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Autore: Aracne90    06/08/2016    2 recensioni
Dal capitolo 1: "[...] -Agente Lea, le presento il tenente Victor Nerio…- continuò il Capitano, ritirando la zampa dietro la scrivania, ed alzandosi in piedi, seguendo il mio esempio. -Tenente Nerio, le presento l’Agente Sarah Lea.
L’uomo posò con lentezza gli occhi verdi su di me, con lo stesso atteggiamento che aveva caratterizzato il suo arrivo; il suo sguardo mi studiò a lungo, con minuzia, quasi a voler esser certo di non parlare senza aver vagliato prima tutte le possibili ipotesi. -Non avevo capito di dover lavorare con una Banshee.
Alzai gli occhi verso di lui, con cautela. Poi mi girai verso il Capitano, poi ricondussi gli occhi sull’uomo.
Silenzio.
Nessuna emozione proveniva da quella persona, nemmeno la più piccola agitazione; e questo, nella mia esperienza, voleva dire solo una cosa.
-Non avevo capito di dover lavorare con un Vampiro.[...]"
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luce del sole filtrava ancora attraverso le persiane quando decisi di aprire gli occhi, alzandomi di scatto dal mio letto. Sbattendo appena le palpebre andai a toccarmi la pelle sotto l’orecchio, avvertendo sulle mie dita un liquido denso e leggermente appicoso, che mi provocò un leggero dolore alle gengive in quanto i miei canini stavano cercando di uscire, allertati dall’odore del sangue.
Scossi la testa, leggermente contrariato; era troppo presto per me, come al solito il mio organismo mi stava avvertendo che dovevo dormire ancora qualche ora per evitare di soffrire dell’enorme emicrania che stava già cominciando a montarmi in testa, ma la mia stessa testa era troppo impegnata ad impormi di lasciare quel letto per preoccuparsi del malessere che stava arrivando.
Con un sospiro mi alzai per avvicinarmi alla cassettiera che avevo accanto all’armadio di noce, afferrando con un gesto sicuro il fazzoletto di seta posato accanto alla toeletta di ceramica riempita a metà; lo bagnai appena e me lo portai ai lati della testa per pulirmi dal sangue che ancora mi sgorgava dalle orecchie, senza nemmeno accorgermi che l’acqua, dentro alla bacinella finemente intarsiata dalla notte precedente, era gelida. Terminata questa operazione mi portai un po’ d'acqua anche al viso, pulendomelo appena, e dopo un paio di minuti decisi di farmi una doccia, infilandomi subito nel bagno che era accanto alla mia camera; con movimenti lenti aprii l'acqua calda, più per abitudine che per necessità, e spogliandomi dalla tuta blu che utilizzavo per riposare durante il giorno mi guardai per qualche secondo all’enorme specchio posto dietro alla porta, scrutandomi con attenzione.

Come previsto, avevo gli occhi pesti.
Un paio di occhiaie bluastre adornavano il mio sguardo, infossandomelo non poco, ed alzando la mano sinistra alla guancia me la grattai appena, facendo stridere le dita contro la barba leggermente cresciuta. Era assurdo quanto mi sentissi stanco; erano mesi, se non anni, che non provavo il così vivo bisogno fisico di tornarmene a riposare e l’altrettanto forte necessità mentale di restare fuori dalle lenzuola. Scuotendo appena la testa diedi appena un’occhiata al Taiji sulla mia spalla sinistra, completamente color carne. Avevo mangiato da relativamente poco, ed avevo già preventivato uno spuntino subito dopo essermi preparato (Magari un paio di bicchieri di A Negativo, il mio preferito), quindi non avevo assolutamente nulla di cui preoccuparmi.

Dentro al cubicolo di vetro poggiai la testa contro la parete traslucida, toccando con la fronte la superficie fredda, e deglutendo leggermente cominciai a pensare a tutto l’accaduto del giorno precedente, mentre formulavo nella mia mente dolorante tutti i fatti che erano emersi.
Un Uomo era morto, ed aveva sul petto un simbolo marchiato a fuoco, lo stesso che era marchiato con la magia sulla mia spalla sinistra. Non contento, l’assassino aveva anche ritenuto giusto sparargli alla testa, rovinando il cranio della povera vittima per l’eternità; con una smorfia andai a ripensare al tanfo che avevo avvertito alla presenza del cadavere, e fui costretto a scuotere la testa un paio di volte per evitare di vomitare. Ma come si poteva agire in quel modo? Era troppo, persino per uno come me che viveva con l'odore della morte addosso.
L’acqua continuava a scorrere sul mio corpo, e con movimenti leggeri andai ad insaponarmi la pelle del busto, avvertendo la pressione sulle mie orecchie che diminuiva gradualmente; doveva essere quasi il tramonto, finalmente. Mi appuntai che dopo essere uscito avrei per prima cosa chiamato Lea, per farmi dare da lei tutti gli aggiornamenti forniti durante il briefing della mattina, e subito dopo s
granai gli occhi stupito, rendendomi conto di aver effettivamente appena formulato quel pensiero. Come poteva sembrare così naturale riflettere su una Banshee, un creatura che delle Emozioni aveva fatto il proprio cibo, per me che invece assaporavo con gusto solo sangue? Era un’antitesi di esistenze, quella mia e quella di Sarah Lea; dove lei aveva mostrato solo preoccupazione ed apprensione, io invece avevo agito spinto solo dall’orrore.
Eppure… Eppure c'era una cosa, una cosa che io in modo ostinato evitavo di considerare, ma che mio fratello aveva centrato immediatamente qualche ora prima.
Perché ero rimasto così colpito dalle parole di Sabe? Avevo faticato ad addormentarmi solo per le insinuazioni che la lingua lunga del mio Consanguineo aveva espresso durante la nostra conversazione? Con un colpo della mia fronte contro il vetro della doccia mi accorsi che sì, era proprio così; il solo pensare che la mia Collega potesse essere mai in atteggiamenti compromettenti con chiunque fosse mi metteva in agitazione, sebbene la conoscessi da nemmeno un giorno.

Ma perché, poi? mi chiesi, continuando a sbattere la fonte contro il vetro della doccia. Non ero abituato a questo genere di cose; la mia natura solitaria era ben diversa da quella di Sabe, promiscuo sì ma al punto giusto da non risultare volgare, e la mia conoscenza delle donne delle altre razze era molto limitata. Certo, avevo avuto rapporti con esseri femminili che con i Vampiri non avevano nulla a che spartire… Ma questo era diverso.
Perché lei era così bella, ed io… Con un moto secco abbassai lo sguardo verso le mie parti basse, deglutendo con sorpresa ed aprendo con un solo movimento di mano l'acqua gelida per puntarmela proprio lì sotto, in modo di calmare i bollenti spiriti. Oh, no, quello non era proprio un comportamento professionale, assolutamente; quel desiderio doveva essere eliminato subito dalla mia testa, prima che potesse crearmi qualche problema serio.
Ma il suo collo così bianco era davvero sinuoso, e la sua giugulare pulsava così invitante… Scossi violentemente la testa, chiudendo il rubinetto ed afferrando l’asciugamano che pendeva poco distante, per allacciarmelo con difficoltà attorno alla vita. Nonostante i miei tentativi l’eccitazione era ancora molto forte, perciò fui costretto a respirare a fondo un paio di volte per potermi tranqullizzare abbastanza in modo tale da avere la possibilità di vestirmi senza correre in camera di mio fratello e strozzarlo con le mie mani. Quando alla fine fui “calmo” mi spostai nuovamente in camera mia, infilandomi un paio di pantaloni blu ed una camicia celeste; annodandomi la cravatta azzurra al collo mi osservai appena allo specchio, così da aggiustarmi i capelli ed il colletto. Le occhiaie erano quasi sparite, anche se la barba era ancora presente sul mio viso; poco male, avrei fatto a meno di rasarmi almeno per quella notte.
Finalmente pronto uscii dalla camera, addentrandomi nel corridoio tappezzato da arazzi e velluti, illuminato sulle pareti da piccole luci al neon che cacciavano un leggerissimo ronzio. Era tutto molto silenzioso: i domestici che avevamo in casa avevano stretti ordini di lavorare solo durante le ore diurne mentre io, Sabe e Melanie, mia cognata da quasi novant’anni, riposavano nelle nostre stanze, e i miei familiari non si erano ancora alzati, dato che non riuscivo a sentire la voce squillante di Mel o il tono sarcastico di Sabe. Aguzzando ancora l’orecchio cercai di avvertire se fossero almeno svegli, ma non ascoltai nulla; le riunioni al Consiglio di mio fratello sarebbero cominciate verso le undici di sera, e mia cognata era solita presentarsi in Salotto molto tardi in ogni caso. Alzando appena le sopracciglia spostai lo sguardo verso la parete del corridoio che portava direttamente verso la biblioteca, il mio antro sicuro; posto proprio su un bel comò di noce c'era un enorme orologio placcato in argento, dono di nozze di Sabe e Melanie da parte di un lontano parente di lei, che al momento stava puntando le sei e mezza.
Sei e mezza… Praticamente è il tramonto. Scossi leggermente la testa, infilandomi in una scalinata di marmo che mi avrebbe condotto al piano inferiore, dove sostava la mia giacca; ero tornato talmente stanco da dimenticare sia il mio telefonino che il biglietto da visita da Lea all’ingresso, poco distante da dove avevo consumato il mio ultimo spuntino. I miei canini cominciarono a dolermi, inseriti a fondo nelle gengive, e con uno scatto laterale entrai in cucina, una distesa pulita e fredda di acciaio e marmo, avvicinandomi alla dispensa chiusa ermeticamente ferma a 37 gradi centigradi posta in fondo alla stanza.
Una piccola macchietta rossa proprio accanto ai fornelli attirò la mia attenzione per un attimo, ma io la ignorai completamente. Sabe e Melanie erano soliti a lasciar cucinare la servitù in quel locale, dato che la nostra natura ci permetteva di utilizzare solo la dispensa alla quale stavo puntando, ma nessuno di noi tre era troppo stringente sulla pulizia appunto per lo stesso motivo. Con un movimento deciso della mano aprii l’armadio, per cacciare un paio di bottiglie, e lo richiusi con velocità per poi sedermi al tavolo di marmo posto poco lontano; ormai avevo talmente tanta fame che non avevo nemmeno controllato che gruppo sanguigno avevo preso. Con due gesti aprii la prima bottiglia, portandomela alla bocca ed ingurgitando il contenuto di metà di essa in un solo sorso.

Chissà che sapore ha il sangue di Lea.
Fu come se qualcuno mi avesse dato uno schiaffo. Stupito mi misi in piedi talmente tanto veloce da far cadere la prima bottiglia, che avevo già svuotato; dovetti soffocare un'imprecazione mentre velocemente ripulivo tutto il caos che io stesso avevo provocato. Ma che diamine mi stava capitando? Dannazione, ero pur sempre un Tenente! Non potevo provare quel genere di sensazioni nei confronti di un’Agente, chiunque fosse… Ne andava della mia carriera, che alla fine era sempre stata la cosa più importante per me.

Eppure, in quel momento… Scacciai il seguito di quel pensiero dalla mente con un movimento veloce della testa, e mi affrettai verso l’ingresso della mia abitazione. Lì, appoggiata con cura sulla sedia bordata di velluto rosso, stava la mia giacca, perfettamente spazzolata; con un paio di gesti presi il telefono e il piccolo biglietto da visita, digitando sullo schermo touch le cifre così accuratamente vergate ed aspettando la risposta dall’altra parte della linea.
-Pronto?
Non mi ero aspettato una sua risposta così veloce; doveva essere molto vicino al telefono. Con un colpetto di tosse mi presi coraggio, mentre senza accorgermene il mio tallone destro aveva cominciato a colpire il pavimento, in un gesto che facevo solo quando ero molto nervoso. -Sì, Agente Lea, sono il Tenente Nerio.
Lei parve un attimo sorpresa. -Tenente! È già sveglio? L’avrei chiamata tra una mezz’oretta…
-Sì, sono sveglio.- risposi con voce più dura di quanto volessi, sperando che al telefono non lo sembrasse così tanto. -Lei è pronta? Vorrei essere informato sugli sviluppi.
-Oh, ma certo!- esclamò lei. -Potrebbe venire qui a casa mia, in modo tale che possa aggiornarla prima di passare in Commissariato? La via è sul biglietto da visita.
-Perfetto.- dissi appena, avvicinandomi con attenzione alla finestra e guardando fuori. Il sole ormai era ben che tramontato, anche se la luce continuava a tingere di note violette il cielo; non andavo incontro assolutamente ad alcun pericolo nel farmi una leggera corsetta. -Sono subito da lei.- terminai richiudendo la linea, infilandomi con un gesto la giacca ed aprendo con velocità la porta di mogano.
Quando misi piede fuori da casa avvertii un leggerissimo pizzicorio alla pelle del viso, ma scacciai questa sensazione facendo un paio di passi; avevo lasciato dentro un biglietto a Sabe in cui spiegavo che stavo andando a lavoro, e tirandomi la porta dietro le spalle alzai la mano verso il gazebo che si erigeva accanto al cancello, in segno di saluto.
Non avevo mai capito bene chi fossero i responsabili della sicurezza di casa mia, visto che dal mio punto di vista la peculiare Natura della mia famiglia non richiedeva ulteriore sicurezza oltre quella fornita dai miei canini, ma la posizione di Sabe all’interno del Consiglio dei Vampiri aveva reso necessaria questa precauzione, ed io non avevo mai mancato di salutare i misteriosi guardiani della mia casa ogni volta che uscivo. Con un leggero stridio il cancello si aprì, ed io mi incamminai velocemente verso di esso, attraversandolo subito dopo ed osservandolo con la coda dell’occhio che cominciava a richiudersi. All’interno della mia giacca qualcosa vibrò, ma io non me ne curai minimamente, correndo con la rapidità peculiare della mia specie verso la destinazione che avevo in mente al momento.

Ciò che mi colpì di più della palazzina in cui abitava la mia Collega fu il colore; la semplice tonalità crema che contornava i balconi adornati da piante perfettamente cresciute era l’unica che non stonava con la deliziosità del resto del quartiere, piccolo Bijoux fatto da fontane e panchine immerse nel verde, ed in un solo secondo compresi come mai Lea avesse deciso di abitare in quel luogo pullulante di persone. Subito le mie labbra si alzarono in un semplice sorriso, mentre mi avvicinavo al citofono per capire quale fosse il piano in cui si trovava la casa della donna, e sporgendomi appena in avanti mi accorsi che non c'era il portiere di notte, sicuramente ancora non arrivato al luogo di lavoro.
Lea, Lea, Lea… Eccola lì, Lea Sarah, sesto piano. Il sorrisetto sul mio viso si fece poco più ampio mentre posavo l’indice destro sul pulsante corrispondente al nome della Banshee per qualche secondo, aspettando nuovamente la sua risposta in quei pochi minuti.
-Sì?- domandò la voce gracchiante di Lea oltre la grata metallica.
-Lea, sono io, il...
-Tenente?- mi interruppe lei, accompagnata da uno scatto che stava ad indicare il fatto che avesse aperto il portone. -Oh, è già qui… Prego, salga!
Non me lo feci ripetere due volte. Attraversai immediatamente la porta di vetro per prendere le scale di fronte, senza sentire neanche il minimo fastidio alla testa; ormai era notte. Come al solito le ultime due rampe di scale furono le più faticose, ma ero perfettamente composto quando arrivai al sesto piano: scrutai con attenzione tutte le blindate che avevo davanti per capire quale fosse la porta di casa di Lea, quando all'improvviso strabuzzai gli occhi.
Da sotto i miei pantaloni riavvertii nuovamente un movimento di bollenti spiriti, ma questa volta non avevo proprio nulla per calmarli.
-Mi scusi, Tenente, se mi presento così…- cominciò Lea, raggiustandosi l’asciugamano attorno al seno in un gesto che non era per nulla sensuale, ma solo pratico, mentre i capelli le ricadevano sulle spalle, leggermente ondulati ed appesantiti dall’acqua. -Ho finito ora di fare la doccia, purtroppo sono stata impegnata con faccende personali durante la giornata… Ho provato a chiamarla per avvertirla, ma lei non ha risposto… Prego, vuole entrare?
Mettendomi sui suoi passi fui fin troppo felice che non potesse percepire le mie Emozioni.

Spazio Autrice:
Eccomi di nuovo qui, miei cari lettori!
Dunque finalmente ho avuto tempo di aggiornare questa storia, e sto affinando la trama, in modo tale da essere un po’ più regolare in futuro. Lo so che questo capitolo non ha portato nulla al mistero ed all’intrigo base della storia, ma ci voleva questo momento di passaggio, non abbiatemene a male!
In ogni caso ditemi se questo capitolo di Nerio vi è piaciuto, se non vi è piaciuto, in generale cosa pensate della storia; io aspetto solo questo :D
Baciotti
Dia
   
 
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