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Autore: BakaInu    05/08/2016    0 recensioni
"Il mondo è sull'orlo del baratro"
Quando Yil decide di uccidere Hosanh, non ha idea dei cambiamenti radicali che questa scelta porterà alla sua vita. Privata di ciò che più caro le era rimasto, decide di porre fine alla catastrofe che le sue azioni hanno comportato.
Sul mondo pende una sentenza all'apparenza inevitabile: le forze primordiali del caos sono rinate, le catene che le imprigionavano dissolte.
Cosa resta a Yil, se non impedire la fine del mondo?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ricordami perché siamo qui» esordì Kai, una volta trovatosi davanti alle gigantesche mura della città di Lios.
«Hai una memoria piuttosto breve, per essere uno che si nutre quasi solo di pesce» rispose sarcastica Yil «Per tutta questa settimana qui a Lios si terrà la fiera del Sole morente: ciò significa un’occasione ottima per acquistare qualcosa per il viaggio, tra cui un’arma per te.»
Kai le parve stupito. «Un’arma?»
«Mi sembra ovvio. Che c’è, pensavi di chiudere lo Specchio e distruggere i mali che da esso sono scaturiti in sella ad un unicorno rosa e armato di bontà e dolcezza?» asserì, leggermente seccata.
«No di certo…è solo che non sono un gran combattente. E poi, non servirebbe anche a te un’arma?»
«Vorrà dire che imparerai strada facendo, Kai» esclamò, voltandosi verso il ragazzo, che le camminava dietro «E…no, qualsiasi eguipaggiamento mi rallenterebbe durante le trasformazioni – ce le vedi delle farfalle trascinarsi dietro uno spadone?»
Kai non rispose e Yil prese il suo silenzio come una conferma e sperò con tutto il cuore che la sua ultima speranza non si rivelasse un incapace e le fosse davvero d’aiuto in quell’impresa.
Guardò l’enorme complesso murario che circondava la città, prova inconfutabile dell’arretratezza delle città di Ercantia rispetto alle metropoli di Lindler e Ronian: una cinta di cemento rinforzato munito di torrioni di vedetta sui quali sostavano sentinelle armate di archi in fibra di carbonio e frecce incendiarie.
Il paragone con la sua città, libera e priva di difese, influenzata dalla vicinanza con i grandi regni, fu inevitabile: Lios, come ogni centro abitato di Ercantia all’infuori di Etras, le sembrava bloccato a metà fra il presente e il passato.
Fecero per varcare il portale di legno, ma una guardia sbarrò loro la strada, impugnando un’ascia bipenne. «Alt!Mi dispiace, ma l’ingresso è vietato ai visitatori esterni. Ordini del pritano Revery.»
Yil sussultò, colta alla sprovvista da quella dichiarazione. «È impossibile, Lios è stata sempre aperta ai turisti, soprattutto in questo periodo, quando la gente viene da tutta la repubblica per prendere parte alla fiera.»
«Come ho detto pocanzi - e ti prego di non farmelo ripetere un’altra volta, ragazzina -, sono ordini del pritano e non posso ignorarli e far passare gente a caso.» Estrasse l’ascia dal fodero sulla schiena e la impugnò con entrambe le mani, i muscoli delle braccia guizzarono. «Non varcherete la soglia di questa città, a meno che non vogliate entrarci senza un arto.»
Yil indietreggiò e valutò seriamente la possibilità di tramortire quella guardia e partecipare alla fiera, quando una lussuosa carrozza trainata da cavalli arrivo presso le mura della città e da quella scese una donna sulla quarantina, una chioma nera come la pece e qualche capello ingrigito dall’inclemenza del tempo e occhi azzurri, belli al pari di un diamante. Portava un abito da giorno di un rosa pallido, degno di una gran signora.
«Signora Revery, buongiorno» disse bruscamente la guardia, chinando brevemente il capo.
«Buongiorno a te» rispose la donna con un sorriso «Volevo fare un giro al mercato, ma prima vorrei assicurarmi che qui sia tutto a posto. Chi sono questi due ragazzi, quindi?»
La guardia tossì e fece per dare delle spiegazioni, ma Kai lo interruppe prima che potesse dire qualcosa. «Siamo orfani, scampati al disastro di Etras» mentì, sfoggiando uno sguardo pietoso e innocente che risultasse credibile «Vaghiamo per Ercantia da molto ormai e speravamo di poter trovare un rifugio qui a Lios.»
Dannazione, sei un genio!, pensò Yil
La donna guardò entrambi con sguardo inquisitorio, come se credesse a stento a ciò che aveva detto Kai; battè il piede destro ritmicamente, quasi fosse seccata, e disse: «Come vi chiamate ragazzi?»
Questa volta fu Yil a intervenire: «Io mi chiamo Grace e lui è mio fratello Liam.» Fortunatamente aveva avuto premura di dire due nomi comuni a Etras, così diversi da quelli usati nel resto della nazione.
La signora Revery si morse il labbro, come se fosse combattuta; tirò un sospiro ed esclamò, agitando una mano: «Oh, per gli dèi, la carità verso i bisognosi non ha mai ucciso nessuno! Potrete stare nella mia villa per questa settimana, ma non un giorno in più, sia chiaro!»
«Grazie infinitamente, signora!» esclamò Kai, mettendo su un sorriso ed uno sguardo pieno di gratitudine.
La donna fece cenno di seguirla sulla carrozza e i due la seguirono; poco prima di mettere piede su quel mezzo, Kai si voltò verso la guardia al portale e gli mimò con le labbra una frase scurrile, qualcosa che aveva a che fare con sua madre e altri cento uomini, intuì Yil. L’uomo, di tutta risposta, strinse più forte l’ascia e la puntò verso di loro con rabbia, come se fosse un avvertimento, cosa che le fece scappare una risata.
Presero posto sul cocchio e Yil impallidì alla vista di tanto lusso in un posto così piccolo: sedili in pelle di camoscio, decorazioni in legno chiaro; non avrebbe mai pensato di sedere in un mezzo così sfarzoso.
«Non appena arriveremo alla villa, farò prepare un bagno caldo a entrambi e dei vestiti puliti per rimpiazzare questi stracci logori – sicuramente rubati, ma non ve ne faccio una colpa» proruppe la donna, interrompendo il silenzio.
Stracci logori? Ho dovuto sputare sangue per avere questa maglia, vecchia oca, pensò Yil seccata.
«Non gli abbiamo rubati, signora» rispose, invece, Kai, visibalmente infastidito.
«Certo che no, ragazzino» rispose con condiscendenza, come se fosse stata lei ad essere stata offesa.
Quando arrivarono al maniero, Kai per poco non svenne: oltre il cancello in ferro battuto, si estendeva un lungo viale, ai lati del quali si protraeva un prato verde puntellato da fiori e alberi di diversi tipi, dalle rose, alle gardenie, dai frassini alle bettule. Sullo sfondo, una villa a due piani in pietra rossiccia, trasudante opulenza e leggera ostentazione da ogni centimetro; la dimora di una famiglia con una condizione ben lontana dalla sua, pensò mestamente.
«Devo ringraziarti per prima» gli mormorò Yil, quando furono quasi alla porta d’ingresso «Senza la tua messinscena non saremmo mai riusciti ad entrare; dove hai imparato a recitare così bene?»
«Diciamo che ho avuto modo di fare pratica.» Abbozzò un sorriso amaro, il ricordo di quei mesi difficili che ritornava: truffare gli ortolani, distrarre i panettieri ed impietosire i passanti erano stati il suo pane quotidiano finchè Yar non lo aveva accolto a casa sua.
Giunti all’ingresso, una cameriera dagli occhi azzurrì li salutò con deferenza e aprì la porta in frassino e ciò che quella celava mozzò il fiato a Kai in un solo istante: un enorme ingresso zeppo di mobili antichi e costosi, colmi di chincaglierie di ogni genere, con un pavimento in marmo bianco al centro del quale campeggiava il mosaico di un’aquila dalle ali spiegate. Sul tetto, un lampadario in argento con decorazioni di cristalli e in fondo alla stanza, una scalinata in pietra sulla quale era steso un tappeto di squisita fattura, probabilmente d’importazione.
Potrei sfamare la mia famiglia per mesi con metà delle cose che ci sono in questa stanza, pensò sorpreso.
Non ebbe neanche il tempo di voltarsi per parlare con Yil, che da una porta sul lato della stanza uscì un uomo sulla quarantina dai capelli brizzolati e con uno sguardo severo in volto; Kai non potè fare a meno di notare il completo scuro che portava, sicuramente costoso come qualsiasi altra cosa in quel maniero.
«Pheb, tesoro» esordì la signora Revery, avanzando verso il marito «Devo dirti una cosa, caro.
L’uomo lanciò uno sguardo carico di sospetto ai due ragazzi. «Chi sono questi, Eriana? Mercanti o forse adepti di qualche setta religiosa? Sappi che…»
«Sono orfani, scampati al disastro di Etras» lo interruppe la donna, la voce velata da un alone di tristezza «Li ho incontrati davanti alla Porta del Giorno e non ho avuto il coraggio di lasciarli lì a soffrire, così ho deciso di portarli qui. Sono solo dei ragazzi, dannazione!»
Il pritano sbuffò seccato. «Eriana, capisco le tue nobili intenzioni, ma quelle cose potrebbero nascondersi sotto le spoglie di chiunque e non posso mettere in pericolo la nostra sicurezza e quella dei miei concittadini perchè oggi ti sei sentita compassionevole.»
«Andiamo, tesoro, di certo converrai che non potevo impedire loro di entrare. Li terrò d’occhio io stessa, se non ti fidi; rimarranno qui una settimana, dopo tutto.» disse e cercò di dimostrarsi sofferente per la condizione dei due poveri orfani.
Il signor Revery mosse lo sguardò dalla moglie ai due ragazzi, poi di nuovo alla sua consorte ed emise un grugnito che suonò come un verso di assenso, liquidando la questione con un gesto della mano.
«Ottimo!» esclamò, poi si rivolse a Kai e Yil: «Le vostre camere sono al piano di sopra, ragazzi. Say’nir! Makala!» Due cameriere dalla pelle ambrata vennero fuori da una porta sul lato destro dell’ingresso e chinarono leggermente in capo. «Sareste così gentili da scortare questi due giovani al piano superiore verso le loro camere. Oh, e abbiate cura di prepare un bagno e dei vestiti puliti a entrambi» aggiunse Eriana.
Le due ragazze annuirono e una delle due fece cenno a Kai e Yil di seguirle al primo piano.
«Grace, Liam, datevi una sistemata e abbiate cura di scendere a mezzogiorno per il pranzo» asserì la donna, mentre i due salivano la scalinata.
Una volta in cima alle scale, Yil e Kai si separarono: lui andò con quella che doveva essere Mikala – capelli ebano e occhi verde brillante -, mentre lei fu scortata da Say’nir. Giunti di fronte ad una porta, la cameriera lo invitò a sistemarsi in quella camera frattanto che lei preparava un bagno caldo.
Come il resto della casa, anche quel posto trasudava lusso: era una camera da letto non più grande della sua, con un meraviglioso letto dall’aria comoda in fondo, accanto ad una finestra che dava sul giardino; Kai vi si lanciò sopra e fu talmente contento della sofficezza del cuscino, che per poco non cadde addormentato.
Però, questo viaggio si sta rivelando più divertente del previsto. Questo letto sembra una nuvola!
Mentre giaceva disteso, iniziò a sentire il suono di un violino provenire dalla stanza accanto: una musica dal ritmo incalzante e allegro, ma allo stesso tempo solenne. Incuriosito, si alzò e si mosse verso la fonte di quel suono.
Aprì leggermente la porta della camera e vi scorse un ragazzo dai capelli castani più o meno della sua età, forse più piccolo di qualche anno, muovere l’archetto sulle corde con maestria e coinvolgimento, come se non esistessero altre cose nel mondo al di fuori di lui e il suo strumento. Il paragone fra il suo aspetto e quello dello sconosciuto fu inevitabile: indossava una camicia sicuramente firmata, un paio di jeans nuovi di zecca e delle scarpe di un nero lucido, mentre Kai aveva una maglia arancione sbiadito, dei pantaloncini sdruciti e trasandati e dei sandali che aveva barattato al mercato per una seppia.
Il ragazzo smise di suonare e ripose il violino nella sua custodia; non appena si voltò, si accorse di essere osservato e invitò Kai ad entrare.
«Scusami, non volevo disturbarti, è solo che ti ho sentito dalla stanza accanto e…» si giustificò, rosso in viso «Però devo dire che sei bravo con il violino»
«Oh, figurati, tanto avevo finito. Piuttosto, tu chi saresti? E come mai sei qui?»
Kai si lanciò nuovamente in una serie di menzogne facendo uso delle sue raffinate doti recitative, cercando di essere quanto più credibile possibile.
«Capisco, Liam. Io sono Hel, piacere.» Il ragazzo gli tese la mano con un sorriso e Kai gliela strinse. «A quanto pare mia madre oggi si sentiva in vena di carità.»
È il figlio del pritano, realizzò.
In quel momento arrivò Mikala. «La vasca da bagno è pronta, signorino Liam. Se vuole seguirmi…» disse e rivolse un saluto ossequioso anche a Hel, che contraccambiò con un sorriso.
«Ci vediamo a pranzo, allora, Liam?» disse il violinista.
«Certamente» rispose Kai e uscì dalla stanza per andare verso il bagno.
Entrata nel bagno, Yil si spogliò e si immerse nella vasca, lasciandosi cullare dall’abbraccio caldo e rinvigorente dell’acqua calda e inalando l’odore di menta e limoni che emenava il sapone. Non faceva un bagno caldo da mesi e immergersi in quel paradiso la fece sentire come fuori dall’universo, per una volta priva di preoccupazioni.
Purtroppo, però, quest’ultime sembravano aumentare.
Era rimasta colpita dalle parole del pritano, in particolare ad un suo accenno ad un qualcosa di molto pericoloso; se tutto questo avesse a che fare con l’apertura dello Specchio, Yil non seppe dirlo, ma era decisa ad indagare.
È il pritano di questa città, avrà sicuramente dei documenti riguardo a queste “cose”¸ riflettè e si immerse completamente nella vasca, fin sopra alla testa. In tal caso, Pheb Revery si ritroverà alleggerito di qualche informazione importante.
Rimase ancora qualche minuto a godersi il calore dell’acqua e poi uscì, avvolgendosi in un morbido accappatoio di spugna giallo fosforescente – una delle tanti capi di dubbio gusto della signora Revery, pensò Yil.
Su una piccola sediolina, stava un grazioso vestito bianco lungo fino a sopra il ginocchio con delle spalline sottili e un paio di scarpe basse; sospirò e si vestì, i capelli ancora bagnati. Mentre tirava su la cerniera sul retro del veste, le mani le tremavano e per poco non si fece male all’indice della mano sinistra.
Avevo un vestito simile quando sono morti Wals e Niss.
Yil uscì sbattendo la porta, mentre il senso di colpa la divorava come un verme insaziabile e bestiale.
   
 
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