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Autore: lexalawliet    08/08/2016    0 recensioni
La spilla a forma di "M", è un ricordo che Lyn porta con sé da sempre. Non ricorda nulla del perché ce l'abbia. Questa spilla è una passaporta, è porterà nella nuova vita di Lyn uno strano ragazzo. Un mago. Dice di chiamarsi Draco Malfoy, e che il suo bottone l'ha portato da lei. Come se quel bottone e quella spilla fossero legati tra loro. Un passaggio segreto tra il mondo magico e il mondo dei babbani. Perché in casa dei Malfoy si trova questo strano passaggio? Loro odiano i nati babbani. Lyn scoprirà cose che forse era meglio non sapere.
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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​La lettera
 
Prima di scendere in cucina, fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. Sperò con tutte le sue forze che quando li avrebbe riaperti il ragazzo dagli immensi occhi azzurri sarebbe ricomparso d’incanto. Sollevò le palpebre e la camera era ancora lì, vuota. Forse era stato tutto solamente un sogno. Forse si era addormentata non appena aveva sfiorato il letto, senza rendersene conto. Eppure percepiva la sensazione vivida e insistente che fosse accaduto tutto quanto per davvero. Si affrettò giù per le scale, cercando di scrollarsi di dosso ogni pensiero riguardante gli ultimi minuti, anche se pareva impossibile. Raggiunse la piccola cucina immacolata, piena di piastrelle raffiguranti varie forme geometriche, l’angolo cottura, il frigorifero e i vari banconi tutti da un lato, il tavolo rettangolare di legno appoggiato al muro opposto. Andò a sedersi sulla prima sedia che trovò disponibile e fissò sua madre servirle il cibo. “Una delle volte che siamo venuti a trovarti in orfanotrofio, ci hai detto che non avevi mai mangiato la pizza” Cecilia le mise la sua pizza margherita davanti, su un piatto decorato con dei fiori viola. “Grazie mille, sul serio. Ancora non riesco a crederci” Lyn si sforzò di essere cortese, anche se non era brava con i sentimentalismi. Restarono per un paio di minuti in silenzio, a degustare le loro pizze. All’improvviso a Lyn venne in mente una domanda.
“Come mai avete deciso di adottarmi e non avere un figlio vostro?”. I suoi genitori si guardarono con aria sorpresa, la ragazza capì di aver creato un certo imbarazzo, perciò cercò di rimediare.
“Scusate, non volevo essere inopportuna”
 “No, è tutto okay. Devi sapere che io e Michael abbiamo cercato di avere un bambino, più e più volte, senza risultati. E perciò abbiamo deciso di lasciar perdere e piuttosto che ricorrere alla fecondazione in vitro, abbiamo pensato che sarebbe stato bello dare un’opportunità a…te” Cecilia sorrise, parlando con tono affettuoso, rivelando una parte intima e sicuramente dolorosa del suo vissuto. “Noi crediamo che il sangue non faccia la famiglia. Siamo veramente felici di aver fatto questa scelta. Faremo del nostro meglio per essere dei genitori all’altezza” aggiunse Micheal, trasmettendo a Lyn un profondo senso di fiducia. “Lo siete già” ammise lei, provando ad aprirsi un po’ di più.
“Lyn, tesoro, stasera non abbiamo organizzato niente perché avevamo pensato volessi riposarti, è stata una giornata intensa per tutti noi” Michael e Cecilia si alzarono e cominciarono a sparecchiare.
“Mamma, posso mettermi a leggere in camera?” Lyn vide i signori Wright girarsi stupiti.
Aveva detto ‘mamma’, senza nemmeno accorgersene.
“Certamente. Domani daremo uno sguardo agli opuscoli per le scuole. Buonanotte cara”.
Cecilia si avvicinò alla ragazza e le stampò un bacio sulla fronte. Lo stesso fece Michael.
“Buonanotte” rispose lei. Un attimo prima di precipitarsi su per le scale, si ricordò di un dettaglio.
“Ho trovato un nome per il nostro piccolo serpente”
“Ah si? Sentiamo” esclamò suo padre entusiasta
“Draco”
“Niente male! Aggiudicato” concluse con un sorriso raggiante. Lyn tornò nella sua stanza col fiatone. Quello era stato il giorno più elettrizzante e bizzarro della sua vita.
Finalmente aveva una famiglia che l’accettava e che le avrebbe dato amore senza riserve.
Inoltre, l’incontro dell’ora precedente era stato alquanto singolare. Ancora non riusciva a essere certa che fosse successo effettivamente. Si sedette sul bordo del letto, lasciando i piedi appoggiati a terra e si sdraiò all’indietro, riflettendo meglio sull’accaduto.
E se quel ragazzo fosse realmente piombato in camera sua da un altro posto?
Se fosse un vero mago? L’aveva lasciato andare senza troppe obiezioni, ma infondo perché mai avrebbe dovuto trattenerlo? Tornò su col busto e si accorse che con la punta della ciabatta aveva appena sfiorato qualcosa a terra. Inginocchiandosi sul pavimento, adocchiò subito un bastoncino né troppo lungo né troppo spesso, con due piccoli cerchietti che dividevano la parte di quello che sembrava un manico, tutto nero, dal resto dell’oggetto di colore marrone scuro. Era per caso una bacchetta magica? Appena la sfiorò un leggero formicolio le attraversò la mano. L’afferrò saldamente e la osservò con più attenzione. Era molto leggera e per un attimo si sentì come una di quelle fate dei cartoni Disney. Gesticolò casualmente con quello strano bastoncino, e una scintilla azzurra scaturì dalla punta. Un nodo le strinse lo stomaco, ma cercò di tenere a bada l’emozione e continuò a maneggiare l’oggetto, cercando di dare un significato a quello che vedeva.Si aspettava che accadesse qualcosa, per esempio che si materializzasse un non so ché d’inconsueto, o
che i libri nella piccola libreria spiccassero improvvisamente il volo.
Ma nulla comparve, nulla si mosse. Si sentì così delusa e stupida allo stesso tempo, per aver creduto che quell’oggetto fosse magico. Una rabbia incontrollabile s’impadronì di lei e mentre diceva a sé stessa “E’ solo uno stupido pezzo di legno”, la mano le bruciò terribilmente e le parve che il libro di Jane Eyre si fosse mosso. Mollò di colpo la presa sulla bacchetta, che cadde a terra. Quando si guardò la mano, notò che aveva delle piccole chiazze rosse sulle dita e sul palmo. Si precipitò con passo felpato in bagno, percorrendo il corridoio silenzioso immerso nell’oscurità. Tuttavia, non era dispiaciuta dell’accaduto. Questo perché aveva finalmente ottenuto ciò che voleva: una spiegazione.
Quell’oggetto era veramente una bacchetta magica. Sorrise, soddisfatta, entrando in bagno e avvicinandosi al lavello, sul quale stava il bicchiere che conteneva gli spazzolini e il dentifricio, che prontamente si spalmò sulle scottature. Era stata Mary, la sua tutrice all’orfanotrofio, a spiegarle che il dentifricio faceva miracoli in caso di ustioni e bruciature. Rimase in attesa per qualche minuto, poi si sciacquò la mano. Nel tornare in camera le parve di udire una voce insolita chiamarla.
Poteva esser stato soltanto uno dei suoi genitori, con la voce impastata dal sonno.
Restò sul primo gradino della soffitta, le orecchie tese, cercando di cogliere qualsiasi suono, ma a parte l’intenso russare del signor Wright non sentì un bel niente. “Sarà la stanchezza” disse tra sé e sé.
Quando fu finalmente nella sua stanza, trovò la bacchetta sul pavimento, dove l’aveva lasciata, e così la raccolse. L’agitò e immediatamente una scintilla infuocata raggiunse il libro che aveva lasciato sul comodino. Corse a buttare il libro sul pavimento e a calpestarlo così da spegnere il fuoco improvviso. In pochi secondi, si trovò sotto al piede un ammasso grigiastro circondato da cenere. Aveva appena ridotto a brandelli il suo libro preferito. Lo nascose senza rifletterci dentro ad un cassetto del comodino e spinse la polvere sotto al letto con la ciabatta. Si sentì tremendamente in colpa, come se avesse appena commesso un omicidio e avesse nascosto le prove.
Dopodiché, passò tutta la notte a capire i meccanismi di quel singolare utensile, cercando di sistemare con la magia i propri abiti dentro all’armadio, i quali erano ancora chiusi in valigia, provando e riprovando infinite volte, creando uno scompiglio pazzesco per la stanza.
Durante i tentativi, ovviamente rischiò d’incendiare il letto.  Nonostante ciò, non si era sentita così felice e viva da… sempre. L’ultimo tentativo fu di provare ad aprire e chiudere le ante dell’armadio, ma ebbe scarsi risultati. Appoggiò la bacchetta sul cuscino accanto all’armadio, vicino a quello su cui avrebbe dormito lei e si accostò alla finestra a oblò sulla parete opposta. S’incantò ad ammirare il blu della notte. La luna era luminosa e solitaria, privata della compagnia delle stelle, che in quel momento si nascondevano dietro a nuvole grigie come la pece. Chiuse gli scuri della finestra e andò a stendersi sul suo comodo letto matrimoniale. Sarebbe stata la sua prima notte in quella casa.
Sbadigliò, voltandosi verso la bacchetta, facendo visita con la mente a quegli occhi azzurro ghiaccio.
Quella bacchetta doveva per forza essere del ragazzo misterioso. Un lampo di speranza la illuminò istantaneamente. Draco sarebbe dovuto tornare indietro per recuperarla.
In questo modo l’avrebbe incontrato di nuovo, molte delle sue domande e perplessità avrebbero avuto risposta e forse avrebbe capito chi fosse per davvero.
Diede un’ultima occhiata alla bacchetta, sentendo che in qualche modo una parte di quel ragazzo
era lì con lei e le sarebbe rimasta accanto per tutta la notte. Restò a rimuginare a lungo su quei pensieri, fino a che una voce familiare di donna la riportò alla realtà.
“Lyn, tesoro, sono già le dieci”.
Era già giorno e, quando Lyn aprì gli occhi, realizzò di essersi addormentata a tutti gli effetti e che, in quel momento, sua madre le stava accarezzando dolcemente i capelli. Stava in piedi davanti a lei, con fare materno, e Lyn si accorse che sul comodino le aveva lasciato la colazione su un vassoio.
“Grazie, ma non ce n’era bisogno. Scusami tanto, ho dimenticato di puntare la sveglia”.
Detto questo, si stiracchiò per bene, si mise a sedere a gambe incrociate, appoggiandovi sopra il vassoio, e afferrò dal piattino un biscotto integrale, per poi inzupparlo nella tazza traboccante di the verde fumante, con alcune foglie di menta galleggianti. Sua madre nel frattempo aveva adocchiato la bacchetta sul cuscino, probabilmente l’avrebbe scambiata per qualche bizzarro souvenir appartenente alla ragazza. “Adoro il the verde” mormorò Lyn, e di tutta risposta Cecilia sorrise, prendendo in mano la bacchetta. “E questo cos’è?” chiese sua madre osservando l’oggetto con circospezione.
Alla ragazza andò di traverso il the. Tossì forte, perciò sua madre intervenne dandole delle pacche decise sulla schiena e rimettendo la bacchetta al suo posto. Il cuore di Lyn aveva preso il galoppo al solo pensiero che se Cecilia avesse agitato la bacchetta sarebbero potute uscire delle scintille. Lei non sarebbe stata in grado di darle delle spiegazioni. Inventò velocemente una scusa.
“E’ solo un bastone che avevo trovato all’orfanotrofio” disse, riprendendo a bere a piccoli sorsi “Mi è piaciuto e perciò ho deciso di tenerlo”.
Cecilia non capiva cosa poteva trovare di tanto bello in un pezzo di legno, glielo si leggeva in faccia, ma restò in silenzio. Purtroppo non fu lo stesso per quanto riguardava l’odore di fumo che aleggiava ancora per la stanza, così si affrettò a spalancare gli scuri della piccola finestra e commentò
“Mi sbaglio o c’è puzza di fumo?”.
Lyn restò con la mandibola abbassata e la tazza a mezz’aria, rischiando di versarsi il the rovente sul pigiama. Non aveva pensato a quel piccolo particolare, era stata talmente occupata a giocare con la bacchetta, che non si era posta il problema di far sparire l’odore di bruciato e ordinare tutti i vestiti che stavano sparpagliati sul pavimento.
“Ho fumato” mentì spudoratamente, sperando che la signora Wright non la prendesse troppo male. “Dove hai preso le sigarette?” chiese curiosa Cecilia.
“Ne aveva solo una, me l’ha data ieri una mia amica prima di partire. Ho buttato il mozzicone nel water. Mi dispiace, non capiterà di nuovo. Volevo soltanto provare”
“Sta’ tranquilla, non sono arrabbiata. Però ci tengo a dirti che io e tuo padre siamo molto contrari al fumo, e preferiremmo che finché non avrai raggiunto la maggiore età lascerai perdere le sigarette.
Sei una ragazza intelligente, immagino che tu sappia che è dannoso e può anche uccidere.
La vita è piena di cose meravigliose, non hai bisogno di quella roba” le diede un’altra carezza, sul viso questa volta. “Non devi preoccuparti, è stato disgustoso” sorrise Lyn, rifilandole l’ultima bugia ben ragionata con tono credibile. Infondo, quell’affermazione non era del tutto falsa.
Nonostante non avesse mai provato a fumare, non le interessava nemmeno scoprire come fosse.
Quando era stressata, preferiva di gran lunga rimpinzarsi di budino al cioccolato.
Era l’unico suo peccatuccio.
“Mi fa piacere sentirtelo dire. Tesoro, appena hai finito di mangiare, preparati che andiamo a fare compere”. 
E così fu. In meno di mezz’ora, erano già tutti e tre fuori di casa, dentro al loro piccolo mezzo di trasporto. Trascorsero la mattinata in una Oxford Street pullulante di gente, in negozi davvero esclusivi, ad acquistare indumenti nuovi per Lyn, che timidamente scelse solo i capi più economici, anche se Michael e Cecilia la spronavano ripetutamente a prendere tutto quello che le piaceva.
“Lyn, ti va se ci fermiamo al McDonald?” suo padre la guardò dallo specchietto retrovisore, una volta di nuovo in auto e fermi al semaforo. “Cos’è il McDonald?” la ragazza sentì Cecilia ridacchiare, anche se non ne capiva il motivo. “E’ un fast food, un locale dove si mangiano panini e patatine fritte. Sono sicuro che ti piacerà”. Dopo un paio di minuti Lyn vide ben distintamente fuori dal finestrino un’enorme ‘M’ gialla ergersi su un’insegna. Quella lettera le ricordò la propria spilla argentata e, per qualche oscuro motivo, anche il ragazzo misterioso. Forse per via di quel giallo tanto acceso, che, nonostante non avesse niente a che fare con i capelli chiarissimi di Draco, era stato evocativo.
Cecilia e Lyn si accomodarono ad un tavolo, invece Michael si mise in fila per ordinare.
Il locale era pieno zeppo di gente di ogni età, gruppi di adolescenti sghignazzanti, famiglie con i propri bambini piccoli, questi ultimi molto più interessati ai giocattoli racchiusi nelle confezioni che al cibo.
Per la prima volta, Lyn mangiò un hamburger con patatine fritte.
Era certa che se non si fosse trattenuta ne avrebbe mangiati a bizzeffe. Peccato fosse cibo così poco sano. Si fermò per un istante a fantasticare sulla possibilità di diventare per disgrazia una mongolfiera, ma si scosse subito da quel pensiero non appena anche l’ultimo sorso di Coca-Cola finì.
Proseguirono la giornata facendo una rapida spesa, infilando nel carrello di tutto e di più, per festeggiare ancora l’entrata di Lyn in famiglia. Inoltre, comprarono penne, matite e quaderni per l’anno scolastico della ragazza alle porte.
Era ormai pomeriggio inoltrato, quando passarono di fronte ad una libreria. Lyn rimase incantata davanti alla vetrina, perdendosi ad osservare la moltitudine di libri che stavano sugli scaffali.
“Vuoi entrare?” le chiese Michael, appoggiando una mano sulla sua spalla, mostrandole uno dei suoi più bei sorrisi. Lyn annuì, così varcarono le porte automatiche.
I signori Wright si misero a conversare tra di loro e la ragazza ci badò a stento, occupata com’era a leggere avidamente tutti i titoli che la circondavano. Un libro in particolare catturò la sua attenzione:
Jane Eyre. Decise che l’avrebbe comprato, poiché quello a casa non era più leggibile.
“Hai finito?” si sentì chiamare dopo un quarto d’ora da sua madre.  Aveva scelto solo cinque libri, eppure avvertì un leggero senso di colpa. Non voleva dare l’impressione di essere una spendacciona, ma amava leggere e le sarebbe dispiaciuto uscire di lì a mani vuote.
Fortunatamente non le chiesero quali libri avesse acquistato o avrebbero potuto pensare che avesse una qualche strana passione per l’occulto. Infatti, tutti erano dedicati alla stregoneria e a miti e leggende sul mondo magico. Una parte di sé sapeva che non avrebbe trovato risposte alle sue domande all’interno di quei volumi, anzi molto probabilmente avrebbero raccontato soltanto un mucchio di fandonie, ma la curiosità aveva preso il sopravvento.
Voleva capire da dove provenisse quel misterioso ragazzo.
Fuori il sole stava calando, il cielo assumeva pian piano un tono sempre più rosato e Lyn sorrise, stanca ma soddisfatta di aver trascorso la sua prima bella giornata assieme ai signori Wright, la sua famiglia. Giunti finalmente a casa, Lyn aiutò sua madre a preparare la cena e apparecchiare, mentre Michael sistemava la spesa nei mobiletti e in frigorifero. Cenarono con un’insalata di riso e per dessert una fetta di cheesecake, che avevano acquistato per l’occasione.
Restarono a tavola per due ore buone, a chiacchierare e ridere, raccontandosi vicende ed esperienze passate di ogni tipo. Lyn scoprì che i signori Wright non erano dei patiti per gli sport, ma che ogni tanto giocavano a golf. Questo non le dispiacque affatto, dato che sin da bambina non aveva mai avuto interesse per lo sport. Al massimo le piaceva passeggiare.
Inoltre suo padre le rivelò che conosceva un po’ di spagnolo e giapponese.
Cecilia invece era un’ottima cuoca, ma quello l’aveva già capito assaggiando i suoi piatti.
Sia Michael che sua moglie erano professori di Liceo, lui insegnava letteratura e lei storia.
Lyn sapeva che avere degli insegnanti come genitori si sarebbe rivelato molto utile, ma d’altro canto temeva potessero essere troppo severi. L’idea, però, non la preoccupava più di tanto, infondo a lei piaceva studiare e se l’era sempre cavata discretamente. Prima che ognuno salisse in camera, Cecilia lavò i piatti e nel frattempo Lyn e suo padre diedero un’occhiata superficiale agli opuscoli delle varie scuole. La ragazza scrutò tutto molto attentamente, indecisa come non mai.
Qualcosa dentro di lei non voleva saperne di scuole e istituti vari. La sua mente era da ben altra parte.
Aveva timore di fare la scelta sbagliata, ma in realtà qualsiasi fosse stata la sua decisione sarebbe stata giusta e l’avrebbe portata, in un modo o nell’altro, ad un futuro chiaro e ben definito.
Non era ciò a cui aveva sempre ambito? Potersi realizzare come persona?
Eppure le sue ambizioni avevano subìto una trasformazione, dopo quello strano incontro.
Si diede della sciocca a continuare a rimuginare su quei pensieri.
‘Quel mondo’ non le apparteneva. Lei era una babbana, o come diavolo l’aveva chiamata Draco.
Avrebbe condotto un’esistenza normale, come tanti altri, consapevole tuttavia che da qualche parte qualcosa d’incredibile e straordinario stesse accadendo, senza che lei potesse vederlo con i propri occhi. Sapere era una vera e propria condanna. Ciononostante, doveva accettarlo, punto e basta.
Una parte di sé sperò che il ragazzo dagli occhi azzurro ghiaccio non tornasse a prendere la bacchetta, che se ne comprasse semplicemente un’altra, così che non l’avrebbe più rivisto e non avrebbe alimentato le proprie illusioni; poi lei avrebbe deciso se tenere o gettare via quell’oggetto.
Alla fine si diedero la buonanotte, Lyn salì in camera e si cambiò, indossando la vestaglia che aveva
trovato dentro all’armadio la sera prima. Una volta sdraiata a letto, si lasciò andare alla quiete della notte, sprofondando lentamente in un dormiveglia sereno.
Il sonno aveva quasi preso il sopravvento, quando due piccole luci si pararono di fronte al suo viso.
Spalancò gli occhi spaventata, intenta a cacciare un urlo, ma una mano le tappò subito la bocca.
Lyn si tirò su di scatto e si accorse che le piccole luci erano in realtà gli occhi azzurro ghiaccio del ragazzo misterioso. Era tornato. La pelle della sua mano era morbida e tiepida.
La ragazza poteva sentire il proprio cuore battere all’impazzata per la sorpresa.
Temeva che Draco potesse avvertire il pulsare di quel muscolo attraverso il contatto con la sua pelle.
Come se le avesse letto nella mente, Draco tolse la mano dalla sua bocca.
“Non puoi avvisare quando arrivi? Mi hai fatto spaventare” disse Lyn in un sussurro
“Oh, la signorina si è spaventata. Ma quanto mi dispiace. La prossima volta ti faccio una carezza,
magari ti svegli meglio”
Lyn non rispose a quella battuta sarcastica, arrossì lievemente e si limitò ad accendere la lampada sul comodino. Vide Draco sporgersi pericolosamente verso di lei, ma poi si rese conto che voleva semplicemente prendere la bacchetta adagiata sul cuscino affianco.
“Non avevi alcun diritto di usarla” l’accusò stizzito.
Fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto.
Le parole erano giunte alle sue orecchie così gelide e sprezzanti.
“Mi dispia” tentò di scusarsi Lyn, ma Draco le parlò sopra dato che non aveva ancora finito
“Nessuno ti ha insegnato che è maleducazione usufruire delle cose altrui, senza il loro permesso?”
“Scusa” mormorò deglutendo, poi, dal nulla, un dubbio le spuntò in mente
“Come fai a sapere che l’ho usata?” si alzò finalmente dal letto.
Cercò di mantenere un’aria indifferente, anche se fu uno sforzo disumano.
“Stamattina mi è arrivata una lettera dal Ministero della Magia, in cui ero accusato di aver eseguito
innumerevoli incantesimi all’infuori della scuola, rischiando perciò di essere espulso.
Solo allora mi sono accorto di aver perso la mia bacchetta, e l’ultimo posto in cui ero stato era questo.
Dunque, mi sono recato al Ministero e ho denunciato la scomparsa della bacchetta, raccontando gli eventi del giorno precedente. Ecco come lo so”
Era una vera e propria impresa restare impassibile sotto a quello sguardo accusatore.
Lyn aveva esaurito le parole. Alla fine, prese coraggio e dichiarò “Ora, se non hai altri rimproveri da aggiungere, puoi anche andare”.
“Non sono venuto solo per la bacchetta” ammise lui, lasciando Lyn spiazzata.
“E per cosa?”
Ancora una volta, Lyn si trovò il volto di Draco a pochi centimetri dal proprio.
“Per questa” sbottò, mettendole davanti al naso una busta giallognola, facendo sobbalzare la ragazza
per la sorpresa. Si diede della stupida, cosa aveva pensato che volesse fare? Aveva letto troppi libri…
“Non è stato possibile scoprire le tue origini, ma è stato chiaro sin da subito che tu possedessi dei poteri e quindi fossi una strega. Mi hanno per tanto autorizzato a consegnarti questa.
Chi l’avrebbe mai detto” sogghignò il biondo, e Lyn si sentì improvvisamente sprofondare.
Una fitta intensa le strinse lo stomaco. Lei una strega? La stava per caso prendendo in giro?
“Che cosa?” esclamò sconcertata.
Draco le porse la busta, che Lyn afferrò con il cuore in gola. La carta era ruvida sotto i suoi polpastrelli. Lyn fissò il ragazzo. “Cosa aspetti?” sbuffò lui, impaziente “Aprila”.
L’aprì in men che non si dica, con mani tremanti, staccando il sigillo di ceralacca rossa, sopra al quale vigeva la lettera H, soffermandosi soltanto un istante ad osservare lo stemma verdastro disegnato sulla carta; raffigurava degli animali, ma non vi prestò troppa attenzione.
La lettera recitava “SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Albus Silente (Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Esorcista, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed. Internaz. dei Maghi)  
Cara signorina Wright,  
siamo lieti di informarla che lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà  l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1° settembre.
Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 agosto p.v.
Con ossequi, Minerva Mcgranitt Vicedirettrice”.
Lyn strabuzzò gli occhi, incredula, lo stomaco che faceva le capriole dal tanto che era agitata ed emozionata. Portò di nuovo la sua attenzione su Draco, che la osservava leggermente incuriosito.
“Sono stata ammessa?” domandò lei, pregando dentro di sé che non fosse in realtà un sogno ad occhi aperti. Draco assunse un’espressione seccata, “Si, contenta?”.
Sembrava fosse una vera e propria passione stuzzicarla, come se volesse osservare fino a che punto avrebbe sopportato. Non sapeva però che era un gioco perso, Lyn era fin troppo buona.
 “Ma con i miei genitori? Come farò?” sbottò lei, realizzando sempre di più la situazione.
“Corri da loro e glielo dici, no?”
“Cosa significa via gufo?” domandò la ragazza, dando un’altra occhiata veloce alla lettera.
“Adesso non importa. Prima devi ottenere il permesso di un genitore o un tutore”.
Lyn non se lo fece ripetere ancora e scese in fretta verso la camera dei suoi genitori.
Ora doveva soltanto convincere i suoi che non era matta e che aveva la possibilità di studiare in una scuola di magia. “Mamma, papà! Devo parlarvi di una questione molto importante” bussò gentilmente alla loro porta. “Entra” risposero in coro.L’istante prima che girasse il pomello della porta, udì una voce bisbigliare “Lyn”.
Si voltò di scatto, ma il piccolo corridoio era vuoto. Entrò allora nella stanza dei signori Wright.
   
 
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