Capitolo
10 – È questo un addio?
Mancavano
poco più di due ore al grande evento della giornata. Se gli
ultimi preparativi
per la parata avevano messo in agitazione i più, gli ultimi
ritocchi per il
matrimonio avevano fatto impazzire tutti!
Ogni
persona, animale o creatura, correva avanti e indietro per il castello,
nell’intento di ultimare tutti i dettagli e per fare in modo
che quella
giornata sarebbe rimasta per sempre nelle memorie del Regno di
Marmorea. Anche
gli amici più fidati della Regina Mirana si stavano dando da
fare come
potevano. I due gemelli Pincopanco e Pancopinco erano intenti preparare
lo
striscione con i nomi dei due futuri sposi.
«Mettiamo
prima il nome della Regina Mirana!» esclamò
Pincopanco.
«No,
mettiamo prima il nome del Principe Edward!»
ribatté il fratello Pancopinco.
«La
Regina!».
«Il
Principe!».
«Ragazzi,
dateci un taglio! Oppure volete che venga lì e vi infilzi
con la mia spada?!» esclamò
infastidito Mally, che con l’aiuto di Bayard stava portando i
piatti verso i
tavoli. «E comunque ad un matrimonio si è soliti
mettere per primo il nome
della sposa! E ora avanti che c’è ancora tanto da
sistemare!».
I due
fratelli erano rimasti in silenzio per tutti il tempo, ma non appena
Mally e
Bayard se ne andarono, Pincopanco spintonò scherzosamente il
fratello,
affermando: «Visto. Avevo ragione io!».
«Solo
questa volta non darti tante arie fratello!» rispose
prontamente Pincopanco,
con ilarità.
Anche
il
Leprotto, stava dando, come poteva una mano, o meglio una zampa;
infatti,
assieme all’amico Bianconiglio, stavano attaccando tutti i
vari festoni e
ghirlande di fiori presso il gazebo, dove si sarebbe tenuta la
cerimonia. I due
erano infatti i più qualificati a svolgere il compito, visto
che erano in grado
di compiere salti alti, grazie alla loro particolare muscolatura delle
zampe
posteriori.
Tutti
erano impegnati in un’attività, tutti ad eccezione
di Tarrant, il quale si era
seduto su una panchina del vasto giardino reale, il più
lontano possibile da
tutto quel trambusto. Non voleva stare lì in mezzo agli
altri e dover fingere
che tutto andava per il meglio, già quella stessa mattina
era stata una tortura
per lui, che era una persone che più di tutte le altre
mostrava i propri
sentimenti e che, a causa delle sue occhiaie nere, li rendeva anche
pienamente
visibili.
Era
lì
seduto su quella panchina, immersa tra i fiori, rose bianche, a pensare
allo
“scontro” che aveva avuto qualche ora prima con
Alice. Ripensare a quei pochi minuti
gli faceva male al cuore e una lacrima solitaria scese dal suo occhio
sinistro
per solcare la sua guancia e cadere sulla sua mano. A quella prima
lacrima se
ne susseguirono altre. Il Cappellaio stava piangendo, era una cosa che
non
capitava spesso, lui era il Re dei burloni, lui era il Re delle feste,
era
colui che aveva inventato la deliranza,
lui era l’allegria fatta a persona! Ma in quel momento,
però, la sua moltezza
venne meno. Era successo solo un’altra volta prima di
all’ora, quando i suoi
genitori erano stati uccisi, o così credeva fino a qualche
anno prima, dalla
Regina Rossa.
Tra
i vari
singhiozzi che uscivano dalla sua bocca e i vari pensieri che
affollavano la
sua mente, Tarrant non si accorse dell’arrivo di una persona
molto importante
nella sua vita, fino a quando quest’ultima non gli
appoggiò una mano sulla
spalla per cercare di consolarlo e di capire che cosa lo affiggesse.
Il
Cappellaio sussultò al tocco di quella mano sulla propria
spalla, ma quando si
girò per scoprire a chi appartenesse, rimase di sasso, ma
allo stesso tempo
sorpreso, di trovarsi davanti suo padre.
«Padre…»
sussurrò il Cappellaio.
«Figliolo,
che cosa succede?» gli chiese Zanik.
Suo
padre
non era mai stato un uomo di molte parole, soprattutto con lui. I due
erano
molto spesso in imbarazzo quando si trovavano da soli nella stessa
stanza, a
meno che non si parlava di cappelli; unico argomento su cui riuscivano
a
conversare fluidamente.
«Non
è
niente padre. Niente di importante» si affrettò a
rispondergli.
«Figlio
mio, non mi sembra che sia “niente
di
importante”! Sei distrutto e la tua espressione ne
è la conferma!» esclamò
l’uomo. «Per favore, so di non essere un padre
molto espansivo e loquace,
soprattutto con te, ma sono tuo padre e anche se ormai sei grande tu
resti
sempre mi figlio e come genitore ho il compito di aiutarti e
sostenerti…».
Tarrant
alla fine sembrò convincersi delle parole del padre e dopo
aver tirato su col
naso, come un bambino, gli raccontò tutto per filo e per
segno quello che era
accaduto tra lui ed Alice in quella settimana, arrivando anche alla
sera
precedente, a quando l’aveva sentita parlare con la Regina
Rossa e a quello
stesso pomeriggio, quando avevano discusso
animatamente.
Zanik
ascoltava e ogni tanto annuiva a quella storia e, non appena il figlio
finì di
raccontare la sua versione dei fatti, prese la parola.
«Voglio chiederti una
cosa riguardo agli ultimi avvenimenti, figliolo».
«Certamente»
rispose Tarrant un po’ titubante.
«Tu
mi hai
raccontato ad Alice la tua versione dei fatti?».
«Sì,
è
così» gli rispose Tarrant cominciando a capire
dove il padre volesse andare a
parare.
«Bene.
E
non ti sei posto il problema di sentire anche la versione della povera
Alice?»
gli chiese infine confermando così il suo pensiero.
Il
Cappellaio rimase spiazzato dalla domanda del padre, in effetti poche
ore prima
lui si era avventato su di lei non lasciandole la
possibilità di esporre i
propri fatti. Non aveva voluto ascoltarla, troppo orgoglioso di
sé stesso.
«No,
non
gliel’ho chiesto» rispose abbassando lo sguardo
verso le proprie mani strette a
pugno sui pantaloni.
«Figliolo»
riprese Zanik appoggiandogli la propria mano su quella del figlio,
«Io credo
che qualunque cosa stia succedendo tra te ed Alice, debba essere
risolta il
prima possibile. Forse c’è un motivo, se ha deciso
di non dirti della sua
partenza. Magari è qualcosa di cui tu ignori…
Queste figliolo sono solo
supposizioni, l’unica persona che potrà darti
tutte le informazioni del caso,
si trova a palazzo e la stai perdendo».
Tarrant
sollevò lo sguardo verso il viso del padre,
«No…».
«E
allora corri
figliolo. Vai a raggiungerla. Vai a chiarire con lei prima che sia
troppo tardi».
Furono
le
ultime parole che Zanik rivolse al figlio, prima di vederlo alzarsi e
correre
verso il castello. Un piccolo sorriso spuntò sulle sue
labbra. Suo figlio stava
diventando un uomo a tutti gli effetti, senza però perdere
la sua moltezza.
***
Intanto
a
palazzo…
Alice
sperava di riuscire ad assistere al
matrimonio della Regina Mirana, nonché sua più
cara amica, ma Iracebeth le
aveva detto che non c’era più tempo da perdere e
che doveva andare prima che
fosse stato troppo tardi. Le due raggiunsero così la sala
del trono dove la
Regina Bianca, il Principe Edward e il Tempo, le stavano aspettando.
In
quello
stesso momento due gemelli molto pazzerelli alla ricerca di Alice,
passarono
proprio davanti alla porta del salone che era stata lasciata
leggermente aperta
e, incuriositi, si misero all’ascolto, senza dimenticarsi di
spintonarsi ogni
due per tre per poter vedere meglio entrambi la scena.
«Quindi
è
deciso…» disse Mirana avvicinandosi ad Alice e
prendendo le sue mani nelle
proprie, stringendogliele appena.
«È così Vostra
Maestà. Mi dispiace tanto non
poter assistere alle vostre nozze».
Mirana
era
rimasta commossa dalle parole dell’amica, «Suvvia
Alice» la strinse a sé in un
abbraccio. «È una cosa che devi fare, lo sappiamo
tutti. E ora non puoi tardare
all’appuntamento. So che con il cuore sarai sempre qua con
noi!» disse
staccandosi dalla ragazza e asciugandosi una lacrima che le era
sfuggita.
«Mi
raccomando Alice, ricorda di tenere sempre d’occhio il me stesso» le disse il Tempo.
«Bene!
Ora
che abbiamo finito con tutti questi piagnistei e raccomandazioni, puoi
andare
Alice!» li interruppe la Rossa.
«Iracebeth…»
la riprese dolcemente la sorella.
«No
Maestà, la Regina Iracebeth ha perfettamente ragione, non
c’è più molto tempo».
«Ben
detto! Finalmente qualcuno che mi ascolta!»
affermò la Rossa.
«Bene,
si
ritorna a casa…» concluse Alice.
I
due
gemelli erano rimasti pietrificati davanti a quella scena. Alice se ne
stava
andando e per di più senza salutare nessuno di loro!
Perché?
Vedendo i presenti della sala dirigersi verso
l’uscita i due si fecero prendere dal panico, non volevano
affatto essere
scoperti lì ad origliare.
«Da
questa
parte!» affermarono i due all’unisono indicando due
luoghi differenti e finendo
per scontrarsi di faccia e cadere a terra. La porta venne aperta dalla
Regina
Iracebeth, che avendo udito delle voci, non si sorprese di trovare
davanti alla
porta i due.
«Oh!
Guarda un po’ chi abbiamo qui! I due Panzoni,
o meglio i due spioni…».
«Maestà…»
dissero entrambi con voce tremante.
«Adoro
mettere in soggezione le persone… ah ah ah!» disse
felicemente la Rossa.
«Avete
sentito tutto?» si intromise Alice.
«Beh,
più
o meno abbiamo capito che te ne stai andando Alice»
affermò Pancopinco, seguito
dall’annuire del fratello.
«Non
doveva essere rivelato a nessuno, per favore, non fatene parola per il
momento»
gli chiese la ragazza.
I
due si
guardarono negli occhi prima di annuire alla loro amica che,
sorridendogli, li
abbracciò per poi salutarli e dirigersi verso
l’ingresso del castello, seguita
dalle due Regine e dai due uomini.
***
Tarrant
stava correndo in direzione della stanza di Alice, era ormai senza
fiato quando
svoltando l’angolo del corridoio, si scontrò con i
due fratelli, finendo tutti
e tre rovinosamente a terra.
«Ahia
che
botta!» disse il Cappellaio alzandosi e massaggiandosi il
fondoschiena.
«Cappellaio!»
esclamarono Pincopanco e Pancopinco in coro, ancora per terra.
«Ragazzi,
sto cercando Alice, l’avete per caso vista?» gli
chiese preoccupato.
I
due si guardarono per qualche secondo e poi
tornarono a guardare l’amico.
«Noi
non
abbiamo visto proprio nessuno» affermò Pancopinco,
facendo l’occhiolino al
fratello.
Ma Pincopanco, non afferrando le reali intenzioni
del fratello, si affrettò a ribattere. «Ma come?
Qualche minuto fa noi abbiamo
vist-» uno scappellotto lo colpì in pieno sul
collo, e alzano lo sguardo verso
il fratello non ci mise più di un secondo a chiedergli:
«Per quale ragione al
mondo mi hai picchiato!?».
«Che
cosa
ci ha detto Alice prima? Di non dire a nessuno che l’avevamo
vista!» gli
ricordò spazientito Pancopinco.
«Ah
già, è
vero! Me ne ero dimenticato! Eh-Eh» esclamò
Pincopanco.
Il
Cappellaio stava perdendo letteralmente la pazienza. «Allora
voi due sapete
dove si trova!? Si o no?!».
«Sì»
rispose Pincopanco.
«No»
rispose Pancopinco.
Tarrant
iniziò del tutto a perdere il controllo e le occhiaie nere,
prima sparite,
tornarono ad incombere sulla sua faccia, facendo spaventare non poco i
due.
«È
andata
da quella parte!» dissero infine i due abbracciandosi ed
indicando,
stranamente, la stessa direzione.
Tarrant
ritornò alla “normalità” e li
ringraziò per la loro disponibilità con il suo
solito umorismo.
«Cappellaio!
Non so se riuscirai a vederla! Alice sta partendo!»
esclamarono i due
all’unisono.
Ma
Tarrant
sentì appena queste parole, visto che aveva già
ricominciato a correre, ma
nonostante tutto riuscì ad afferrare ogni singola parola di
ciò che avevano
appena esclamato i due gemelli, e quelle parole gli perforarono il
cervello. La
sua Alice stava per andarsene e lui non sapeva se sarebbe riuscito a
raggiungerla…
***
Alice
diede un ultimo abbraccio a Mirana, prima di salire in groppa a Gaston
che
l’avrebbe portata verso la luna che si vedeva in lontananza.
La luna, chi
l’avrebbe mai detto che quella sarebbe stata la sua via per
ritornare a casa…
«Buona
fortuna Alice» le disse la Regina Bianca.
«Grazie
Mirana, ne avrò bisogno» le sorrise Alice; poi si
rivolse a Gaston: «Forza, è
arrivato il momento. Non credevo che te lo avrei mai detto, ma oggi ho
bisogno
che tu usi tutta la tua velocità che hai in corpo amico
mio…» gli disse
aggrappandosi per bene al guscio.
«Sarà
fatto madamigella. L’avevo detto io che presto avresti
apprezzato la mia
velocità» e così dicendo Gaston
spiccò il volo.
***
Poco
distante Tarrant vide Gaston partire in quarta verso la luna. Era
arrivato
troppo tardi, non era riuscito a fermarla, non era riuscito a chiarirsi
con lei
e non era riuscito a dirgli che qualunque fossero i motivi della sua
partenza,
lui avrebbe voluto venire con lei a costo di lasciare il suo Mondo per
sempre per
poter vivere al suo fianco.
Ormai
sfiancato, il Cappellaio si accasciò a terra in ginocchio e
con quanto fiato
aveva in gola, prima di abbandonarsi del tutto alle lacrime,
gridò
disperatamente il suo nome:
«ALICEEEE….!!!!!».
E
nonostante Alice fosse ormai troppo lontana da terra e Gaston stesse
andando ad
una velocità esagerata, tanto da tappargli le orecchie,
riuscì comunque a
sentire quell’urlo straziante che il suo Cappellaio, il suo
Tarrant, aveva
appena evocato verso di lei.
“Ti
prego Tarrant… presto ti sarà tutto
più
chiaro, abbi fiducia in me…”. E come il
suo amato sulla terra ferma, anche
agli angoli dei suoi occhi si formarono calde lacrime che
però, vennero
trascinate via dal vento che sferzava imponente sulla sua faccia
arrossata…