Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: vavvina_95love03    24/08/2016    3 recensioni
STORIA REVISIONATA a Gennaio 2021.
Sono passati ormai quattro anni da quando Alice era tornata nel Sopramondo, ma a volte il destino non smette mai di sorprenderci e ti si presenta con un'occasione più unica che rara. Cosa sceglierà la nostra Alice? La mente o il cuore? La risposta sembrerebbe sì la più sconta, ma non sempre la strada per arrivarci è la più facile...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Liddell, Cappellaio Matto, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 – È questo un addio?

 

 

 

    Mancavano poco più di due ore al grande evento della giornata. Se gli ultimi preparativi per la parata avevano messo in agitazione i più, gli ultimi ritocchi per il matrimonio avevano fatto impazzire tutti!
    Ogni persona, animale o creatura, correva avanti e indietro per il castello, nell’intento di ultimare tutti i dettagli e per fare in modo che quella giornata sarebbe rimasta per sempre nelle memorie del Regno di Marmorea. Anche gli amici più fidati della Regina Mirana si stavano dando da fare come potevano. I due gemelli Pincopanco e Pancopinco erano intenti preparare lo striscione con i nomi dei due futuri sposi.
    «Mettiamo prima il nome della Regina Mirana!» esclamò Pincopanco.
    «No, mettiamo prima il nome del Principe Edward!» ribatté il fratello Pancopinco.
     «La Regina!».
     «Il Principe!».
    «Ragazzi, dateci un taglio! Oppure volete che venga lì e vi infilzi con la mia spada?!» esclamò infastidito Mally, che con l’aiuto di Bayard stava portando i piatti verso i tavoli. «E comunque ad un matrimonio si è soliti mettere per primo il nome della sposa! E ora avanti che c’è ancora tanto da sistemare!».
   I due fratelli erano rimasti in silenzio per tutti il tempo, ma non appena Mally e Bayard se ne andarono, Pincopanco spintonò scherzosamente il fratello, affermando: «Visto. Avevo ragione io!».
    «Solo questa volta non darti tante arie fratello!» rispose prontamente Pincopanco, con ilarità.
    Anche il Leprotto, stava dando, come poteva una mano, o meglio una zampa; infatti, assieme all’amico Bianconiglio, stavano attaccando tutti i vari festoni e ghirlande di fiori presso il gazebo, dove si sarebbe tenuta la cerimonia. I due erano infatti i più qualificati a svolgere il compito, visto che erano in grado di compiere salti alti, grazie alla loro particolare muscolatura delle zampe posteriori.
    Tutti erano impegnati in un’attività, tutti ad eccezione di Tarrant, il quale si era seduto su una panchina del vasto giardino reale, il più lontano possibile da tutto quel trambusto. Non voleva stare lì in mezzo agli altri e dover fingere che tutto andava per il meglio, già quella stessa mattina era stata una tortura per lui, che era una persone che più di tutte le altre mostrava i propri sentimenti e che, a causa delle sue occhiaie nere, li rendeva anche pienamente visibili.
    Era lì seduto su quella panchina, immersa tra i fiori, rose bianche, a pensare allo “scontro” che aveva avuto qualche ora prima con Alice. Ripensare a quei pochi minuti gli faceva male al cuore e una lacrima solitaria scese dal suo occhio sinistro per solcare la sua guancia e cadere sulla sua mano. A quella prima lacrima se ne susseguirono altre. Il Cappellaio stava piangendo, era una cosa che non capitava spesso, lui era il Re dei burloni, lui era il Re delle feste, era colui che aveva inventato la deliranza, lui era l’allegria fatta a persona! Ma in quel momento, però, la sua moltezza venne meno. Era successo solo un’altra volta prima di all’ora, quando i suoi genitori erano stati uccisi, o così credeva fino a qualche anno prima, dalla Regina Rossa.
    Tra i vari singhiozzi che uscivano dalla sua bocca e i vari pensieri che affollavano la sua mente, Tarrant non si accorse dell’arrivo di una persona molto importante nella sua vita, fino a quando quest’ultima non gli appoggiò una mano sulla spalla per cercare di consolarlo e di capire che cosa lo affiggesse.
    Il Cappellaio sussultò al tocco di quella mano sulla propria spalla, ma quando si girò per scoprire a chi appartenesse, rimase di sasso, ma allo stesso tempo sorpreso, di trovarsi davanti suo padre.
    «Padre…» sussurrò il Cappellaio.
    «Figliolo, che cosa succede?» gli chiese Zanik.
    Suo padre non era mai stato un uomo di molte parole, soprattutto con lui. I due erano molto spesso in imbarazzo quando si trovavano da soli nella stessa stanza, a meno che non si parlava di cappelli; unico argomento su cui riuscivano a conversare fluidamente.
    «Non è niente padre. Niente di importante» si affrettò a rispondergli.
    «Figlio mio, non mi sembra che sia “niente di importante”! Sei distrutto e la tua espressione ne è la conferma!» esclamò l’uomo. «Per favore, so di non essere un padre molto espansivo e loquace, soprattutto con te, ma sono tuo padre e anche se ormai sei grande tu resti sempre mi figlio e come genitore ho il compito di aiutarti e sostenerti…».
    Tarrant alla fine sembrò convincersi delle parole del padre e dopo aver tirato su col naso, come un bambino, gli raccontò tutto per filo e per segno quello che era accaduto tra lui ed Alice in quella settimana, arrivando anche alla sera precedente, a quando l’aveva sentita parlare con la Regina Rossa e a quello stesso pomeriggio, quando avevano discusso animatamente.
    Zanik ascoltava e ogni tanto annuiva a quella storia e, non appena il figlio finì di raccontare la sua versione dei fatti, prese la parola. «Voglio chiederti una cosa riguardo agli ultimi avvenimenti, figliolo».
    «Certamente» rispose Tarrant un po’ titubante.
    «Tu mi hai raccontato ad Alice la tua versione dei fatti?».
    «Sì, è così» gli rispose Tarrant cominciando a capire dove il padre volesse andare a parare.
    «Bene. E non ti sei posto il problema di sentire anche la versione della povera Alice?» gli chiese infine confermando così il suo pensiero.
    Il Cappellaio rimase spiazzato dalla domanda del padre, in effetti poche ore prima lui si era avventato su di lei non lasciandole la possibilità di esporre i propri fatti. Non aveva voluto ascoltarla, troppo orgoglioso di sé stesso.
    «No, non gliel’ho chiesto» rispose abbassando lo sguardo verso le proprie mani strette a pugno sui pantaloni.
    «Figliolo» riprese Zanik appoggiandogli la propria mano su quella del figlio, «Io credo che qualunque cosa stia succedendo tra te ed Alice, debba essere risolta il prima possibile. Forse c’è un motivo, se ha deciso di non dirti della sua partenza. Magari è qualcosa di cui tu ignori… Queste figliolo sono solo supposizioni, l’unica persona che potrà darti tutte le informazioni del caso, si trova a palazzo e la stai perdendo».
    Tarrant sollevò lo sguardo verso il viso del padre, «No…».
    «E allora corri figliolo. Vai a raggiungerla. Vai a chiarire con lei prima che sia troppo tardi».
    Furono le ultime parole che Zanik rivolse al figlio, prima di vederlo alzarsi e correre verso il castello. Un piccolo sorriso spuntò sulle sue labbra. Suo figlio stava diventando un uomo a tutti gli effetti, senza però perdere la sua moltezza.

 

***

 

Intanto a palazzo…
 

    Alice sperava di riuscire ad assistere al matrimonio della Regina Mirana, nonché sua più cara amica, ma Iracebeth le aveva detto che non c’era più tempo da perdere e che doveva andare prima che fosse stato troppo tardi. Le due raggiunsero così la sala del trono dove la Regina Bianca, il Principe Edward e il Tempo, le stavano aspettando.
    In quello stesso momento due gemelli molto pazzerelli alla ricerca di Alice, passarono proprio davanti alla porta del salone che era stata lasciata leggermente aperta e, incuriositi, si misero all’ascolto, senza dimenticarsi di spintonarsi ogni due per tre per poter vedere meglio entrambi la scena.
    «Quindi è deciso…» disse Mirana avvicinandosi ad Alice e prendendo le sue mani nelle proprie, stringendogliele appena.
    «È così Vostra Maestà. Mi dispiace tanto non poter assistere alle vostre nozze».
    Mirana era rimasta commossa dalle parole dell’amica, «Suvvia Alice» la strinse a sé in un abbraccio. «È una cosa che devi fare, lo sappiamo tutti. E ora non puoi tardare all’appuntamento. So che con il cuore sarai sempre qua con noi!» disse staccandosi dalla ragazza e asciugandosi una lacrima che le era sfuggita.
    «Mi raccomando Alice, ricorda di tenere sempre d’occhio il me stesso» le disse il Tempo.
    «Bene! Ora che abbiamo finito con tutti questi piagnistei e raccomandazioni, puoi andare Alice!» li interruppe la Rossa.
    «Iracebeth…» la riprese dolcemente la sorella.
    «No Maestà, la Regina Iracebeth ha perfettamente ragione, non c’è più molto tempo».
    «Ben detto! Finalmente qualcuno che mi ascolta!» affermò la Rossa.
    «Bene, si ritorna a casa…» concluse Alice.
    I due gemelli erano rimasti pietrificati davanti a quella scena. Alice se ne stava andando e per di più senza salutare nessuno di loro! Perché?
Vedendo i presenti della sala dirigersi verso l’uscita i due si fecero prendere dal panico, non volevano affatto essere scoperti lì ad origliare.
    «Da questa parte!» affermarono i due all’unisono indicando due luoghi differenti e finendo per scontrarsi di faccia e cadere a terra. La porta venne aperta dalla Regina Iracebeth, che avendo udito delle voci, non si sorprese di trovare davanti alla porta i due.
    «Oh! Guarda un po’ chi abbiamo qui! I due Panzoni, o meglio i due spioni…».
    «Maestà…» dissero entrambi con voce tremante.
    «Adoro mettere in soggezione le persone… ah ah ah!» disse felicemente la Rossa.
    «Avete sentito tutto?» si intromise Alice.
    «Beh, più o meno abbiamo capito che te ne stai andando Alice» affermò Pancopinco, seguito dall’annuire del fratello.
    «Non doveva essere rivelato a nessuno, per favore, non fatene parola per il momento» gli chiese la ragazza.
   I due si guardarono negli occhi prima di annuire alla loro amica che, sorridendogli, li abbracciò per poi salutarli e dirigersi verso l’ingresso del castello, seguita dalle due Regine e dai due uomini.
 

***

 
  
Tarrant stava correndo in direzione della stanza di Alice, era ormai senza fiato quando svoltando l’angolo del corridoio, si scontrò con i due fratelli, finendo tutti e tre rovinosamente a terra.
    «Ahia che botta!» disse il Cappellaio alzandosi e massaggiandosi il fondoschiena.
    «Cappellaio!» esclamarono Pincopanco e Pancopinco in coro, ancora per terra.
    «Ragazzi, sto cercando Alice, l’avete per caso vista?» gli chiese preoccupato.
    I due si guardarono per qualche secondo e poi tornarono a guardare l’amico.
    «Noi non abbiamo visto proprio nessuno» affermò Pancopinco, facendo l’occhiolino al fratello.
Ma Pincopanco, non afferrando le reali intenzioni del fratello, si affrettò a ribattere. «Ma come? Qualche minuto fa noi abbiamo vist-» uno scappellotto lo colpì in pieno sul collo, e alzano lo sguardo verso il fratello non ci mise più di un secondo a chiedergli: «Per quale ragione al mondo mi hai picchiato!?».
    «Che cosa ci ha detto Alice prima? Di non dire a nessuno che l’avevamo vista!» gli ricordò spazientito Pancopinco.
    «Ah già, è vero! Me ne ero dimenticato! Eh-Eh» esclamò Pincopanco.
    Il Cappellaio stava perdendo letteralmente la pazienza. «Allora voi due sapete dove si trova!? Si o no?!».
     «Sì» rispose Pincopanco.
     «No» rispose Pancopinco.
    Tarrant iniziò del tutto a perdere il controllo e le occhiaie nere, prima sparite, tornarono ad incombere sulla sua faccia, facendo spaventare non poco i due.
    «È andata da quella parte!» dissero infine i due abbracciandosi ed indicando, stranamente, la stessa direzione.
    Tarrant ritornò alla “normalità” e li ringraziò per la loro disponibilità con il suo solito umorismo.
    «Cappellaio! Non so se riuscirai a vederla! Alice sta partendo!» esclamarono i due all’unisono.
    Ma Tarrant sentì appena queste parole, visto che aveva già ricominciato a correre, ma nonostante tutto riuscì ad afferrare ogni singola parola di ciò che avevano appena esclamato i due gemelli, e quelle parole gli perforarono il cervello. La sua Alice stava per andarsene e lui non sapeva se sarebbe riuscito a raggiungerla…
 

***

 

    Alice diede un ultimo abbraccio a Mirana, prima di salire in groppa a Gaston che l’avrebbe portata verso la luna che si vedeva in lontananza. La luna, chi l’avrebbe mai detto che quella sarebbe stata la sua via per ritornare a casa…
    «Buona fortuna Alice» le disse la Regina Bianca.
    «Grazie Mirana, ne avrò bisogno» le sorrise Alice; poi si rivolse a Gaston: «Forza, è arrivato il momento. Non credevo che te lo avrei mai detto, ma oggi ho bisogno che tu usi tutta la tua velocità che hai in corpo amico mio…» gli disse aggrappandosi per bene al guscio.
    «Sarà fatto madamigella. L’avevo detto io che presto avresti apprezzato la mia velocità» e così dicendo Gaston spiccò il volo.

 

***

 

    Poco distante Tarrant vide Gaston partire in quarta verso la luna. Era arrivato troppo tardi, non era riuscito a fermarla, non era riuscito a chiarirsi con lei e non era riuscito a dirgli che qualunque fossero i motivi della sua partenza, lui avrebbe voluto venire con lei a costo di lasciare il suo Mondo per sempre per poter vivere al suo fianco.
   Ormai sfiancato, il Cappellaio si accasciò a terra in ginocchio e con quanto fiato aveva in gola, prima di abbandonarsi del tutto alle lacrime, gridò disperatamente il suo nome: «ALICEEEE….!!!!!».
    E nonostante Alice fosse ormai troppo lontana da terra e Gaston stesse andando ad una velocità esagerata, tanto da tappargli le orecchie, riuscì comunque a sentire quell’urlo straziante che il suo Cappellaio, il suo Tarrant, aveva appena evocato verso di lei.
  
Ti prego Tarrant… presto ti sarà tutto più chiaro, abbi fiducia in me…”. E come il suo amato sulla terra ferma, anche agli angoli dei suoi occhi si formarono calde lacrime che però, vennero trascinate via dal vento che sferzava imponente sulla sua faccia arrossata…

 

    

   
 
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