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Autore: Marne    22/08/2016    8 recensioni
Il Mondo Magico è sconvolto da una lunga serie di scandali. Il Governo Shacklebolt, nato come faro di speranza, è sull'orlo di un precipizio fatto di menzogne, intrighi e spie. Il Bambino Sopravvissuto non riesce a dormire, le Forze del Male continuano a tramare fra le ombre delle anime che hanno rubato.
Uno specchio è ciò che impedisce al caos di rovinare sulla terra. Uno specchio divide la realtà dalla follia.
Hermione Granger, giovane Inquisitore del Ministero, è costretta a lavorare con Draco Malfoy, uno dei maggiori esperti di antichi artefatti magici.
Una serie di avventure nel cuore del vecchio Continente li porterà a scontrarsi con i demoni del passato, mentre la minaccia di un Ritorno aleggia su tutta la Comunità Magica.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Mangiamorte | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mirror Universe'
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Lo Specchio delle Anime.

 

 

 “Ettore, forse credevi, mentre toglievi le armi a Patroclo,

di farla franca, non avevi paura di me che ero lontano,

sciocco! Pur lontano da lui, guerriero molto più forte

 in riserva alle navi ricurve restavo io,

che t’ho piegato i ginocchi: di te cani ed uccelli

faranno scempio, a lui sepoltura daranno gli Achei”.1

 

[Achille – Iliade, Omero (vv. 331-336)]

        

 

 

 

Atto XVI – Parte IV

Aristos Achaion2.

 

 

«Mi dispiace, Maestro».

La voce dell’apprendista tremò, mentre si inginocchiava davanti all’uomo incappucciato. Aveva temuto quel momento con tutto il cuore, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con i suoi fallimenti.

Semplicemente, avrebbe preferito rimandare.

«Mi avevi giurato che sarebbe stato facile» la voce fredda dell’uomo fece tremare le sue ossa. Lo vide spostarsi intorno alla scrivania e si sentì morire.

Era giunta la fine della sua misera vita?

«Ho fatto ciò che ho potuto, Maestro, ma la Granger-» tentò di giustificarsi, fermandosi sentendo il colpo di tosse del suo capo. Aveva voglia di piangere, ma sarebbe stato poco utile e poco dignitoso. «Credo abbia notato le mie tracce».

«Non abbiamo molto tempo, allora. Da quanto tempo non ci sono notizie di quei due?» domandò ancora lui, schiarendosi la voce. Sembrava molto più stanco di quanto non fosse mai stato. Forse era un buon segno, magari aveva contratto una qualche malattia rara ed era sul punto di morire e porre fine al suo terrore.

«Due settimane, Maestro» rispose, cercando di non alzare lo sguardo su di lui. Se avesse compreso la speranza con cui aspettava la sua prematura dipartita? Aveva paura delle conseguenze. «Non sappiamo dove sono, ma dubito siano andati lontano… i nostri uomini di guardia allo Specchio non hanno ricevuto notizie. Potrebbero semplicemente essersi persi».

Il Maestro fece un verso sprezzante, intrecciando le mani davanti al viso. «Se credi che possano essersi persi, li sottovaluti così tanto da non meritare di lavorare al mio servizio. Non sottovalutare mai un Malfoy, hanno più vite di un gatto e sono più furbi delle volpi. Quanto alla Granger, in guerra è stata la mente del Golden Trio. Quella ragazza ha più sale in zucca di tutti i miei seguaci messi insieme» sbottò, tossendo ancora una volta. Era pallido, per quanto possibile. «No, non penso si siano persi. Staranno certamente tramando qualcosa. Fai aumentare la guardia allo Specchio e manda qualcun altro a cercarli».

Con una certa agitazione, l’apprendista si guardò intorno, come in cerca di aiuto. I Mangiamorte presenti – spaventosi nei loro abiti scuri e nelle loro maschere d’argento – restarono immobili, senza sembrare disposti a concedere neppure un piccolo aiuto. Li guardò con stizza, per un momento, ma cercò presto di ricomporsi. Gli occhi del Maestro non si erano spostati dal suo corpo, pronti a giudicare qualunque debolezza. «Subito, Maestro. C’è altro che posso fare, per tranquillizzarla?».

L’uomo sembrò riflettere per qualche istante, prima di sospirare. «No, va bene così. Sono assolutamente certo che non avremo ulteriori problemi, il mio piano è troppo perfetto».

No, non è vero.

Avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ma non lo fece. Sarebbe stato soltanto un rischio in più per David, non poteva permetterlo. Che quell’uomo orribile si crogiolasse nel suo egocentrismo.

La speranza che la Granger e Malfoy riuscissero nel loro intento fece sorridere l’Apprendista. Avrebbe certamente trascorso il resto della vita ad Azkaban, se davvero li avessero scoperti, ma l’avrebbe fatto volentieri.

Tutto, pur di far sì che quell’uomo avesse il trattamento che meritava.

«Come desidera, Maestro» disse comunque, alzandosi in piedi ed inchinandosi leggermente. «Riferirò gli ordini».

Lasciata quella stanza buia, tirò un sospiro di sollievo.

Doveva farlo per David. 3

 

***

 

Il ringhio del leone la fece trasalire, se riuscì a trattenersi dall’urlare fu soltanto per orgoglio. Draco, diversamente da lei, non sembrava turbato da ciò che avevano sentito, tutt’altro. Il suo sguardo, sentendo quel suono, si era fatto ben più attento e – lei quasi non gli assestò un cazzotto, quando capì – felice.

C’era la possibilità che un leone o una creatura peggiore li attendesse nel buio del corridoio e lui aveva il coraggio di rallegrarsene.

Assurdo.

«Si può sapere cosa trovi così divertente?» gli domandò, con un sibilo ansioso, aggrappandosi al suo braccio e guardandosi intorno freneticamente. «E non provare a negare, Malfoy, lo vedo quel sorrisino sulla tua stupida faccia. Quello era un ruggito» gli fece notare, forse temendo che lui non avesse sentito bene.

Lui, incurante di essere sul punto di ricevere un pugno in faccia, rise apertamente. «Mi sorprendi, mon Ange, tu non eri forse una figlia del leone? Voi Grifondoro siete sempre così fieri del vostro simbolo… dovresti gioire all’idea di poterne incontrare uno dal vivo» le fece notare, schivando per un pelo lo schiaffo di lei. Rise più forse, dandole un buffetto gentile sul braccio. «Non prendertela, davvero. Sono tranquillo solo perché so che quello non è un vero ruggito da leone».

Accigliata, Hermione si voltò a guardarlo. «Come fai a saperlo?» gli domandò, mentre le sue sopracciglia scure si arcuavano di più. «Se stai per dirmi che da piccolo hai avuto un leone di compagnia, giuro che mi metterò a gridare» lo ammonì, sentendo una certa angoscia crescerle nel petto. Il fatto che evitò completamente la prima affermazione di lui avrebbe dovuto far suonare un qualche campanello d’allarme, ma Hermione sperò di passarla liscia.

La verità era che provava un terrore assoluto per i leoni. Fin da bambina, il solo vederne uno su National Geographic la riempiva di così tanto terrore da spingerla a nascondersi dietro il divano. Il giorno in cui aveva scoperto che il simbolo di Grifondoro fosse proprio quell’animale, sperò con tutta se stessa di essere smistata il più lontano possibile.

Naturalmente, la buona stella non l’aveva ascoltata.

Col senno di poi, non avrebbe saputo dire se fosse stato un bene oppure un male.

«Niente di tutto ciò, Malfidata-Granger» le disse, lanciandole uno sguardo storto. «Ho passato due anni in Africa, per le mie ricerche. Il ruggito dei leoni nella Savana è stato la mia sveglia per un bel po’ di tempo» spiegò, ridacchiando quando lei impallidì e deglutì. «Vuoi dirmi che ti prede? Hai affrontato un Ubir4 a sangue freddo, un leone deve essere una passeggiata. Per Merlino, è stato una passeggiata per me» aggiunse, estremamente esasperato.

Punta sul vivo, Hermione strinse le labbra ed arrossì di colpo. «Beh, Harry ha paura dei piccioni5, i leoni sono giustificabili» si difese, prima di sgranare improvvisamente gli occhi. Aveva appena detto qualcosa di orribile, il suo migliore amico non l’avrebbe mai perdonata, se l’avesse saputo. «Ti prego, non dirgli che te l’ho detto».

Dal canto suo, Draco sembrava esser rimasto bloccato alle prime parole di lei. «Piccioni?» ripeté, infatti, con le sopracciglia sollevate. «Mi stai dicendo che Potter, il Bambino Sopravvissuto, ha paura dei piccioni? Il ragazzo che ha affrontato Tu-Sai-Chi e il suo dannato serpente-».

«Beh, il serpente l’ha ucciso Neville, in realtà» gli fece notare Hermione, accigliata. «Comunque sì. Sono fobie e tu non puoi permetterti di prenderlo in giro, ok? Se mai dovesse svegliarsi, ovviamente» pronunciare le ultime parole fu difficile, per lei, nonostante avesse iniziato a venire a patti con la possibilità che avrebbe perso Harry per sempre. Era una lezione che aveva dovuto imparare, quella di non riporre troppe speranze nelle miracolose guarigioni.

Draco, probabilmente conscio delle sue emozioni contrastanti, le passò un braccio intorno alle spalle e strinse leggermente. «Non preoccuparti, non gli dirò nulla. Ho idea che io e Potter» pronunciò quel cognome con la stessa spocchia che usava da ragazzino, tirando fuori anche la smorfia abbinata6, «dovremo passare molto tempo insieme. Se voglio avere una pacifica vita coniugale, tanto vale sotterrare da parte l’ascia di guerra».

Vita coniugale. Quelle parole rimbombarono fra le pareti del cuore di Hermione come un incantesimo in una stanza piena di specchi. Avrebbe voluto tirar fuori una qualche risposta carica di sarcasmo, ma non ci riuscì. Quel maledetto luogo ed il vincolo alla verità le impedivano di mentire, anche soltanto una bugia per amor di ironia.

«Non ho ricevuto alcuna proposta e non ho accettato nulla, parlare di vita coniugale mi sembra un po’ affrettato» gli fece notare, allora, tossicchiando per schiarirsi un po’ la voce. Sentiva un calore, nel petto, che per poco non la soffocò. «Oltretutto, non sappiamo neppure se riusciremo ad uscire di qui sani e salvi» mormorò, scuotendo leggermente il capo. «Soprattutto, non sappiamo se ne verremo fuori mentalmente sani» puntualizzò, lanciandogli un’occhiata preoccupata.

«Ah, Mezzosangue, secondo me ti preoccupi troppo» ribatté lui, tranquillo. Da quando avevano lasciato il Tribunale, sembrava essersi convinto che il peggio fosse passato. Ma lei non concordava affatto: il peggio doveva ancora arrivare. «Quando usciremo di qui, ricordami di portarti in vacanza da qualche parte, così potrai rilassarti un po’. La futura madre dei miei figli non può stressarsi in questo modo».

Nonostante desiderasse dire qualcosa di molto cattivo su tutta la storia della futura madre dei suoi figli, Hermione non riuscì a dire nulla. «Sei davvero ottimista, lo sai?».

«Davvero troppo ottimista» disse qualcun altro, lo scherno nella voce, proprio dietro di loro. Quando si voltò, Hermione si convinse di aver appena incontrato l’uomo più bello mai passato per la faccia della terra.

Alto, muscoloso quanto bastava, con lunghe gambe snelle, favolosi capelli color dell’oro e profondi occhi azzurri. L’uomo – o Dàimon? – sorrise, poggiando una spalla alla parete di marmo ed incrociando le braccia al petto, mettendo involontariamente in evidenza i bicipiti ben definiti. Hermione si sentì quasi mancare, osservandolo, e dovette far leva su tutta la sua forza di volontà per non iniziare a sbavare come una sciocca.

Ulisse era bello, per carità, ma quell’uomo era l’incarnazione di Eros molto più di quanto non lo fosse Malfoy. Oltretutto non indossava la tunica greca ma degli abiti che sembravano appena usciti da una casa di alta moda.

Alla strega tremarono le gambe.

«Ho idea di conoscere già la tua identità» si lagnò proprio Draco, facendo una smorfia. «E dimmi, principe di Ftia, per quale motivo io non dovrei essere ottimista?» chiese, inarcando le sopracciglia.

Principe di Ftia, aveva detto.

Hermione fu sul punto di inspirare bruscamente, quando comprese.

Achille.

«Perché non è mai esistito un eroe che sia stato felice7» intervenne un’altra voce, questa volta dalla loro destra, con un tono ironico e carico di una tristezza profondissima e tanto, troppo dolore. Voltandosi, Hermione si trovò davanti ad un uomo davvero enorme, pieno di muscoli in luoghi in cui lei non credeva neppure ci fossero muscoli che, tuttavia, non sdiceva, apparendo proporzionato nel su strano modo. Aveva lunghi capelli rossicci ed un gran bel mento marcato. Era vestito alla greca ed aveva un mantello fatto di pelliccia che – Hermione ne era abbastanza certa – doveva esser appartenuta ad un leone.

Il leone Nemeo.

«Eracle» salutò Draco, piegando leggermente il capo. «Non hai portato la clava? Sono abbastanza deluso, pensavo fosse la tua inseparabile amica» aggiunse, divertito, senza farsi intimorire dall’occhiata cupa che l’eroe gli dedicò.

«Se vuoi vado a prenderla, piccolo umano» gli rispose allora quello, con una smorfia. Poi, seccato, alzò gli occhi su Achille. «Questo qui ti somiglia. Tutti e due biondi, fastidiosi e presuntuosi».

Achille, tranquillo, si strinse nelle spalle, incantando Hermione con quel singolo movimento. «Allora potrebbero avere qualche possibilità di sopravvivere» gli fece notare. «Un minimo di cervello, in questa missione suicida, non può che aiutarli. Agitare la clava non basterà, questa volta».

Il grugnito con cui Eracle gli rispose avrebbe fatto sorridere Hermione, se non fosse stata terrorizzata da ciò che avrebbe dovuto affrontare in breve tempo. I più grandi eroi della storia greca erano lì, davanti a lei, e dovevano presentare loro delle prove che avrebbero potuto distruggere il loro fragile equilibrio mentale.

«Un minimo di cervello, disse l’uomo dal tallone fragile, andato in guerra con i sandali».

«Era la moda dell’epoca, per l’amor di Zeus, perché devi sempre tirare fuori questa storia?».

Draco, decisamente non divertito da tutto quel battibecco, si schiarì la voce ed attirò l’attenzione dei due. «Non vorrei certo interrompervi, ma noi abbiamo più o meno ventiquattro ore per superare le vostre prove ed impedire che il mondo ci collassi sotto ai piedi. Se per voi non è un problema, gradirei conoscere il mio destino» disse, sarcastico, incrociando le braccia al petto. Lanciò uno sguardo tagliente ad Hermione, come a chiederle di mettere da parte gli ormoni e darsi una svegliata.

Dal canto suo, lei non poteva certo dargli torto. Se davanti a loro ci fossero state due ragazze belle quanto quei due, probabilmente avrebbe tenuto lo stesso atteggiamento del suo accompagnatore.

Quando era passata dal non riuscire ad avvicinare un uomo a non riuscire a togliere gli occhi di dosso ad un uomo?

Era tutta colpa di Malfoy, ne era più che certa. Avrebbe dovuto aspettare qualche settimana prima di darle un metaforico calcio nel sedere e mostrarle quanto amore potesse ancora ricevere, nonostante tutto.

«Il biondo ha ragione» convenne Eracle, con un sospiro rassegnato, avvicinandosi ai due, la pelliccia di leone che ondeggiava leggermente alle sue spalle. «Dovrete affrontare una prova, forse la peggiore di tutte, e la affronterete entrambi. Una prova che neppure i migliori sono riusciti a superare».

«Beh» Achille, punto sul vivo, lanciò uno sguardo irritato all’altro uomo. «Se proprio vogliamo essere pignoli, io la mia l’ho superata, alla fine, e sono stato anche piuttosto-».

«Oh, sì, l’hai superata benissimo. Dimmi un po’, per quanto tempo hai trascinato il corpo di Ettore come un sacco di patate?» sbottò Ercole, vagamente irritato da quella interruzione. Sbuffando, si voltò verso Hermione e Draco, cercando di placare la sua espressione bellicosa. Era spaventoso, nessuno avrebbe potuto negarlo, ma era anche terribilmente triste e lei non riusciva a non provare pena per lui. «Questa è una prova terribile e nessuno potrà mai farvi una colpa, se non la superate. State mettendo in gioco qualcosa di ben più caro della vostra vita, il fallimento sarà comunque causa di onore e gloria per voi».

«Nessuno sa che siamo qui» gli fece notare Hermione, che trovava molto più semplice parlare con lui e non con Achille, troppo bello per essere umano. «Nessuno scriverà canzoni sulle nostre gesta e nessuno costruirà monumenti. Se falliremo, il mondo saprà che abbiamo fallito, tutto qui» le parole lasciarono le sue labbra con ben più stizza di quanto lei avrebbe desiderato, cosa che fece sorridere amaramente il biondo eroe.

«Se ce la farete, però, nessuno potrà sapere cosa avete affrontato qui. Nessuno potrà sapere dell’Arazzo e di noi Dàimones. In ogni caso, la gloria sarà difficile da ottenere» le fece notare proprio lui, con un tono più adulto di quello usato fino a quell’istante. «Superare la prova potrebbe farvi perdere ciò che avete di più prezioso al mondo e allora, posso assicurartelo, la Gloria non avrà più alcuna importanza, per voi».

Sta parlando di Patroclo, realizzò Hermione, sentendo una stretta al cuore. Per vincere la guerra, Achille aveva dovuto perdere il grande amore della sua vita, morendo a sua volta in poco tempo. Si voltò quindi verso Draco, quasi a voler controllare che lui fosse ancora al suo fianco, che stesse ancora bene. Incontrare i suoi occhi grigi la tranquillizzò solo in parte: l’immagine della sua anima che gli veniva strappata a forza dal Dissennatore era ancora marchiata a fuoco nella sua memoria.

Se dovessi perderlo, dovrei salvare comunque il mondo e allora la Gloria non mi servirebbe a nulla.

«Cosa dobbiamo fare?» chiese quindi Draco, improvvisamente nervoso. Che avesse avuto lo stesso pensiero di Hermione? «Se si tratta di una prova che entrambi avete fallito, comincio sinceramente a preoccuparmi».

«Ciò che ci ha distrutti è stato il nostro difetto mortale» iniziò Eracle, una strana tensione nella voce. «Il mio difetto è stato la fiducia malriposta, il suo è stato l’orgoglio». I suoi occhi indugiarono su Hermione e Draco per un tempo che parve interminabile, poi sorrise. «Quali sono le vostre debolezze?».

«Una volta attraversata quella porta» continuò Achille, indicando i grandi battenti che si stagliavano alle loro spalle, «sarete voi due contro i vostri peggiori demoni. Ricordate che i difetti mortali non possono essere vinti. Semplicemente, dovrete accettarli per come sono ed imparare a conviverci, andare oltre. Tutti ne abbiamo almeno uno ed è quello che, in uno scenario relativamente apocalittico, conduce alla morte».

Hermione, sentendo un peso nello stomaco, annuì. Era una storia che aveva già sentito. «Ercole, tu ti sei fidato nel lasciare solo il centauro Nesso, che ha spinto tua moglie ad avvelenarti, mentre lui…» e si voltò verso Achille, intento a fissare le porte precedentemente indicate. «Mentre tu hai portato Patroclo in battaglia, troppo orgoglioso per dimenticare lo sgarbo di Agamennone». Con un sorriso triste, allora, si voltò verso Malfoy. «Il difetto di Harry, invece, è il voler fare tutto da solo. Se avesse parlato con qualcuno dei suoi sintomi prima di cadere in trance, avremmo potuto aiutarlo. Questa volta come tante altre» convenne, con un sospiro. «Sei pronto, Draco?».

Lui, che non le aveva tolto un momento gli occhi di dosso, si limitò ad annuire.

«Non abbiamo molta scelta, ormai».

 

***

 

Era stato Achille ad accompagnarli oltre la soglia, il viso da divinità contratto in una smorfia preoccupata. Hermione, naturalmente, non aveva fatto altro che lanciargli occhiate che andavano ben oltre la curiosità, con grandissimo disappunto di Draco. Nonostante non potesse darle torto – anche lui doveva ammettere che quel giovane uomo fosse assolutamente meraviglioso – non riusciva a far a meno di essere geloso. Lui non aveva mai ricevuto tante attenzioni, da lei.

Non che avessero avuto molte occasioni, da quando le cose si erano chiarite.

«Avete conosciuto Patroclo, immagino» mormorò l’eroe, dopo qualche minuto di silenziosa camminava, lanciando ad entrambi uno sguardo storto. Draco riconobbe lo scintillio in quegli occhi chiarissimi e, per un istante, dimenticò qualunque astio. Nostalgia. «Vi ha avvertiti di non prestarmi troppe attenzioni? Di solito è la prima cosa che dice ai nostri visitatori».

Con sua stessa meraviglia, Malfoy si ritrovò a sorridere. «Non ci ha detto nulla di te, in realtà. Stanotte farai bene a tirargli le orecchie, dopo millenni potrebbe aver iniziato ad averne abbastanza di te» gli disse, divertito, schivando per un pelo la gomitata che Hermione aveva tentato di assestargli. Guardandola con esasperazione, si sorprese nel notare quanto triste fosse il suo sguardo.

A chiarire i suoi dubbi fu lo stesso Achille.

«Noi non ci vediamo dalla venuta di Alessandro Magno»8 disse infatti lui, con un tono così freddo da far venire i brividi. Era figlio di una dea del mare, secondo il mito. «Non credo ne abbia abbastanza, di me, ma piuttosto che possa aver iniziato a dimenticarmi». La sofferenza, nella sua voce, era affilata come un coltello. Hermione, al suo fianco, gli strinse il braccio in una presa micidiale, come a volergliela far pagare per quel dolore evidente in ogni movimento dell’eroe.

«Non potrebbe mai dimenticarsi di te» gli disse infatti, la voce piena di dolcezza e compassione. «Siete innamorati, il vero amore non è qualcosa che il tempo può lenire, non credi anche tu? Dopotutto, è per amore che siete morti, entrambi».

«Io non sono morto per amore, mia cara». L’eroe le sorrise, un po’ più rilassato, ma con le spalle ancora molto rigide. «Ho ucciso Ettore per vendetta ed ho continuato a combattere perché, a quel punto, era l’unico modo che avevo per farla finita» ammise, scuotendo leggermente il capo. «Lui è sempre stato molto più coraggioso di me, lui è morto per amor mio e per evitare sofferenze continue ai nostri uomini. Era Patroclo il vero Aristos Achaion, il migliore di tutti i greci».

«Ma tu eri il più forte» gli fece notare Draco, cercando, forse, di essere incoraggiante. Non era mai stato il suo forte, l’incoraggiamento. Molto più facile aggirare il problema e lasciare che qualcun altro – la Granger, per esempio – se ne prendesse cura. Lei, però, sembrava un po’ troppo presa dalle emozioni e non pareva intenzionata a fare il suo lavoro. «Era destino che succedesse».

«Ah, il destino» commentò Achille, con un sorriso amaro. «Le profezie sono soltanto scherzi che le divinità giocano ai poveri mortali. Hanno rovinato molte più vite di quante non ne abbiano salvate».

Hermione, concorde, annuì. «Oltretutto, Divinazione è una branca della magia che io proprio-».

Draco.

Improvvisamente, Malfoy si fermò, le orecchie tese a captare qualunque suono potesse provenire dalle sue spalle. Aveva sentito piuttosto distintamente qualcuno chiamare il suo nome, ma, voltandosi, non aveva scorto nessuno. Fece per tornare sui suoi passi, ma il richiamo tornò, ben più chiaro di prima.

Draco, cosa stai facendo?

Lui conosceva quella voce. La conosceva e l’idea che la sua prova potesse riguardare quella persona anche solo lontanamente gli fece venire i brividi dal terrore. La nausea, sempre presente quando quella questione veniva riportata alla sua attenzione, ruggì improvvisamente dalla bocca del suo stomaco.

Sei davvero un bambino cattivo!

Era lei, non c’erano dubbi al riguardo. Come trascinato da una mano invisibile, insensibile ai richiami sempre più preoccupati di Hermione, si ritrovò a seguire il suono lungo una cavità nella parete che non era riuscito a notare prima. Il marmo bianco rifletteva la luce della sua bacchetta creando degli strani giochi sul soffitto, quasi ci fosse stata dell’acqua proprio sotto i suoi piedi.

Acque gelide di un lago in inverno, si ritrovò a realizzare sentendo l’orrore crescere in lui ad ogni battito cardiaco accelerato. Anche l’aria iniziò a cambiare, il suo respiro si condensò ed un fastidioso profumo di bosco invernale gli arrivò alle narici, mentre una luce grigiastra iniziava a circondarlo.

Il sole di una cupa mattinata d’inverno, quando la neve era ancora troppo fresca ed il ghiaccio troppo tenero.

«Draco?».

Hermione ed Achille, alle sue spalle, avevano assistito alla trasformazione di quel luogo. Da un cupo e buio corridoio, si erano ritrovato a calpestare l’immacolato manto bianco che aveva ricoperto Malfoy Manor nell’inverno del 1987. Le mura scure del palazzo sembravano meno inquietanti di quanto non fossero mai state prima, gli alberi spogli sembravano ricoperti di batuffoli di cotone e due bambini – un maschietto ed una femminuccia – giocavano allegri vicino la riva del piccolo lago ghiacciato.

«Non voglio rivederlo», fu tutto ciò che Draco si sentì di dire, sentendo delle dita gelide arpionargli la gola per impedirgli di parlare. Il suo primo istinto era stato quello di cercare una via di fuga, ma, voltandosi, non ne aveva trovate. Non c’era modo di tornare nel corridoio buio. Allora, ignorando completamente gli occhi scuri e preoccupati della donna che amava, si voltò verso l’eroe. «Ti prego, non voglio rivederlo».

Achille, il viso fermo in un freddo disappunto, si limitò a scuotere il capo. «Questa è l’unica via, Draco. Affronta il tuo più grande difetto e allora sarai libero» gli disse, indicando con un cenno la coppia di bambini. Poi, accennando un lieve sorriso, indicò Hermione. «Non devi essere da solo, però. Non questa volta».

Dal canto suo, la strega sembrava sul punto d’avere una crisi d’ansia. Si stava torturando le mani, alternando lo sguardo fra i bambini e Draco stesso, come in cerca di una qualche spiegazione.

Mi amerà, dopo aver saputo?

Il rischio era immenso, ma le conseguenze della sua codardia lo sarebbero state molto di più. Non poteva permettere che il mondo finisse nuovamente fra le mani di Lord Voldemort – o dei suoi nuovi accompagnatori – e che tutte le persone che amava tornassero a vivere nel terrore che lui e tanti altri avevano conosciuto.

Non ci sarebbero più state altre Rosemary Crave.

Senza sembrare voler dire nulla, Draco fece cenno ad Hermione di seguirlo, avviandosi verso il lago. Ogni passo gli sembrò pesantissimo, insopportabile. Il gelo della neve lo stava torturando, ma non poteva permettersi di fermarsi, altrimenti avrebbe perso tutto il suo coraggio.

«Chi sono quei bambini?» domandò quindi lei, indicando la coppia. A quella distanza, si vedeva chiaramente che la femminuccia dovesse essere un po’ più grande, anche se non di molto. Tre anni, per la precisione. «Il maschietto… sei tu» continuò lei, portandosi la mano alle labbra, una volta riconosciuta la sua versione più giovane.

«Avevo sette anni» le disse, inumidendosi poi le labbra. Non sentiva davvero freddo, ma era come se quei fiocchi di neve fossero penetrati direttamente nelle sue ossa. «Questa era la prima nevicata dell’anno, l’avevo aspettata con impazienza» le rispose, provando l’irrefrenabile desiderio di avvicinarsi al piccolo se stesso e darsi un colpo dietro la nuca un attimo prima di avere la geniale idea di provare qualcosa di nuovo.

«Eri molto carino, anche se, probabilmente, spocchioso come sei ora» gli fece notare la Mezzosangue, forse tentando di mantenere i toni leggeri, affiancandolo ed indicando la bambina. «Lei chi è? Ha qualcosa di familiare».

«Si chiamava Vega» mormorò Draco, mentre le dita gelide chiudevano di più la presa sulla sua gola. «Vega Lestrange9, la figlia di mia zia Bellatrix». Il silenzio che seguì alle sue parole l’avrebbe fatto sorridere, se non fosse stato sul punto di piangere. «Avrebbe iniziato Hogwarts a settembre, non faceva altro che parlarne. Nonostante il corredo genetico marcio, lei era solo una bambina, Mezzosangue, non puoi portarle rancore per i gesti di sua madre» le fece notare, sentendosi un po’ colpito. Sì, era figlia di Mangiamorte, ma dopotutto lo era anche lui, lo era anche Merrick e lo era Theodore Nott, che era diventato uno dei migliori avvocati della Comunità Magica.

«Non le porto rancore, è innocente» fu la risposta che ottenne da Hermione, più tranquilla di quanto avesse immaginato. «Ero solo sorpresa che qualcuno così simile a Bellatrix potesse sembrare innocuo» specificò, scuotendo il capo. «Andromeda le somiglia molto, ma lei è un po’ inquietante» aggiunse, con un leggero sorriso, per poi tornare a concentrarsi sui bambini. «Deduco che sia morta, non ho mai sentito parlare di lei».

Sentendo un peso nello stomaco, Draco annuì. Il suo doppione più giovane era appena saltato giù da un ramo ed era atterrato sulla superficie ghiacciata del ghiaccio. Anche da quella distanza, gli sembrò di sentire uno scricchiolio sinistro. Con orrore, vide Vega arrampicarsi a sua volta, incurante della pericolosità delle sue azioni.

«Ero piccolo ed ero stupido, credevo che fosse un gioco divertente» mormorò, senza riuscire a staccare gli occhi da quella scena. «Vega era più grande di me, era venuta al Manor per le vacanze di Natale e mia madre le aveva chiesto di controllarmi. “Non servono gli elfi, zia”, le aveva detto, e mi aveva trascinato fuori» con mano tremante, indicò il ramo dell’albero su cui la bambina era ormai salita, stranamente scricchiolante. «Credevamo fosse divertente» ripeté, agonizzante. In quell’istante, il ramo si spezzò e la bambina atterrò, con un tonfo, sulla superficie ghiacciata. «Il ghiaccio era troppo sottile, per reggere tutto quel peso» continuò, proprio mente una voragine si apriva sotto la rampolla di Bellatrix e Rodolphus Lestrange, priva di sensi.

«Per Merlino…» il sussurro di Hermione fu solo benzina sul fuoco del rimorso che gli ardeva nel petto. Sentire improvvisamente la sua mano nella sua, però, fu una piacevole sorpresa.

Lei ancora non sapeva.

«Sono scappato» ammise alla fine, mentre la bambina spariva sotto la coltre di ghiacci ed il suo piccolo doppione correva via, come se avesse avuto il diavolo alle calcagna. «Sono corso in casa, c’era soltanto mia nonna… non è arrivata in tempo. Quando è tornata in casa, con il corpo di Vega fra le braccia… ricordo solo di esser stato schiaffeggiato e di aver sentito, per la prima volta, la più grande fra le verità».

«Quale?».

«Sono indegno del mio nome, sono indegno del mio sangue. Avrei potuto fare qualsiasi cosa, per aiutarla, ma ho preferito scappare via, preoccupato che potessero darmi la colpa per il ramo spezzato. Non sono stato abbastanza bravo per aiutarla e mia cugina è morta». Il suo doppione stava ancora correndo verso il Manor, ma di Vega non c’era più traccia. Una strana consapevolezza aveva iniziato a nascergli nel petto, una possibilità che non aveva tenuto da conto. «Ho giurato a me stesso che avrei sempre fatto la cosa giusta¸ ma per tanto tempo ho visto il giusto nelle idee sbagliate» ammise, stringendo la presa sulla bacchetta che Ollivander gli aveva riparato. «Non sono stato abbastanza bravo neppure in quello. Non sono degno di nulla».

«Draco» la voce di Hermione era carica di urgenza, la presa della sua mano era ferrea. Gli occhi scuri lo osservarono per un lungo istante, prima di puntarsi verso il lago. «Tutti facciamo degli errori e da questi impariamo. Eri un bambino, non avresti potuto fare altro. Eri un bambino anche quando ti indicavano che strada seguire. Ma adesso sei un uomo» la determinatezza con cui pronunciò quelle parole gli fece provare un brivido. «Adesso puoi essere degno, se lo vuoi. Adesso puoi essere abbastanza. Puoi essere il migliore» continuò, indicando il lago. «Non è vero che non sei abbastanza bravo, perché ora tu puoi salvarla».

Salvarla.

L’idea della Mezzosangue era così balzana da poter effettivamente funzionare. Lui era diventato forte. Lui sapeva di esser responsabile per una vita umana, non per uno stupido ramo. Non avrebbe più dovuto vergognarsi di se stesso, se avesse rimediato ai suoi errori.

Si rese conto di aver iniziato a correre verso il lago solo quando le acque gelide gli accarezzarono le caviglie, ma non si fermò. L’abbraccio dei ghiacci fu soltanto un incentivo nel nuotare più velocemente, nel cercare meglio. Era stato un buon cercatore, anche se la vista l’aveva abbandonato, e nessuno era bravo a scorgere dei piccoli bagliori meglio di un cercatore.

Quando la sua mano si strinse sul piccolo braccio di Vega, tutti gli anni di abusi, tutti gli anni di insulti da parte dei suoi parenti e di se stesso scivolarono via, come l’acqua sul suo corpo una volta riemerso. Scivolarono via, come la vergogna che lo aveva sempre seguito come un’ombra.

Lui non era inutile, non più.

Non era indegno del suo nome.

Il sorriso che Hermione gli dedicò, quando riuscì a reinnervare la bambina, fu la conferma migliore che avesse mai potuto avere.

Lui era diventato migliore, lui meritava di esser felice, nonostante il suo passato oscuro.

Mai come in quel momento desiderò di potersi inginocchiare e chiederle di amarlo, sposarlo, renderlo padre e vivere il resto della loro meravigliosa vita insieme.

Lui era degno.

E non avrebbe permesso a nessuno Specchio di portargli via ciò che aveva appena guadagnato.

 

 

 

 


»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

 

Achille ed Ercole vecchia coppia di sposi sono il pane della mia vita.

Immaginate il primo come una versione più figa di Brad Pitt (molto più giovane, oltretutto) e il secondo in una versione umana e grossa dell’Hercules Disney! Con un bel mento marcato.

 

 

Per chi non l’avesse ancora saputo, ho pubblicato la one-shot rossa relativa al capitolo 23 (Ragione e Sentimento): thousand kisses – Lo Specchio delle Anime.

 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – Ovviamente, abbiamo una citazione dell’Iliade. Perché la morte di Ettore? Ma, ovviamente, perché è il punto in cui Achille è stato il migliore, il punto in cui avrebbe dovuto sentirsi carico d’orgoglio, quando in realtà voleva soltanto vendicare l’amore perduto. Non c’è orgoglio, in una cosa simile.

 

» 2 – Viene dall’Iliade, è la versione greca di “Il migliore dei greci”. È il titolo riconosciuto ad Achille, ma, come dirà lui stesso verso la fine del capitolo, Patroclo dovrebbe meritarlo.

 

» 3 – Sono stata brava, sono fiera di me stessa, sono riuscita a mantenere le cose neutrali e non vi ho dato neppure un indizio sull’identità di Apprendista e Maestro. Ahah. E chi è questo David? Boh!

 

» 4 – Riferimento alla creatura incontrata durante il viaggio ad Istanbul, nel capitolo 18.

 

» 5- Tecnicamente è uno spoiler per Cursed Child. Chi volesse sapere altro su questa schifezza immonda considerata canon e sul mio punto di vista, può leggere “I choose you”, la mia one-shot su Scorpius e Albus. Oppure leggere solo il Marnie’s corner, che credo spieghi bene tutto!

 

» 6 – La faccia è questa. Ho cercato la gif in cui proprio c’era il sottotitolo “Potter” ma non l’ho trovata! Insomma, la conosciamo tutti quella faccina schifata :’)

 

» 7 – Citazione più o meno precisa dal libro “La canzone di Achille”, che io credo di aver già nominato in qualche nota e che ADORO. E no, non sto esagerando, io ho una vera venerazione per quel libro. La frase simile è stata detta da Achille a Patroclo, prima di promettergli di fare di tutto per diventare il primo eroe felice. Ovviamente, non ce l’ha fatta.

 

» 8 – Questa devo spiegarla. Nel capitolo introduttivo dei Dàimones, si sono visti sei troni diversi, con sei corone. Praticamente i sei Dàimones si incontrano soltanto quando qualcuno supera le prove e solo per il tempo necessario a quest’ultimo per fare la domanda all’Arazzo. Considerando che Alessandro ha impedito che altri trovassero quella strada, Achille e Patroclo non si incontrano da duemila anni. Ditemi se non è una cosa bruttissima e se anche voi mi odiate quanto mi odio io. Dalla serie: mai una gioia.

 

» 9 – Sì, un altro OC. Dopo Cursed Child *ALLARME SPOILER*, quando è saltato fuori che Voldemort ha avuto una figlia con Bellatrix (cosa raccapricciante e totalmente insensata nella saga, rimando sempre alle note dell’altra mia OS), io ho deciso che non mi andava bene e che se proprio doveva avere figli, questi dovevano essere legittimi. La cuginetta, dopo l’incarcerazione della mamma, ha vissuto con Nonna Black finché non è affogata, quindi non ha fatto danni. Bellatrix, che già era fuori di testa, è impazzita di più ed ha sempre finto che Vega non fosse mai esistita.

 

» Draco, essenzialmente, ha affrontato il suo segreto più oscuro, quello di cui neanche il dottor Crave sapeva niente, motivo per cui non è mai riuscito ad aiutarlo davvero. Draco si è sempre sentito stupido, inutile ed indegno (soprattutto indegno di Hermione), cosa che l’ha toccato tantissimo a livelli profondi della sua anima. Adesso che questo segreto è venuto a galla, che lei lo ha saputo e lo ha accettato, anche lui può davvero sentirsi degno e non più un miracolato ad ogni sguardo o attenzione della ragazza. È una psicologia alla Pavlov, lo so, ma è solo un mattoncino del muro di problemi che Draco ha avuto, fin dall’infanzia. Un simbolo, diciamo.

 

» Piccolo appunto: Eracle e non Ercole, perché? Eracle è la versione greca, che è quella che prendo da riferimento. Lui tornerà meglio nel prossimo capitolo, con un faccia a faccia con il caro ricordo di Ronald. La prossima è Hermione, gente, il momento è arrivato.

 

 

Sono stata massacrata dallo studio, la settimana scorsa, ed ho davvero temuto di non poter pubblicare in tempo. Fortunatamente, però, ce l’ho fatta!

   

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

 

   
 
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