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Autore: Mrs Montgomery    25/07/2016    2 recensioni
Grace King era al suo ultimo anno di liceo. D’animo allegro e tranquillo, era restia all'amore, non lo voleva cercare né tantomeno trovare.
Lucas Turner si era appena trasferito da Chicago, stufo delle continue liti con i genitori e al turbolento rapporto con loro.
I due coetanei si incontrarono una sera d’estate scoprendo di essere vicini di casa. Ciò non imponeva nessuna situazione comune, se non quella di essere compagni di qualche corso a scuola, inoltre entrambi volevano solamente passare un anno tranquillo.
Grace era appena uscita da una disastrosa relazione e Lucas non desiderava impicci.
Nessuno dei due era in cerca di tenerezza o passione, ma al cuore non si potè comandare e, quando i sentimenti si incontrarono, non poterono far altro che unirsi per formare l'emozione più bella.
La loro storia verrà ostacolata e dovranno prendere delle decisioni che li porteranno a separarsi.
Lucas e Grace riusciranno a ritrovarsi solamente mostrando una forte tenacia e coraggio per superare ogni ostacolo.
Solo così potranno essere liberi.
Liberi di vivere.
Liberi di amarsi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Trailer di Inaspettato Amore



Viaggio nella città ventosa
 



«Hai preso tutto?»
Grace annuì, richiudendo il borsone e buttandolo a terra. Sua madre, seduta sul letto, la guardava con aria spensierata e non poteva mancare quel suo sorriso dolcissimo.
«Per fortuna Peter è riuscito ad ottenere quel permesso. Scommetto proprio che tu e Natalie vi divertirete a Charleston. Un week-end per sole ragazze!»
«Oh, sì! Ce la spasseremo alla grande!»
Vedere la figlia mostrarle uno dei suoi sorrisi più luminosi, fu qualcosa che Josie avrebbe ricordato per sempre, specialmente dopo molti giorni in cui fecero fatica a rivolgersi la parola. L’arresto di Lucas, con la conseguente decisione di impedire a Grace di andarlo a trovare, aveva creato non poca tensione in casa. Ce ne era stata molta di meno quando Brandon fuggì, ed era tutto dire!
Come sempre, era stato Peter a prendere le redini di quella spiacevole vicenda, tenendo strettamente controllata la figliastra. Josie approvava l’idea di preservare il futuro della figlia, mantenendola lontana dal processo e da qualunque questione che riguardasse quel problematico ragazzo - ormai era quello il nomignolo del povero Lucas - ma nonostante ritenesse che il fine fosse buono, alla donna si spezzava il cuore nel vedere Grace disperata. La sofferenza della ragazza era evidente, non provava nemmeno a nasconderlo.
Più volte Josie discusse con Peter se quella fosse la scelta giusta e ogni volta comprendeva che era impossibile agire in altro modo. Grace era l'unica figlia rimasta al loro fianco, per questo motivo era disposta a fare l’impossibile per evitare di mettere a repentaglio la sua vita, con scelte di cui si sarebbe certamente pentita in futuro.
Con Brandon era certa di aver fallito. Lei e Peter avrebbero dovuto pressarlo di più per fargli continuare gli studi, così - forse - non sarebbe finito in giri penosi e sicuramente non sarebbe fuggito da casa sua. A Josie mancava moltissimo il suo ometto e le si spezzava il cuore non aver ricevuto nemmeno uno straccio di notizia da lui. Peter provò a tranquillizzarla, dicendole che si trattava di un momento passeggero, uno scatto di ribellione e che non era necessario andare a cercarlo. Prima o poi sarebbe tornato all'ovile.
Come ogni madre che ama i suoi bambini, Josie avrebbe riaccolto a braccia aperte Brandon, sebbene le avesse provocato tante delusioni. Al contrario, Grace aveva sempre dato del suo meglio per non creare problemi o disagi in famiglia, tranne quando decise di rimanere al fianco di Lucas a discapito delle dicerie. Eppure Josie non lo giudicava un errore irreparabile, bensì un tipico comportamento adolescenziale che a lungo andare si sarebbe dissolto.
Le pareva brutto dirlo, però andava più che fiera della sua piccola bambolina. Ciò non significava che le voleva più bene che a Brandon, erano entrambi i suoi bambini e l’affetto era il medesimo, però non poteva negare che fosse maggiormente legata a Grace. Forse perché era femmina e quindi erano riuscite ad essere amiche, oltre che madre e figlia.
Josie si alzò dal letto per carezzare il volto ancora fanciullesco di Grace. Era il suo bene più prezioso. Ammise di essersi sentita sollevata, quando la figlia le disse che aveva accettato la loro decisione di tenerla lontana da Lucas. A malincuore, comprese che si trattava di una relazione destinata a terminare e accettò che prima sarebbe accaduto, meglio sarebbe stato per tutti.
Da quel giorno, in casa si respirò un’aria nuova.
Peter continuava a tenerla d’occhio, ma alla fine Grace dimostrò di aver compreso veramente e non tentò più di avvicinarsi a Lucas. Non andò neanche più a far visita a Loraine, nonna del ragazzo, perché sapeva che era ancora vulnerabile e avrebbe ceduto ad aver notizie del ragazzo.
Tutto ciò non potè che far tirar un sospiro di sollievo ai suoi genitori, che si levarono un peso dal cuore. Di certo non provavano alcun divertimento nel vedere la loro - ormai - unica figlia soffrire.
«Oh! Questa deve essere Natalie!» esclamò dopo aver sentito il campanello suonare.
Grace prese il borsone con entusiasmo e seguì la madre fino all’ingresso, dove Peter stava scambiando qualche chiacchiera assieme al signor Fisher.
Fra tutti i padri dei suoi amici, quello di Natalie era il suo preferito. Un uomo dal sorriso sempre sulle labbra e dalla battuta pronta. Grace adorava andare alla sua solita grigliata domenicale. Una volta ci portò anche Lucas e sia Charles che sua moglie lo trattarono benissimo; non che ci fosse da stupirsi, i coniugi Fisher erano veramente splendidi.
«Grace, pronta a visitare i famosi giardini di Charleston?!» esclamò il padre di Natalie, dopo averla salutata con un caldo abbraccio.
«Se devo essere onesta, credo che passeremo la maggior parte del tempo a prendere il sole. Sai che siamo capaci di farlo per tutto il week-end» gli rispose ridacchiando e contagiando tutti con la sua vena allegra.
«Hai perfettamente ragione. Che birbantelle!»
«Forza, papà! Non tratteniamoci in futili chiacchiere, abbiamo un autobus da prendere» intervenne Natalie, sventolando una mano e mostrando una certa fretta nel voler partire.
«Allora le accompagni tu, Peter?» chiese il signor Fisher.
«Sì» rispose l’altro, prima di afferrare entrambi i borsoni delle due ragazze e uscire di casa. «Andiamo, su!»
Charles salutò la figlia dandole un bacio sulla fronte e fece altrettanto con Grace, che aveva sempre considerato come una seconda figlia. Josie fece lo stesso e poi rimase a sventolare la mano fino a quando l’auto di Peter non svoltò l’angolo a fine quartiere.
Il tragitto per arrivare all’Atlanta Greyhound Bus Station durò mezz’ora, essendo l’inizio del week-end c’era molto traffico. Per fortuna l’avvocato pensò di partire due ore prima della partenza dell’autobus, era sempre stato un tipo previdente. Una volta arrivati, raggiunsero velocemente il binario e attesero che il mezzo arrivasse, stando su una panchina. Non servì fermarsi a comprare i biglietti, se ne era già occupato Peter.
Nonostante tutto sembrasse esser tornato alla normalità, l’uomo la teneva ancora sott’occhio. Difatti, quando arrivò il bus, si mise di fronte al finestrino dei posti delle ragazze e non scostò lo sguardo dalla figliastra fin quando non si fosse assicurato che non poteva scendere dal bus.
«Non si fida proprio di te» constatò Natalie una volta che l’autobus si avviò.
Grace annuì e alzò gli occhi al cielo. Afferrò l'elastico dal polso e si legò i capelli in una coda alta. «Fingere di assecondarli è stato estenuante, ma almeno ha dato i suoi frutti. Non sai che supplizio ho passato!»
«E che passerai se i tuoi genitori dovessero scoprire dove realmente stiamo andando» continuò l’altra ragazza spostando lo sguardo dal finestrino al viso dell’amica, che stava seduta di fronte a lei. «Lo sai che ti appoggio pienamente e che mi sono divertita a definire bene il piano, ma stai rischiando davvero tanto.»
«La vita merita di essere vissuta appieno.»
«E non c’è dubbio che tu lo stia facendo, Grace. Oggi l’assaporerò anche io, cambiando duecento direzioni e passando da uno stato all’altro!» esclamò Natalie infilando le mani nella grande borsa marrone e iniziando a tirar fuori tutto ciò che era dentro. Si fermò quando trovò un foglio tutto spiegazzato. «Facciamo il punto della situazione. Tra mezz’ora arriveremo alla stazione degli autobus di Conyers. Scendiamo e compriamo subito i biglietti per Charlotte. Dovremmo arrivare in quattro ore, ma calcolando che potrebbero esserci dei ritardi, direi che al massimo per le due del pomeriggio arriveremo lì. Scendiamo pranziamo al primo bar, pub o qualsiasi altra cosa vicina che fornisca cibo e poi andremo dritte all’aeroporto. Pregherò in finlandese che ci siamo voli disponibili per Chicago.»
Grace scoppiò a ridere. «Da quando sai il finlandese?»
«Da mai, però era per rafforzare il concetto» precisò Natalie tutta concentrata a leggere la loro tabella di marcia. «Dove ero arrivata… ah ecco! Allora se ci sono voli diretti, in due ore saremo a Chicago mentre se ci toccherà il volo con scalo, ci impiegheremo quattro ore... o di più, beh in ogni caso entro stasera saremo nella città ventosa!»
«Ottimo» asserì Grace con un sospiro di sollievo.
«Se Lucas sapesse ciò che stai facendo per lui, credo proprio che ti chiederebbe di sposarlo e io lo appoggerei in pieno!» esclamò Natalie rimettendo tutti i suoi effetti personali, compreso il foglio del loro itinerario, nella borsa. «Invidio da matti il tuo coraggio… e la tua pazzia, ovviamente.»
«E perchè mai dovreste invidiare queste mie note caratteristiche? Sei qui con me. Ciò significa che devi essere coraggiosa o pazza almeno quanto lo sono io.»
«In effetti, direi che lo sono» rise l’altra ragazza annuendo convinta. Poi il suo sorriso si spense lentamente. «Mi dispiace aver mentito a Ted, lui crede veramente che stiamo andando a Charleston. Per lo meno non c’è rimasto male perché stiamo andando senza di lui, si è bevuto la scusa del viaggio di sole ragazze senza fidanzati.»
«Per me è semplice. Il mio sta in gattabuia.»
«Non starà lì per molto.»
«Lo spero» sospirò Grace passandosi una mano sul viso. «Come minimo, Lucas penserà che io l’abbia abbandonato. Non sono mai andata a trovarlo e alle udienze non si è vista nemmeno la mia ombra.»
«So che Sebastian è riuscito ad andarlo a trovare. Ci va ogni giorno, a dir la verità. Magari glielo ha detto che ti impediscono di vederlo» ipotizzò Natalie cercando di risollevare l’umore della sua migliore amica. «Non lo so con certezza perché se non sto con te, sto con Ted e con entrambi non tiro fuori l’argomento “Lucas”. Con te perché c’è sempre tua madre o Peter e con Ted è praticamente impossibile parlarne.»
Grace voltò il capo verso di lei con lo sguardo di una che desiderava una risposta sincera. «Ted crede ancora che Lucas sia colpevole?»
L’espressione dispiaciuta sul viso di Natalie le diede la risposta. Quest’ultima tentò di trovar qualcosa che potesse discolparlo o non rendere tutto più difficile, ma non c’era granchè da dire.
«Io non lo penso!»
«Su questo non ho dubbi.» Grace le rivolse un sorriso sincero e le posò una mano sul gomito. «In caso contrario non saresti qui, o sbaglio?»
«Io ti appoggerei sempre, sei mia sorella.»
«L’ho sempre saputo che tu saresti stata l’unica a non abbandonarmi.»
«Ted non ti ha abbandonata, ma… è così strano in questo periodo. Evito di affrontare l’argomento perché siamo proprio su due binari differenti. È schivo e da troppa retta a Kelly, ma questa non è una novità.»
Grace corrucciò la fronte non appena sentì pronunciare il nome della ragazza. Sebbene il rapporto con lei fosse leggermente migliorato, non riusciva a dimenticare tutto ciò che aveva fatto contro lei e Lucas. Non era stato un comportamento infantile, bensì pessimo e perfido. In realtà Grace aveva ben altro a cui pensare, quindi fu facile evitare qualunque tipo di scontro con Kelly. Eppure dovette ammettere che il sia avvicinamento repentino a Ted non la lasciò indifferente.
«Spero che tutta questa storia finisca presto anche per questo. Non appena Lucas sarà dichiarato innocente, vedrai che tutto si riaggiusterà.».
Natalie annuì e si strinse a lei, sentendo il bisogno di essere confortata. Per quanto forte potesse mostrarsi in mille e più occasioni, il cuore e i sentimenti erano un suo punto debole. Le pesava il fatto che Ted insinuasse la colpevolezza di Lucas e non per Grace, lei si era mostrata - stranamente - paziente nei confronti dell’amico. Natalie si affidava spesso al suo fiuto infallibile, anche se in quel caso sperava tanto di sbagliarsi, e sapeva che nel comportamento strano di Ted c’era di più.
Passarono in silenzio il viaggio in autobus fino a Conyers e uguale quello per Charlotte. Preferirono ascoltare la musica o fare le parole crociate. Non avevano discusso, quello era il loro modo di rilassarsi e ne avevano un gran bisogno data la situazione in cui si erano messe.
Poco prima di raggiungere l’aeroporto di Charlotte chiamarono i loro genitori mentendo sul fatto che fossero arrivate a Charleston e stessero per raggiungere il piccolo hotel in nel quale - si supponeva - avrebbero alloggiato. Dovevano prestare attenzione ai dettagli della loro messa in scena, bastava pochissimo per far saltare tutto.
All’aeroporto di Charlotte riuscirono a trovare due posti liberi per Chicago e anche se nel loro itinerario c’era lo scalo, che richiedeva più tempo del previsto, li comprarono. Dovevano raggiungere la città ventosa al più presto possibile, inoltre si stava facendo tardi e dovevano trovare rifugio per la notte.
Grazie all’arguzia di Natalie, il posto per il pernottamento era pronto. Durante il viaggio in autobus, la ragazza prenotò in un Bed & Breakfast della città..
«Il potere della tecnologia e del mio buon intelletto!» esclamò soddisfatta quando atterrarono a Chicago, rincuorando in seguito la sua migliore amica, sul posto dove avrebbero trascorso il loro breve soggiorno.
Alle undici e mezza toccarono il morbido materasso della stanza matrimoniale che avrebbero condiviso. Si addormentarono non appena chiusero le palpebre. Qualsiasi cosa sentivano di confidarsi venne rimandata al mattino seguente, più precisamente a colazione.
Fu davanti ad una bella tazza di caffè, e qualche deliziosa briosche, che le due ragazze di Atlanta affrontarono il discorso.
«Quindi… non appena finiamo questo ben di Dio andremo da loro?»
Grace annuì. «Hai tu l’indirizzo, vero?»
«Sì.»
«È una fortuna che Loraine ci abbia appoggiate. Senza di lei, ora non saremmo qui.»
«Già!» esclamò Natalie bevendo lentamente il suo caffè amaro. «In tutta onestà non avrei compreso il contrario. Loraine è molto affezionata a suo nipote, non avrebbe avuto senso negargli un’opportunità. Quando le ho proposto il piano, mi ha confessato che l’idea le era già balenata per la mente, ma è stata una decisione di Lucas non farli intromettere.»
«Lucas non ha altra scelta» disse duramente Grace. «Comprendo il suo pensiero, ma se ciò che stiamo per fare potrebbe aiutarlo allora se ne starà buonino… anche perché non può fare altro.»
Natalie alzò lo sguardo sul viso dell’amica e si ritrovò un po’ preoccupata per lei. Quella situazione stava lentamente cambiando tutti quanti, nel caso di Grace… beh… doveva ancora comprendere fino a quanto si sarebbe spinta per cambiare le cose. Per il momento la vedeva bella agguerrita e sperava tanto che non avrebbe perso tutto quel coraggio, gliene sarebbe servito molto per ciò che l'aspettava.
Conclusa la colazione, Grace e Natalie si prepararono psicologicamente per quello che sarebbe stato un incontro abbastanza particolare. Chiamarono un taxi e diedero il recapito all’autista, il quale disse subito che distava qualche chilometro dal Bed & Breakfast in cui risiedevano. Nonostante ciò, uscì un buon prezzo per la corsa, meno di quanto le ragazze avessero previsto.
«Caspita!» esclamarono all’unisono quando scesero dal taxi e i loro occhi si posarono automaticamente sull’immensa villa, appartenente ai genitori di Lucas.
Non c’era ombra di dubbio che stavano bene di soldi, quel particolare saltava subito all’occhio!
L’abitazione dei Turner era collocata in un quartiere residenziale molto abbiente, ed era circondata da un gran verde. La casa, o per meglio dire la villa, era protetta sul davanti da un gran cancello e si collegava ad un alto muro che - secondo una buona logica - la circondava.
Distava poco dal centro città e dal porto, che Grace ricordò essere il posto preferito di Lucas. Il ragazzo era solito rifugiarcisi, soprattutto dopo una litigata con i genitori o quando gli accadeva qualcosa che lo turbava. Raggiungeva il porto in bicicletta e rimaneva lì fino a quando non sbolliva la rabbia.
Chiunque non appartenesse a quel mondo di sfarzo, non poteva che rimanere a bocca aperta. Grace si avvicinò al cancello e si sporse per osservare quella che una volta era l’abitazione del suo Lucas. Oltre il cancello c’era un lungo viale, diviso dall’immenso giardino dai caratteristici cespugli a forma di muro, che conduceva al grande edificio costruito esternamente con mattoni beige.
Una fontana antica stava in mezzo al viale; si deduceva che quando si arrivava con l’auto bisognava girarle attorno, come ad una rotonda, per arrivare al garage. L’edificio centrale era suddiviso in due piani e collegato ad altre due strutture, che parevano essere le sue braccia e i quali ingressi erano preceduti da lunghi porticati.
«Suoniamo?» domandò Natalie distogliendola dall’ammirazione per quella villa.
«Oh… ehm… sì» farfugliò prima di allungare la mano e premere il campanello esterno.
«Abitazione della famiglia Turner, sono Rupert» rispose una voce maschile dallo spiccato accento inglese.
Le due ragazze si scambiarono varie occhiate, poi Natalie le fece cenno di continuare a parlare.
«Salve, m-mi chiamo Grace e avrei bisogno di parlare con i signori Turner.»
«Ha un appuntamento?»
«Ehm… no.»
«Allora non può entrare, arrivederci!»
Grace aggrottò la fronte, trovandolo non poco maleducato e suonò nuovamente. Non lo lasciò pronunciare la sua formula che prese subito la parola. «È davvero urgente. Sono in casa i signori Turner?»
«Se non ha appuntamento con uno dei loro non può entrare. Mi spiace. Arrivederci!»
Grace stava per suonare nuovamente, ma quel tale Rupert l’anticipò: «Se non si allontana immediatamente da questa abitazione, chiamerò la polizia. Arrivederci!»
La parola che uscì dalle labbra della ragazza fu poco educata e volgare. Assieme a Natalie tornò in strada e si mise a pensare ad una maniera per entrare. Non stava rischiando la sua totale libertà per tornarsene a casa a mani vuote. Non lo accettava minimamente!
In una maniera o nell’altra, i genitori di Lucas l’avrebbero ricevuta e ascoltata. Ormai era lì ed era pronta a giocarsi il tutto per tutto.
Natalie ebbe l’idea di seguire il perimetro della proprietà, magari avrebbero trovato un’altra entrata. Una speranza abbastanza scarsa e difatti scoprirono che non c’era altro modo di entrare… a meno che non si avesse scavalcato il muro. Pressappoco doveva esser alto due metri e mezzo, Grace escogito di scavalcarlo e poi scendere aiutandosi con un albero che stava lì vicino. Almeno avrebbero evitato di schiantarsi a terra come due polpette. Era alta la probabilità che sarebbe finita così, dal momento che Grace non era propriamente una ragazza dinamica.
Cadde a terra comunque, ma solo perché scivolò quando scese dal tronco d’albero e il suo regale posteriore non ne risentì parecchio.
«Tutto bene?» le domandò Natalie allungandole una mano.
Grace annuì, rialzandosi lentamente. Passò velocemente la mano sui jeans per pulirsi, non poteva presentarsi ai suoi suoceri… si domandò se poteva veramente definirli così. Scosse il capo scrollando via quel quesito inutile dalla sua mente, aveva una rilevanza molto bassa in confronto a ciò che l’aspettava.
«E ora che facciamo? Bussiamo alla porta o ci intrufoliamo dentro?»
«Il buon senso mi suggerisce di bussare… ma dopo aver scavalcato quel muro credo che dovremmo continuare a mantenere questo profilo da simpatiche canaglie!» esclamò Natalie ridacchiando.
Era veramente incredibile, anche nelle situazioni più disparate riusciva ad avere senso dell’umorismo! Non era un comportamento che rientrava in Natalie, Grace capì che lo stava facendo per farla star un po’ più tranquilla. Chiunque nella sua situazione sarebbe stata tesa, specialmente se le persone a cui avrebbe chiesto aiuto gliele avevano sempre descritte come… come delle persone con cui era meglio non avere niente a che fare.
«Che dici? Ho qualche chance di scoprire che in realtà sono carini e coccolosi?»
Natalie inarcò un sopracciglio e inclinò il capo, la risposta era piuttosto ovvia.
«Afferrato il concetto.»
«Ehi, voi!» esclamò una voce alle loro spalle.
A pochi metri di distanza stava un uomo anziano, ma dal fisico ancora prestante, che le fissava con occhi guardinghi. Saltò all’occhio il suo blando abbigliamento, specialmente la tenuta in jeans, e in mano aveva un rastrello.
«Voi due! Venite qui o chiamo la polizia!» continuò il giardiniere avanzando velocemente verso di loro.
Natalie e Grace non persero tempo e cominciarono a correre per depistarlo. Scavalcarono le piccole siepi e tentarono di nascondersi dietro ai cipressi, ma quell’uomo sembrava avere una vista acuta come quella di un falco. Sperarono tanto che rinunciare alla caccia, stancandosi di rincorrerle per tutto quell’immenso giardino. Sfortunatamente le loro preghiere non vennero ascoltate e quel giardiniere continuò a star alle loro calcagna.
Arrivate a quel punto, Natalie incitò l’amica ad entrare nella villa mentre lei avrebbe distratto come poteva quel mastino di giardiniere. Grace non voleva lasciarla sola, ma era certa che se la sarebbe cavata e poi non avevano altre possibilità. Si staccò da lei e cominciò a correre in direzione dell’abitazione senza guardarsi indietro. Brevi istanti più tardi si ritrovò di fronte alla porta rossa, all’ingresso principale della villa. Afferrò la maniglia ed entrò senza esitazione. Fu come addentrarsi in uno dei libri di Ted.
Grace sgranò gli occhi di fronte a tanta bellezza. Si sentiva così piccola. Sorretta da una serie di pilastri di marmo scuro, con una pavimentazione lucida e che faceva risuonare ogni passo, la scalinata in legno, gli affreschi antichi e quella statua sulla sinistra, toglieva veramente il fiato.
Di fronte a tutto quello, quasi si scordò del motivo per cui era lì.
«Ehm… ciao?»
La voce che la risvegliò. Lentamente Grace si voltò e alla sua destra apparve un ragazzo, che all’incirca poteva avere quattordici anni. Inarcò le sopracciglia, continuando ad osservarlo, fisicamente somigliava molto a Lucas.
«Ciao» salutò lei un po’ stordita dalla quella notevole somiglianza.
«E tu sei…»
Grace abbozzò un sorriso, pronta a presentarsi, ma venne improvvisamente afferrata per un gomito. Sussultò spaventata e si ritrovò a pochi centimetri dal viso due occhi che la fecero rabbrividire.
«Chi diamine sei tu, ragazzina?!» esclamò l’uomo strattonandola.
Una donna gli posò una mano sulla spalla. «Calmati, Derrick! Non vedi che la stai spaventando?»
«Ed è il minimo, mia cara!»
Scostandosi, Grace riuscì ad osservarli con più attenzione. L’uomo era molto più alto di lei e possedeva un aspetto vigoroso, si notava nonostante indossasse un completo formale. Dalle spalle larghe intuì che sicuramente frequentava una palestra. Se alzava un attimo lo sguardo sul viso, le veniva voglia di riabbassarlo subito, aveva un’aria veramente minacciosa. Grace non trovò alcuna somiglianza con Lucas e in quel momento ne andò più che fiera. Al contrario, intravide qualcosa di famigliare nella donna che stava alle spalle del signor Turner. Lucas le aveva parlato tanto di sua madre, ostentando sempre l’affetto che lo legava a lei e aggiungendo che era l’unica persona di cui sentiva la mancanza.
Grace la osservò a lungo, ammirandone la bellezza eterea. Era poco più bassa del marito e indossava un tailleur nero, sicuramente molto costoso, che metteva in risalto la sua pelle marmorea. Possedeva molta grazia e un’eleganza unica, pregi che si misero in mostra quando tentò di calmare il marito mantenne un comportamento da vera signora. Grace la fissò intensamente, rimanendo affascinata dai capelli biondi chiarissimi e dagli occhi azzurri dal taglio affilato.
No, non erano proprio azzurri, rifletté Grace.
Erano una sorta di miscuglio tra l’azzurro e il grigio, un colore che adorava perché fino a qualche giorno prima lo poteva ammirare nello sguardo di chi amava e l’amava a sua volta.
Fu talmente immersa nell’acuta osservazione che si accorse della presenza di Natalie, la quale era stata condotta lì dal giardiniere e dal maggiordomo, solamente quando le voci dei padroni di casa rimbombarono nell’atrio.
«Ti decidi a parlare o devo chiamare la polizia?!» Era stato il padre di Lucas a parlare.
Grace scattò sugli attenti e strinse il manico della sua borsetta, tentando di darsi forza. Era alquanto nervosa e non solo perché si trovava di fronte ai suoi suoceri. Stavano di fronte a lei nei loro completi griffati e la studiavano con fastidioso interesse, suscitandole non poco timore.
«Salve, mi chiamo Grace King e lo so che non mi conosc-»
«Arriva al dunque, ragazzina, non sono uno a cui piace perdere tempo.»
Che brutto s…scorbutico!
Per quanto Grace desiderasse tirargli qualcosa in testa, cacciò dentro tutta la sua impulsività e prese un respiro profondo. «Sono qui per Lucas, vostro figlio. I-io… io lo conosco, vengo da Atlanta, e lui ha bisogno di voi.»
Il signor Turner assottigliò lo sguardo e si sporse in avanti, fingendo di non aver compreso bene. «Ripeti, prego.»
«Lucas è nei guai e ha bisogno della sua famiglia.»
«È questo che siamo ora per lui? Ora siamo la sua famiglia?!» sbottò l’uomo facendola sussultare per quei suoi modi veramente brutali.
Grace tenne duro solo perché sapeva di avere Natalie ad appoggiarla e perché non aveva altra possibilità per salvare il ragazzo che amava con tutto il cuore.
«Quel ragazzo è sempre una vera sorpresa! Non lo si vede da un anno. L’ultima volta che ci siamo rivolti parola mi ha sputato in faccia il suo disprezzo, affermando che questa non era una famiglia e ora vorrebbe il nostro aiuto?!»
«Lucas non sa che sono qui» tentò Grace con tono di voce basso.
«No?» replicò il signor Turner utilizzando quel sarcasmo pungente, che le ricordò tanto Rylan. «E toglimi una curiosità, ragazzina. Dov’è il figliol prodigo?»
«Lui… lui è in prigione.»
«In prigione, ottimo veramente» disse Derrick tra sé e sé, cominciando a camminare avanti e indietro per l’ingresso padronale. Si mise a ridere beffardo. «Incredibile! Quel ragazzo se ne va perché ha dei problemi e ne causa anche nel suo nuovo piccolo rifugio.»
«Non ha causato problemi!» sbottò Grace, rendendosi conto poco dopo di aver alzato troppo i toni. Riprese il controllo di sé e poi continuò. «Lucas si è trovato immischiato... contro il suo volere, questo è piuttosto ovvio» concluse con un fil di voce.
«Si dice sempre così, no?»
«Sto dicendo la verità.»
Il signor Turner si avvicinò repentinamente e la guardò dritta negli occhi. Sfuggire a quel feroce sguardo fu impossibile. Grace se la stava facendo sotto da morire, non lo negava, ma doveva trovare la forza, ormai c’era dentro con tutte le scarpe!
«Ragazzina, mi credi così idiota da crederti?»
La moglie si avvicinò con tranquillità e gli pose una mano sulla spalla. La signora incuteva meno timore, ma ciò non la rendeva un pezzo di pane. Persino Lucas lo aveva detto: «Mio padre alza la voce e allora tutti fanno silenzio per paura. Dovrebbero temere di più mia madre che a prima vista può sembrare un angelo, e con noi figli lo è, ma con chi minaccia la famiglia sa essere davvero brutale.»
Forse Grace la trovava meno spaventosa per via dei racconti di Lucas, nei quali l’aveva sempre dipinta come una madre amorevole e disposta a tutto per la sua famiglia. Maestosa con quel suo portamento, pareva una regina d’acciaio, eppure Grace intravide una luce di bontà in più rispetto a quella del signor Turner.
«Derrick, calmati. La ragazza non ha detto che sei un’idiota e dubito che lo pensa, siccome non ha basi sufficienti per esprimere un giudizio sensato. Forse se provassi a darle modo di spiegare…»
«Oh, Claudia non ti ci mettere anche tu!»
La donna lo ignorò deliberatamente e posò per la prima volta lo sguardo su Grace, mettendola in soggezione. La stava degnando della sua attenzione, rubando la scena al marito. «Cosa è accaduto a mio figlio?»
Quel tono dolce la rilassò subito. Si vedeva che era una madre in pena e poi Grace si ricordò che Lucas le aveva confidato che la donna gli aveva sempre passato assegni di nascosto, ma lui non li aveva mai incassati per rispetto delle proprie decisioni.
«Signora, Lucas è in guai seri e credo che solo con il vostro aiuto possa cavarsela. Non si tratta di una banale ragazzata.»
Il signor Turner si frappose tra loro. «No! Sentitemi bene entrambe. Lucas se ne è andato da questa casa e facendolo ha rinunciato a qualunque beneficio che questa famiglia poteva donargli!» poi rivolse quello sguardo minaccioso a Grace. «Quindi se ne torni da dove è venuta, cara signorina, qui perde solo tempo.»
«Non può far sul serio… signore!» scalpitò Natalie non riuscendo più a starsene in silenzio. «È suo figlio. Metta da parte l’orgoglio e lo aiuti. Ha ascoltato ciò che ha detto Grace? Lucas rischia di finire in prigione e chissà per quanto!»
«Forse la prigione è ciò che gli serve. Una lezione per abbassargli la cresta.»
Grace ne ebbe abbastanza. Era fiato e fatica sprecata. Avevano fatto quel tentativo, provato quell’ultima spiaggia e non c’era niente da fare. Quell’uomo non si sarebbe mai schiodato dalle sue convinzioni.
Sospirò pensando che almeno ci avevano provato e non avrebbero avuto il rimorso.
«Natalie, andiamo via.»
«Che cosa?! Non vorrai veramente…»
«Non otterremo niente stando qui a sbraitare ai muri» disse Grace lanciando un’occhiata al padre. «Mi rendo conto di aver fatto un errore. Lo accetto e arrivati a questo punto è meglio se battiamo in ritirata. Vi direi che è stato un piacere conoscervi, ma la mia totale sincerità me lo impedisce. Arrivederci e tante care cose!» esclamò sventolando blandamente una mano e facendo per andarsene.
Contò tre passi e poi udì un forte applauso rimbombare per tutto l’atrio. Grace aggrottò la fronte, domandandosi il senso di tale gesto e si diede una valida risposta quando si voltò. Fecero uguale gli altri presenti nell’atrio e mostrarono la stessa espressione perplessa della ragazza quando videro chi era l’esecutore di quel solenne applauso.
Nel suo completo più elegante e con il suo caratteristico ghigno stampato sul viso, Rylan stava in cima alla scalinata di marmo.
«Fantastica! Non sei cambiata di una virgola, Graziella!» esclamò scendendo lentamente le scale mentre l’eco del suo applauso si dissolse lentamente.
«Conosci questa ragazza?» domandò sua madre Claudia.
«Certamente! È stata la mia prima vera conoscenza al mio arrivo ad Atlanta» disse senza scostare quegli occhi glaciali dal viso di Grace.
Nemmeno lui era cambiato e, nonostante le avesse ceduto il fascicolo su suo fratello, continuava a non piacerle. In quel momento che aveva sott’occhio sia Rylan che il signor Turner, non potè far altro che notare la somiglianza nell’atteggiamento di superiorità e quell’aria da trionfatori. Le veniva la pelle d’oca a star con loro nella stessa stanza. Erano proprio il genere di persone che preferiva evitare, perché erano capaci di mettere in soggezione anche il più coraggioso degli uomini e la più agguerrita delle donne.
Istintivamente Grace arretrò di qualche passo quando vide che Rylan stava proprio camminando a passo felino nella sua direzione.
«Sono contento di vederti. Mi era mancato questo tuo modo di fare da gattina feroce.»
Fermarlo fu impossibile. Rylan la prese per le spalle e le schioccò un bacio sulla guancia, facendo apparire sul viso della ragazza una smorfia. Per Grace non era proprio un gran piacere, contrariamente per Rylan che si stava godendo al massimo quel momento.
«Ce ne stavamo andando» intervenne Natalie affiancando l’amica e lanciando un’occhiataccia al maggiore dei fratelli Turner.
«E perché mai? Oh… certo, perché loro non hanno accolto le vostre speranze.»
«Già. Quindi… addio, di nuovo.»
Rylan non le lasciò andar via. Con un rapido scatto, prese la mano di Grace per portarla di fronte alla sua famiglia. «Mamma, papà e fratellino, perché mai non ascoltate questa ragazza che ha avuto il fegato di venir fin qui?»
Era complicato capire se stesse scherzando o usasse l’ironia per attenuare la tensione.
«L’abbiamo ascoltata e non ci interessa nulla di ciò che ha detto» asserì il padre.
«Madre?» tentò Rylan.
Claudia si portò due dita alla tempia e rifletté per qualche attimo. Lo sguardo insistente di suo marito non sembrò toccarla minimamente, non era una donna facilmente soggiogabile dall’opinione altrui. Nonostante ciò non diede alcun cenno positivo.
Mise le braccia conserte ed sospirò desolata. «Forse Lucas ha bisogno di crescere. Qui non ha mai pagato per le sue scorribande, se così si possono veramente definirle.»
Rylan accennò ad un cenno del capo. Nel suo sguardo c’era il desiderio di andare affondo a quella faccenda. «Dimmi dolce Grace, che cosa avrebbe combinato il mio ingenuo fratellino?»
Grace rimase un po’ sulle sue. Quelle persone le avevano negato il loro aiuto senza prima sapere esattamente cosa fosse accaduto a Lucas. Visti i precedenti credevano che si trattasse di qualche azione vandalica. Se l’avessero fatta parlare, invece che aggredirla verbalmente, forse avrebbero capito che la situazione era nettamente più grave. Grace avrebbe potuto urlargli la verità e ribellarsi alla loro negligenza, ma chi le avrebbe assicurato che in quella maniera non avrebbero danneggiato di più Lucas?
«Se non ci dici con esattezza cosa ha fatto, sarà difficile aiutarlo» la incitò Rylan.
«È accusato di omicidio» sputò Natalie.
La bomba era ufficialmente scoppiata.
Nel grande atrio scese un silenzio che poteva far concorrenza a quello di un cimitero. Grace alzò lo sguardo su Rylan e vide che era rimasto completamente senza parole. In altre circostanze avrebbe gioito nel vederlo a bocca asciutta, quello però non era il caso giusto. Spostò gli occhi sul patriarca della famiglia Turner e non trovò un’espressione tanto diversa. Come il suo prediletto, Derrick fu colto dalla sorpresa, anzi dall’incredulità. Inizialmente rimase in silenzio, poi soffocò una risata nervosa guardandosi attorno e infine tornò a fissare il viso di Grace, capendo che non si stava prendendo gioco di loro.
La signora Claudia ebbe una reazione diversa, il suo viso sbiancò dopo che Natalie diede quella notizia con poco tatto. Si lasciò scappare un gridolino mentre, dall’espressione che assunse, a Tyler pareva di aver sentito una barzelletta.
«È uno scherzo?» domandò Rylan.
«Voi lo conoscete sicuramente meglio di me. Ha combinato qualche danno anni fa, però non farebbe mai del male a qualcuno… non fino a quel punto» parlò Grace, tentando nuovamente di toccare il loro senso della famiglia. «A parte sua nonna, è rimasto da solo e sono sicura che sia innocente! Gli è stato assegnato un avvocato d’ufficio, ma a quanto pare è un incapace. Ha bisogno di voi, delle vostre conoscenze, del vostro affetto… di tutto quanto. So bene che il rapporto con voi è stato dei migliori, anzi azzarderei a dire che è stato pessimo e ora sembra scomparso. Ma è vostro figlio e vostro fratello, non potete abbandonarlo.»
«Avrai sì e no diciotto anni. Cosa ne puoi sapere?» chiese Derrick bruscamente.
«Ne so quanto basta» rispose Grace a testa alta, provando meno timore nei suoi confronti. Quello era un argomento dove vinceva indubbiamente. «E, se me lo permette signor Turner, anche se non ne sapessi nulla, credo che dovrebbe aiutare suo figlio perché nel profondo deve provare un briciolo d’affetto. Magari non sarà il suo prediletto, ma Lucas è sempre suo figlio. Non dico che dovrebbe improvvisamente dimostrargli tutto l’amore di questo mondo, però le chiedo di non voltargli le spalle in questo momento difficoltoso della sua vita.»
Quanta fierezza c’era nelle sue parole.
Era entrata in quella casa con la paura del cuore e la speranza di essere ascoltata. L’avevano aggredita, strattonata e provato a schiacciarla con la loro alterigia.
I Turner erano come una famiglia Reale.
Derrick pareva un re ambizioso e scaltro, sempre pronto a colpire i propri nemici e poco incline a scendere a compromessi. Claudia figurava come algida regina, apparentemente fredda, rispettosa del marito e protettrice della sua casa, ma all’occorrenza capace di prendere in mano la situazione. In effetti Grace contava molto sul suo aiuto, sapendo che è Lucas era il suo figlio prediletto.
Quel discorso l’aveva pronunciato a cuore aperto. Le parole uscirono spontaneamente dalla sua bocca. Non se l’era minimamente studiato e sperava di aver fatto centro. Le importava meno di zero di essersi messa in buona luce. La loro opinione sul suo conto valeva ben poco per Grace. Tutto ciò a cui mirava era di aiutare Lucas e non a farsi bella ai loro occhi.
«Caro, vieni di là con me un attimo?» chiese Claudia.
Il signor Turner le rivolse un’occhiata interrogativa, poi quando sembrò capire scosse il capo.
«Per favore» tentò nuovamente la donna.
Lui non demorse.
«Dannazione, Derrick! Seguimi in salotto e ascoltami per una buona volta!»
La voce furiosa di Claudia risuonò per tutto l’atrio. In fretta e furia, moglie e marito andarono dritti in salotto chiudendosi dentro e lasciando tutti gli altri in attesa.
«Forse ora hai qualche speranza» disse il fratello minore diretto a Grace. «Comunque io sono Tyler… e la tua amica è?»
«Natalie» rispose l’altra.
Il ragazzino sorrise, mostrando un’espressione ingenua. «Quindi siete amiche di Lucas.»
«In realtà lei è la sua ragazza» disse Rylan indicando Grace.
«Oh! Ti va di vedere la sua camera da letto? L’hanno lasciata uguale a quando è partito… credo perché la mamma sperava che un giorno Lucas sarebbe tornato. Allora… ti va di vederla?»
Grace rimase un po’ spiazzata da quella confidenza che il giovane Tyler le stava mostrando. Il suo viso allungato era luminoso e possedeva quel piglio spensierato che solo un ragazzo di quattordici anni poteva possedere; pareva un pesce fuor d’acqua in quella famiglia di rigidi. Lucas sembrava più ben piazzato, per via della sua riservatezza e quel non-so-che di misterioso.
«Forse è il caso che io stia ferma qui.»
«Conoscendo i soggetti, i nostri genitori la tireranno per le lunghe. Vai pure a farti un salto!» esclamò Rylan indicandole di salire.
«Tyler falle strada, mentre io farò compagnia alla deliziosa Natalie.»
La ragazza gli lanciò un’occhiataccia e scostò dalla sua spalla la mano dell’uomo. Natalie fece cenno a Grace di seguire quello che sembrava il più normale membro di quella famiglia.
Tyler arrossì e le fece strada, iniziando a parlare di come solitamente spiegassero agli ospiti di come era stata costruita la villa e di come lui sbadigliasse ogni minuti mentre si sorbiva tutta la tiritera.
In cinque minuti di tragitto per raggiungere la camera di Lucas, Tyler non smise di parlare nemmeno per un secondo: la batteva in quanto radio umana. Grace imparò che era un’amante del basket e delle giacche di pelle, che era interessato più allo sport che alle ragazze, le ricordò Sebastian per questo.
Non era egocentrico, Grace comprese che non le rivolgeva nessuna domanda su di lei per non cadere nell’imbarazzo se avesse toccato qualche punto dolente. Da qualche atteggiamento si riusciva a capire che condivideva la stessa sensibilità di Lucas.
«Eccoci qua!» esclamò Tyler aprendo la porta e lasciandola passare per prima.
Grace rimase sorpresa, se l’aspettava gigantesca. Forse era stata influenzata troppo dall’apparenza. Invece la camera di Lucas era così… normale. Grande quanto bastava, luminosa, con qualche foto sparsa sul muro e i poster dei suoi giocatori di football preferiti. Il letto matrimoniale era contro la parete a destra dell’entrata e ai lati stavano due scaffali, in cui scarseggiavano i libri. Cd di musica, una sveglia digitale, resti di cuffie rotte, un lettore cd e altri oggetti sparsi qua e là. C’era un comò in legno di quercia ai piedi del letto e la scrivania piena di fogli sparsi stava dalla parte opposta della stanza.
Per quanto potesse essere contenta di stare in un posto molto intimo per Lucas. Il suo odore era rimasto nell’aria, era come averlo vicino e per quanto fosse bella quella sensazione le portava anche una grande malinconia, perché le ricordava anche quanto fosse grande la distanza fra loro.
«Ha visto qui?» Tyler attirò la sua attenzione indicandole il trofeo d’oro che stava su una mensola. «L’ha vinto quattro anni fa al campo estivo. Da quel giorno è diventato il mio eroe… lo era.»
Spense in fretta il suo sorriso. Grace non lo biasimò affatto, del resto aveva provato sulla sua stessa pelle cosa significava venir delusi dalla persona a cui si voleva più bene.
«Giocava a basket?»
«Sì. Non te lo ha mai detto?»
Grace scosse il capo desolata, ma accennò ad un sorriso quando vide che Tyler si stava sentendo in colpa per la domanda che le aveva rivolto.
«Lucas non parlava spesso di ciò che faceva qui, anzi… non ne parlava affatto.»
«È stato Rylan a dirti i guai che ha combinato?»
«Sì» rispose la ragazza in un sospiro. «Io e Lucas ne abbiamo parlato e non ha negato nulla. A modo suo è stato sincero e l’ho perdonato, non che ci fosse veramente bisogno. Tutti commettono errori e non credo sia giusto giudicare una persona in base al suo passato.»
«Sei una forte!»
«Credo solamente di essere abbastanza matura per comprendere la situazione.»
«No, no. Sei una forte!» Grace non riuscì a trattenere una risata divertita e alzò le mani concedendoglielo. «Credo sia a causa tua se Rylan è tornato a casa a mani vuote. Non ci ha mai raccontato cos’è successo ad Atlanta. Appena è arrivato ha solamente detto che voler riportare a casa Lucas era una partita persa e che lui non correva dietro alle cause perse.»
«Sì, credo proprio sia una frase che direbbe Rylan.»
«Sarei proprio curioso di sapere come lo hai sconfitto!» esclamò Tyler con l’entusiasmo alle stelle.
La sua non era cattiveria, ma ingenuo divertimento. Sicuramente Lucas non era stato il solo a mostrarsi sorpreso della resa di Rylan. Grace ammise che ne andò un po’ fiera e si godette quel momento di gloria.
Le scappò da ridere, ma si ricompose in fretta. «Dire che l’ho sconfitto è un tantino esagerato.»
«Io non penso, invece!»
«Io sì» ribattè Rylan entrando nella stanza e cogliendoli sul fatto di quella discussione. «Fratellino, dovresti tornare a leggere i tuoi fumetti. Credimi, sono più avvincenti. Grace, i miei genitori ti aspettano giù nell’atrio.»
Ciò significava che avevano preso una decisione. Il cuore della ragazza fece un sussulto.
«Tyler, è stato un piacere conoscerti» disse voltandosi per salutarlo.
Il ragazzino arrossì e si passò una mano tra i capelli. Compì lo stesso gesto che faceva Lucas quando era nervoso e questo intenerì Grace. Senza dubbio c’era più somiglianza tra Lucas e Tyler, che fra loro e Rylan.
«Anche a me ha fatto piacere. Ehm… sicuramente hai tante foto di Lucas e con Lucas, ma… la v-vuoi tenere questa?»
Tyler aveva fatto una rapida corsa fino al muro, sopra al letto di Lucas, per arraffare una foto vecchia di tanti anni. L’immagine ritraeva tutti e tre i fratelli Turner, durante una vacanza in montagna. Grace strabuzzò subito gli occhi quando la prese in mano. Rylan, Lucas e Tyler sembravano veramente uniti; stavano giocando insieme in mezzo alla neve e i loro sorrisi erano sinceri.
Forse non doveva mostrare tanto stupore, del resto lei sapeva poco e niente del rapporto che intercorreva fra loro. Lucas aveva sempre evitato di parlarne e lei non lo aveva incitato per non essere indisponente. Solamente su Rylan le raccontò qualche aneddoto poco carino, ma era matura abbastanza per intuire che “qualche aneddoto” non erano abbastanza per descrivere diciassette anni di convivenza.
«Lo so che magari non te ne frega niente. È solo per farti capire che non siamo tutti delle mele marce» disse Tyler con un tale dispiacere che persino Rylan ne fu colpito, anche se ovviamente non lo diede a vedere. «Volevo bene a Lucas… gliene voglio ancora. Se non l’ho mai cercato è perché… è difficile cercare qualcuno che si è allontanato così tanto, senza voltarsi mai una volta. Ricordo bene la notte che abbandonò questa casa e non solo quella.»
Oh, per Grace non era niente di nuovo. Lei lo capiva. Capiva quel senso di vuoto che anche Tyler doveva aver provato quando suo fratello era fuggito da Chicago.
Grace e Tyler avevano provato la stessa rabbia per i rispettivi fratelli. E avevano versato le stesse lacrime, soffocato il pianto disperato contro un cuscino e poi fatto finta che tutto il dolore fosse sparito. Chiaramente non era sparito. Era ancora lì, nei loro cuori. Un drappo impossibile da ricucire. Arduo era perdonare il tradimento della persona che più si aveva amato o ammirato.
Istintivamente Grace lo abbracciò. Era come per fargli capire che lo capiva e che avrebbe voluto attenuare quel dolore. Tyler non potè capire, ma andava bene così.
La ragazza lo salutò carezzandogli una spalla e poi seguì Rylan fino al piano inferiore, dove l’attendeva la risposta più attesa di tutta la sua vita.
Grace scese lentamente i gradini di quella lunga scalinata. Le sembrò di vivere il momento a rallentatore per via della tensione che aveva in corpo. Gli occhi dei coniugi Turner erano fissi su di lei. Provò a capire la risposta dal loro sguardo, ma quei due erano veramente enigmatici: un tratto che Lucas aveva certamente ereditato dai suoi genitori.
La ragazza rimase in silenzio, voleva che fossero loro a dire quello che dovevano dire. Per fortuna quel silenzio non durò a lungo, Grace detestava quei momenti in cui i suoi pensieri facevano decisamente troppo rumore.
Derrick Turner fece un passo avanti, scostandosi dalla moglie, e mantenendo quella freddezza impeccabile si mostrò pronto a parlare.
«In seguito ad una ponderata riflessione riguardo alla tua richiesta, ti informiamo che partiremo per Atlanta.»
Quello bastò per far scalpitare di gioia il cuore di Grace. Ce l’aveva fatta veramente? Non ci poteva credere!
«Essendo una famiglia di prestigio e possedendo un’azienda, non è così semplice assentarci dal nostro ambiente e per troppo tempo. Ma data la situazione, sarà impossibile non allontanarci da Chicago» asserì facendo tirar un sospiro di sollievo a Grace, che per un attimo pensò che ci stesse ripensando lì su due piedi. «Capirai bene che dobbiamo sistemare alcuni affari, massimo tre giorni e arriveremo ad Atlanta. Dovremo trovare una sistemazione, non so se mia madre ci darà l’onore di ospitarci.»
Natalie stava per ribattere, ma Grace la tenne buona. Fosse mai che il re e la regina di ghiaccio potessero ripensarci a causa di qualche risposta buttata male.
«Questo è tutto ciò che lei deve sapere. Sono certo che avremmo ancora modo di vederci» continuò il signor Turner non scomponendosi minimamente. Con un cenno della mano fece segno a Rylan di avvicinarsi. «Figliolo, mi faresti la cortesia di accompagnare le ragazze ovunque vogliono? Hanno finito qui e, visto il grande disturbo che si sono prese per quello scapestrato di tuo fratello, direi che non possiamo lasciarle andar via in taxi.»
«Come darti torto, papà. Sarebbe alquanto scortese da parte nostra.»
Agli occhi di Grace, l’ambiguità di Rylan era alla pari a quella del signor Turner. Non era solo una questione di atteggiamento, bensì il loro modo di prendere in mano una situazione, riuscire ad infilarsi e manovrarla a proprio piacimento. Il primo impatto con entrambi non era stato dei migliori. Rylan aveva mentito sulla sua identità presentandosi come Kristopher, poi ha iniziato i suoi intrighi, e Derrick era stato aggressivo nei suoi confronti, eppure in quel momento si era mostrato un perfetto uomo d’affari.
Per la ragazza era difficile inquadrarli. Scosse la testa, pensando che in realtà non le importava poi così tanto di capirli. Tutto ciò che voleva era di far uscire Lucas di prigione e se quei due sarebbero stati le sue buone carte, allora non aveva niente da ridire.
Era disperata, lo ammetteva a sé stessa. E una persona disperata, specialmente negli affari in cui il cuore ne era il protagonista, sarebbe stata disposta a tutto per lui. Anche scendere a patti con il suo peggior nemico.
Rylan rivolse a lei e Natalie il classico ghigno e le sorpassò andando alla porta.
«Vi auguro un buon viaggio di ritorno» le salutò la signora Turner.
Grace ricambiò con un timido gesto della mano e uscì da quella casa a braccetto con Natalie. Scesero i tre gradini del porticato e notarono con poca gioia che Rylan era bello e ghignante ad aspettarle. L’uomo aprì loro la portiera e con un gesto della mano fece cenno di accomodarsi nei sedili posteriori.
Il sol pensiero di stare nella stessa autovettura con Rylan faceva rabbrividire entrambe. Si chiesero perché, fra tutto quello sfarzo, non disponessero di un’autista. Sarebbe andato bene anche il maggiordomo o quello scorbutico giardiniere. Almeno Rylan ebbe la decenza di starsene in silenzio per tutto il viaggio ed ebbero fortuna a non trovare la strada trafficata. Per quanto apprezzassero il suo mutismo, Natalie e Grace non vedevano l’ora di liberarsi del primogenito dei Turner. A primo acchito, sembrava ben disposto ad aiutare Lucas, ma ciò non bastava per guadagnarsi la loro completa fiducia.
Come potevano dopo tutto quello che aveva causato ad Atlanta?
Grace possedeva una buona memoria per i torti e i tradimenti, lei non dimenticava mai e un suo difetto era di portare rancore a lungo. Certamente era stata contenta, più che altro molto sorpresa, quando Rylan le diede il fascicolo su Brandon senza voler nulla in cambio, ma ciò non bastava per ottenere la sua completa fiducia. Mai abbassare la guardia era una prerogativa di Grace, senza contare che farlo con Rylan sarebbe stato un grosso errore.
«Eccovi alla vostra dimora» disse l’uomo scendendo dall’auto e andando rapidamente ad aprire la portiera. Mise in bella mostra il suo più seducente sorriso e allungò una mano per aiutare Natalie a scendere, ma lei arricciò il naso e ricambiò esibendogli una smorfia.
Grace soffocò una risata divertita quando vide che la sua migliore amica l’aveva beatamente snobbato. Lei non gli prestò molta più attenzione. Sibilò un “grazie” per cortesia e poi lo sorpassò.
«Graziella!» la chiamò Rylan utilizzando quel soprannome italiano affibbiatole ancora al loro primo casuale incontro.
La ragazza si voltò rimanendo sulla soglia della porta del Bed&Breakfast. Fissò quegli occhi di ghiaccio in attesa di sentirlo parlare, ma Rylan non si scompose minimamente e lei si domandò se fosse stato colpito da un’improvvisa paralisi. Il furbo primogenito dei Turner rimase appoggiato alla sua auto con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e l’aria di chi stava aspettando.
Grace intuì che non le avrebbe detto niente fino a quando Natalie non si sarebbe tolta dalla scena. Quindi si voltò verso l’amica e le fece cenno di entrare nel B&B.
«Sicura?»
«Sì. Vai pure.»
«Nell’attesa chiamerò la signora Loraine e l’aggiornerò su quello che ci ha detto il suo simpatico figliolo» disse Natalie alzando gli occhi al cielo al pensiero del capofamiglia dei Turner. Nei suoi confronti provava la stessa antipatia che provava per l’adorato primogenito. L’unica cosa che le piaceva - che poi piacere era una parola grossa - di quella famiglia di ghiaccio era che avrebbero aiutato Lucas. Natalie schioccò un’occhiataccia a Lucas e poi entrò nel Bed&Breakfast.
Grace si avvicinò a Rylan e, mettendo le braccia conserte, gli fece cenno di parlare.
«Sei una sorpresa continua» affermò lui mantenendo il contatto visivo. «Avevo capito che fossi agguerrita, ma non fino al punto di sfidare i miei genitori.»
«Io non ho sfidato proprio nessuno. Sto solo cercato di aiutare Lucas.»
«Tu farai di tutto per tirare fuori dai guai il mio adorabile fratellino.»
«Ti do questa impressione?»
Rylan ammiccò ad un sorriso divertito. «Non era una domanda, dolcezza. Sappi che otterrai tutto ciò che vorrai, in fondo hai finalmente capito che ti sei rivolta alla persona giusta.»
«Con “persona giusta” intendi tu?» domandò Grace inarcando un sopracciglio.
«Ovviamente. È passato del tempo dal nostro ultimo incontro, ma ricordo bene le mie ultime parole e tu?»
Certo che Grace se le ricordava.
«Hai detto che ti ritenevi un ottimo alleato. È a questo a cui ti riferisci?»
«Esattamente» rispose Rylan con soddisfazione. La sua sicurezza era qualcosa di veramente invidiabile, sembrava sempre tenere il controllo della situazione e - si era capito - ogni sua mossa era imprevedibile. Queste caratteristiche lo rendevano un nemico pericoloso, quando un formidabile alleato. Ma sarebbe veramente giunto il momento in cui Grace avrebbe riposto la sua fiducia nelle viscide mani di Rylan?
La risposta non arrivò quel giorno. Rylan si avvicinò a lei a passo felpato e alzò una mano per carezzarle una guancia. «Continua a tenerlo a mente, piccola Grace. Sarà la tua salvezza e quella di mio fratello» mormorò. Le voltò le spalle, senza mai girarsi, e salì sulla sua auto proseguendo per la sua strada.
Per immensa gioia di Natalie e Grace non lo rividero per i restanti due giorni del loro soggiorno. Rimasero a Chicago, fingendo di essere a Charleston e nonostante tutto si divertirono. In realtà forse era troppo definire “divertimento” i momenti trascorsi nella città ventosa. Entrambe provarono a trarre spensieratezza da ogni attimo possibile, ma Lucas era il loro punto fisso. Evitarono di cantar vittoria per non portare sfortuna, però credevano di aver ottenuto un piccolo successo. Riponevano fiducia nella famiglia Turner perché non c’era altro a cui potersi aggrappare. Ai loro occhi Lucas era innocente, ma sfortunatamente sembravano esserci molte prove a suo sfavore. Inoltre l’avvocato d’ufficio che gli avevano assegnato, non aveva fatto alcun progresso!
Natalie e Grace speravano che la famiglia di ghiaccio avrebbe utilizzato al meglio le proprie risorse. Non c’era altro da fare che aspettare.
«Hai fatto un ottimo lavoro» le disse Natalie durante il viaggio di ritorno ad Atlanta. «Vedrai che riusciremo a tirar fuori Lucas da tutta questa situazione incasinata e al più presto saprà anche il perché non sei andata a fargli visita.»
«Grazie, ed entrambe abbiamo fatto un ottimo lavoro» la corresse Grace.
Non poteva che esserle riconoscente per tutto ciò che fu disposta a fare in quel week-end. Una delle poche fortune che le erano capitate nella vita era proprio quella di aver incontrato Natalie. Era una ragazza con un gran cuore e una mente brillante, una combinazione che le avrebbe spianato la strada del futuro.
In molte occasioni, Grace si era fatta forza pensando alla grinta che la sua migliore amica usava per raggiungere i suoi obiettivi. Ammirava quella tenacia invalicabile, che a volte metteva Natalie sotto una luce cupa e fredda, quando invece gran parte delle sue azioni erano dominate dal cuore. Non era affatto un’insensibile, ma prendeva le decisioni con coscienza senza trascurare i suoi sentimenti. La ragazza riusciva a mantenere un equilibrio tra mente e cuore.
Per Grace ciò era arduo, dal momento che spesso agiva presa dall’impulsività. Per fortuna Natalie era sempre stata il suo sostegno e riusciva a farla ragionare; senza di lei, sarebbe finita spesso nei guai. Poteva sembrare una di quelle frasi già pronte e di false fondamenta e invece Natalie era uno dei pilastri che reggevano la sua vita e tutto sarebbe crollato senza la sua presenza.
Era veramente incredibile come la sola voce della sua migliore amica, sembrava aggiustare ogni pezzo rotto. Grace suppose che era tutto per via degli anni trascorsi insieme, durante i quali la loro amicizia non potè che rafforzarsi affrontando i problemi di ogni età. Natalie era stata al suo fianco in ogni momento che fosse stato di gioia o di tristezza.
Erano state numerose le volte in cui asciugò le lacrime di Grace e altrettante erano le volte in cui Natalie riuscì a trovare il sorriso dopo essersi sfogata con la sua migliore amica. Erano come due puzzle che si incastravano alla perfezione. Insieme formavano un disegno carino mentre separate non erano altro che due singoli pezzi.
Assieme a Lucas, Natalie era stata l’unica persona a non abbandonarla di fronte ad una difficoltà. Grace avrebbe potuto includere Ted nella cerchia ristretta di persone che le avevano teso una mano in caso di difficoltà, ma il problema che sussisteva era la testardaggine del ragazzo nel ritenere Lucas una pessima persona e, da quando era iniziato il processo, aveva messo in dubbio la sua innocenza nell’omicidio di David.
Ciò che legava Ted e Grace era qualcosa di profondo e ostico da distruggere. Provavano un grande affetto l’uno per l’altra, per questo la ragazza decide di farsi scivolare addosso i pensieri malsani su Lucas. Grace era certa che, non appena il suo ragazzo sarebbe stato reputato innocente, Ted si sarebbe ricreduto e tutto sarebbe tornato meravigliosamente come prima. Ma queste erano solo le sue speranze, la realtà sarebbe stata un po’ diversa.
«Andrà tutto bene, vedrai» la rassicurò Natalie. «Supereremo presto questo momento e tra qualche anno sarà solo una brutta parentesi chiusa.»
Grace annuì, credendo alle parole dell’amica. Le trasmetteva sempre molta fiducia, senza però darle false speranze. La sincerità era ciò che sanciva il loro rapporto, tenendolo slegatamente stretto per oltre un decennio. «Ti confesso che ho convissuto assieme la paura da quando Lucas è stato portato via in manette. Ho sempre pensato a cosa ne sarebbe stato di me, di lui, di tutto quello che abbiamo passato e dei progetti che avevamo insieme. Tutte le mie sicurezze hanno iniziato a sgretolarsi e credevo che sarebbero volate via come polvere nel vento.»
«Parli al passato. Cosa è cambiato?»
«Ho iniziato a credere che c’è speranza.»
«Certo che c’è speranza!» esclamò Natalie con un largo sorriso. «Non devi arrenderti, Grace. Lotta, lotta fino all’ultimo respiro e vedrai che Lucas tornerà in libertà e finalmente potrete riprendere la vostra vita insieme. Combatti per il ragazzo che ami e combatti per la tua felicità. Io sarò al tuo fianco.»
Con gli occhi pieni di lacrime dalla commozione, Grace si lanciò addosso alla ragazza più importante della sua vita per rinchiuderla in un abbraccio carico dell’affetto che provava e della gratitudine che non sarebbe mai riuscita a ricambiare. Come si poteva ripagare tale generosità? Chi sarebbe rimasto al suo fianco in quella situazione? Chi avrebbe mentito e progettato un piano per salvare un ragazzo fortemente accusato d’omicidio?
Natalie Anne Fisher era il bene più prezioso che Grace poteva possedere.
Prima di raggiungere la stazione degli autobus di Atlanta, dove il signor Fisher le stava aspettando, le due ragazze si misero d’accordo di mantenere la farsa del viaggio a Charleston. Preferivano mantenere il silenzio sulla loro visita ai Turner, fino a quando quest’ultimi non avrebbero onorato la loro parola e sarebbero giunti in città.
«Grazie per il passaggio» disse Grace scendendo dall’auto. «Noi ci sentiamo domani, ok?» domandò verso l’amica.
«Ovvio. Buonanotte, tesoro» le augurò Natalie sporgendo dal finestrino per schioccarle un bacio sulla guancia.
Grace salutò il signor Fisher e poi, con il borsone in spalla, s’incamminò verso casa sua.
Quel momento le ricordò il suo primo incontro con Lucas. Avvenne proprio in quel punto preciso, tra il marciapiede e la staccionata bianca di casa sua. Grace si voltò come per rivivere quel momento, ma la presenza di Lucas alle sue spalle era solo un ricordo. Un velo di malinconia la circondò rendendola triste. In quel momento il ragazzo che amava stava dietro le sbarre mentre lei era lì a gustarsi l’aria aperta. Alzò lo sguardo sulla luna che brillava in un cielo senza stelle, proprio come quello della notte in cui David morì. Grace si domandò se, dalla sua cella, Lucas riuscisse a vedere quella splendida luna. Non stavano insieme, ma stavano entrambi sotto lo stesso cielo e in qualche modo erano uniti o almeno così le piaceva pensarla.
Sospirò pesantemente e si aggrappò a quella speranza donatale da Natalie. Doveva credere che Lucas sarebbe uscito da vincitore da quella situazione.
Grace si portò una mano al collo e sfiorò con i polpastrelli la catenina, fino ad arrivare al pietra azzurra incastonata nel ciondolo d’argento. Era stato il regalo di Lucas per San Valentino. Chiuse gli occhi ricordando ancora il suo visino mentre gliela consegnò e di quella tenerezza che suscitò quando le chiede di potergliela mettere al collo. Grace non se ne era mai separata e mai l’avrebbe fatto fino a quando l’amore che provava per lui non sarebbe svanito.
«Sei nel mio cuore» sussurrò nella sciocca speranza che lui la potesse sentire.
Sentì un groppo in gola e sapeva che da lì a poco si sarebbe messa a piangere, invece si stupì e riuscì a ricacciare dentro tutta la tristezza. Il tempo delle lacrime era finito. Era il momento di mostrare i denti e tirar fuori le unghie: avrebbe lottato!
La sua mano lasciò libero il ciondolo. Riaprì gli occhi, il suo sguardo era completamente dominato dalla determinazione. Grace riprese a camminare verso la porta di casa sua e quando la aprì non fece in tempo a dar notizia del suo ritorno che ad accoglierla fu un forte schiaffo.



Mrs. Montgomery:
Ciao a tutti!
I capitoli si stanno un po' allungando e spero che questo non vi causi problemi. Questo era importante perchè finalmente - sì lo potete proprio dire - avete conosciuto tutti i membri della famiglia Turner.
Chiaramente leggere ancora di loro, conoscendoli un po' meglio.
Grace è più che determinata ad aiutare Lucas, ma non troverà affatto la strada spianata e credo che nel prossimo capitolo rimarrete più che perplessi dal suo comportamento.
Io non vi anticipo nulla, vi lascerò tirare le vostre conclusioni ;)
Non solo Grace aiuterà Lucas e vedrete chi altro si darà da fare.
Mando un grosso bacio a tutti voi che avete letto questo capitolo e che continuerete a leggere la storia.
Grazie a chi recensisce e chi inserisce la storia tra le varie categorie.

Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.

Oppure se volete aggiungermi sempre su Facebook, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery

-Baci

 

   
 
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