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Autore: ZereJoke94    07/08/2016    2 recensioni
[Henry Cavill]
Appoggiai la testa sul volante e respirai profondamente, pensando che dopo l'anno che avevo appena passato, le cose non potevano fare altro che migliorare. Non era proprio possibile che qualcosa andasse peggio.
....
....
"-Non è un caso se quasi tutti si tengono alla larga da lui- Iniziò, -In fondo lui stesso non chiede altro che essere lasciato in pace, quindi perchè non farlo?-"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 13

Fissai i barattoli di pomodoro disposti in fila nello scaffale di fronte a me. Li fissai per un minuto intero, forse per due. Alla fine, un ragazzo magrolino che indossava la divisa del supermercato nel quale mi trovavo mi si avvicinò e mi disse –Ti consiglio di prendere uno di quelli- E indicò un barattolino con un’etichetta blu –Il rapporto qualità/prezzo è ottimo-.
Lo fissai per un istante, poi lo ringraziai e presi quello che mi aveva consigliato lui. Guardai la lista della spesa. Neanche ci serviva la passata di pomodoro.
In realtà, negli ultimi tempi mi capitava spesso di perdermi nei miei pensieri nei posti meno opportuni, come in quel momento. Forse troppo spesso, riflettei.
Scossi la testa e feci per proseguire, appoggiata al carrello come se fosse stato lui a portare in giro me, e non viceversa. Non appena imboccai la corsia dei surgelati, vidi Jake con la testa infilata nel lunghissimo congelatore che percorreva tutta la corsia. Mi bloccai.
Per un istante pensai di girare i tacchi e svignarmela, da vera codarda. Non lo avevo più chiamato dopo quello che era successo nella cucina della nonna, una settimana prima.
La verità era che non riuscivo a pensare ad altro che non fosse Gideon. Ma avrei comunque dovuto farlo, maledizione.
Alla fine avanzai lentamente verso di lui, mentre riemergeva dal congelatore con in mano una busta di piselli. La buttò velocemente nel carrello, non appena mi vide.
-Hey- Mi apostrofò -Chi si rivede! –
-Ciao Jake- Gli sorrisi timidamente. Pregai in silenzio che si aprisse una voragine sotto i miei piedi in quell’istante. Essere inghiottita nelle profondità della terra sarebbe stato meglio che stare lì con lui in quel momento.
-Non mi hai più chiamato- Il tono incolore con cui pronunciò quella frase mi fece sentire terribilmente in colpa.
-Ehm, lo so. Scusami, io…ho avuto da fare- Balbettai, incapace di partorire una scusa migliore di quella.
-….in ogni caso il messaggio mi è arrivato lo stesso-
-Jake, non puoi piombare a casa mia in quel modo; baciarmi e pretendere che non ci rimanga di merda! Pensavo fossimo solo amici-
Se non fossi stata sul punto di scoppiare a piangere quella situazione mi avrebbe divertito, non avrei mai pensato che un giorno avrei avuto una conversazione del genere al supermercato nel reparto surgelati.
-Mi dispiace se sono stato irruente. Ma non penso sia questo il problema, giusto?-
Mi appoggiai al congelatore e incrociai le braccia –E quale sarebbe?-
-Lo sai benissimo. Mi sembra evidente che sei attratta da un altro tipo d’uomo-
Scossi la testa –Finiamola qui, Jake- Ripresi il carrello e feci per andarmene, ma lui lo tenne fermo e si avvicinò al mio viso –Mi dispiace Anna. Tu mi piaci veramente, tantissimo…io non sopporto di vederti con lui. Cosa è venuto a fare a casa tua quel giorno?-
Mi ritrassi leggermente –Niente. Lasciami passare-
Mi guardò negli occhi per qualche altro istante, prima di allentare la presa e permettermi di allontanarmi.
 
-Non prendertela troppo con lui- Jessica si sedette sul tavolo della cucina e mi rivolse uno sguardo triste. Quel giorno si era lisciata i capelli e le arrivavano appena sopra il sedere.
-Non ha alcun diritto di mettere in mezzo Gideon ogni volta che parliamo. C’è ben poco da mettere in mezzo, in ogni caso- Mormorai sorseggiando rumorosamente un succo di frutta.
-Signorinella! - Esclamò la nonna entrando in cucina –Giù le chiappe dal mio tavolo!-
Jessica rise e balzò giù immediatamente, sporgendosi poi per baciarla. Lei e la nonna erano diventate molto complici, in realtà non conoscevo nessuno che non avesse adorato mia nonna fin da subito. Doveva essere un talento innato, o qualcosa di simile.
-Io e Jess andiamo a fare un giro nonna, hai bisogno di qualcosa? -
-No, ma non fare tardi per cena! –
 
GIDEON
Non l’avevo più vista negli ultimi giorni. Lo avevo fatto di proposito; mi ero proibito di andare da Jeff allo studio, per vedere se riuscivo a togliermela dalla testa, ma era tutto inutile.
Mi ero buttato a capofitto nel lavoro per impedirmi di pensare a lei, ma due giorni prima mi ero quasi amputato un dito mentre sognavo a occhi aperti. Fissai la fasciatura intorno al pollice della mia mano sinistra e mi sentii stupido. Non avrei mai pensato che la corazza che mi ero costruito in quegli anni potesse essere spazzata via tanto facilmente.
Camminavo lentamente mentre riflettevo su quelle cose, ma ben presto fui colto da una strana sensazione, mi sentii osservato. Era da un bel po' che non mi sentivo così, a Woodbourne nessuno mi fissava più tanto spesso e la maggior parte della gente faceva praticamente finta che io non esistessi.
Mi guardai intorno e, dall’altra parte della strada, vidi Jake Sullivan. Se ne stava appoggiato alla sua macchina e mi fissava con un’espressione molto poco amichevole.
Era piuttosto chiaro da un bel pezzo che avesse una cotta per Anna, visto che le girava sempre intorno come un cagnolino. Mi fermai e decisi che volevo proprio sapere che cosa avesse tanto da guardare, così attraversai velocemente la strada.
Mi fermai a un paio di passi da lui –Allora, qual è il problema?-
Lui rimase dove si trovava, appoggiato all’auto –Lo so cosa hai fatto. Mi fa VO-MI-TA-RE –
Sentii le mani informicolirsi, una spiacevole sensazione che avevo provato solo poche volte in vita mia.
-Vuoi che Anna lo venga a sapere? Ti ha idealizzato, per lei sei tu la vittima qui. La vittima di una città troppo cattiva per un principe come te- Rise sarcastico –Se solo sapesse quello che hai combinato…-
-Che diavolo vuoi, Sullivan?- Sputai fuori tutto d’un fiato.
Fece un paio di passi verso di me, così ci trovammo a pochi centimetri di distanza –Non ci sei ancora arrivato? Non voglio più vederti che le gironzoli intorno. Altrimenti un uccellino le dirà tutto-
Qualcosa nel suo sguardo mi disse che non stava affatto bleffando. Sua madre era con Susan la notte in cui mi trovarono mezzo morto in strada, e sapevo che qualche giorno dopo mia madre le aveva invitate a casa nostra ed era crollata, raccontando loro tutto. Era evidente che Louisa Sullivan non aveva saputo tenere la bocca chiusa, come invece aveva fatto Susan.
-Sei un cane- Sibilai.
-Allora siamo d’accordo? - E mi rivolse un sorriso soddisfatto.
-Vai a farti fottere. Non ho alcuna intenzione di cedere ai ricatti di un ragazzino geloso- Feci un passo in avanti e lui indietreggiò -Lei non ti vorrebbe comunque…e lo sai bene-
In altre circostanze mi sarei sentito soddisfatto di me stesso e probabilmente avrei fissato la faccia sbalordita che fece per giorni…ma non quella volta. Non dopo quello che mi aveva detto.
 
ANNA
-Una festa? E quando??- Mi sporsi verso Jessica, eccitata.
-Tra una settimana. E’ una specie di festa di mezza estate. Non te la ricordi?-
-Uhm no- Mormorai infilandomi in bocca l’ultimo boccone di gelato. Avevo gusti piuttosto classici, mi piaceva la nocciola, il cioccolato, il pistacchio…
Jessica invece era tutto il contrario di me, adorava i gusti alla frutta, ma quel giorno aveva optato per un improbabile abbinamento tra melone e caffè. Finsi l’ennesimo conato di vomito e lei rise, rischiando di sputarmi in faccia quel miscuglio.
-In ogni caso- Continuò quando ebbe smesso di ridere -Devi venire per forza!-
-E dove sarebbe questa festa?-
-Un po' fuori città, al vecchio campo da rugby. Tagliano l’erba solo per questa occasione, è abbandonato da parecchio tempo…ma per quell’occasione si trasforma in un vero e proprio rave! Viene perfino un sacco di gente da fuori- Mi fece l’occhiolino e scoppiò in una fragorosa risata.
-Va bene allora- Risi –Chissà se…-
Jessica mi rivolse un’occhiata esplicita –No, non penso che lui sia propriamente un animale da festa…ma puoi sempre invitarlo!-
-Si…certo- Sbuffai –Mi pare un’ottima idea-
-Perché no??- Si inclinò leggermente in avanti mentre camminavamo per vedermi meglio in faccia.
-Perché è scomparso nel nulla dal giorno in cui ci siamo parlati a lavoro…- Mi rigiravo tra le mani il tovagliolino di carta che mi avevano dato insieme al gelato, ora ridotto a una pallina minuscola.
-Lui non è come tutti gli altri. Forse, visto quello che ti ha detto l’ultima volta, ti sta evitando di proposito-
-Come se per lui avessi tutta questa importanza- Sospirai.
-Fossi in te andrei a parlarci-
Mi fermai –No. Non possono essere sempre io a fare il primo passo. Se vuole vedermi, e ne dubito, verrà lui da me. L’ultima volta sono andata io da lui e mi ha umiliata! Per poi venire a casa mia e baciarmi, quindi svignarsela come un centometrista e fare finta di niente il giorno dopo. Sono un po' stanca, non ci capisco niente-
 
-Nonna, io vado a letto- La abbracciai. In realtà erano solo le dieci, ma quella sera mi sentivo particolarmente stanca. Psicologicamente parlando.
Non appena uscii dalla cucina , squillò il telefono che si trovava proprio a metà del piccolo corridoio tra la porta e le scale.
-Pronto?- Risposi, cercando di non apparire troppo scocciata. Odiavo rispondere al telefono, non so perché.
-Anna, sono Gideon-
Il mio cuore fece un balzo, e iniziò a martellarmi nel petto. “Non balbettare” Mi ammonii mentalmente.
-Oh- “Oh”? –Ehm, si, cioè, dimmi- E meno male che non dovevo balbettare…
-Devo parlarti…- Sembrava perso nei sui pensieri mentre parlava, la sua voce mi dava piccoli, piacevolissimi brividi alla base del collo –Lavori domattina?-
-No, di che si tratta?- Chiesi curiosa.
-Preferirei non parlarne al telefono. Va bene se passo a prenderti verso le 10?-
Gideon Lancaster che, non solo stava avendo una quasi normale conversazione con me, ma mi proponeva addirittura di passare a casa mia a prendermi?
-Va bene…- Non sapevo più cosa pensare.
-A domani allora- E riagganciò senza tanti commiati. D’altronde non potevo pretendere che passasse dall’essere quasi muto a oratore in un secondo, quindi potevo ritenermi soddisfatta.
-Chi era?- Mi urlò la nonna dalla cucina.
-…Jessica!- Mentii, non so perché.
In bilico tra la gioia pura e la preoccupazione, salii le scale che portavano alla mia camera, sperando di riuscire a chiudere occhio.
   
 
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