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Autore: dream_more_sleep_less    19/08/2016    4 recensioni
A diciotto anni non si sa mai esattamente cosa si voglia dalla vita, né chi si voglia diventare. Si passa il tempo a porsi domande accompagnate da porte in faccia, e rimaniamo indecisi fino all'ultimo. Leeroy invece è cresciuto con la convinzione di poter diventare esattamente ciò che vuole: un calciatore. Non ha mai voluto altro e non ha mai sognato altro. Gli studi non fanno per lui. La sua presunzione lo porta a distruggere i sogni della squadra del suo liceo proprio alla finale di campionato. Ha deluso soprattutto i compagni che stanno ormai per diplomarsi. Per loro non ci sarà un'altra possibilità, sono arrivati all'ultimo giro di giostra. Alla fine scenderanno da vincitori o da perdenti. Dipenderà tutto da Leeroy, che dovrà riuscire a mettere le redini al suo ego per andare d'accordo con il portiere. Secondo lui, Lance è la vera causa della loro sconfitta.Troppo calmo, troppo sicuro di sé. Ma il loro rapporto dovrà cambiare per permettere ad entrambi e al resto della squadra di guadagnarsi il titolo di campioni. { In corso }
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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N.A: Secondo aggiornamento consecutivo. :)
The last chance
XXIV - Parte I

 

L'ufficio di Stan era stranamente vuoto. Aveva bisogno di discutere con lui il dopo partita, volevano andare tutti a fare un giro al pub in centro a mangiare qualcosa, qualunque fosse stato l'esito della partita. Dovevano rinforzare lo spirito di gruppo. Come sempre era tutto disordinato e c'erano scartoffie ovunque e moduli di iscrizione per i pulcini. Si chiese come facesse a provare ad allenare i bambini una volta a settimana, già aveva loro da sopportare. Si sedette alla scrivania per mettersi a giocare al computer e sopra la tastiera trovò una e-mail stampata che catturò subito la sua attenzione. Lo stemma del West Ham era inconfondibile. Lesse tutto d'un fiato non capendo. C'era scritto Leeroy Rogers, non Lance Stark. Rimase per un momento a contemplare il nome in religioso silenzio. Non poteva pensare che Stan avesse detto una bugia al suo migliore amico; magari il West Ham voleva entrambi, però preferiva non dirlo ancora al terzino. Per maggiori chiarimenti, anche se non doveva farlo, decise di aprire l'e-mail dell'uomo. Scrollò la varia posta ricevuta finché non trovò solo quella che aveva appena letto. Guardò poi tra quelle inviate. Rimase scosso. Stava cercando di mettere Lance al posto di Leeroy nella squadra, ma non era ancora arrivata alcuna conferma. Quello non era essere sicuri al cento per cento. Forse gli scout avrebbero perso l'interesse dopo quella e-mail e Lance non avrebbe ottenuto nulla e si sarebbe sentito uno schifo. Si alzò ed uscì dall'ufficio per cercare Stan. Voleva dei chiarimenti.

*

Gli avversari erano un osso duro. Miles non riusciva a passare una palla in avanti. Inoltre era ancora più frustrante il fatto che non fosse ruscito a parlare con Stan. L'aveva trovato prima della partita e non gli era sembrato il caso di fare scenate. Ora però non sapeva bene cosa fare, tutto ciò lo stava deconcentrando. Leeroy poi non era ancora entrato. Stavano perdendo uno a zero con quella squadretta di fuori città ed era ad un punto da prendere a pugni il numero 8. Lo stava snervando con le sue battutine e i suoi modi di fare, cercava sempre di buttarlo a terra e l'arbitro non aveva ancora fischiato un solo fallo. Respirò profondamente prima di riprendere a correre verso il numero 12 che gli veniva incontro. Riuscì a sottrargli la palla, ma la calciò troppo lontana e finì fuori campo. Gli scappò un'imprecazione. Stava aspettando la pausa da ormai dieci minuti, stranamente si sentiva fiacco. 
Una volta che l'arbitro ebbe fischiato la fine del primo tempo, si diresse a passo di marcia da Stan.
"Vuoi far entrare Leeroy!?" disse tra i denti all'orecchio dell'uomo.
"Ti vuoi dare una calmata? Altrimenti esci."
"Va benissimo," rispose a tono, togliendosi la maglietta e gettandola a terra, dirigendosi verso l'uscita. Era stanco di quella pagliacciata. I ragazzi lo guardarono sconvolti, nessuno aveva mai visto Miles dare di matto o anche solo alzare la voce con l'allenatore.
Stan bestemmiò. "Lance, vai a riprendermelo," disse con un tono che non ammetteva repliche. Stark senza pensarci annuì e gli andò appresso, correndo e afferrandolo per una spalla.
"Cazzo dai, torna."
"No, mi sono rotto le palle delle sue stronzate."
"Ma cosa ti ha fatto?" chiese il portiere.
"A me niente, è il suo atteggiamento, ci stiamo facendo il culo e siamo sotto di uno a zero, quando invece avrebbe potuto far entrare Roy dall'inizio e non saremo a questi punti."
Lance lo guardò preoccupato; non lo aveva mai visto in quello stato solo per una partita, doveva essere successo qualcosa. "Sai che puoi parlarmi se succede qualcosa, vero?"
Reginald in tutta risposta rise. "Certo, come fai te."
Il portiere ammise con se stesso di essersi meritato quella risposta e cercò quindi di farlo ragionare.
"Mi dispiace per come mi sono comportato fino ad ora, possiamo parlarne dopo la partita, ma ora per favore, torna e scusati con Stan."
"Torno ma con lui non mi scuso, posso stare anche in panchina, non mi interessa."
Lance sospirò: quando Miles usciva di testa era difficile farlo ragionare. Era come una bomba ad orologeria; una volta che scoppiava, poi bisognava aspettare che tutto si calmasse per poter raccogliere i pezzi.
"Dai, andiamo," gli disse, mettendogli una pacca sulla spalla.
Non appena Miles fu di nuovo davanti a Stan, non lo guardò nemmeno. Raccolse la maglietta e prese una bottiglia d'acqua, per poi andarsi a sedere.
"Reginald rientri, non mi interessa se non hai più voglia," disse l'allenatore con tono grave.
"Perfetto."
Prima di rientrare Miles andò da Leeroy. "Guarda il numero 8, è una testa di cazzo. Il 14 fa troppi falli. Come hai la palla, non passarla a me, vieni in avanti e cerca di tirarla lunga a Daniele."
"Vuoi provare ora?"
"Appena te lo dico io."

*

Erano passati venti minuti e erano ancora uno a zero, Reginald non aveva ancora detto nulla e la cosa iniziava a farlo innervosire. L'attaccante numero 14 gli stava facendo girare le scatole, saltellava di qua e di là con la palla come un cazzo di coniglio, lo avrebbe preso a calci nei denti.
Si ritrovò la palla davanti e iniziò ad avanzare con essa, ma non fece nemmeno cinque metri che tre giocatori avversari gli si schierarono davanti. Cercò di sorpassarli, da destra ma arrivò pure il quarto. Si girò con le spalle ai numeri 14, 9 e 5 per poter passare la palla a Liam. Tutte queste ammucchiate gli stavano facendo girare le scatole. Si liberò di loro e tornò vicino alla porta, dato che anche Liam aveva perso la palla e gli avversari stavano avanzando dall'angolo destro.
Fu calcio d'angolo. Controllò che ogni giocatore fosse marcato prima di poggiarsi dal lato opposto della porta. Il numero 5 tirò nel mucchio e la palla venne deviata da Miles nella sua direzione, la stoppò di petto per poi ricalciarla in avanti verso Julio.
Il ragazzo arrivò a metà campo e il numero 8 gli riprese la palla, andando in contropiede. Leeroy stava perdendo la pazienza. L'8 passò poi la palla al 14, che andò in direzione di Roy, seguito poi dall'altra parte dal numero 5. Rogers gli andò incontro, riuscendo a prendere la palla e scattando in avanti, ma il 5 entrò in scivolata, facendogli perdere il controllo palla e regalandola al 14, che si diresse in porta mentre il terzino imprecava a denti stretti per terra.
Liam andò in aiuto di Lance, ma era già troppo tardi, perché la palla era già alzata da terra all'altezza della testa del portiere, ma al sette. Stark la vide giusto all'ultimo secondo e saltando riuscì a buttarla fuori con la mano a pugno, ricadendo poi a terra, a pochi centimetri dal palo.
"Lee, stai più vicino a me, non andare in avanti, cazzo!" urlò il portiere, arrabbiato con il terzino.
"Non è colpa mia se sono delle teste di cazzo!"
"Non parlare così, porca puttana."
"Va al diavolo," disse fra sè e sè Rogers, prendendo posto come gli era stato detto.
Lance passò la palla a Liam, che avanzò, ma poi la rimandò a Leeroy e in quel momento Miles gli fece segno di andare avanti. "Scusa Lance," disse prima di partire e correre come se non dovesse avere un domani. Riuscì a superare gli attaccanti e quando fu a metà campo fece un breve passaggio a Nicholas, per poi farsela ripassare e così servire Daniele.
L'italiano, appena ebbe la palla, la stoppò e tirò subito in porta. Il portiere non la vide nemmeno.
Miles e Leeroy si scambiarono uno sguardo di approvazione. Il capitano gli andò incontro. "Ora stai in difesa, al resto ci pensiamo noi," gli disse all'orecchio dandogli, poi una pacca sulla spalla e spettinandogli i capelli.

*

Vinsero la partita due a uno e in quel modo a Miles e Rogers tornò il buon umore. Reginald aspettò che tutti avessero finito negli spogliatoi prima di trovare il coraggio di andare da Stan. Doveva mettere le cose in chiaro.
Lo trovò fuori dall'impianto calcistico a fumare appoggiato all'auto. Prese coraggio e andò da lui.
"Parla."
"So che il West Ham vuole Leeroy e non Lance. Come puoi aspettarti che solo perché tu dici loro che Leeroy non passerà l'anno loro prenderanno Lance? Se poi non verranno proprio, non avrai solo tolto le speranze ad un ragazzo, ma a due. E tu sai che quei due ragazzi ti rispettano moltissimo. Non solo loro, cazzo, tutta la squadra ti vede come un punto di riferimento e un ottimo allenatore e tu te ne esci con 'ste puttanate?" buttò tutto fuori come se stesse vomitando. Era davvero ciò che pensava e non poteva trattenersi con tutto quello che era in gioco.
"Sto aspettando la risposta. Se dovessero dire no insisterò. A Leeroy si apreranno un mucchio di strade in futuro, per Lance invece è tutto incerto."
"Ma almeno diglielo."
"No, ho fatto una cazzata probabilmente, ma voglio aiutarlo."
"Hai mentito a lui e non hai detto nulla a Rogers."
"Sono sicuro di quello che sto facendo."
"Devi dire a Lance che non sei più così tanto sicuro, che è tutta una balla. Devi, lo avrai poi sulla coscienza."
"Non lo farò."
"Bene, allora io sono fuori," disse il capitano. Ne aveva abbastanza, non avrebbe potuto sopportarlo e non avrebbe di certo raccontato lui le stronzate di Stan a Lance, doveva farlo lui. Non gli interessava se con la sua testardaggine avrebbe perso il suo ruolo, Lance era più importante.
"Non fai sul serio, vero?" chiese Stan, che adesso era davvero basito.
"CI puoi scommettere," concluse Miles, riprendendo il borsone che precedentemente aveva buttato a terra, per dirigersi all'auto e andare a casa. Non sarebbe andato alla cena.

*

Negli spogliatoi Leeroy non aveva potuto fare a meno di fissare di sottecchi Lance. Durante le partite non avrebbe neppure guardato una nuova X-Box, figuriamoci fissare qualcuno in quel modo. Non sapeva esattamente perché lo aveva fatto. Si era soffermato a guardargli il viso e i vari tatuaggi. Quello di Eminem lo conosceva già, ma non ci aveva dato troppa importanza finché non era stato in camera sua quella notte. Aveva capito che qualcosa era cambiato dopo che aveva parlato con Abigail, e di nuovo poi con lui a scuola. Era distaccato, non lo insultava quasi, ma comunque sia gli parlava.
Sapeva che fosse bello, solo un cieco non se ne sarebbe accorto. Non riusciva ancora a capire come fosse possibile che avesse cercato di baciarlo nonostante non si sopportassero. 
Prese a testate il tavolino del pub, sospirando poi pesantemente. 
"Tutto bene?" chiese Daniele un po' preoccupato, ma anche già brillo.
"Sì sì. Ora molla la birra, non ti riporto a casa ubriaco."
"Non sono ubriaco... ancora."
"Ah-ah!" rise Leeroy sarcasticamente. "Non ci pensare nemmeno." Guardandosi attorno si accorse che Miles mancava; il capitano non perdeva mai una cena dopo le partite. Lance invece era al bancone con Nicholas e Liam. Che avessero litigato di nuovo? Reginald veniva a quei ritrovi anche dopo che si era insultato con lui, perché avrebbe dovuto fare così con il migiore amico? Il capitano non era quel tipo di persona. Lasciò perdere. Prese di mano la birra a Daniele e bevve in un sorso quello che rimaneva. "Tu fai il bravo che ti riporto a casa," disse Leeroy.
"Quando rifacciamo una serata da te?" chiese Akel, mangiando le patatine.
"Sì nfatti, io mi sono rotto di farvi mangiare pizza a spese mie!"
Rogers alzò gli occhi al cielo. "Non posso fare serate a casa con mia cugina, e soprattutto conoscendo te, stupido italiano."
"Com'è che di me ti fidi e di lui no?" chiese Daniele indicando l'altro amico.
"Perché tu sei italiano."
"Razzista!"
"Vai a berti una birra per favore, non voglio finire 'sto discorso."
"Eddai, la mandiamo con Abigail e le altre."
"Per favore," disse Akel, sfoderando di nuovo il faccino da bimbo bravo. Con Leeroy funzionava ogni volta, infatti l'inglese annuì esasperato. "Ma decido io quando."
"Sai che noi ti amiamo, vero?" dissero i due all'unisono, abbracciandolo.
"Voi però prendete da bere."
Il cellulare squillò e vedendo il nome della cugina rispose subito.
"Eh? Non sento niente." Nel locale la musica alta e gli amici a fare casino peggioravano l'ascolto. Uscì dal locale, portandosi dietro la giacca, e ciò non sfuggì al portiere, che era ancora al bancone.
"Ora mi senti?"
"Sì, dimmi."
"Ha chiamato tua madre, voleva sapere come stavi."
"Appena sono a casa la chiamo."
"Non preoccuparti, ha detto che ti richiama lei domani sera."
"D'accordo. Ci vediamo dopo allora."
"Potresti portami da mangiare? Non ho voglia di cucinare."
"Ti porto qualcosa dal pub, va bene?"
"Basta che ci siano le patatine fritte e va bene tutto."
"Ok."
Riagganciò la chiamata e rimise il telefono in tasca. Quando sollevò lo sguardo, trovò gli occhi di Lance che lo fissavano. Ebbe come un déjà vu. Stark se ne stava seduto sul muretto che separava la terrazza del pub dall' entrata. "Di nuovo a fumare?"
"È la prima da quando abbiamo finito di giocare, non fumo tanto," rispose il portiere acidamente; quelle erano le cose che non andavano mai dette ai fumatori.
"Per il resto tutto bene?" cambiò discorso il ragazzo, non aveva voglia di discutere delle brutte abitudini dell'altro.
Il portiere annuì e basta. "Ci è andata di culo per la seconda volta," disse con lo sguardo assorto oltre la figura del terzino. Non sapeva bene perché fosse uscito per andare da lui, voleva parlargli, ma non sapeva bene di cosa. Fino a quel momento non avevano mai avuto una vera e propria conversazione. 
"Prima o poi la tua buona stella smetterà di brillare."
"Ne sono consapevole. Il mio motto è: arraffa più che puoi!" commentò il ragazzo, facendo un po' di autoironia.
Leeroy, ridendo, andò ad appoggiarsi al muretto, vicino al compagno di squadra, senza però salirvi sopra, guardando le vetrate illuminate del locale. Era un pub che rimaneva leggermente isolato dal resto della città, in una zona poco trafficata. Era piacevole andare lì solo perché non c'era mai l'affollamento che c'era di solito in quelli del centro.
"Avrei giurato L'inverno sta arrivando!" disse il terzino, iniziando a ridere di gusto. Era una vita che voleva dirglielo.
"Non è divertente, lo sai?"
"Per me che guardo la serie sì, e molto."
"So già che finirà male anche la prossima stagione," ammise Lance sconsolato.
Leeroy si mise a sedere sul muretto, continuando a ridere. "Gli avversari di oggi mi hanno fatto girare troppo le palle."
"A proposito, perché dai retta a Miles e non a me? Cazzo, ti dico 'resta dove sei' e poi mi parti in quarta? Volevi farlo te gol?" disse il portiere con tono tra il divertito e l'incredulo. 
"Ma è stato Miles che ha avuto una specie di trovata."
Trovò troppo strano il modo in cui si stavano parlando, eppure era piacevole e assurdamente nessuno dei due era ubriaco. Si sentiva perfettamente a suo agio, ma forse lo era sempre stato, e i litigi ne erano la conferma. Era convinto che da sobri riuscissero solo ad insultarsi e da ubriachi a picchiarsi. Guardandolo di sottecchi, si chiese se Lance avrebbe avuto il coraggio in quel momento di riprovarci. Si avvicinò a lui e subito dopo si diede dell'idiota. Perché avrebbe dovuto? Non sapeva nemmeno cosa avrebbe dovuto pensare. Eppure voleva. Si avvicinò ancora, ma prima che potesse ripensarci e così allontanarsi, le labbra di Lance erano sulle sue. Stark le sfiorò appena con le sue, per poi subito staccarsi e appoggiare la fronte contro quella dell'altro. I loro sguardi si incontrarono mentre respiravano piano. Vedeva in quel grigio oscurato dalle ombre della sera cosa voleva il compagno di squadra, ma non sapeva cosa stesse provando. Era troppo preso a decifrare le sensazioni che provava per poter riuscire a comprendere quelle di un'altra persona, per non parlare delle sue. Il modo in cui lo guardò, però, gli fece capire che forse era la stessa cosa che voleva lui. La mano destra del portiere andò a poggiarsi dietro la nuca del terzino, che senza pensarci tornò a baciare il compagno di squadra. Per un breve attimo gli sembrò di essere nel dormiveglia, quando si è cullati dal dolce tepore delle coperte e non ci si vuole alzare, ancora inebriati dai sogni della notte. Quei sogni in cui non ricordi cosa hai fatto, ma ricordi benissimo le sensazioni, e la mattina ti supisci che era tutto frutto del tuo subconscio. Quel momento però era reale, lo sentiva sulla pelle, ne sentiva l'odore di mare trasportato dal vento e il calore sulla sua bocca. Non voleva che finisse. Leeroy non ebbe nemmeno il tempo di stupirsi delle sue stesse azioni che si allontanò da Lance, scosso. Era troppo, troppo in una sola volta e per un solo bacio. 
Lance guardò Rogers negli occhi con un po' di imbarazzo, sapendo di aver fatto una cazzata, e bella grossa. Si rese conto di aver buttato nel cesso quella poca intesa che c'era tra di loro.
Leeroy, dal canto suo, non seppe cosa dire se non: "Devo andare a ordinare da mangiare per Jo."
Il portiere lo guardò sparire dentro il locale. Si accese subito l'ennesima sigaretta.
"Ora sì che riprendo a fumare come un dannato, fanculo Lee!"

   
 
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