Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Roberto_Yoda    28/04/2009    2 recensioni
Un ultimo addio tra vittima e carnefice. Nei capitoli successivi a quelli della vicenda di Hitomiko, Naraku riceve una visita da un fantasma del passato, rivive eventi da tempo trascorsi ...
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo, Naraku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ecco l’unico altro episodio riempitivo ho intenzione di usare

Ecco l’unico altro episodio riempitivo ho intenzione di usare. E’ l’episodio 87, nel quale si parla del bandito Kansuke Rasetsu.

Nel manga, è solo un bandito che Kikyou incontra e che le chiede di portare una ciocca dei suoi capelli al monte Hakurei. Anche nell’anime le cose vanno così.

Ma nell’anime, Kansuke è anche un bandito ingannato da Onigumo 50 anni prima, e che si vendica, scatenando la serie di eventi che porteranno alla nascita di Naraku. Devo ammettere che a me questa idea “extra” piace da matti.

 

Solo un breve accenno dell’episodio, comunque (per ora), all’interno del quale ho incastrato una scena “originale”.

 

Glossario

Miko-mai: è la danza delle miko. La religione shiontista tiene in grande considerazione le forme. Miko-mai è la danza che le sacerdotesse eseguono per fare piacere ai Kami.

 

 

Voltando la testa, Inuyasha getta l’ennesima occhiata in tralice a Kagome, cercando di non farsene accorgere.

Vede Miroku fissarlo e piegare le labbra come fa quando prepara una delle sue battute; ma l’espressione cupa dell’hanyou lo costringe a desistere.

Camminano lungo la strada resa deserta e silenziosa da una delle tante guerre che punteggiano quest’epoca disgraziata. Oggi, nessuno trova la forza o la voglia di rompere questo silenzio che sa di morte.

 

Da quando hanno incontrato la miko Hitomiko, lui è ancora più teso e nervoso del solito.

Non riesce a tenere lontani i neri pensieri ai quali di solito dedica le sue tante notti insonni.

Anzi tutto, l’idea che Kagome abbia dovuto affrontare un micidiale pericolo senza la sua protezione, lo opprime come se una mano invisibile gli si fosse insidiata nel petto per strizzargli alternativamente cuore e polmoni.

Inoltre, le parole di Hitomiko gli riverberano in testa e non riesce a esorcizzarle.

 

I poteri di Kagome sono stati sigillati.

 

Da chi? Come? Perché?

 

Domande inutili da porsi, visto che non è in grado di darsene risposta. Ma l’idea che i poteri di Kagome siano sigillati lo ricaccia in una terra di ricordi che per lui sono tra i più dolorosi.

 

La prima volta che Naraku gli si rivelò. Una delle tante cose che gli disse.

 

La miko che aveva il compito di custodire la Shikon no Tama decise di spogliarsi dei suoi poteri e di degradarsi fino a diventare una donna comune. Così, gli youkai attraversarono le sue ormai deboli barriere spirituali, e si imbatterono in un uomo dall’anima corrotta.

 

Per tanto tempo Inuyasha si era tormentato.

 

Perché non mi hai detto cosa ti stava succedendo, Kikyou? Perché? Dannazione! Forse, se lo avessi saputo … forse, se lo avessi capito … e se … e forse

Dannazione, basta! Basta!! BASTA!

 

Notte dopo notte, se lo era chiesto, mentre i suoi compagni dormivano. Dapprima aveva pensato: orgoglio. Che altro? Per orgoglio non glielo aveva confessato. Quale altra ragione avrebbe mai potuto avere?

 

Finché la risposta giusta si era presentata imprevista a colpirlo come uno dei micidiali pugni di Sesshoumaru.

 

Se lo avessi saputo. Quando lei mi chiese di usare la Shikon no Tama. Se avessi saputo. Lei si rendeva conto che mi sarei sentito obbligato a diventare un essere umano, per non essere da meno di lei. E Kikyou non mi avrebbe mai permesso di prendere una decisione tanto importante, per un motivo così sciocco.

 

E lei aveva taciuto. E lui non aveva capito. E così non era stato capace di vegliare su di lei … vegliare …

 

 

 

 

Giorni passati a vegliare.

 

Quando era più giovane, dopo aver abbandonato il palazzo nel quale era vissuto con la madre ormai morta, aveva speso tanti anni a vegliare.

Dapprima, nonostante già allora ben sapesse cosa gli esseri umani pensano degli hanyou, aveva cercato scioccamente di farsi accettare in un qualunque villaggio, ma presto aveva capito quale sarebbe sempre stata l’unica e sola reazione ad accoglierlo. Terrore, sprezzo, rabbia.

Bocche spalancate a urlare, occhi dilatati, capelli ritti in testa, gente che scappa.

Aveva rinunciato, ed era cominciata la sua veglia solitaria. Nascosto ai margini dei boschi, oppure tra le ombre, di notte, seguiva da lontano la vita degli esseri umani, imparando i loro nomi uditi di sfuggita, conoscendo le loro abitudini e i loro bisogni, fantasticando su come sarebbe stato abitare in mezzo a loro. Quando veniva scoperto, se ne andava, finché non trovava un altro villaggio.

Ma, anno dopo anno, un dolore astioso, sempre più intenso, lo aveva scavato dentro, finché spiare da lontano gli era diventato insopportabile come la più umiliante delle sconfitte.

Voltando le spalle agli uomini, si era rifugiato nella solitudine delle montagne e delle selve, dove lo aspettava l’odio di youkai che, almeno, gli davano la soddisfazione di offrirgli una scusa per poterli uccidere.

 

Fino a quando la miko non è entrata nella sua vita. O è lui ad essere entrato in quella di lei?

E’ ricominciata la veglia.

 

Dopo essere diventati … amici? …, non la spia più per coglierla in un momento di debolezza e prendersi la Shikon no Tama. La parola stessa … spiare … non gli sembra affatto giusta, visto che Kikyou sembra accorgersi sempre che lui è nascosto lì vicino da qualche parte.

 

E così gli è cresciuta dentro una sensazione strana, che proprio non comprende. Non riesce a togliersi dalla testa né Kikyou né le sue parole: tu e io siamo simili.

E più sorveglia le sue giornate, più le sta accanto, più quella sensazione strana cresce dentro di lui.

 

Vegliare non è più, come un tempo, una sofferenza, ma il perno su cui la sua giornata ruota e si regge. Cattura trepido ogni gesto di lei, le sue espressioni, le sue parole, come un assetato raccoglie ogni singola goccia d’acqua dalla tazza che gli è stata offerta.

 

Nei confronti dei compaesani di Kikyou prova un’insofferenza che via via assomiglia sempre più al vecchio astio di un tempo.

 

Lui ha imparato l’inflessione di tutte le sue risate, il modo in cui reclina la testa di lato quando è sorpresa, come i suoi occhi si incupiscono quando è triste o stanca.

 

Perché?! Perché le persone che le stanno accanto da una vita intera, di queste cose non si accorgono?!

 

Perché non sentono quanto è diversa, e fresca, la sua risata quando gioca coi bambini, tanto che udirla gli spedisce brividi di piacere lungo la schiena?

Perché non le vanno incontro sorridendole, invece di piegarsi quasi a metà in quelle inutili, stupide riverenze?

Perché la cercano di continuo per avere consigli e aiuto, ma nessuno le chiede mai come sta?

Lasciandola sempre sola, sola. Tenuta a distanza. Non una di loro.

 

E lei, costretta a guardarli da lontano.

 

Il disprezzo che prova per loro, a volte gli stringe la gola. Stupidi! Stupidi! Vorrebbe gridare, e prenderli per il bavero e scrollarli fino a far tintinnare tutti i denti che hanno in bocca; ma si trattiene. Si vergogna, perché sa che lei, di sicuro, non approverebbe quel che sente.

Ed è geloso, certo.

Geloso del bimbo che riceve un bacio sulla fronte come premio per aver smesso di piangere, dopo essere caduto ed essersi sbucciato le ginocchia.

Geloso del vecchio a cui lei porta le medicine di cui ha bisogno.

Geloso di tutti coloro che in un qualsiasi modo incrociano la sua strada, che sono così fortunati da poterle stare vicino, ma non lo fanno.

 

Sempre più spesso, quasi tutti i giorni ormai, Kikyou va nella foresta o sul prato sul quale sono diventati amici, e lì si incontrano. A volte parlano, a volte camminano in silenzio. Ha colto le voci sempre più insistenti sullo strano comportamento della miko; congetture di ogni genere, sussurrate a mezza bocca. Stizzito, una volta ne ha fatto cenno a Kikyou, la quale ha risposto limitandosi a stringere le spalle con indifferenza.

 

Ormai le voci sono diventate una.

 

La miko Kikyou si incontra con uno hanyou!! E per cosa fare mai? Che voglia tradire la sua gente e la sua missione? Che stia diventando una kuro miko?

 

Flette le dita al solo ricordo. Che fare? Dirglielo? E poi? Quando gli abitanti dei villaggi vicino ai quali si stabiliva, si accorgevano della sua presenza, lui se ne andava via …

 

Ecco! Ecco l’odore di Kikyou! E’ entrata nella foresta per incontrarlo. Seguendo la sua pista con facilità, pregusta il piacere che proverà nel vederla. La sola idea di non poterlo più fare … no, è insopportabile. Questa volta nessuno riuscirà a mandarlo via.

 

Perso in questi pensieri, Inuyasha si accorge che sta avvertendo un odore estraneo. Non è di nessuno degli abitanti del villaggio né di altri esseri umani che conosce. Devia dalla sua strada per andare a indagare.

 

 

 

Kansuke, dalla cima dell’arido poggiolo, tende l’arco. La schiena della miko è sotto tiro; un bersaglio perfetto. Sta seguendo un sentiero della foresta ampio e sgombro. La sua freccia non sarà ostacolata dai rami. Lui è un arciere eccezionale. Da questa distanza non può sbagliare. In fondo, non è un colpo così difficile. Si chiede pigramente per quale ragione Onigumo non abbia deciso di uccidere lui stesso la miko e prendersi il bottino. Anche un tiratore poco più che mediocre non troverebbe particolari difficoltà a fare centro.

 

Inspira. Espira. Scocca.

Prima ancora che la freccia si pianti tra le scapole della miko, sa di aver eseguito un colpo perfetto.

 

Una sagoma rossa, veloce come un fulmine, entra, come dal nulla, nel suo campo visivo. La freccia, svanita. La figura vestita di rosso corre, salta di roccia in roccia, si arrampica su per la china quasi verticale, gli balza davanti.

 

Tutto succede così in fretta che Kansuke fatica a raccapezzarsi. Il suo cavallo, spaventato, si impenna.

Kansuke può solo reagire a questi eventi imprevedibili. Goffamente, cerca di trattenere la cavalcatura spaventata dall’apparizione improvvisa. Con un’ultima sgroppata, il cavallo si libera del proprio cavaliere e fugge al galoppo.

 

Maledetto cavallo. Se riesco a riprenderlo lo ucciderò.

 

Stinge i denti, sforzandosi di ignorare il dolore. Pericolo. Il suo istinto lo mette sull’avviso. Si alza più in fretta che può, sfoderando la katana rubata a un ronin che ha ucciso. Lo stupore lo gela.

 

Uno youkai? No no. E’ uno scherzo?

 

Artigli, zanne, occhi gialli a fessura, capelli d’argento, orecchie canine. E sì, non c’è dubbio.

E una freccia trattenuta nella mano. Zampa. O qualunque cosa sia.

 

Uno youkai che protegge una miko?

 

Anche lo youkai lo sta fissando attentamente. Con furore tale che quel che promette non può essere frainteso: morte.

 

“Un umano. Un semplice umano. Perché hai cercato di uccidere Kikyou? Vuoi la Shikon no Tama, non è vero?”

 

Sconvolto, i capelli della nuca ritti in testa, Kansuke parte all’attacco, menando un fendente violento con la katana. Fosse più lucido, si renderebbe subito conto dell’inutilità del gesto. La punta della spada si spezza contro il braccio più duro dell’acciaio dello youkai e, per uno scherzo del destino, schizza a conficcarsi nel suo occhio sinistro. Lascia cadere la katana con un grido, lamentandosi e tenendosi la faccia.

 

Sono spacciato. Spacciato! Maledetto!

 

Come a fare eco ai suoi pensieri, lo youkai scopre ancora più i denti, spezzando la freccia tra le dita come fosse un bastoncino.

 

“Preparati a morire.”

 

Gli artigli già pronti a squarciargli le carni, la creatura si blocca immediatamente quando una voce femminile li raggiunge entrambi.

 

“Inuyasha! Che succede? Fermo!! Vieni qui!”

 

Con un grugnito, Inuyasha borbotta “E’ il tuo giorno fortunato. e si allontana, abbandonando il poggiolo e raggiungendo la miko.

 

Kansuke si allontana, ansimando e piagnucolando.

 

 

 

Inuyasha raggiunge Kikyou, scendendo con pochi agili balzi lungo il pendio.

 

“Non l’hai ucciso, vero, Inuyasha?”

 

Inuyasha alza le spalle con sufficienza.

 

“No.”

 

“Bene.”

 

“Bah! Non capisco perché lo hai lasciato andare via!” e, con voce incrinata “Ha cercato di assassinarti! Dannato vigliacco! Potrei ancora raggiungerlo. Rimpiangerebbe questo giorno!” Lancia occhiate furenti verso la cima della collinetta dalla quale l’arciere ha teso la sua imboscata, i pugni serrati.

 

“No! Non te lo permetto.”

 

Inuyasha sbuffa “E perché?”

 

“Sarebbe sbagliato.”

 

“Lasciarlo andare è  sbagliato!”

 

Se tu lo uccidessi, lo priveresti di tutte le sue scelte future. Gli toglieresti qualunque possibilità.”

 

“Possibilità?” perplesso, la bocca di Inuyasha si socchiude in un ghigno sarcastico, che mostra le zanne. “Sì, certo. La possibilità di riprovarci, stupida! E magari la prossima volta io non …”. Sussulta, e le lancia un’occhiata, zittendosi, con la solita paura di aver aperto la bocca troppo e troppo in fretta.

 

Ma Kikyou si limita a sorridere; anzi, ride, quasi, e gli risponde semplicemente. “Anche, certo. Perché no?”

 

Pur sollevato che non si sia arrabbiata, Inuyasha è sempre più perplesso. “Ma allora …?” dice a bassa voce.

 

Kikyou gli si avvicina, il viso sollevato verso il suo, e lo fissa con gran serietà.

 

E di cosa dovrei preoccuparmi? Non ci sei tu a proteggermi?”

 

“Sì! Sempre! Però …”

 

“Però pensi lo stesso che sarebbe stato più sicuro, se ti avessi consentito di uccidere quel bandito e non pensarci più, giusto?”

 

“Sì.”

 

Kikyou annuisce. “Hai ragione, Inuyasha. Sarebbe stato più sicuro. E’ vero. Forse avrei dovuto permettertelo. Lui sarebbe morto e noi saremmo più tranquilli.

 

Inuyasha si accorge di uno scintillio strano negli occhi di Kikyou. Sembra quasi, divertita?

 

E invece, se quel brigante tornerà alla carica, lo respingeremo, se e come potremo. E ancora. E ancora. Finché non riuscirà a ottenere quel che vuole, o finché non smetterà di tentare.”

 

Ma perché …” insiste Inuyasha. All’improvviso, gli si mozza il respiro in gola.

 

Kikyou allunga la mano come per toccarlo, e d’improvviso sembra quasi timida “Perché se io non avessi fatto così, ora non …”

 

Offeso, Inuyasha le blocca il polso e sibila “Io non sono come quello!”

 

Senza batter ciglio, e sempre sorridendo, Kikyou gli accarezza il viso, lieve, con la mano libera. “Lo so, Inuyasha. Tu sei unico.

 

Resosi conto in quel momento di cos’è successo, e che le sta trattenendo con una certa forza il polso sottile, Inuyasha avvampa e fa un mezzo salto all’indietro, lo sguardo incollato a terra. Kikyou si scosta. Il silenzio tra loro si fa più pesante. La miko si incammina verso il villaggio. Dopo un solo attimo di esitazione, lo hanyou le si affianca.

 

“Io non sono così.” Borbotta di nuovo Inuyasha, come parlando tra sé, la testa china.

 

La voce distante di Kikyou sembra scaturire dal nulla.

 

“Sai, Inuyasha. Gli uomini come quel brigante, di solito sono molto prevedibili. E sciocchi. Perché, davvero, credono che il potere che tanto desiderano sia un sinonimo di libertà.

“Forse per loro, in un certo qual modo, è davvero così. Vogliono il potere, ma non certo la responsabilità che ne consegue. Non si rendono conto di quanto è pesante il fardello che bramano. Credono sia una semplice scorciatoia per realizzare i loro desideri vacui. Non riescono a comprendere per nulla la trama del Fato che ci sovrasta.

 

Inuyasha solleva il capo, affascinato da quella voce distaccata e morbida a un tempo.

 

“Non capisco neanch’io.” esclama con sincerità.

 

Kikyou gli dà un’occhiata fuggevole, ma quasi come se lui non fosse davvero lì, per poi tornare a fissare un punto imprecisato davanti a sé.

 

“Davvero? Davvero non lo senti neppure un po’? Ma io, come posso spiegartelo?” sospira lei.

 

D’istinto, solo alcuni passi ancora, eppoi Inuyasha smette di camminare. Kikyou, come se fosse soprappensiero, percorre pochi metri e, in mezzo all’ampio sentiero, si arresta, volgendo gli occhi al cielo.

 

Solleva un braccio. Fa un passo. Una giravolta elaborata. L’altro braccio ruota all’indietro.

Il corpo flessuoso di Kikyou prende a muoversi al ritmo di una musica che solo lei può udire.

 

Un altro passo.

 

Senza quasi spostarsi dall’interno di un piccolo cerchio immaginario, con movimenti lenti, dolci e circolari, Kikyou intesse la danza della miko. Miko-mai.

 

Inuyasha resta come incantato. Sono passati anni, non saprebbe davvero dire quanti, da quando ha visto, da lontano, nascosto sulla cima di un alto acero, una danza del genere. Il rito più importante dell’annuale festività di un tempio shiontista. Ricorda ancora l’incerta emozione che aveva provato nel vedere quelle donne danzare quel loro strano ballo solenne e rituale. Quanto gli erano sembrate belle! Ma adesso, vedendo Kikyou danzare, gli manca il fiato. L’agile grazia di Kikyou è tale da fargli sembrare, a confronto, le miko del suo ricordo delle maldestre bambine.

 

“Il Fato tutto sovrasta e, tanto quanto noi ne facciamo parte, così anche lui è una parte di noi. Ogni nostra parola, ogni gesto anche il più minuto …” dice la miko con voce limpida, facendo seguire con precisione ogni movimento della danza a quello successivo, in una sequenza perfetta “… è come una cascata di note prodotte da un’arpa che non ha inizio né fine, e nella quale ognuno di noi è una semplice corda. Le note di ognuna di queste corde sono fatte per intrecciarsi in una canzone. Vi sono azioni che producono musica in armonia. Questa armonia si trasmette in molti modi misteriosi ad altre corde, le quali raccolgono la musica e la rielaborano, facendola propria e diffondendola, rimandandola indietro e sospingendola in avanti, e così via. Allo stesso modo, vi sono azioni fatte per frantumare l’armonia e la bellezza. E anche queste note discordanti diffondono vibrazioni, urtando corde sconosciute …” ora, la danza di Kikyou sembra a Inuyasha cambiata, quasi legnosa, come se la musica silente che guida i suoi movimenti fosse il suono di uno scordato strumento “… in modi altrettanto misteriosi. E a volte la musica può essere catturata, e da note stridenti possono nascere melodie di sorprendente bellezza …” Inuyasha trattiene un singulto di sorpresa, nel momento in cui la danza di Kikyou piega quelle movenze rigide, sgradevoli, di un istante prima integrandole con grande facilità in movimenti eleganti che appaiono adesso tanto più belli a confronto di quelli che li hanno preceduti. “ … e purtroppo anche il contrario accade, ma sempre…”

 

Kikyou incrocia lo sguardo di Inuyasha, e il desiderio che vi legge è tanto intenso da spezzare la sua concentrazione e il suo sereno distacco. Non c’è malizia o cupidigia, nei suoi occhi, ma solo un’ammirazione così manifesta, un bisogno così semplice e primitivo e puro, da bloccarle il passo. Si zittisce, il cuore comincia a batterle forte forte, e un rossore che non riesce a fermare le risale su per il collo candido e le colora il volto.

E’ imbarazzata. E’ felice.

 

Come mai, nonostante tutto quel che so, non sapevo di poter essere così felice?

 

Inuyasha vede Kikyou mettere a fuoco lo sguardo su di lui e interrompere la danza, poi arrossire furiosamente e abbassare un poco la testa. E il colore che le anima le guance e persino le labbra sembra riuscire in una impresa impossibile, e la rende ancora più bella e incantevole.

 

Gli occhi di Kikyou non sono più fissi in un mondo nel quale, per quanto lui si sforzi, non riesce a entrare o capire. In un momento soltanto, la miko sembra completamente scomparsa. Al suo posto, una ragazza con una mano appoggiata al seno, che sussurra in un tono non del tutto fermo.

 

“Non sono abbastanza saggia da poter capire tutti gli effetti che può avere, recidere anche una sola delle corde del Fato.

 

Quando Inuyasha si accorge che la sta mangiando con gli occhi, subito sente la familiare fitta della colpa. Ecco, l’ha messa in imbarazzo. Si sarà accorta di come la guarda, certo. Kikyou è la prima persona che lo abbia accolto in amicizia, dopo anni nei quali viene trattato come un selvaggio e un animale, e lui non è neppure capace di controllarsi e capire quale sia il suo posto. Kikyou è troppo gentile per fargli notare quanto sia sconveniente che proprio lui – un selvatico hanyou – si permetta anche solo di …

 

Forse per spezzare l’imbarazzato silenzio, forse mosso da un’intuizione profonda nata da una parte di sé di cui non è consapevole, parla senza avere neppure ben chiaro in mente cosa vuole dire.

 

Però … però, è così semplice? Cioè … se quel bandito farà del male a qualcun altro … noi, noi non saremo responsabili per averlo lasciato andare via?”

 

Inuyasha è quasi stupito di sentire parole del genere uscirgli di bocca. Kikyou respira a fondo e il colore defluisce dalle sue guance.

 

“Io non posso sapere cosa farà quell’uomo della sua vita. Non lo posso condannare per crimini che non ha ancora commesso, né per quelli che può aver commesso, ma non conosco. Ma capisco cosa vuoi dire, Inuyasha.”

 

I due ricominciano a camminare lungo il sentiero, verso il villaggio, fianco a fianco. Un piacevole senso di cameratismo rimbalza tra loro.

 

“Ogni decisione così importante, è come fare una promessa della quale non si conoscono i termini.

“L’intreccio del Fato ci unisce tutti. A volte, riesco a udirne qualche scorcio confuso, Inuyasha. Se per esempio avessi deciso di …” un tremito nella voce “… ucciderti. Io vedo la Kikyou che ha scelto di non risparmiarti. E quella Kikyou, Inuyasha. Ecco, quella Kikyou è morta.”

 

Ma se stai parlando di una persona che neppure esiste! Cosa vuol mai dire che la vedi?”

 

“Esiste, invece. Nella serie infinita dei possibili mondi. Non all’interno della musica. Ma come un eco nella musica, che io posso sentire. E io la sento piangere.

 

Con sforzo, Inuyasha tenta di seguire le parole della donna. Forse ha capito.

 

Quindi, vorresti dire che, se oggi io non fossi stato qui, tu saresti morta?” Rabbrividisce alla sola idea. “Questo vuoi dire?”

 

Le cose non sono così semplici, lineari. Se io ti avessi ucciso, Inuyasha, ora i miei poteri sarebbero forti e all’erta come lo sono sempre stati, probabilmente anche di più. Così, avrei avvertito la piccola, ottusa malvagità di quel brigante da grande distanza, e mi sarei potuta preparare ad accoglierlo. Mai sarebbe riuscito a cogliermi di sorpresa. Sarei potuta fuggire o sconfiggerlo con facilità. La mia anima sarebbe libera dai sentimenti che stanno cancellando, giorno per giorno, ciò che da sempre sono stata allevata per essere.

 

“Sì. Probabilmente, oggi sarei morta.”

“Forse ho sbagliato a chiederti di risparmiare il brigante. Non posso saperlo. So solo che non volevo tu lo uccidessi. Non so quali conseguenze questo potrà avere. E’ stata una mia scelta.

 

“Una nostra scelta.” Precisa lui.

 

“Una nostra scelta. Avevamo il potere di impedirgli di fare il male che sicuramente sceglierà di commettere nella sua vita. Perciò, adesso ne siamo un poco responsabili anche noi. Possiamo solo sperare che il Fato non ci chiederà troppo, quando gli echi delle sue azioni ci raggiungeranno.

“Decidere di trattenere il proprio potere piuttosto che usarlo, averne cura e responsabilità, è un fardello quotidiano e logorante.

 

La voce di Kikyou cala fino a diventare un mormorio che lui riesce ad udire solo grazie ai suoi sensi youkai.

 

Anche il più grande potere ha i suoi limiti ben precisi. Questo è il peso che gli uomini malvagi non avvertono. No. Non è libertà. Tutt’altro. E quindi, ne consegue che la libertà …”

 

Kikyou si zittisce e sorride uno dei suoi sorrisi malinconici.

 

Inuyasha vorrebbe invitarla a continuare, ma si trattiene.

 

La miko sembra come riscuotersi a un tratto.

 

“Inuyasha. Tu … tu non sei mai, stanco di combattere?”

 

“Eh? Ma adesso questo cosa …?”

 

Si stringe nelle spalle quasi stizzito.

 

“A volte. Sì. Non oggi, comunque.”

 

Inuyasha ripensa a quanto Kikyou gli ha detto. Per quanto possa sembrargli strano, e complicato, e poco comprensibile, ne intravede scorci di senso. Rivà agli anni passati, molti dei quali nel dolore, nell’amarezza, o nella violenza. Eppure, in un certo qual modo, se tutto ciò che ha patito lo ha preparato a questo momento; ad essere, qui ed ora, e potere

(intrecciare la nostra musica?)

… potere, beh quello-che-ha-detto-Kikyou, allora lo può sopportare. Non ha intenzione di perdonare, questo no. Però.

 

Meditabondo, la fronte corrucciata, sussurra come per conferma. “E quindi, per questo non hai voluto che uccidessi quell’uomo.

 

Ma di nuovo, lei sorride, e gli occhi le brillano di allegria come a farsi gioco della serietà dei suoi precedenti discorsi. “A dire la verità, no. Soprattutto per un’altra ragione.

 

“Che!?” Inuyasha esplode, troppo stupefatto per trovare altro da dire.

Eccola di nuovo, presente e al tempo stesso inafferrabile come un fuoco fatuo. Ogni volta che crede di averla capita, ogni volta che gli pare di averla presa, sempre lei gli sfugge tra le dita. E lui sa che sarà così, sempre. E sente per un attimo quanto è giusto che così sia.

Al di là dello spazientito sconcerto, non si è mai sentito così bene come in questo giorno. Eche assurdità! – in fondo lo deve anche a quell’assassino vigliacco che ha cercato di ucciderla.

 

Kikyou lo fissa bene in faccia, e qualcosa nell’espressione di lui la induce a scoppiare a ridere di gusto, di una risata ricca e piena d’infinite sfumature.

Le morbide orecchie di Inuyasha fremono; e comprende che lei non sta ridendo di lui – come in tanti hanno fatto in passato e faranno in futuro – ma con lui. Così, esitante, perplesso di essere capace di farlo, si unisce alla sua risata. L’allegria gli scorre elettrizzante nelle vene come del buon sakè.

 

Quando le loro risate calano d’intensità, sono quasi alla fine del sentiero. Tra poco sbucheranno dal bosco nei pressi del pozzo mangia ossa.

 

“Allora, ti vuoi spiegare!?” grida lui, facendo finta di essere ormai al di là dei limiti della sua, peraltro scarsa, pazienza.

 

Kikyou ritorna seria.

 

“Inuyasha. Voglio chiederti una cosa, ma, se non vuoi rispondermi, non sentirti obbligato a farlo.

“Tu, hai mai ucciso un essere umano?”

 

Inuyasha sussulta come se l’avessero punto. Lei sta guardando altrove.

 

“No.” Un vecchio e vivo ricordo gli torna in mente, agrodolce, ma non più doloroso “Mia madre. Quando ero ancora bambino, era la prima cosa che mi faceva ripetere quando mi svegliavo, e l’ultima prima di addormentarmi. Che non avrei mai, mai per nessuna ragione, dovuto uccidere un essere umano. Che, anche in un’epoca di guerra e violenza, non avrei mai dovuto farlo, perché non mi sarebbe stato perdonato, a causa di ciò che sono. E che se lo avessi fatto, poi non sarei riuscito a tornare sui miei passi.

“Lo avevo quasi dimenticato. Avevo quasi deciso di rompere quella promessa. …”

 

La guarda con una certa inquietudine.

 

“I ‘quasi’ non contano, Inuyasha.” Lo rassicura lei. “E neppure io, voglio che tu uccida un essere umano. Per nessuna ragione, e tanto meno per proteggermi.

 

Sono al confine del bosco. Inuyasha annuisce.

 

“Va bene.” Ma poi non può fare a meno di aggiungere. “Ma allora perché mi hai raccontato tutte quelle cose?”

 

Lei ci pensa un po’.

 

“Credo che volessi semplicemente …”

(danzare per te)

“ … condividerle con te.”

 

Riluttante, lui la saluta. “A domani, Kikyou.

 

La donna resta lì sui due piedi, poi sembra come vincere una qualche resistenza interiore.

 

“Inuyasha. Accompagnami a casa.”

 

Inuyasha è pietrificato. Quando trova la voce, non è altro che un bisbiglio.

 

“Tu. Ma. I tuoi compaesani ...”

 

“Inuyasha. Non è più un segreto che ci incontriamo. Ma anche se lo fosse.” Esita, e arrossisce come poco prima, ma senza abbassare la testa, stavolta. “Non mi hai salvato la vita, oggi? Hai il diritto di accompagnarmi a casa, tu più di chiunque altro. Certo, se lo vuoi, naturalmente …”

 

Inuyasha annuisce senza parole.

Fianco a fianco, escono dal bosco.

Fianco a fianco, sfilano accanto al pozzo mangia ossa.

E oltrepassano, per la prima volta insieme, la cerchia delle casupole che delimita il perimetro del villaggio di Kikyou.

 

 

 

Kansuke attizza la sua furia omicida. Per impedirle di spegnersi si palpa la benda che chiude per sempre l’orbita vuota del suo occhio sinistro.

 

E’ armato di tutto punto, e sta seguendo le tracce ben visibili del passaggio dei suoi uomini.

Ha sempre saputo di non poter fare molto affidamento sulla loro lealtà, ovvio; ma rendersi conto della facilità con la quale gli hanno voltato le spalle, dandolo per morto, passando agli ordini di un perfetto sconosciuto dietro la promessa di chissà quali ricchi bottini, gli brucia davvero. Più di quanto si aspettasse.

 

Tasta di nuovo la benda sull’occhio. Chissà se quella maledetta glielo ha medicato come si deve. Lui non ha particolari conoscenze mediche, perciò non può saperlo.

E’ stata una fortuna, comunque, imbattersi in quella miko itinerante, a poca distanza dall’accampamento abbandonato dai suoi uomini.

 

La donna di mezza età gli aveva esaminato la ferita in silenzio, e in silenzio se ne era presa cura. Non sembrava spaventata da lui, anzi. Lo sguardo che gli aveva rivolto, era compassionevole. Questo aveva fatto imbestialire Kansuke oltre il limite della sopportazione.

 

In soli due giorni, ho ingoiato tanta di quella pietà da queste maledette streghe, da bastarmi per tutta la vita!!

 

Quando la miko aveva finito, perciò, aveva cominciato a colpirla. Dapprima l’aveva schiaffeggiata. Ma la donna non solo aveva continuato a non mostrare nessuna paura; neppure era parsa sorpresa. Al contrario, rassegnata, quasi avesse immaginato fin da subito quale sarebbe stato il ringraziamento del bandito che aveva curato. Un velo nero aveva oscurato la vista di Kansuke; e aveva cominciato a prenderla a pugni. L’impatto delle sue nocche sulla carne indifesa l’aveva inebriato come una coppa di delizioso sakè. Il caparbio rifiuto della donna di mettersi a gridare o chiedere pietà, aveva dato ulteriore stura alla sua violenza.

Quando la miko era scivolata a terra svenuta, erano arrivati i calci, ripetuti e feroci. Il volto della donna, ormai tumefatto, gli ricordava quello appena intravisto di colei a causa della quale aveva perduto il suo occhio.

Soddisfatto, grugnendo, aveva infierito sul corpo inerte. In fondo, era in credito con il destino per la vita di una miko. Perciò

 

Se ne era andato all’inseguimento dei suoi uomini, senza controllare se la miko fosse morta o meno per le percosse. Non che avesse importanza, in ogni caso. Si era trattenuto dal darle il colpo di grazia, solo perché temeva che così facendo avrebbe spento la sua folle rabbia. E invece era necessario conservarla per la persona sulla quale avrebbe dovuto riversarla senza freno, appena l’avesse agguantata.

 

Un passo dopo l’altro, ripete il nome di quella persona come in una cantilena monotona.

Onigumo. Onigumo. Onigumo.”

 

Sto arrivando. Preparati. C’è l’inferno che ti aspetta, Onigumo.

 

 

@ Me91: e tu ti meriti, ogni volta, tutti i miei ringraziamenti ;)

 

Anche a me non piacciono le AU, soprattutto perché portano quasi sempre all’OOC. Mentre questi personaggi sono così belli che meritano di essere approfonditi e non stravolti.

Grazie per la fiducia, e spero di sorprenderti un po’ ogni volta! xD

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Roberto_Yoda