non gli avevano permesso neanche di salutarla un ultima volta. Come se potesse nuocere ad un cadavere.





<< Dove mi portate? >> aveva domandato il ragazzo all’agente che lo aiutava a cambiarsi gli abiti sporchi di sangue. 
<< Happy Island. >>
<< Devo vedere mia sorella. >>
<< E’ morta, il cadavere ora si trova in obitorio per gli accertamenti. >> 
<< Allora mio padre. >>
<< Non vuole, mi dispiace. Forza, è ora di andare. >>
<< No, sono innocente. >> 
<< Lo sappiamo, per questo non finirai in carcere. >>
<< Ho detto che non vengo. >> aveva ribadito irremovibile.
Un agente lo aveva allora sorpreso alle spalle, conficcandogli una siringa nel collo. L’attimo dopo aveva perso i sensi. 





Qualcuno bussò alla porta.
<< Sto entrando a ritirare il piatto. >> esclamò una voce.
L’attimo dopo la porta si aprì,
<< Ancora questa storia? >> lo redarguì l’uomo. << Devi mangiare, hai bisogno di forze! Presto dovrai uscire da qui e cominciare ad adattarti alle regole come tutti gli altri. >>
<< Fottiti. >> rispose Nico, coprendosi il volto con il cuscino infastidito dalla luce. 
L’uomo sbuffò e richiuse la pesante porta.
Maria è morta, Bianca è morta. La tua famiglia è morta Nico.
Cosa farai ora che sei solo al mondo? Chi ti aiuterà a combattere i tuoi demoni? Chi ti cullerà quando ti sentirai solo e spaurito? A chi chiederai un consiglio, quando l’indecisione prenderà il sopravvento?
A nessuno.














Qualche ora dopo.








<< Caronte allora, il ragazzo è pronto? >> chiese una donna
<< Non ancora, purtroppo si rifiuta di mangiare o lavarsi. >>
La donna sbuffò impaziente. << Sono già trascorsi tre giorni dal suo arrivo! Dovrebbe già essersi un minimo ambientato. >> 
<< Lo so signora Era, ne sono consapevole. >> si scusò l’uomo.
Era si poggiò una mano sulla fronte, esasperata. << Come al solito devo sempre dirti tutto io Caronte. Cerca di capire cosa potrebbe alleviare il suo dolore e procuraglielo. >> 
<< Sarà fatto. >>
<< Ti avviso, hai a disposizione ancora due giorni, dopodiché dovrà essere pronto, altrimenti puoi riprendere le tue vecchie cianfrusaglie e lasciare l’isola seduta stante. >>  

<< Signorina Era, le prometto che tra due giorni il ragazzo sarà a lezione come tutti gli altri. >> 
<< Me lo auguro, adesso vattene. >> lo liquidò la donna con un gesto della mano.
L’uomo esibì un piccolo inchino e uscì svelto.

Era si sedette alla scrivania, Caronte era così limitato ed ottuso, l’unica ragione per cui non aveva ancora deciso di liberarsene, era la fiducia. Da anni infatti lavorava come suo assistente personale e mai aveva osato tradirla. 


La donna afferrò la tazza di caffè adagiata accanto al suo quadro preferito. Lo prese in mano e si perse ad ammirare tutti i volti ritratti nella foto. 
<< Dovremo rifarla. >> disse tra se e se. << Nel frattempo questa andrà bene. >> esclamò appiccicando un ritaglio del volto di Nico, accanto a quello di altri ragazzi. 
Un secondo dopo la porta si aprì, 
<< Era, amore sei pronta? >> domandò un uomo entrando. 
<< Zeus caro, è già ora? >> si stupì la donna, dando un’occhiata all’orologio; segnava la mezzanotte. << Oh perdonami, e che sono così in pensiero per il ragazzo nuovo. >>
<< Quel Di Angelo giusto? >> 

<< Esatto, si rifiuta di mangiare e lavarsi da giorni. Ho dato a Caronte l’ultimatum, ma sono sicura che fallirà come al suo solito. >> spiegò la donna.
L’uomo annuì pensieroso, 
<< Ci penserò un po’ su e vedrò che posso fare. Però adesso andiamo, la sala è già piena e le ragazze stanno per esibirsi. >> 
<< A chi tocca stasera? >>
<< Mclean, Chase e Gardner. >> 











La porta si aprì nuovamente.
Non era mai accaduto prima di allora. Nico si ridestò dal dormiveglia in cui era caduto e scattò a sedere sul letto, pronto a saltare addosso a chiunque tentasse di fargli qualcosa.

<< Sei sveglio? >> domandò la voce rauca di Caronte.
Il ragazzo si rilassò un poco. 
<< Si. >> 
<< Dimmi cosa vorresti in questo momento? >> 
<< Andar via da qui. >> 

<< No, devi dirmi qualcosa che posso portarti al momento. >> 
<< Un aereo per andare via da qui. >>
<< Intendo un oggetto che io possa portare a mano qui, in questa stanza. >> 
<< Un canotto allora, l’importante è che mi permetta di andarmene. >>
L’uomo strepitò e fece per uscire, ma sull’ultimo Nico lo bloccò,
<< Sigarette. >> esclamò.
Caronte tornò indietro,

<< Portami delle sigarette ed un lettore mp3 con l’intera discografia degli Evanescence. >> 
Il vecchio annuì visibilmente soddisfatto e uscì chiudendo la porta.




La mattina dopo Nico trovò accanto al vassoio della colazione, due pacchetti di sigarette, un accendino ed un lettore mp3 con un paio di cuffie. 
Per la prima volta da quando era arrivato, la visione di quegli oggetti gli provocò un lieve senso di felicità. Con foga scartò il pacchetto e prese una sigaretta, l’accese ed espirò profondamente il fumo. Qualcosa in lui si sciolse, ed un vago senso di sollievo prese a farsi strada nel suo petto. Afferrò poi l’mp3 e fece partire Never Go Back, tenendo il volume al massimo. Finalmente poteva coprire le urla incessanti che udiva provenire da fuori la stanza giorno e notte.
L’effetto del fumo e lo stordimento della musica, lo aiutarono a non pensare al dolore, e a fine giornata riuscì persino a mandare giù la cena, per la gioia di Caronte. 
Ma due sigarette ed un paio di canzoni non erano sufficienti per fermare il profondo dolore che dilaniava il suo animo. Mentre era seduto sulla mensola della finestra infatti, i pensieri tornarono a tormentare la sua mente;
- Com’era finito in un manicomio? Non poteva ancora crederci. Fino ad un mese prima era sul letto accanto a sua madre, insieme a Bianca a leggerle una storia. Mentre adesso era lì, solo, confuso e distrutto dentro. Suo padre l’aveva condannato senza neanche dargli l’opportunità di spiegare. Persefone lo aveva incastrato alla perfezione, riuscendo a liberarsi di entrambi in un solo colpo. E nessuno era davvero intenzionato a credergli veramente… Cosa avrebbe fatto d’ora in poi? Era forse questo il futuro che gli spettava? Per sempre circondato da infermi e trattato come tale?
In preda all’ira il moro  cominciò a picchiare la griglia, ed allo stesso tempo a piangere,
<< B-Bianca, m-mamma… Aiut-tatemi. >> singhiozzò, mentre le nocche cominciavano a sanguinare. 
Tremante tentò di accendersi l’ultima sigaretta, ma quella gli sfuggì di mano e cadde fuori dalla griglia. 
<< No! >> gridò esasperato, colpendo nuovamente il ferro. Cosa che non fece altro che aumentare il suo già presente dolore.  << No, no, no! >> 

Ecco l’ennesima perdita. Anche quella sigaretta era scivolata via dalle sue mani senza che lui potesse far nulla.
Esausto dal dolore crollò in un sonno torbido di incubi, mentre la musica ancora cantava nelle sue orecchie. 



Nico stava correndo lungo una scalinata a chiocciola. Saltava due, tre rampe alla volta, agile come un gatto. Per quanto si sforzasse però, le scale non terminavano mai. Stremato rallentò la corsa, ma più rallentava più il numero degli scalini aumentava. Riprese allora la salita, e dopo un interminabile tempo, riuscì finalmente ad arrivare in cima, completamente privo di forze e col fiato mozzato. Davanti a lui una porta di legno si ergeva incombente. Nico dovette impiegare tutte le ultime energie rimaste per aprirla, e quando ci riuscì,  davanti a lui vide Persefone che spingeva Bianca dalla cima della torre.
- Troppo tardi. – lo beffeggiò, mentre Bianca urlava disperata. 
- Bianca nooo! –  


Poi la scena cambiò, c’erano Ade e Persefone che si baciavano nel letto, accanto a Maria che immobile li guardava. Persefone cominciava a spogliarsi, mentre Ade le baciava i seni. Nico si trovava sulla porta, incapace di muoversi, era immobilizzato davanti a quell’odiosa scena. Il ragazzo poteva vedere delle lacrime scendere dal volto di sua madre, mentre i due si spingevano ben oltre. 
Il ragazzo provò allora a chiudere gli occhi ma nemmeno quelli rispondevano alla sua volontà. Non poteva sopportare un minuto di più di quella tremenda visione. Magicamente però, vide sua madre Maria alzarsi dal letto. Con un gesto della mano fece sparire i due, e con un altro lo sbloccò dalla sua immobilità. 
Nico corse verso di lei e le asciugò le lacrime dal viso.
- Mamma…-
- Ssssh. Va tutto bene Nico, davvero. -
- Mi dispiace, avrei voluto fermarli ma… -
- Ti ho detto che non importa, la mia preoccupazione principale al momento sei tu. -
- Io? -
- Si esatto, cosa stai facendo Nico? Non puoi buttare la tua vita così. -
- Non ho più nessuna ragione per vivere. - 
- Si che la hai, devi solo trovarla. - 
- Senza te e Bianca nulla ha più importanza per me. - 
- Non dire così, la nebbia inganna sempre. Ma la luce tornerà a splendere te lo prometto. -
- Cosa devo fare. -
- Trova una ragione, non posso dirti altro. - 
- Tu sei reale? -
- Trovala Nico. -


Nico spalancò gli occhi. Era stato tutto solo un sogno, solo un sogno, ma così vivido e reale.
Visibilmente sconvolto da quel che aveva appena vissuto, si precipitò verso la porta; doveva uscire da lì ed il più presto possibile. Con violenza prese a battere i pugni contro l’uscio, chiamando a gran voce Caronte. Ma nessuno arrivò ad aprirgli…
Prese allora a tempestarla di calci e pugni, poi ancora con una sedia, ed una lampada. Ma nulla, per quanto si sforzasse la porta non faceva una piega, e nonostante il forte chiasso nessuno sembrava essere interessato a lui. In un impeto d’ira lanciò perfino l’mp3 che si frantumò in mille pezzi. Doveva andarsene da quella stanza il più presto possibile. Non gli importava se non gli avrebbero fatto lasciare il manicomio, doveva trovare una ragione per tenersi aggrappato alla poca lucidità mentale che gli rimaneva, altrimenti l’oblio l’avrebbe risucchiato per sempre. 
- Devo trovare una ragione, un qualcosa che mi sproni ad non abbandonarmi. Una motivazione valida che mi dia la forza di continuare a vivere… 
Subito alla mente tornò vivida la scena di Persefone che afferrava Bianca e la spingeva oltre la balaustra. L’urlo mozzato da quel tonfo macabro. 
Ecco, c’è l’aveva. Sarebbe andato avanti per vendicare la morte di sua sorella, sarebbe andato avanti per eliminare Persefone e riscattare così Bianca e la sua innocenza. C’è l’aveva, la sua ragione di vita, ora l’aveva trovata.
- Mamma sono pronto per ricominciare.


Continua…
  
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