Anime & Manga > Rocky Joe
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Autore: innominetuo    27/08/2016    11 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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Era fuggita.

E, per come continuava a sentirsi in quegli ultimi tempi, la tentazione di fuggire da tutto e da tutti, pure dal suo Joe, diventava per Yoko sempre più forte…una sirena dalla voce suadente, che le sussurrava incessantemente di arrendersi di fronte all’ineluttabile corso del destino.

Quella sera si era ritrovata, sì, quasi senza rendersene conto, tra le braccia di Jun: con la vista annebbiata dalle lacrime non aveva colto lo sguardo ardente del reporter, che le aveva catturato le labbra prima che lei potesse reagire in qualche modo. L'uomo era stato molto duro con lei, dicendole quelle cose sul suo rapporto con Tooru prima e con Joe adesso: le sue parole avevano colpito nel segno, mettendola di fronte alla sua più profonda angoscia. Un’angoscia che mai aveva smesso di accompagnarla, tutte le volte che aveva visto salire sul ring l’amato. Per questo poi si era strappata, gemendo, dall’abbraccio del giornalista, correndo via veloce, per non dover sentire più niente…

°°°°°°

Una tranquilla sera, in una bella villa di Città del Messico…

La sua vita da pugile era scandita da ritmi sempre uguali e ripetuti nel tempo, giorno dopo giorno: e questo ormai da molti anni.

Sessioni di allenamento, severe ma equilibrate. Una dieta alimentare sana e leggera. Niente fumo e niente alcool. Periodici e rigorosi controlli clinici dal medico di fiducia. Ecco l’elisir di lunga vita per un campione di boxe: niente di più e niente di meno. Aveva iniziato presto, molto presto, a vivere così: a soli quattordici anni d’età. E fin da subito egli aveva saputo dominare gli scenari della boxe internazionale, sotto l’egida della WBC, con assoluta sicurezza, come se non potesse esserci altro campo d’azione per uno come lui.

Con una donna al suo fianco come Shirley, poi, che gli aveva donato quattro bellissimi bambini, Josè Mendoza poteva affrontare ogni nuovo avversario in totale serenità, dato che ad attenderlo, fuori dal ring, ci sarebbe stato un focolare caldo e rassicurante. A differenza di molti altri pugili, Josè non aveva avuto un’infanzia disgraziata, all’insegna della povertà e del degrado: proveniva infatti da una tranquilla e onesta famiglia piccolo-borghese di Città del Messico, con un padre ferroviere ed una madre maestra di scuola. Tanto affetto e saldi principi morali lo avevano sempre accompagnato per mano lungo il cammino.

Josè non aveva fame del ring. Semplicemente, il ring lui lo calcava: ne era il padrone indiscusso. Uomo perbene ed educato, pugile perfetto, quindi: ovunque andasse, la sua aura di serena superiorità veniva percepita da chiunque incrociasse il suo cammino.

Un po’ stanco dopo aver trascorso la giornata in palestra dalle sette del mattino, adesso controllava i compiti di scuola di Russell ed Amber: amava trascorrere il tempo libero con i suoi bambini, di cui seguiva l’educazione con scrupolo e coscienza insieme alla moglie, essendo memore dei buoni insegnamenti ricevuti a suo tempo da Eloy Mendoza.

“Ricordati chi sei, in ogni momento: sei mio figlio, Josè. Non farmi mai vergognare del mio ruolo di padre.”

Questo era solo uno dei saldi principi morali cui Josè aveva sempre voluto improntare la sua vita: a quarantadue anni suonati, egli era più che mai convinto di aver seguito la strada giusta, che lo avrebbe condotto presto ad appendere i guantoni al chiodo. Ormai aveva raggiunto l’apice del successo, come pugile: non poteva che ritenersi più che soddisfatto dei risultati ottenuti ed era intenzionato a ritirarsi a breve per dedicarsi ad altro, ancora nel pieno delle forze e della salute.

Stava accarezzando il progetto di occuparsi, oltre che della famiglia, dell’allevamento di cavalli di corsa, dato che il suo hobby preferito era, da sempre, l’equitazione: Josè adorava i cavalli e li considerava creature nobili e perfette. Amber, la sua primogenita, era già una discreta cavallerizza e lo riempiva d’orgoglio quando la vedeva eseguire compitamente gli esercizi di salto ad ostacoli, in groppa alla sua bellissima baia.

Amava moltissimo essere padre ed aveva accolto con gioia la notizia della quinta maternità di Shirley: per questo motivo aveva esercitato pressioni non indifferenti, per tramite della WBC, presso la Federazione Pugilistica Giapponese, al fine di ottenere che la data del suo incontro con Joe Yabuki venisse anticipata, anche a costo di dover pagare fior di penali. Voleva godersi ogni momento della gravidanza della moglie, per coccolarla e viziarla senza dover pensare alla boxe. Del resto, Josè aveva già deciso che dopo Yabuki avrebbe disputato al massimo altri due incontri, per poi dire addio alla boxe.

Yabuki… o, semplicemente, Joe.

Gli piaceva, quel ragazzo. Non provava nessuna animosità dei suoi confronti: anzi, sin dal primo momento, quello strano giapponese lo aveva incuriosito e colpito positivamente, al punto tale da imbarcarsi sul primo volo per andarlo a vedere di persona, subito dopo il match che aveva tenuto con Carlos Rivera, in modo da poter scoprire di che pasta fosse fatto il pugile che aveva saputo infiacchire il “Re senza corona” prima di lui, rendendogli le cose assai semplici poco dopo lo scoccare del primo round.

Al di là della pura competizione sportiva, Josè aveva saputo riconoscere il talento innato di Joe per la boxe già quando si era trovato faccia a faccia con lui, nella sala illuminata e festante dell’Hotel New Otani di Tokyo*. Aveva incrociato il proprio sguardo con quello di fuoco di Joe e vi aveva riconosciuto lo stesso fuoco dei suoi, ormai lontani, esordi. Ed aveva intuito molto, molto di più in quel ragazzo: la sua testardaggine, la sua ostinazione ma anche la sua più autentica statura morale. Si era quasi pentito di averlo atterrato ad Honolulu con un poderoso gancio, quando Joe, iroso, gli si era rivoltato contro per la faccenda del manifesto ritraente Rivera: Josè aveva apprezzato, in realtà, il sentimento di lealtà e di amicizia provato da Joe nei confronti dello sventurato venezuelano. Quando poi, qualche mese prima, al Ceasars Palace di Las Vegas, se lo era ritrovato a bordo ring in compagnia della signorina Shiraki intento a fare un acceso tifo solo per lui, la cosa gli aveva fatto molto piacere.

“Sei davvero il più grande, Josè. Sono contento della tua vittoria: Gomez non aveva scampo, con te. Ricordati però che io ti aspetto sul ring.”

Quando Joe si era congratulato con lui, dopo l’incontro, c’era stato molto sincero calore nella sua voce. Ciò non lo aveva stupito più di tanto, avendo capito da tempo di che pasta fosse fatto il giovane campione giapponese… non più del fatto di averlo visto accanto a Yoko Shiraki, con cui la sua Shirley aveva stretto una profonda amicizia durante il periodo trascorso insieme alle Hawaii.

Quello disputato con il portoricano Harold Gomez, a sua volta detentore del titolo mondiale, sebbene della WBA, non era stato affatto un match di routine. Ogni tanto gli capitava di ripensarci, rendendolo sempre più convinto di lasciare il pugilato all’apogeo della sua bravura e della sua forza. Chiuse di scatto il quaderno degli esercizi di aritmetica di Russell, aggrottando le sopracciglia.

Sì. Il suo addio al pugilato si stava avvicinando sempre più: su questo ormai nutriva ben pochi dubbi.

°°°°°°°

Alcuni mesi prima, al Caesars Palace di Las Vegas…


“Questa volta ci gustiamo tu ed io, soli soletti, un bell’incontro del nostro Josè…è stato un bel gesto, da parte sua, regalarci i biglietti. Proprio un bel gesto. Ne vuoi un po’?”

Joe le porse il sacchetto di chips, cosa che la fece sorridere, intenerita, pur scuotendo il capo.

“Vacci piano con quella roba… fa ingrassare da morire.” Yoko si avvolse la pashmina di cachemire sulle spalle, rabbrividendo. “Che freddo… è tipico degli statunitensi accendere l’aria condizionata al massimo. Eppure fuori non fa affatto caldo!”

In silenzio, Joe si sfilò il giaccone per posarlo con delicatezza sulle spalle di Yoko.

Finalmente, entrarono in scena i due protagonisti assoluti di quella serata: il fragore in sala divenne assordante ed il tifo, da acceso, si fece parossistico. Joe provò a dire qualcosa, senza però che Yoko potesse udirlo, tanto era forte il baccano esploso tutto intorno a loro.

Josè Mendoza e Harold Gomez, ornati ciascuno di loro della cintura di campione mondiale della rispettiva federazione internazionale e scortati dal proprio entourage, vennero accolti da incontenibili urla di acclamazione degli spettatori. Echeggiarono in sala le note sia dell’inno nazionale americano che di quello messicano, l’uno in seguito all’altro. Lo speaker, abbigliato in uno scintillante smoking di raso blu, presentò, visibilmente emozionato, i due grandi campioni al pubblico. Joe osservò Gomez, incuriosito, dato che quella era la prima volta che lo vedeva di persona: lo trovò assai ben piazzato e con lo sguardo fiero. Ridacchiò alla vista dei suoi pantaloncini ad appariscente stampa leopardata, essendo lui molto spartano in fatto di tenute sportive.

“Epperò… Gomez si crede un grosso felino, a quanto pare!”

“Esatto. Non per nulla è stato soprannominato ‘la pantera dei Caraibi’, dato che è nato a San Juan, in Portorico. Anche senza saperlo, ci hai visto giusto!”

“Vabbè…pantera o no, se crede di mettersi Josè nel sacco si baglia di grosso.” bofonchiò Joe, finendo di mangiare le sue patatine, per poi appallottolarne il sacchetto.

“Cosa intendi dire? Non dimenticare che anche Gomez è un campione mondiale, seppur di un’altra federazione pugilistica. Non è saggio sottovalutarlo e non credo che converrebbe farlo neppure a Josè…” pontificò Yoko, stringendosi nel giaccone.

“Uhmm… guarda che io non sottovaluto nessuno, Presidente. Dico solo che Mendoza è unico, nel suo genere: un atleta eccezionale, completo, che usa i guantoni come se fossero un fioretto. Josè è un pugile… ‘gentiluomo’, passami il termine.”

La donna rise, divertita. “Accidenti, che sviolinata verso il tuo prossimo avversario.”

“Dico solo quello che penso. Ora però concentriamoci sul match, che sta per iniziare.” Joe emise un sospiro di stanchezza dovuto al jet lag, accomodandosi meglio sulla poltroncina, a braccia conserte.

I pugili salutarono il pubblico festante e si lasciarono preparare le mani dai rispettivi staff.

Josè apparve in forma smagliante, dall’espressione serena ed imperturbabile, come sempre. Stavolta Shirley non aveva potuto accompagnarlo per sostenerlo, dato che due dei loro quattro bambini avevano contratto il morbillo. Il messicano fece scorrere lo sguardo sugli spettatori della prima fila e le sue labbra si distesero in un sorriso leggero, quando scorse Yoko e Joe, che salutò con un lieve cenno del capo: Yoko sollevò la mano, con viso lieto e Joe gli sorrise apertamente, facendo il gesto di “v”, vittoria.

Il contatto visivo tra i due uomini venne interrotto dallo scoccare del gong della prima ripresa.

I campioni avanzarono cautamente per ritrovarsi a centro ring, studiandosi e muovendosi in tondo. Gomez saggiò l’altro con la ripetizione dei jab di disturbo, per aprire le danze e per tenerlo a distanza: i suoi colpi vennero evitati con nonchalance da Mendoza con rolling e schivate del busto. Un diretto destro di Gomez, tuttavia, andò a segno e fece arretrare l’avversario, il quale contrattaccò con un gancio sinistro sotto lo sterno.

“Eccolo. Adesso Josè si limita a difendersi. Mi sa che prima del quarto round non assisteremo al suo vero attacco.” borbottò Joe, che stava elaborando mentalmente, pugno per pugno, ogni azione dei due pugili.

“Sono d’accordo. Intanto però questa ripresa sarà aggiudicata a Gomez, come punti.”

Joe fece spallucce. “Con Josè i punti non serviranno. Vedrai.”

Secondo round.

Gomez pensò di passare subito all’attacco, spingendo Mendoza alle corde: questi subì il diretto sinistro e poi una serie di ganci poderosi. Il messicano pareva subire passivamente le azioni dell’avversario, dimostrando le sue indubbie doti di incassatore: non ansimava e non sudava, quasi come se stesse ricevendo delle morbide carezze e non dei pugni micidiali. Naturalmente, il punteggio fu a favore di Gomez, cosa che si ripeté anche al terzo round, nonostante una potentissima sventola sferrata da Mendoza.

“Accidenti… ma perché Josè non reagisce?” brontolò Joe.

“Ma come, non lo avevi detto tu che prima del quarto round non avrebbe attaccato?” gli fece osservare Yoko, leggermente ironica.

“Sì, però almeno potrebbe difendersi!”

Durante la quarta ripresa, Josè smise di incassare, schivando abilmente ogni colpo sferratogli da Gomez, proprio come aveva fatto all’inizio del match: con lievi torsioni del busto dalla velocità impressionante, non permise al portoricano di portare a segno i suoi pugni, facendolo stancare. Fu quello il momento giusto, che venne prontamente colto da Josè, che ferrò una rapidissima sessione di ganci, un sinistro al fianco ed un destro al viso: Gomez si accasciò a terra e riuscì a rialzarsi con molta fatica, per poi scivolare di nuovo poco più avanti e rimettersi in piedi aggrappandosi alle corde, contro cui era andato a finire.

Alla fine della ripresa, Joe si mise ad osservare attentamente ambedue i pugili, ognuno al proprio angolo: mentre il campione della WBA era tutto sudato, con lo sguardo vacuo ed ansimava a fatica, non riuscendo neppure a bere l’acqua che gli porgeva il secondo, Josè era rilassato e fresco come una rosa, perfettamente cosciente, sì da rispondere pacatamente alle parole del suo coach, che gli andava parlottando chissà cosa.

“Inutile ribadirlo… Josè è di un altro pianeta. Hai visto, Yoko? Gomez è ormai spompato, non riesce neanche a respirare. Il nostro amico, invece, sembra appena uscito dalla doccia! D’altronde i suoi attacchi non perdonano: visto che ha reagito al quarto round, come ti dicevo?” chiosò, tutto trionfante.

Il quinto round fu analogo al quarto, con un Harold Gomez sempre più stanco…

Al 2’ 30’’ della sesta ripresa, Mendoza chiuse la questione con un paio di potentissimi ganci ed un montante destro: il portoricano si accasciò a terra e venne conclamato il k.o. Il pubblico acclamò quindi l’indiscusso campione mondiale dei pesi medi della WBC e della WBA!

°°°°°°°

Un pomeriggio qualsiasi…di qualche tempo dopo, al Tange Boxing Club.


“Joe, sei pronto?”

“Ancora un minuto e possiamo andare.” rispose il pugile, con pacatezza, finendo di vestirsi.

Tange covava con lo sguardo il suo pupillo, mentre Nishi ed un paio di ragazzi della palestra riempivano i borsoni di tutto l’occorrente. Le due nuove paia di guantoni, necessarie in un incontro con in palio un titolo pugilistico, vennero riposte nella custodia dal buon Mammouth, dopo una fuggevole carezza. Era quasi come se Nishi volesse augurare buona fortuna al suo migliore amico tramite gli oggetti più simbolici del pugilato stesso: quelli ove si trasfondono la fatica, il sangue ed il sudore di chi calca il ring.

Da diverse settimane il vecchio coach non aveva smesso di osservare Joe con somma ansia, pur senza parere. Si era anche confrontato con Yoko prima e con Nakamura poi, per ritrovarsi in preda alla più profonda angoscia. Spesso la notte non riusciva a chiudere occhio e, in preda alla disperazione, andava in punta di piedi a controllare il sonno di Joe, ascoltando il suo respiro e permettendo a lacrime brucianti di solcargli il viso.

Il suo ragazzo stava male.

In più di una occasione si era ritrovato come in procinto di dirgli qualcosa, senza averne il coraggio. Tange non voleva accettare la verità: sperava sempre che si trattasse di un incubo orrendo da cui fosse possibile risvegliarsi. Lo osservava sperando con tutto se stesso di poter vedere un miglioramento… di poter rivedere il Joe di sempre. Ogni volta che lo vedeva poco sicuro sulle gambe o in preda a forti emicranie malediva se stesso per averlo iniziato alla boxe. Si sentiva malvagio ed egoista, per questo… anche perché ci si illude che certe cose possano accadere sempre e solo agli altri, e mai a chi vogliamo bene. Solo una volta aveva cercato, timidamente, di proporgli di lasciar perdere il match con Mendoza e di riguardarsi: ma lo sguardo di Joe era stata una risposta a dir poco inequivocabile.

E Danpei Tange si era sentito colpevole, una volta di più.

_______________________

Spigolature dell’Autrice:


Ecco per voi un'immagine del fiero Josè Mendoza:
jose-mendoza
*v. il capitolo XVII – Blu come il mare 


L’angolo del boxeur  :

In realtà, nella boxe professionistica (maschile e femminile) NON esiste un unico campione mondiale di ogni categoria di peso, anche se per comodità si tende ad univocare. E questo è dato dal fatto che esistono più federazioni pugilistiche internazionali, ovvero, sintetizzandovi (o vi addormentate…): International Boxing Association (IBA); International Boxing Federation (IBF); International Boxing Organization (IBO); World Boxing Organization (WBO); World Boxing Association (WBA); World Boxing Union (WBU); World Boxing Council (WBC); European Boxing Union (EBU, fondata nel 1910, con sede nella nostra Roma!).
(fonte: Wikipedia, per ricordarmele tutte!)

A titolo esemplificativo, vi enuncio gli attuali campioni in carica limitatamente alla WBA ed alla WBC, come esplicato in questo interessante blog, per i doverosi credits: www.pianetaboxe.blogspot.it

Campioni del mondo World Boxing Association (o WBA):
Pesi piuma: Yuriorkis Gamoa (Cuba)
Pesi leggeri: Juan Manuel Marquez (Messico)
Pesi super leggeri: Anthony Crolla (Regno Unito)
Pesi welter: Keith Thurman (USA)
Pesi super welter: Erislandy Lara (Cuba)
Pesi medi: Gennady Golovkin (Kazakistan)
Pesi super medi: Giovanni De Carolis (Italia), di cui sono fan sfegatata!
Pesi massimi leggeri: Denis Lebedev (Russia)
Pesi massimi: Tyson Fury (Inghilterra)

Campioni del mondo World Boxing Council (o WBC):
Pesi piuma - Jhonny Gonzalez (Messico)
Pesi leggeri: Jeorge Linares (Venezuela)
Pesi welter: Danny Garcia (USA)
Pesi super welter: Jermell Charlo (USA) (corretto con il sito ufficiale della WBC, dato che nel citato blog era dato per vacante: http://wbcboxing.com/wbceng/champions)
Pesi medi: Saul Alvarez (Messico)
Pesi super medi: Badou Jack (Svezia)
Pesi medio massimi: Adonis Stevenson (Canada)
Pesi massimi leggeri: Tony Bellew (Regno Unito)
Pesi massimi: Deontay Wilder (USA)

°°°°°°
Amici carissimi, vi aspetto al prossimo capitolo, che forse (questo ancora non lo so) sarà l’ultimo.
Grazie per avermi accompagnata fin qui… altro, per ora, non riesco a dirvi.
i.
  
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