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Autore: Mayth    03/08/2016    1 recensioni
La vita è fottutamente difficile quando il tuo coinquilino è un fantasma con la puzza sotto il naso.
Genere: Demenziale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando si parla di adolescenza ci si aspetta di saltare sui banchi di scuola e intonare canzonette mentecatte alla High School Musical. Ci si aspetta di cambiare ragazza o ragazzo ogni tre settimane, di trovare il proprio posto in quella famosa gerarchia che parte dallo sfigato con l’asma e gli occhiali sino a giungere al quarterback biondo e alto uno e novantadue.
La verità è che la vita non è un film.
 
Erik ha lasciato la scuola non appena ne aveva intravista l’occasione. Si era tirato su le maniche e aveva incominciato a strofinare via la sporcizia dai bagni sudici di locali notturni. Guadagnava una cicca e risate dietro al culo, ma non demordeva. Una volta racimolato quel che gli serviva per andarsene dalla sua famiglia adottiva, si era trovato un bell’appartamentino e un lavoro stabile in un negozio di film a noleggio. Guadagnava giusto quel che gli bastava per sopravvivere e prendersi ubriacature alla domenica sera.
 
Pensava di essere arrivato.
Ecco, sì: su quella pedana dove tutto è stabile e può solo mutare in meglio. Non desiderava certo vendere filmetti porno ai ragazzini che si spacciavano per adulti per tutta la vita, ciononostante non si lamentava per nulla quando tra le mani teneva stretta la propria paga e non doveva più sopportare vessazioni da suo “padre”. Era contento. Era a qualche passo dalla pura libertà.
 
Sean Cassidy, il suo collega, gli pompava l’ego con frasette ben assestate e sigarette sempre a portata di mano.
 
“Questo lavoro è una merda, Lehnsherr, ma è pur sempre un lavoro.”
 
Ed Erik pensava amen, fratello. Sean non era un cattivo ragazzo. Sniffava coca nei weekend e dopodiché assicurava tutti di poter smettere come niente se solo avesse voluto; usava slang da “giovani” e diceva che il miglior posto per abbordare una ragazza fosse l’acquario. Agli occhi di Erik era tanto patetico da sfiorare il suggestivo. Ne avevano fatte tante assieme negli anni in cui avevano lavorato fianco a fianco, senza mai considerarsi davvero amici. Se Cassidy fosse stato meno uno stronzo — ed Erik meno egocentrico, — forse Erik si sarebbe preso la briga di rispondere anche solo ad uno dei messaggi che gli inviava.
 
Poi il suo capo era arrivato un mattino vociando: “Una chiacchierata, Lehnsherr, vuoi?” E lo aveva mandato a casa senza troppi preamboli.
 
Cassidy non aveva sprecato uno sguardo nella sua direzione ed Erik lo aveva ignorato.
 
La verità è che la vita non è un film, dunque all’improvviso non ti capita di essere sbattuto fuori da un fottutissimo negozio a noleggio e di seguito contattato da un’agenzia multimiliardaria che riconosce in te le capacità di un grande mutante.
No.
Finisci con le mutande sporche da lavare nel lavandino perché i gettoni della lavatrice costano. Finisci con una lettera di sfratto infilata sotto la porta.
 
E poi ti ritrovi nel tuo bagno, nudo, a guardare un tizio in cardigan e camicia inamidata protendersi lungo il tuo lavandino, e all’improvviso ti senti come un mucchio di stracci con cui un dio pezzente si sta divertendo in modo sadico. Sei sul filo del rasoio e se non fai attenzione crepi matto come un cavallo. Il tizio abbassa il braccio e chiude la bocca, gli occhi spaventati e grossi come quelli di un cerbiatto restano, però. Nulla più si muove, se non la pozza d’acqua che lentamente allaga il bagno. Erik non si aspetta niente dal suo destino, ma questo gli pare uno scherzo bello e buono. Forse l’annuncio aveva ragione, forse è sempre stata opera di un pazzo squilibrato.
 
Poi il pazzo parla, ed è disarmante: “Tu puoi vedermi?”
 
Erik non spezza il contatto con lo sguardo. Sul soffitto del bagno si sentono dei passi, poi il vecchio che abita al piano di sopra accende la radio, le vibrazioni e la voce del cronista superano i muri e arrivano chiare persino alle orecchie di Erik.
 
“Certo che ti vedo.”
 
Alla radio c’è una donna che dà al suo ex marito della puttana. Dice di volersi separare, che la corte deve concederle di non far mai incontrare suo figlio col padre. Dice a suo marito-zoccola di preoccuparsi di crescere e diventare adulto, prima di pretendere di curare la loro creatura.
 
“Tu mi vedi.” Ripete il tizio davanti ad Erik, questa volta senza intonare una domanda.
 
Quando le parole scarabocchiate sullo specchio colano, mostrandogli così il riflesso di sé come mamma lo ha fatto, Erik si accorge effettivamente di essere nudo davanti ad uno sconosciuto. Fa uno scatto e afferra un asciugamano, il quale aggroviglia intorno alla propria vita per preservare quel poco di dignità rimastagli. Non sa bene dove incominciare a parlare, perciò risolve il cruccio scaraventandosi contro l’intruso e sferrandogli un pugno.
Tuttavia non funziona. Erik finisce col sfracellarsi la mano contro il muro, trapassando il tizio come se non si trovasse lì.
 
“Non puoi toccarmi,” apostrofa una voce alle sue spalle. Erik si gira. “Non sono materia.”
 
“E allora che cavolo sei?”
 
Il cronista urla: “Si calmi, signora. Si calmi!” Il ragazzo dice: “Credo di essere comunemente riconosciuto come un fantasma.”
 
Erik vuole vomitare.
 
“I fantasmi non esistono,” dice, a fil di voce. “I mutanti esistono. Quindi, se sei un maledetto bastardo malato a cui piace entrare nelle case degli altri e rovesciare tavoli e stoviglie coi propri poteri, be’, ti avviso che hai scelto l’appartamento della persona sbagliata, amico.”
 
Il ragazzo scuote le spalle.
 
Alla radio, il cronista avvisa che manderà una canzone. La donna, intanto, continua a gridare.
 
Erik sbatte le palpebre: il ragazzo è sparito. Smaterializzato in un secondo. Erik rimane lì, gocciolante, a fissare il punto in cui un secondo prima stava un qualcosa.
 
È possibile che abbia appena conversato con un fantasma.
 
*
 
Fuori dalla finestra, tutto è giallo. Il tramonto trapassa i vetri e rischiara gli interni della casa. La moquette color cammello acquista delle sfumature verdognole. Il mondo, da un lato e dall’altro del condominio, è tutto di questo colore.
Giallo.
Su ogni singolo dettaglio a posarsi è una luce gialla e spumeggiante.
 
Erik è immerso nell’odore della sua sigaretta. L’orologio appeso al muro sopra la televisione ticchetta le sei e trentaquattro di sera, scandisce il tempo delle boccate che Erik inala ed espira. La porta del bagno è spalancata e se ci si allunga un po’ dal divano si può ancora notare la zuppa d’acqua che lo ha trasformato in una piscina per neonati. Erik si è rivestito, ma non ha fatto null’altro. Guarda a vuoto la parete di fronte ai suoi occhi e fuma. Pensa che se la sua casa è realmente infestata da un fantasma — uno con un accento insopportabilmente inglese, — allora lui dovrà per forza abbandonarla o morirci d’infarto come il suo predecessore. Pensa che non ha soldi per concludere un contratto e cercare un nuovo appartamento.
Gli ultimi rimasugli della sigaretta cadono dalle sue labbra e rotolano per terra. Una volta suo “padre” gli aveva detto: “Erik, ragazzo mio, senza di me non andrai lontano nella vita.” Ed effettivamente non è giunto ad una svolta entusiasmante. La sua vita sa di cavoli di Bruxelles e soap opere con attori sottopagati. Gli viene da ridere a pensare a quanto in questo momento sembri una di quelle casalinghe disperate sull’orlo di una depressione.
 
*
 
Quando apre il rubinetto e ad uscirne è sangue e non acqua, Erik si convince di dover prendere misure drastiche. La cassiera al market lì all’angolo si convince di avere a che fare con uno psicopatico.
 
“Dodici scatole di sale e un piede di porco, dice?”
 
“Sì.” Risponde Erik.
 
“Se posso chiedere, a cosa le servono, signore?”
 
“Preferirei tacere.”
 
Rispondere con un ‘problemi di poltergeist o fantasmi’ gli pareva troppo trash da dire.
 
*
 
Secondo “Viaggi e Tempo Libero”, le cascine di campagna sono ottimi luoghi per riposare e immergersi nella natura. Secondo “Amiamoci Oggi”, le collane di perle torneranno presto di moda con la nuova gamma autunno-inverno. Secondo i giornali che la gente legge di più, queste sono le notizie che fanno scalpore, i veri scoop.
Secondo “Fantasmi & Fattacci”, per allontanare uno spirito maligno bisogna sigillare le finestre mettendo del sale sui davanzali e dopodiché accendere una candela e recitare ad alta voce una formula del neopaganesimo. Erik segue alla lettera quel che c’è scritto, alza le braccia al cielo e dice quell’ammucchiata di parole.
 
Se l’intenzione di chi pronuncia l’incantesimo è abbastanza forte, dice il giornale, l’effetto dovrebbe essere pressoché immediato. Erik non percepisce cambiamenti, ma lui non è un medium. Quella sera mangia in pace il suo ramen istantaneo senza che nessuno lo disturbi, non volano forchette, non si rovesciano mobili, riesce persino a godersi una puntata intera di Top Gear. Decide di andare a letto presto e provare a dormire una notte intera, ma quando apre la porta di camera sua, il fantasma è seduto sul suo letto a gambe incrociate, fra le mani tiene stretto la rivista sovrannaturale.
 
“Certo che ne scrivono di cavolate di questi tempi.” Dice il fantasma, lanciando di seguito la rivista per terra e scomparendo l’attimo dopo.
 
Erik chiude la porta e va a dormire sul divano.
 
Sin da quando era bambino e viveva ancora in Polonia con la sua famiglia, Erik si era sempre impegnato fino in fondo in tutto ciò che decidesse di provare. Aveva preso lezioni di chitarra ed era arrivato a cantare con un suo amico su un palchetto improvvisato con due sedie nel giardino di casa sua. Certo, ad applaudire e complimentarsi erano state solo cinque persone, di cui quattro erano rispettivamente i suoi genitori e quelli del suo amico, ma agli occhi di un ragazzino che si era seghettato le dita per apprendere la soave arte della musica, quello era parso il giusto premio della vittoria. E proprio come quel vecchio ricordo di lui che si ridicolizza in una tecnica nella quale non eccelle, anche l’Erik di adesso è costantemente inclinato a non demordere. Non tanto perché ci tenga alla sua pellaccia, quanto per il fatto che il suo ego, a detta sua, non potrebbe mai piegarsi di fronte a qualche scherzo immaginato da una mente… morta. Di sicuro una mente col pessimo senso dell’umorismo.
 
“Da quel che ne so,” gli spiffera Henry Cabrera, possessore del buco sulla diciottesima che vende roba voodoo. “Per scacciare un fantasma maligno bisogna utilizzare l’acqua santa.”
Erik paga un bambino di origini giamaicane per infiltrarsi in una chiesa e riempire una fiaschetta di acqua santificata. Il ragazzino fortunatamente non fa domande, però si acchiappa venticinque dollari e striscia via sul suo skateboard come una scheggia. Mentre torna a casa Erik compra una pistola ad acqua nella quale ci svuota la fiaschetta.
 
“Con questa brucio anche il culo a Satana in persona,” dice, prima di sbloccare la serratura e piombare nel suo appartamento. Trova il fantasma seduto sul divano a fare zapping alla televisione. “Ehi,” lo richiama. “Quello che paga le bollette dell’elettricità sono io.” Poi prende la mira e lo spruzza direttamente in volto, proprio fra quei suoi occhi trascendentalmente blu.
 
Lo spruzzo trapassa l’essere e bagna i cuscini.
 
Si scambiano uno sguardo ambiguo, durante il quale Erik non è sicuro di cosa significhino le pieghe intorno agli occhi del fantasma. Forse è perché si sente scrutato da un’espressione a metà fra lo sconcertato e il “ti credevo un po’ più intelligente”, forse perché questa volta ci credeva davvero, tuttavia Erik ci rimane seriamente male nel vedere il proprio piano crollare come un castello di carte. Non sa con che coraggio non ruota gli occhi al cielo una volta che il fantasma scoppia a ridere, si accascia sul divano e dopodiché, come sua consuetudine, sparisce nel nulla seguito da delle lacrime di scherno.
 
Il piano seguente vede Erik trascinarsi per casa con il piede di porco comprato giorni prima che gli fluttua a fianco tramite i suoi poteri. Su internet, la gente asserisce che i non passati oltre la luce sono, per così dire, “allergici” al ferro. Erik ha il dubbio che ad avergli risposto sul forum “Ghost an’ Pride” sia qualche fan di una serie tv discutibile, ma dopo la figura del giorno precedente non ha vergogna a provare anche quest’opzione. Improvvisamente, Erik ricorda perché a scuola lo chiamassero “quello strano”. Guarda il riflesso del piede di porco fare giravolte nell’aria e non biasima più nessuno per non averlo mai invitato alle partite di D&D collettive. Erik odia quando le persone hanno ragione.
 
“Neanche il ferro funziona,” dice il fantasma guardandolo da dietro le spalle. Poi allunga una mano e fa per afferrare il cavachiodi in volo, ma Erik, che lo controlla, lo richiama a sé.
 
“Dovresti dirmi che cosa, effettivamente, funzioni,” dice Erik, girandosi. “Potrei farti— passare oltre.”
 
“Oltre dove, precisamente?” chiede il fantasma inclinando la testa. Un ciuffo di capelli gli ricade sulla fronte e gli copre l’occhio destro.
 
“Oltre— oltre.”
 
“Ma dovresti ammettere,” sorride lo spirito, “che qui è molto più divertente.”
 
Dal suo punto di vista, Erik non può dargli torto.
 
“Dammi tregua, fantasma!” dice comunque, alzando drammaticamente le braccia sopra la testa e buttandosi sul divano, facendo sprofondare il viso fra i cuscini. “Hai intenzione di restare qui per l’eternità e scombussolarmi la vita come se io fossi il tuo nuovo Nintendo?” sonda Erik. “Ho una vita che vorrei portare avanti, forse amici da invitare a casa, colleghi di lavoro, cenette romantiche a lume di candela. Non posso farlo se nel tornare a casa trovo un fantasma che accende e spegne ad oltranza l’abat-jour del salotto.”
 
“Da quel che ho potuto notare, sono quel che di più interessante ci sia nella tua vita.” Si oppone il fantasma. “Ed è Charles.” Prosegue.
 
“Hm?”
 
“Il nome. Charles.”
 
“Ah.” Erik gira il capo e incontra lo sguardo di— Charles, che dalla sua posizione di superiorità su due gambe lo osserva con condiscendenza. “Hai intenzione di restare qui per l’eternità, Charles?”
 
Charles assottiglia gli occhi e raggrinza le labbra. Erik nota la televisione accendersi e fare strani rumori di disturbo. Se non fosse che sono passate tre settimane da quando ci ha fatto l’abitudine, ora se la farebbe decisamente addosso dalla paura.
 
“Sai una cosa, Erik Lehnsherr,” dice Charles, sfoggiando un’aria di pura irritazione. “Almeno tu non sei morto.
 
Un libro parte da uno scaffale e colpisce Erik in pieno viso.
Dire che se l’è meritato è dir poco.
  
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