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Autore: Enedhil    29/08/2016    2 recensioni
"Ci sono storie che vengono narrate di Era in Era.
Storie che parlano di coraggio e fratellanza.
Storie che parlano di amicizia.
Storie che parlano d'amore.
E ci sono storie che raccontano di qualcosa troppo intenso e travolgente per essere espresso a parole.
Ricorda questa storia... perché tu ne sei parte."
Ogni anno, Re Elessar narra la propria storia al figlio Eldarion, la notte precedente il suo compleanno. Racconta dei viaggi che ha intrapreso, della speranza e dell'amore incondizionato di due creature immortali che lo hanno aiutato ad affrontare il Destino che gli apparteneva. Ma dopo vent'anni, il giovane principe di Gondor decide che è arrivato anche per lui il momento di seguire i passi del padre e visitare la Terra di Mezzo, andando contro i suoi ordini e cominciando proprio dal regno in cui è convinto di poter trovare quel coraggioso principe delle Verdi Foreste che, fin da fanciullo, ha ammirato attraverso le parole di quella magica storia.
[Seconda storia della serie "Dall'Oscurità Alla Luce"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eldarion, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'Oscurità Alla Luce'
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~ 11 ~

L'alba. L'inizio di un nuovo giorno.
Deboli e pallidi fasci di luce che sembrano scivolare oltre le alte vette delle montagne per ridiscendere a valle come un lento ed imperterrito fiume che scorre fino ad arrivare a bagnare ogni Terra che incontra lungo il proprio cammino.
Raggi di sole impalpabili e tiepidi che portano con loro speranze, aspettative ma anche timori e tormenti
Raggi attesi e temuti.. ma nonostante tutto, inevitabili.

Quella pallida luce proseguì il suo percorso, rischiarando la folta vegetazione dell'antico Bosco di Foglieverdi e risvegliando ogni fiore, ogni albero ed ogni altra forma di vita che si era ritirata per la notte. Al tempo stesso il suo arrivo, significò il coricarsi di quelle che invece erano sovrane incontrastate dell'oscurità.
E lungo il suo cammino, incontrò la celata dimora degli Elfi della Foresta, e si intrufolò in ogni anfratto, discostando le ombre e illuminando i cortili, i giardini, i corridoi, i porticati, fino a giungere timidamente alle aperture che davano sulle stanze di ogni abitante.
Di chi ancora riposava, di chi già aveva salutato il mattino e di chi non aveva mai detto arrivederci alla sera.

Ai piedi del grande letto, ricoperto dalle pregiate lenzuola azzurre e argento ancora intatte, seduto sul pavimento con la schiena appoggiata al materasso, il principe di Gondor si perse in un profondo sospiro e rigirò ancora una volta tra le mani, una delle borracce, ormai vuote, che l'aveva accompagnato durante il viaggio.
Quella borraccia che, solo una manciata d'ore prima, aveva dato inizio ad una serata che non sarebbe mai riuscito a dimenticare.
Un raggio di sole lo raggiunse, andando a posarsi proprio sulle sue mani e all'improvviso, come se fino a quel momento non ci fosse riuscito o non avesse voluto, liberò quell'oggetto e lo lasciò ricadere a terra.
Tirò a sé le ginocchia, che fino ad allora aveva tenuto leggermente piegate davanti a sé, e stancamente posò indietro la testa sul materasso, guardando quell'apertura da dove proveniva la luce.
Aveva passato quelle ore che lo separavano dal nuovo giorno in silenzio, costringendo i propri pensieri in direzioni che non avrebbero voluto prendere, imponendosi delle certezze che non aveva e mascherando delle emozioni dietro a pesanti veli di indifferenza.
Ed ora che l'alba era ormai giunta, era consapevole che la parte difficile doveva ancora arrivare.
Non era crearsi quelle false convinzioni.. ma il mantenerle una volta che avrebbe attraversato la soglia di quella stanza in cui si sentiva protetto e sarebbe andato incontro al proprio futuro in quel luogo, per quei pochi o molti giorni in cui ci sarebbe rimasto.
Mantenerle con la stessa sicurezza che pareva avere ora, quando si sarebbe trovato ancora una volta davanti quella creatura che continuava ad essere il suo unico e inevitabile pensiero.

A oltre duecento passi di distanza, sull'ala del palazzo che dava nell'armeria, quella stessa creatura immortale che era in grado di creare confusione e attrazione nella mente di qualsiasi Mortale, si stava apprestando ad eseguire gli stessi ordini che gli altri Guardiani avevano ricevuto quando ancora la Luna era alta nel cielo.
Era stato informato dai suoi sottoposti, ed ora doveva solo aspettare che il primo gruppo tornasse, per unirsi a quello che, di lì a poco, sarebbe ripartito verso i confini da setacciare.
Si era cambiato d'abito, indossando una casacca del colore tanto simile a quello degli alti tronchi tra i quali avrebbe dovuto nascondersi, ed i lunghi e mossi capelli biondo cenere, erano ricaduti sulle sue spalle, andando a rispecchiare quella stessa pallida luce che l'aveva appena bagnato.
Alzò i grandi occhi chiari verso l'entrata come se quel chiarore non lo infastidisse minimamente e socchiuse le labbra in un intenso respiro, prima di apprestarsi a compiere ciò che, pur con un certo rammarico, avrebbe dovuto fare.

Superato quel punto, risalendo la lunga scalinata che portava ai porticati di pietra, all'estrema destra dei cortili interni, la debole luce aveva tardato a giungere, come se anch'essa avesse serbato come ultima destinazione quella stanza, in un'apparente reverenza di quello che era accaduto tra quelle quattro mura.
Quel vincolo che andava oltre la comprensione dell'Uomo e fondeva in sé l'Infinito di uno spirito eterno e il potere di un sangue antico ma Mortale.
Quando il primo raggio di sole scivolò sul pavimento e raggiunse il letto su cui i due compagni erano ancora adagiati, uno di essi strinse le labbra e, senza attendere un solo istante, fece scorrere lentamente il braccio da sotto le spalle dell'altro, lasciandolo distendere sul fianco sopra il materasso.
Restò accanto a lui, in silenzio, osservando quel viso sul cuscino così vicino al proprio.
Quegli occhi blu che ora poteva solo immaginare perché, insolitamente, erano chiusi... ed Aragorn sorrise dolcemente.
Non sapeva da quanto tempo l'elfo si fosse addormentato perché da ore non si erano più scambiati una parola ma adesso si rendeva conto che quella situazione era alquanto ironica.
Lui era rimasto sveglio per tutto il resto della notte, senza sentire altra necessità, se non quella di tenerlo stretto contro di sé e accarezzarlo.. ed invece Legolas, il guerriero che non aveva quasi mai bisogno di riposare in quel modo, era crollato in quel sonno profondo e così raro per il suo popolo.
Ma non poteva sapere cosa in realtà provasse il compagno durante quelle loro unioni e quanto quel potente vincolo lo scuotesse nella profondità dello spirito, e forse quel riposo forzato era il suo solo modo per riprendersi.
Era la prima volta che restavano insieme anche dopo essersi donati l'un l'altro.. la prima volta di cui aveva un ricordo nitido e intenso almeno.
L'aveva visto stremato quando aveva ricevuto la sua luce per sfuggire l'Oscurità, ma allora era stato un dono in un unico senso.. ora però, le sensazioni di pace e tranquillità che sentiva, restandogli accanto in quel momento così intimo, quasi lo frastornavano, facendogli desiderare ancor di più che quel Sole svanisse nuovamente oltre le montagne per permettergli di godere di quella visione e di quel tepore ancora per ore.
E si sentì nuovamente un ladro.
Non riuscì a trattenersi dall'accarezzare quel volto sereno e quella pelle ancora estremamente calda che aveva davanti, e spinto dalla consapevolezza che presto, troppo presto, avrebbe dovuto rinunciare ad ogni cosa per un periodo di tempo ancora sconosciuto, avvicinò il viso al suo e lo baciò debolmente, senza smettere di fissarlo e di tenere la mano sulla sua guancia.
Si discostò, prestando attenzione anche alla più piccola reazione da parte del compagno, ma quando fu certo che niente, nel suo apparente stato di torpore, era mutato, lo fece di nuovo, questa volta per un tempo maggiore e premendo con più decisione.
Per un lungo momento assaporò quelle labbra, la morbidezza, la consistenza, come se mai prima di allora avesse potuto farlo. Le sfiorò con le proprie per poi lambirle debolmente con la lingua e, per un breve attimo, tentò di dischiuderle, quasi sentisse l'irrefrenabile bisogno di assaggiare un'ultima volta il suo sapore. Ma subito si ritrasse, temendo quello a cui ancora non era preparato.
Non voleva che si svegliasse. Non voleva salutarlo.
Chiuse gli occhi prima di baciarlo ancora, dolcemente, come aveva fatto in principio.. ed ora, con le labbra ancora premute lievemente contro quelle di Legolas, bisbigliò timidamente quello che, per ventidue lunghi anni, non aveva avuto modo di dirgli..
“Ti amo.” Un sussurro tanto debole quanto disperato che, dopo un istante di silenzio, divenne uno sfogo ma dai toni altrettanto dolci e sconsolati. “Ti amo. Lo so che non vuoi sentirtelo dire... che non vuoi nemmeno dirmelo, perché non è necessario... perché sono solo parole e non significano niente. Non sono niente in confronto a quello che veramente sentiamo l'uno per l'altro, in confronto a quello che ci lega e che ci diamo.” Riaprì leggermente gli occhi e vide la stessa espressione tranquilla sul suo volto e così sospirò. “Ma quelle ridicole e vuote parole le sento impresse a fuoco sul mio cuore e non riesco più a fingere che per me non sia importante dirlo.” Una pausa e posò di nuovo le labbra sulle sue con un debole sorriso. “Ti amo.” Una lacrima solitaria gli scivolò lentamente dall'angolo interno dell'occhio, oltrepassando il profilo del naso, fino a ricadere sul cuscino. “Vorrei sentirtelo ripetere... anche solo un'altra volta, per poter ricordare il tono della tua voce quando lo dici... e la piega delle tue labbra mentre lo pronunci... ed è stupido, lo so. È da Uomo, da Mortale. È vero, sono solo lettere una dietro all'altra. Non dovrebbero essere così importanti... ma è l'unico modo in cui posso esprimerlo... e vorrei gridarlo, Legolas.” Deglutì per trattenere quelle lacrime che non doveva versare. “Vorrei uscire da qui e gridarlo al cielo, al Sole, alla Luna, alle stelle... perché è troppo violento e travolgente da tenere dentro, da sentire... e che... mi perdonino...” si interruppe, richiudendo gli occhi quando il nodo alla gola si fece per un istante più forte “...che i Potenti mi perdonino anche per questo! Se questo è un torto nei confronti della mia sposa, se tradisco le mie promesse e chiamo l'amore con un nome diverso. Perché se Arwen è il mio amore, che i Valar mi diano un nuovo titolo che io possa usare per chiamare te.” Respirò profondamente e fece scivolare l'indice sulla bocca dell'elfo, sfiorandola teneramente mentre teneva le proprie labbra ancora vicine per sentire su di esse lo stesso gesto che stava compiendo. “O forse non serve altro. Il nome che ti appartiene è davvero abbastanza... e chiamarti Legolas è l'unica possibilità che mi rimane per esprimere il mio cuore.” Un altro lieve sorriso, ora più sereno, prima di un nuovo bacio. “Legolas.”

Tre colpi alla porta.
Non troppo deboli da essere trascurati e nemmeno troppo violenti da creare scompiglio.
Tre colpi alla porta, e il re di Gondor rialzò quasi con difficoltà lo sguardo in quella direzione.
“Non solo il Sole mi costringe ad allontanarmi,” mormorò tra sé. “Anche l'inesorabile Tempo che non mi concede nemmeno un istante!”
Inspirò profondamente un'ultima volta il respiro che lasciava le labbra dell'amico e si rimise seduto con un debole lamento.
Si passò le mani sul viso, tirandosi indietro i capelli con lo sguardo che vagava come alla ricerca di qualcosa di necessario ma del quale ancora non aveva coscienza.. e i colpi si ripeterono con lo stesso incalzante incedere.
“Sto arrivando!” esclamò, alzandosi in piedi mentre afferrava distrattamente un lenzuolo dal letto e se lo legava alla bene e meglio in vita per nascondere almeno la parte inferiore del proprio corpo.
Fece alcuni passi verso l'ingresso ma ad un tratto si bloccò sul posto, come se la sua mente fosse stata raggiunta da un fugace pensiero di un qualcosa già vissuto.. e rapidamente tornò al letto, sul lato dove Legolas era ancora disteso e gli rialzò l'altra coperta fin sopra la testa, per nasconderlo allo sguardo di quel visitatore ancora sconosciuto.
Poteva essere chiunque: uno scudiero, un Guardiano... suo figlio.
E con quella curiosità che avrebbe placato a breve, diede di nuovo le spalle al letto, dirigendosi con più convinzione all'entrata... e non vide gli occhi blu del principe del Reame Boscoso riaprirsi.
Non li vide velati di pungenti ma trattenute lacrime.
Non li vide abbassarsi sul cuscino che avevano diviso e scorgere la stoffa umida e scura a causa di quelle gocce di amara tristezza che poco prima, l'uomo aveva versato.

Uno scricchiolio e la pesante anta di legno si socchiuse quel tanto che bastava ad Aragorn per vedere chi lo stesse cercando.. e un pesante sospiro esasperato anticipò la sua esclamazione.
“Lanthir... cosa vuoi?”

“Buongiorno anche a te, Aragorn,” replicò l'elfo mentre con lo sguardo percorreva il suo corpo dalla testa ai piedi con un'espressione quasi piacevolmente sorpresa. “Sei sveglio!” fece un passo avanti, spingendo la porta con la mano per entrare, nonostante l'evidente intenzione di impedirglielo dell'uomo.

“Altrimenti non...” tentò di ribattere il re di Gondor, parandosi comunque di fronte a lui per evitare che proseguisse oltre la soglia “...ti avrei aperto! Cosa vuoi? Non potevi aspettare che scendessi?”

“Potevi non aver chiuso come l'ultima volta,” gli mormorò allora il Guardiano, sostenendo intensamente il suo sguardo, prima di abbassarlo di nuovo sul suo ventre per poi allungare una mano verso di lui e far scivolare due dita tra la stoffa che aveva legato in vita e la sua pelle. “Mm... è un buongiorno davvero.” Scoppiò in una debole risata non appena l'uomo gli afferrò il polso per allontanarlo da sé con un'espressione palesemente nervosa.

“Lanthir! Te lo chiedo un'ultima volta, cosa vuoi?”

“Devo parlare con Legolas,” rispose a quel punto, lanciando un'occhiata oltre le sue spalle, ma di nuovo si lasciò sfuggire un sorriso divertito quando ottenne quella risposta che già si aspettava di udire.

“Non è qui.”

Ed allora non si trattenne dall'assumere quell'atteggiamento col quale, ormai sapeva, sarebbe riuscito a fargli cambiare idea su quell'intenzione di mentire.

“No? Oh... devo essermi sbagliato dunque,” fece un passo verso di lui fino a sfiorarlo ed iniziò a parlargli sulle labbra con un tono sensuale. “Ma visto che ormai mi hai aperto... perché non finiamo quello che hai cominciato ieri pomeriggio?” continuò ad avanzare quando Aragorn, nel tentativo di tenere le distanze, indietreggiò senza quasi accorgersene. “Mi sembri ancora agitato, Estel. Forse hai bisogno di un altro bacio per allentare quella...” alzò la mano e con le dita gli percorse il petto nudo fino all'ombelico, lentamente e con l'evidente intento di provocare ciò che era ben conscio di poter ottenere “...tensione che ti cresce dentro.”

“Non sono... agitato!” gli sibilò il re di Gondor sulle labbra senza però riuscire ad allontanare gli occhi dai suoi. “E non ho tempo per questi giochi. Devo prepararmi a partire, quindi se non ti dispiace...” alzò un braccio per indicargli l'uscita, prestando attenzione a non sfiorare il suo corpo già fin troppo vicino “...quella è la porta! Va a cercare il tuo principe altrove.”

“Oh, devi ripartire?” gli sussurrò Lanthir chinando la testa di lato, per poi passarsi la lingua tra i denti, andando quasi a lambire la sua bocca socchiusa. “E volevi andartene senza nemmeno salutarmi?” vide le sue palpebre abbassarsi leggermente a quella provocazione e istintivamente guardò verso il letto, consapevole che, per tutto quel tempo, lo sguardo dell'altro elfo presente in quella stanza, era rimasto fisso su di loro.

Legolas aveva riabbassato il lenzuolo nel sentire la voce dell'amico e si era voltato in quella direzione, restando però immobile ad osservarli sia con la curiosità di vedere fino a che punto si sarebbe spinto il re di Gondor con quelle evidenti menzogne, e sia per placare quel senso di impotenza per ciò che, tra poco, sarebbe avvenuto.
Ma nell'osservare i due amici in quella situazione che, in altre circostanze, senza alcun dubbio, sarebbe potuta sfociare in qualcosa di molto più intimo, provò una nuova ondata di bruciante gelosia e non si trattenne dal porre fine a quel gioco al quale aveva dato tacito consenso fino a quel momento.
“Lanthir,” mormorò debolmente ma con una punta di autorità che sapeva bene, avrebbe trattenuto l'altro elfo dal proseguire con le proprie azioni.
E difatti vide il Guardiano del Bosco, fare un passo indietro, con un lieve cenno del capo.. ed incrociò subito lo sguardo di Aragorn che, nell'udire quel richiamo, si era all'istante voltato con un'espressione sorpresa e al tempo stesso, imbarazzata.. non per essere stato evidentemente un bugiardo, ma per quelle azioni viziose che non era riuscito ad impedire.

“Cosa è accaduto, Lanthir?” gli chiese allora, mettendosi seduto sul materasso solo il tempo di riflettere su cosa avrebbe potuto indossare, visto che gli abiti della notte prima non erano più utilizzabili. “Il primo gruppo non è ancora rientrato?”

“No, mio signore,” rispose l'altro elfo seguendolo con lo sguardo e accennando un sorrisino quando lo vide rialzarsi senza niente addosso per raggiungere la borsa da viaggio del re di Gondor e prendere da essa dei pantaloni e una semplice casacca verde scuro. “Giungeranno a breve e con loro hanno avvistato anche degli ostaggi. La missione ha avuto buon esito...” Lanciò un'occhiata al proprio fianco, dove anche l'uomo si era girato in quella direzione e stava osservando in silenzio l'amico che, rapidamente, si rivestiva con quegli abiti “..e non solo quella a quanto sembra.”

A quell'ultimo commento sussurrato, Aragorn spostò lo sguardo sulla creatura accanto a sé.
“Se hai finito di aggiornarci, puoi tornare ai tuoi compiti,” gli disse con un tono chiaramente irritato, benché sapesse, per una strana sensazione, che quella visita non era avvenuta solo per quel motivo. Difatti, non appena percorse la distanza che lo riportò al letto, udì di nuovo la voce del Guardiano.

“Ritornerò ai miei compiti solo quando mi sarà ordinato di farlo da chi ha davvero quel potere sul mio ruolo... e non da qualcuno che ostenta tutta questa sicurezza solo quando è lontano oltre dieci passi da me!”

A quell'affermazione si girò nuovamente verso di lui, quasi allibito e lo vide avanzare lentamente nella sua direzione, con quello sguardo fiero e altezzoso che gli apparteneva.
“Sei in collera con me per qualche motivo che mi è ignoto? Perché se così non fosse, non comprendo questo astio nelle tue parole!”

“Non è collera,” mormorò Lanthir raggiungendolo. “È sfinimento per aver dovuto provvedere tutta notte a degli incarichi che non mi competono!” notò la sua espressione confusa e proseguì. “Ti avverto che tuo figlio possiede un dono che va oltre la sua comprensione ed invece di preoccupartene, vai a rischiare la vita nella Foresta come facevi quando eri un ragazzino stupido e avventato!” con la coda dell'occhio si accorse di Legolas che, a quelle parole aveva fatto un passo verso di loro col chiaro intento di interromperlo, e subito alzò l'indice verso di lui. “Aspetta il tuo turno, amico... ho parole anche per te!” ignorò l'evidente indignazione sul suo viso e tornò a concentrarsi sull'uomo a un passo da sé. “E lo so che non c'è stato un evidente cambiamento in tutti questi anni perché ancora non sei altro che quello ma per lo meno, abbi l'accortezza di prestare un minimo di attenzione quando decidi di lasciarti andare a questi gesti sconsiderati!”

Aragorn sostenne il suo sguardo cercando di trattenere l'irritazione per quei toni che nascondevano di certo qualcosa che andava oltre quelle accuse in parte insensate, ma si ritrovò senza parole per ribattere, se non un semplice sussurro:
“Hai finito?”

“No! Stupido Mortale che continua a non capire le conseguenze delle proprie azioni!”

Ma a quell'ennesima e voluta provocazione, non si trattenne dall'afferrargli la tunica sul petto e tirarlo verso di sé con un atteggiamento a sua volta violento.
“Chiudi la bocca o usala per esprimere ciò che davvero vuoi dire!” gli gridò sul viso. “Non ho intenzione di passare le ultime ore in questo posto a discutere con te di cose... e su questo ti do ragione... che non ti competono! Quindi parla o vattene!” notò la sua espressione stranamente seria e abbassò la voce come se un vago senso di agitazione lo avesse scosso .“Lasciami stare Lanthir, almeno per questo poco tempo che mi rimane... lasciami...”

Il principe del Reame Boscoso, in quegli istanti, si era istintivamente avvicinato a loro per cercare, come prima cosa, di dividerli, per poi comprendere cosa stesse accadendo, ma quando le sue labbra si socchiusero per pronunciare quell'ordine che avrebbe messo fine a quella lotta, udì la debole risposta dell'altro elfo.

“Vi ha visto. Eldarion ha visto che in questa stanza stava avvenendo qualcosa e si stava precipitando qui credendo fosse un incendio. Era in pena per te e voleva... salvarti.” Lanthir si fermò, il tempo di spostare lo sguardo verso il proprio principe. “Sono riuscito a fermarlo e a impedirglielo, a distrarre la sua mente fino a quando il vostro.., folle ma in fondo giustificabile gesto non è terminato, ma se non ci fossi riuscito...” riportò l'attenzione sull'uomo davanti a sé “...ora avresti molto più da spiegare a tuo figlio che una semplice notte di svago con me! Quindi cerca... cercate, entrambi, di controllare i vostri istinti almeno fino a quando vi trovate in un luogo più consono e molto molto distante dagli occhi di qualcuno che potrebbe confondersi maggiormente!”

Il re di Gondor deglutì, senza riuscire a muovere un solo muscolo, nonostante avesse avuto intenzione di allentare la presa sull'abito dell'elfo fin dall'inizio di quel discorso che si era evoluto in una maniera alquanto inaspettata.
Avevano realmente sbagliato a lasciarsi andare così? Senza più freni e timori, come se non esistesse più niente e nessuno all'infuori di loro due e quello che si stavano scambiando. Era stato un errore?
Se lo chiese per un breve momento, tenendo gli occhi puntati sulla creatura davanti a sé, come se in quelli limpidi e profondi che vedeva, avrebbe potuto trovare una risposta, eppure, in contrapposizione a tutto ciò che gli aveva appena detto, non percepì altro che un'apparente comprensione in quel luminoso specchio d'acqua cristallina.
Non un rimprovero, non un monito, non una condanna.
Ed allora si diede quella risposta.
Stava per ribattere qualcosa quando sentì sulle braccia una pressione, e solo allora si accorse che Legolas aveva posato le mani su di esse per esortarlo a lasciare la presa e lo stava fissando con un sorriso rassicurante sul viso.
E come se quel debole tocco fosse l'ultima spinta necessaria per far svanire quei dubbi, abbandonò ogni intento vendicativo e allentò la presa, facendo un passo indietro e chinando la testa con un sussurro.
“Mi dispiace... io... non potevo sapere.”

“A cosa credi che mi servano le tue scuse?” replicò all'istante il Guardiano, alzando un sopracciglio, compiaciuto però nell'udire quel cambio improvviso di tonalità nei propri confronti. “Impara ad ascoltare prima di aggredire qualcuno che non ha fatto altro che rimediare alla tua sconsideratezza da quando sei tornato qui!”

Aragorn spalancò la bocca e accennò una risata incredula prima di portarsi le mani ai fianchi e scuotere la testa.
“E quindi cosa? Vuoi che ti ringrazi per esserti comportato con un po' di senno come avrebbe fatto qualunque altra persona al tuo posto? Vuoi un ringraziamento perché, per la prima volta in tutta la tua lunga vita hai agito senza la certezza di una ricompensa?” respirò profondamente “Cosa vuoi, Lanthir?”

“Potrei dirti cosa voglio,” iniziò l'elfo con un sorrisino malizioso mentre lasciava vagare volutamente lo sguardo lungo il suo corpo. “O cosa vuoi tu, considerato il fatto che molto spesso le due cose sono identiche... ma in questo caso, non mi aspetto altro da te se non un briciolo di rispetto!” abbassò la voce e sussurrò sensualmente: “Ho già avuto la tua gratitudine in un'altra occasione.”

“Il rispetto devi guadagnartelo! Non è con un singolo gesto disinteressato che puoi ottenere ciò che non concedi!”

“Posso ottenere ogni cosa... se solo lo volessi. E senza il bisogno di concedere altro se non...”

“Basta ora!”

La voce del principe di quelle Terre riecheggiò nella stanza, interrompendo quella lotta verbale senza senso ricominciata dal nulla.
Era stato in silenzio fino a quel momento, non per volontà ma perché era troppo basito da quello scambio di battute continue per intervenire in una maniera sensata e porre fine al dibattimento.
Era qualcosa che accadeva ogni singola volta quando si trovava ad assistere a un incontro tra i due.. qualcosa a cui era ormai abituato e qualcosa che, molte volte, trovava anche divertente.
Ma ora, più li osservava, e più i suoi pensieri non facevano altro che portarlo a ciò che era avvenuto due sere prima tra di loro. Poi, come in un susseguirsi di immagini a cui non poteva porre un freno, rivedeva quello che invece era successo tra lui ed Aragorn solo poche ore prima.. e il discorso che avevano fatto quando avevano ripreso possesso delle proprie menti.. ed infine, come se inconsapevolmente volesse porre rimedio a quella angosciosa ed insulsa gelosia, udì di nuovo quelle parole appena bisbigliate contro le sue labbra... quelle parole che non avrebbe dovuto ascoltare.
“Basta!” lo ripeté con un tono meno aggressivo e si mise tra i due contendenti con la precisa intenzione di tenerli separati.
Sentì, dietro di sé, il sospiro dell'uomo e vide, di riflesso, il sorriso palesemente divertito dell'altro elfo che aveva difronte, così si rese conto che l'unica cosa opportuna da fare, era far cessare quella contesa e riportare ognuno ai propri doveri.
“Dovremmo andare ad occuparci del gruppo in partenza,” disse allora, guardando il proprio Guardiano per cercare di attirare la sua attenzione, visto che, se non per una fugace occhiata, lo sguardo dell'altra creatura immortale era ancora fisso oltre la sua spalla. “Ed Aragorn deve preparare le proprie cose e le provviste per il viaggio. Dovremmo andare, ora.”

Lanthir restò qualche attimo in silenzio, quasi ammirando la visione dei due compagni di fronte a sé.
Non gli era sfuggito quel sospiro del re di Gondor quando Legolas si era messo tra di loro, e aveva scorto distintamente le sue palpebre abbassarsi come in un apparente tentativo di controllarsi dal toccare quel corpo o dall'accarezzare i lunghi capelli biondi che aveva davanti.
Aveva percepito, involontariamente, la potenza e l'irrefrenabile desiderio che univa quei due spiriti e ne era rimasto irrimediabilmente affascinato.
Era qualcosa che andava ben oltre la comprensione, anche per uno come lui. Qualcosa che superava ogni bramoso istinto ed ogni selvaggia passione carnale che avrebbe mai potuto provare.
Qualcosa che si può desiderare ardentemente ma che, al tempo stesso, va temuto con identica foga.
In quel momento incrociò di nuovo gli occhi di Aragorn.. e sorrise nel rivedere quella fiamma bruciante che ben conosceva, insieme ad una languida, luminosa ed altrettanto rovente.
“Dovremmo...” sussurrò, sostenendo il suo sguardo “...ma al caro Estel dispiacerà restare qui tutto solo. Proprio ora che il nostro dibattito stava assumendo dei risvolti alquanto... inaspettati.”

“Aspettami nel corridoio, Lanthir,” ribatté però il principe del Reame Boscoso non appena ritrovò la sua attenzione. “Ti raggiungo subito.”

A quelle parole, il re di Gondor distolse gli occhi da quelli dell'elfo che lo avevano, per qualche istante, soggiogato, e fece un passo indietro.
Si era perso.
Il profumo improvviso di Legolas, quel calore così vicino da farlo tremare nella ricerca anche solo di una carezza come solo poco prima aveva potuto fare, e al tempo stesso, lo sguardo insistente dell'altro elfo e quei toni arroganti e autoritari che erano in grado di fargli perdere il contegno in un modo che ancora non riusciva a spiegarsi.
Si era davvero perso in quelle sensazioni e aveva sentito il corpo e lo spirito avvampare senza possibilità di controllo.
Così si ritrovò ad indietreggiare fino al letto, e lì sedersi, coi gomiti appoggiati sulle ginocchia e una vacua espressione confusa e intimorita sul viso mentre, distrattamente, guardava il Guardiano del Bosco fare un cenno ed uscire dalla stanza senza aggiungere altro.
Solo quando si rese conto di essere di nuovo solo con Legolas, scosse la testa ed accennò un sorriso nervoso.
“Io davvero non...” sospirò “...non so come fa ogni volta a costringermi a reagire così! Io non...”

“Non è importante Estel. Ora rivestiti e cerca tuo figlio se le tue intenzioni sono ancora quelle di parlargli. Verrò da te quando ti recherai alle stalle, prima di partire.”

Rialzò gli occhi su di lui, aspettandosi un'espressione contrariata ma invece vide solo un dolce sorriso e uno sguardo rassicurante.
“Non intendi restare ancora qualche momento?” lo mormorò debolmente, pur conoscendo già la risposta e, come se solo allora se ne fosse reso conto, lo osservò aggrottando le sopracciglia sorpreso nel vedergli addosso i propri abiti da viaggio.

“Sai che non posso,” rispose subito l'elfo, incuriosito però dalla sua reazione. “Mi stai guardando in quel modo per farmi capire che ora sono io quello ad avere un aspetto orribile?”

L'uomo restò qualche attimo in silenzio, ma poi scosse la testa ridendo debolmente.
“No, se avessi voluto dirlo... l'avrei detto! È solo insolito vederti coi miei abiti. Sembri quasi... un Uomo...” lo indicò con la mano “...se non fosse per le orecchie a punta e la pelle troppo candida e...” sospirò sorridendo dolcemente “...i tuoi occhi così luminosi e profondi... e le tue labbra così...” si fermò come se non avesse più fiato e chinò la testa per allontanare quella visione che aveva davanti “...no, d'accordo. Non sembri un Uomo!”

“Non sono un Uomo,” sussurrò divertito Legolas a quella reazione, ma poi, come a voler togliere da quella specie di imbarazzo l'amico, proseguì. “Hai degli altri abiti per viaggiare?” lo vide annuire ed allora fece qualche passo indietro per arrivare alla porta che l'altro elfo aveva lasciato aperta. “Allora terrò questi... a più tardi!” e senza aggiungere altro, si voltò ed uscì.

Si incamminò a passo svelto fino a raggiungere Lanthir che lo aveva aspettato poco distante, e raggiunto, proseguirono uno di fianco all'altro, iniziando una rapida conversazione.

“Potevi usare dei toni diversi con lui,” esclamò il principe del Reame Boscoso, lanciandogli un'occhiata. “Non è stata solo colpa sua ciò che è avvenuto. Non era solo.”

“Non potevo accusare il mio principe di sconsideratezza. Ho solo tentato di apparire convincente!”

“Tu... che parli di controllo degli istinti?”

“Sì. Non sono sembrato molto convincente, vero?”

“No. Decisamente no!”

Il Guardiano del Bosco sorrise e, guardando l'amico accanto a sé, vide le sue labbra incurvarsi divertite.
“Cercherò di fare meglio la prossima volta.”

“Spero non ce ne sia bisogno. Ma ad ogni modo, hai la mia gratitudine per quello che hai fatto per suo figlio e... per noi.”

“Era mio dovere.”

Un istante di silenzio e poi Legolas sussurrò con una certa apprensione..
“Come hai distratto Eldarion?”

“In un modo di cui ancora non me ne capacito,” rispose Lanthir, conscio però di cosa avesse attraversato la mente dell'amico a quelle parole. “Ho raggiunto il suo spirito e l'ho portato via.”

“Ne sei certo? Come può esserne in grado?”

“Quel ragazzo ha molte delle nostre capacità a quanto sembra. Dovrebbe essere istruito e seguito dal nostro popolo o potrebbe perdere il controllo delle proprie azioni. Non è opportuno che ritorni nel regno degli Uomini prima di esserne messo a conoscenza.”

“Difatti questo non avverrà.”

L'elfo dagli occhi chiari rallentò il passo e aggrottò le sopracciglia confuso.
“Perdonami ma... mi è sembrato di capire che le intenzioni di Aragorn siano di ripartire quest'oggi.”

“Lui tornerà a Gondor... ma suo figlio resterà con noi fino agli inizi dell'Inverno.”

“Oh...”

Legolas svoltò l'angolo e si apprestò a scendere gli scalini che lo avrebbero condotto ai cortili, con l'intento di raggiungere i propri Guardiani in attesa dei suoi ordini.
“Potresti avvisare tu gli scudieri?” gli chiese senza voltarsi verso il compagno e non poté vedere l'espressione indecifrabile che si era formata sul suo viso, un misto di esaltazione, timore e agitazione.

“Sì, ora vado subito!” esclamò Lanthir seguendolo lungo la scalinata, ma, nell'osservare il proprio principe davanti a sé, non trattenne un sorrisino. “Legolas...”

“Sì?”

“Ti donano gli abiti di quello sciocco Mortale!”

 
~ * ~

Il principe erede al trono di Gondor chiuse gli occhi e respirò profondamente l'aria del mattino, prima di indietreggiare e tornare alle proprie stanze con un passo lento ma costante.
Era uscito qualche momento prima all'aperto, sotto il porticato che dava sui giardini interni e per un attimo ogni suo pensiero era svanito, nell'ammirazione di quel luogo splendido e immerso nella natura.
Ogni cosa sembrava perfetta, dal primo all'ultimo albero, fiore o pianta: dalle fontane che sgorgavano dalla roccia, ai raggi di sole che si rispecchiavano sul profilo d'acqua.
Ogni colore, ogni suono, ogni profumo.
Per quell'attimo si sentì vivo e libero come non lo era mai stato... e per quell'attimo sorrise serenamente come se tutti i dubbi e le ansie fossero svanite.
Ma poi delle voci, rapide e continue. Mormorii indistinti e parole più comprensibili iniziarono a riempire quell'aria del mattino che stava respirando.
Il re di Gondor sarebbe ripartito quella mattina.
E tutto d'un tratto quella serenità lasciò il posto ad un enorme macigno che iniziò a pressargli il cuore, obbligandolo in una morsa fatta di delusione e tristezza.
Cercò di non pensare ad altro se non alle azioni che avrebbe dovuto compiere per preparare i propri oggetti e i propri abiti. Una mossa dietro l'altra, decisa, veloce, per evitare che quelle lacrime di frustrazione che sentiva crescere prendessero forma.
Il suo viaggio in quella fiaba incantata ormai era terminato, e presto si sarebbe risvegliato di nuovo tra le alte mura di quella che chiamava casa.

Appena tutto fu pronto, si cambiò d'abito, indossando la tunica per viaggiare e mise sulle spalle il lungo mantello ed il guanto sulla mano sinistra, come aveva fatto tempo addietro quando però il suo spirito era colmo di gioia e aspettative.
Senza guardarsi indietro, lasciò quelle stanze e si diresse, col borsone sulla spalla, verso le stalle per sellare il proprio destriero, in attesa che il padre lo raggiungesse.
Proseguì con lo sguardo fisso davanti a sé, senza badare a chi incrociava e agli sguardi perplessi che gli elfi, al suo passaggio, gli lanciavano.
Non poteva soffermarsi su niente perché, se l'avesse fatto, il ragazzino capriccioso e arrabbiato che, nonostante tutto, faceva parte di lui, avrebbe preso il sopravvento e si sarebbe messo a gridare in mezzo a tutti per non essere allontanato da quel posto che aveva iniziato ad amare.
Quel luogo.. e chi lo abitava.
Strinse le labbra, costringendo nuovamente i propri pensieri in una direzione diversa, perché l'ultima cosa che gli serviva, era perdersi ancora una volta nelle sensazioni violente che lo tormentavano quando pensava a quell'elfo in particolare.
Arrivò alle stalle e socchiuse il portone di legno, sgattaiolando all'interno come se non volesse essere visto.. come se gli servisse ancora qualche momento di solitudine per assimilare completamente quello che sarebbe avvenuto.
E non si rese conto di aver attirato su di sé non solo la curiosità degli abitanti del palazzo, ma anche quella di uno dei Guardiani che si stava proprio apprestando a raggiungere lo stesso luogo in cui lui si era diretto.

Era ancora immerso nei propri pensieri, o meglio, era ancora impegnato a concentrarsi sul modo migliore per non permettere a quei pensieri di abbatterlo ancora di più, mentre lentamente accarezzava il muso del cavallo che l'aveva accompagnato in quella avventura, quando un'altra figura aprì silenziosamente il portone.

L'elfo si avvicinò lentamente al punto in cui il giovane si era fermato, e per qualche momento rimase in silenzio ad osservarlo, come indeciso su come interrompere quel suo stato di concentrazione, visto che, apparentemente, il suo ingresso non era stato minimamente notato.
Si fermò a qualche passo di distanza, fuori dal recinto in cui Eldarion stava ancora carezzando l'animale, con la fronte appoggiata contro il suo collo e gli occhi chiusi... e non poté farsi scappare l'occasione di vederlo reagire ancora una volta come ormai sapeva, era solito fare.

Superò la trave e, fermandosi dietro di lui, si piegò in avanti e gli soffiò tra i capelli, all'altezza dell'orecchio.
Si ritrasse all'istante, aspettandosi quell'atto di difesa di cui altre volte era stato vittima, ma inaspettatamente, non avvenne niente di ciò che aveva immaginato.

Il principe di Gondor restò totalmente immobile, fatta eccezione per le labbra che si dischiusero in un profondo sospiro.
“Cosa vuoi, Lanthir?”

L'elfo alzò un sopracciglio incuriosito e lentamente fece qualche passo di lato per riuscire a scorgere il suo viso che continuava a restare posato contro il muso dell'animale, quasi in un vano tentativo di nasconderlo.
“Perché quest'oggi siete tutti convinti che io voglia qualcosa?”

“Perché tu vuoi sempre qualcosa!”

“Sai, hai ragione... voglio qualcosa,” ribatté a quel punto quando, anche a quella risposta, il giovane non diede segno di volersi spostare e men che meno di rivolgergli uno sguardo, e quella apparente indifferenza iniziava ad infastidirlo e a preoccuparlo. “Voglio che mi guardi e che mi dici cosa stai facendo qui.”

Solo allora Eldarion, dopo aver carezzato la criniera del cavallo, si voltò su se stesso per abbassarsi ad aprire alcune cinghie della sella che aveva preparato accanto a sé.
Accennò un debole sorriso, consapevole che il Guardiano, a qualche passo da lui, lo stava fissando ed allora si rese conto che forse era proprio quello che gli serviva.
Pensare ad altro, sentirsi angosciato e triste per quello che stava per accadere, lo aveva davvero distratto e aveva evitato al suo cuore di ricominciare quella corsa sfrenata non appena aveva percepito la presenza di quell'elfo nella stalla.
Sì, aveva sentito comunque un piacevole brivido lungo il corpo nel sentirlo così vicino, ma era qualcosa di controllabile.
In quel momento avvertì distintamente il movimento del Guardiano che, non avendo ricevuto la risposta sperata, aveva iniziato a spazientirsi.

“Sto parlando con te, ragazzino! Guardami e dimmi cosa hai intenzione di fare qui!”

“No,” replicò allora, rimettendosi alzato. “Tu non vuoi che ti guardi! Tu volevi che facessi...” di scatto si voltò verso Lanthir, che si era fermato nuovamente dietro di lui, e lo spinse contro la palizzata che delimitava il recinto, puntandogli il braccio destro piegato contro il collo “...questo!” lo fissò intensamente per qualche istante e notò il suo sguardo piacevolmente sorpreso ma altrettanto incuriosito. “Volevi prenderti ancora gioco di me ed invertire con una delle tue mosse le posizioni come hai già fatto le altre volte!” abbassò la testa per distogliere gli occhi da quelli indagatori che, a loro volta, lo stavano scrutando, e si allontanò di nuovo, spostandosi dietro le spalle il pesante mantello scuro che, nel movimento, era scivolato in avanti. “Mi dispiace deluderti... ma non sono dell'umore adatto per fare questo gioco.”

“Forse hai ragione,” mormorò l'elfo continuando ad osservare le sue azioni ma fermandosi in quel punto. “Forse volevo solo divertirmi con te e bloccarti contro una di queste travi per vedere il tuo bel faccino sbalordito e spaventato!” piegò un ginocchio e appoggiò il piede all'asse di legno dietro di sé, mentre incrociava le braccia sul petto. “Ma ora invece voglio sapere perché stavi piangendo.”

“Non stavo piangendo!” esclamò subito Eldarion, deglutendo per l'agitazione e per essere stato così stupido da non rendersi conto che quelle dolorose lacrime trattenute con estrema difficoltà che ancora gli bagnavano gli occhi, di sicuro non sarebbero sfuggite a quello sguardo attento.

“Oh, davvero? Raccontalo a qualcun altro! Devo ripeterti ancora che non sai mentire?”

“Perché ti dovrebbe interessare?” gli chiese, alzando istintivamente la voce mentre proseguiva con quei gesti rapidi che oramai aveva appreso per sistemare nel minor tempo possibile la sella e le redini per il destriero.

“Inizia a dirmelo. Io ho molti interessi che ancora non conosci.”

Udì quel tono volutamente intrigate usato dall'elfo e subito strinse le labbra quando, questa volta, non riuscì ad impedire al proprio cuore di perdere un battito e accelerare violentemente.
L'aveva intenzionalmente allontanato dalla propria mente ma ora, non poteva negare che in parte, quella malinconia che l'aveva invaso era dovuta anche alla consapevolezza che non avrebbe più avuto occasione di vederlo, di frequentarlo e di confrontarsi con lui.
E gli sarebbe mancato.
Gli costava immensamente ammetterlo a se stesso, ma avrebbe sentito la mancanza di quella creatura che, fin dal primo istante, l'aveva colpito e attratto.. di quelle battute al limite della decenza a volte, di quella arroganza e sfacciataggine, e di quel lato che aveva solo intravvisto nel profondo del suo spirito ma che ancora gli era ignoto.
“E che non conoscerò,” sussurrò allora, dopo aver tirato un intenso respiro, riprendendo, quasi sovrappensiero, le parole dette dal Guardiano del Bosco. Alzò lo sguardo, stringendo per un breve attimo i pugni, come se tentasse di darsi la forza necessaria per esprimere ciò che aveva intenzione di dire, e si voltò verso di lui, restandogli sempre a qualche passo di distanza. “Io... a dir la verità ti considero ancora un egocentrico, presuntuoso e altezzoso elfo che non sa fare altro che insultare e provocare solo per divertirsi a vedere esasperati i poveri malcapitati che decide di tormentare con la propria presenza.” Lo vide spalancare la bocca stupito con già il chiaro intento di controbattere a tono, ed allora gli sorrise con una punta di amarezza. “Ma devo anche ammettere che mi sarebbe piaciuto vederti diventare un... confidente per me... o forse anche un amico o... almeno, quello che più assomiglia alla parola amico perché sinceramente non comprendo come qualcuno resista ad esserti amico e a restarti vicino più di mezza giornata ma, ad ogni modo, tutto questo non accadrà.” Alzò lentamente le spalle e con un cenno indicò il destriero. “Il mio tempo qui è terminato e probabilmente gioirai nel non vedermi più qui intorno a...” si fermò, cercando un termine corretto e continuò con quello che gli venne subito alla mente “...mandare a monte le tue notti di passione ed obbligarti a scortarmi lungo i sentieri del Bosco... e nient'altro... solo questo.” In quell'istante vide uno strano sorrisino incurvare le labbra carnose della creatura che aveva davanti e, quell'istinto che aveva imparato ad ascoltare, lo esortò a fare un ulteriore passo indietro, mentre con improvvisa insicurezza, terminava quasi balbettando quel discorso. “Volevo... solo... dirti questo.”

“Volevi solo dirmi questo?” ripeté Lanthir, divertito da quella situazione e dall'espressione palesemente intimidita che era comparsa sul volto del giovane, non appena aveva riabbassato le braccia e si era avviato lentamente verso di lui per raggiungerlo. “Prima mi chiami egocentrico, presuntuoso e altezzoso...” proseguì con un tono volutamente minaccioso, soddisfatto nel vederlo indietreggiare quasi tentasse ad ogni costo, di stargli lontano “...e poi dici che avresti voluto avermi come...” notò la sua gola contrarsi con agitazione quando con la schiena finì inevitabilmente contro la parte di palizzata opposta a dove si trovavano precedentemente, ed allora si chinò in avanti e gli bisbigliò sensualmente quel termine come se, in realtà, ne volesse però intendere un altro “...confidente?” Alzò le braccia e lo intrappolò tra di esse e il recinto, senza però sfiorarlo minimamente col proprio corpo. “Sei un po' confuso, principe di Gondor?”

“No io...” cercò di replicare Eldarion, sostenendo il suo sguardo pur con una discreta difficoltà visto che quelle barriere che si era abilmente ricreato durante le ore di veglia, non sembravano servire al loro scopo come invece gli era parso poco prima “...intendevo solo che... forse in futuro avrei visto che in te c'è qualcosa di più dietro a quella creatura altamente detestabile ed insopportabile che ho conosciuto. Ma devo ripartire questa mattina quindi...” si zittì da solo, stringendo le labbra con forza quando si rese conto che, con quell'affermazione, non aveva sicuramente migliorato la situazione. Ma come reazione a quelle parole sfrontate, si sarebbe aspettato di tutto, fuorché ciò che avvenne.

Il Guardiano del Bosco fece scendere lo sguardo su di lui, quasi lo stesse studiando per pensare alla mossa più adeguata da compiere, e dopo qualche breve attimo, portò le mani sul suo collo e gli slacciò il lungo mantello, lasciandolo ricadere con noncuranza oltre le spalle del giovane, sulla palizzata di legno.
“Ragazzino, spogliati,” gli mormorò con quel velo di voluta sensualità che tanto si divertiva ad usare con lui. “Tu non vai da nessuna parte!” fece scivolare le dita lentamente sul suo petto e allentò rapidamente i lacci della casacca marrone che aveva addosso, tentando con una certa difficoltà di non scoppiare a ridere quando vide il suo sguardo sconvolto e preoccupato.

“Cosa stai facendo?” bisbigliò Eldarion con la sola voce che era riuscito a trovare. “Avevi detto che non... che...” deglutì e spalancò gli occhi, fissando quelli all'apparenza tranquilli dell'elfo, quando quell'abito fu completamente aperto, lasciando in vista la camicia bianca e i pantaloni marroni sotto di esso “...tu ed io... non...” non riuscì ad aggiungere altro perché il ritrovarsi ancora in quella situazione compromettente con lui l'aveva completamente spiazzato, impedendogli ogni pensiero logico o reazione razionale.
Tutto quello che era in grado di fare, era respirare rapidamente, ascoltare il proprio cuore che gli rimbombava nel petto e nella testa, ed attendere un suo gesto o una sua parola per provare a comprendere cosa stesse accadendo in quel luogo dove chiunque, da un momento all'altro, sarebbe potuto entrare.

Lanthir lo osservò in silenzio più di quanto in realtà avesse voluto, perdendosi ancora una volta nella visione di quel giovane davanti a sé, completamente indifeso ed incapace di reagire, solo per un suo semplice tocco.. ma prima che quell'immagine iniziasse a ricreare nella sua mente quei pensieri proibiti che aveva, con immane fatica, allontanato, decise che era arrivato il momento di porre fine a quel piacevole intrattenimento.
“Infatti... e mi attengo alle mie parole,” gli sussurrò, ora con un sorriso più deciso. “Ma tu non partirai con tuo padre, nessuno ti ha avvisato?” vide un insieme di emozioni velare l'espressione del principe di Gondor, qualcosa che gli parve delusione, amarezza, ed infine incredulità e gioia.

“Cosa? Dici davvero? Io non... io ho sentito gli altri elfi parlarne e pensavo che se avesse deciso di tornare a Gondor io... beh, credevo che avrei dovuto ripartire con lui e... è la verità? Ne sei sicuro? Non mi stai prendendo ancora in giro? Perché se così fosse...”

Il Guardiano alzò una mano per zittirlo e fece un passo indietro come frastornato da quell'insieme di frasi e domande senza senso.
“Chiudi quella bocca, ragazzino! Non mi permetti nemmeno di sentire i miei pensieri con questo inutile balbettio!” sospirò e alzò lo sguardo al soffitto. “A quanto pare il caro Estel non ha ancora avuto tempo di avvertirti, ma prima che tu salga a cavallo e riparta per Minas Tirith...” annuì lentamente “...sì, resterai qui e sarai addestrato come uno di noi.” Vide i suoi occhi azzurri, ora splendenti di felicità, spalancarsi se possibile ancora di più. “Ma non credere che sarà facile o divertente, quindi togli quell'espressione entusiasta dal viso e riporta...” indicò con una mano la borsa e tutti gli oggetti che il giovane aveva preparato “...tutta la tua roba nella stanza che ti è stata assegnata!” gli lanciò un'ultima occhiata e si voltò, incamminandosi per uscire dalle stalle.. attese qualche attimo, continuando a dargli le spalle e quando non udì nessun movimento, alzò la voce con un tono autoritario. “Eldarion! Adesso!” sentì all'istante dei fruscii e non poté fare a meno di sorridere dolcemente.

Arrivò all'entrata e mise le mani sulle due ante di legno per spalancare la porta verso di sé, ma appena lo fece, si ritrovò addosso l'altro Mortale che, quel giorno, era intenzionato a lasciare quel regno.
Non disse una parola, a differenza dell'uomo che, per la sorpresa, si lasciò sfuggire un lamento nell'andare a sbattere contro di lui senza nemmeno rendersene conto, tanto era concentrato su centinaia di altri pensieri, ma appena rialzò gli occhi e vide contro chi era finito, sospirò allibito.
“Cosa ci fai qui, Lanthir?”

“Quello che non hai ancora fatto tu!” esclamò subito l'elfo, proseguendo il suo percorso con decisione e spingendo volutamente il corpo dell'altro all'indietro col proprio, per lasciar richiudere dietro di sé la porta. “Dovresti fare qualcosa per la tua memoria.” Lo fissò intensamente quando il re di Gondor, ancora un po' tramortito da quel fatto inatteso, non ribatté subito, ed allora aggiunse qualcosa sussurrando, per scuoterlo da quel silenzio. “Se volevi ancora il mio corpo addosso al tuo, dovevi solo chiedere.”

E a quelle parole, difatti, Aragorn fece un passo indietro di propria volontà e si passò la mano tra i capelli, respirando profondamente.
“Cercavo mio figlio, l'hanno visto dirigersi qui.”

“Quando avevi intenzione di dirglielo? Volevi aspettare che fosse già al galoppo sull'Antica Via Silvana per rivelargli la tua decisione?”

“Lanthir, per pietà! Ho fatto il prima possibile... mi sono recato nelle sue stanze ma le aveva già lasciate!”

Il Guardiano fece un cenno col capo, indicandogli le stalle, continuando con un tono più serio.
“Gliel'ho dovuto accennare, altrimenti a quest'ora avrebbe già sellato il suo cavallo!” vide l'uomo annuire ma senza un'apparente espressione infastidita, così aggiunse: “Forse una cosa giusta l'hai fatta. Hai preso questa decisione per il suo bene. Quando credeva di dover ripartire con te, stava piangendo ed ora risplende più dei raggi di Anor che hanno appena illuminato la Terra.” Accennò un sorriso. “Forse non sei poi così stolto come vuoi farmi credere!”

Aragorn lo guardò per qualche attimo e si lasciò sfuggire una debole risata.
“E tu non sei così ingrato e insensibile come invece vuoi far credere a me!” esclamò divertito, guardando poi oltre la sua spalla prima di abbassare la voce. “Dunque se sei davvero il contrario di ciò che credo, promettimi che baderai a lui.” Riportò lo sguardo sull'elfo davanti a sé e lo fissò seriosamente. “Mi fido di Legolas e gli affiderei la mia stessa vita oltre a quella di mio figlio ma sono consapevole che non potrà restargli accanto ogni singolo istante.” Vide che stava per ribattere e lo fermò. “Lo so, nemmeno tu, né tanto meno lo vorresti. Ricordo i doveri che hai in queste Terre, ma se la memoria non mi inganna, uno dei tuoi compiti riguarda l'addestramento.”

“Non mi starai chiedendo di favorire il principe di Gondor,” mormorò Lanthir con un sorrisino divertito. “Aragorn, non è molto corretto da parte tua!” intuì la sua risposta e lo precedette, annuendo. “Farò tutto il necessario per impedirgli di mettere a rischio la propria vita in uno dei modi... sciocchi e avventati che sicuramente il padre gli ha insegnato.” Gli sorrise ed aggiunse: “E lo addestrerò come se fosse uno di noi. Non avrà privilegi per via della sua stirpe e probabilmente rimpiangerà presto di non essere tornato a casa con te ma...” un istante di silenzio durante il quale fissò intensamente gli occhi azzurri che lo stavano osservando “...quando lascerà queste Terre, sarà un guerriero, come lo era suo padre.”

“Era?”

“Avanti, non dirmi che hai ancora la forza per alzare la spada oltre le spalle! A stento riesci a mettere un piede davanti all'altro!”

L'uomo lo guardò per un attimo perplesso ma poi scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
“Preoccupati di mantenere la tua promessa e non del punto che raggiunge la mia spada!” ricevette un sorrisino malizioso come risposta ed allora gli sussurrò quelle parole che raramente, in oltre novant'anni, gli aveva rivolto: “Hannon le (Grazie)”

Lanthir spalancò la bocca fingendo un'espressione sorpresa, prima di ribattere
“Ed ora cosa? Mi guardi così perché vuoi un abbraccio prima di dirmi arrivederci?”

“A dire il vero... non rammento di averti mai abbracciato per salutarti da quando ti conosco.”

“Ed io non ricordo di aver mai stretto il tuo corpo al mio senza l'intenzione di ottenere anche tutto... il resto,” gli mormorò bagnandosi le labbra in modo provocante e quando vide il sorriso complice su quelle del re di Gondor, fece un cenno col capo e accorciò la distanza che era rimasta tra loro, ma solo per colpirlo intenzionalmente con la spalla, prima di superarlo. “Quindi sali a cavallo e vattene! Sei così lento che impiegherai più di mezza giornata solo per uscire da questi confini!”

Aragorn restò in quel punto e abbassò lo sguardo con ancora quel sorriso divertito sul viso, ma prima che l'elfo potesse allontanarsi troppo, alzò la voce per richiamarlo.
“Lanthir... se ti è possibile, potresti evitare di far impazzire mio figlio col tuo atteggiamento?”

“Ci proverò.” Fu la risposta del Guardiano che, dopo qualche momento, aggiunse: “Ma ricordati che questo non te l'ho promesso!”

 
~* ~

Eldarion aveva rapidamente riposto con attenzione tutto l'occorrente che ora non gli sarebbe più servito.
Era così eccitato dall'idea di poter rimanere in quelle Terre che non badò alla porta che si riaprì e richiuse. Si rese conto di non essere più solo quando, rialzando lo sguardo, si imbatté in quello del re di Gondor che l'aveva raggiunto e si era fermato oltre il recinto, coi gomiti appoggiati alla palizzata di legno in attesa di essere scorto.

“Ada!” esclamò a quel punto, senza riuscire a nascondere quell'immenso sorriso di gioia che sembrava essere stampato sul suo viso. “È la verità? Mi permetti di restare?”

“Avrei dovuto dirtelo prima forse, ma sì... questa è la mia decisione,” rispose Aragorn sorridendogli dolcemente a sua volta. “Ho riflettuto molto a riguardo e sono giunto alla conclusione che questa sia la soluzione più adatta sia per la tua istruzione e sia per andare incontro a questo tuo desiderio, in parte comprensibile, di conoscenza. Resterai fino agli inizi dell'Inverno e sarai seguito ed addestrato come qualsiasi altro giovane elfo che abita questo regno.” Seguì con lo sguardo il figlio che stava superando il recinto per avvicinarsi a lui e proseguì. “Il sangue Mezzelfo che scorre dentro di te, ti rende simile a loro quindi dovrai sviluppare le abilità che ti appartengono ma nonostante questo, avrai sempre la mia parte Mortale a rallentarti, quindi per te, a differenza degli altri allievi, sarà più difficile e impegnativo e...” a quel punto si dovette però interrompere perché, voltandosi verso di lui per continuare a guardarlo, si ritrovò le sue braccia al collo che lo stringevano con forza.

“Grazie, padre,” gli mormorò Eldarion all'orecchio, stringendosi a lui. “Grazie, grazie, grazie! Te lo ripeterei all'infinito se potessi! Io non ti deluderò, te lo prometto! Mi impegnerò e farò del mio meglio per apprendere e... anche di più... te lo giuro, io...” sentì le braccia del padre circondargli la vita per ricambiare quell'abbraccio affettuoso e sorrise “...io diventerò quel figlio che hai sempre voluto che fossi. Farò mia la saggezza degli Elfi ed imparerò ad usare ogni mia capacità per poter affrontare quei doveri di cui sempre mi parli. Te lo prometto io...” respirò profondamente e concluse con un tono più dolce “...io sarò tuo figlio. Il figlio di Re Elessar di Gondor, colui che ha sconfitto il Male e ha riportato la luce nel suo regno e porterò il tuo nome col rispetto, la devozione e l'onore che meriti. Non ti deluderò!”

L'uomo chiuse gli occhi quando quelle parole che mai prima di allora aveva sentito sulle labbra del proprio discendente, lo percorsero come un caldo raggio di sole, andando a far battere con più forza quel cuore che ancora tentennava per quella sofferta decisione.
“Lo so, Eldarion,” gli disse, stringendolo con più vigore. “So che non mi deluderai. Presta solo attenzione a come agisci, perché qui, non sei un principe. Sei un giovane come tutti gli altri e dovrai dimostrare con le tue azioni e col tuo spirito ciò che veramente sei.” Sorrise e lo allontanò leggermente solo per baciargli teneramente la tempia prima di sussurrargli. “Sono fiero di te! Lo sono sempre stato e mi mancherai.” Rise debolmente e lo guardò negli occhi. “Sono vent'anni che ti vedo girare inquieto per il palazzo. Fin da quando eri piccolo, ho passato le giornate a cercarti ed inseguirti... e a rimproverarti quando non eseguivi i miei ordini!” lo vide abbassare gli occhi continuando però a sorridere e posò la fronte alla sua, alzando le mani ai lati del suo viso per accarezzarlo. “Ma ora sei un uomo. Un giovane uomo che dovrà imparare da se stesso, dai propri gesti e dai propri errori. Un giovane uomo che un giorno diventerà un grande sovrano per il suo popolo e...” si fermò come se non riuscisse a trovare le parole per proseguire, così si limitò ad alzare la testa per posargli un dolce bacio sulle fronte “...ed io sono orgoglioso di essere tuo padre.” Si allontanò per guardarlo e notò gli occhi azzurri davanti a sé bagnati di lacrime, nonostante le labbra incurvate ancora in un sorriso solare, così gli passò la mano tra i capelli e si spostò lateralmente. “Ora va! Riporta nelle tue stanze tutte le tue cose e riposati, da domani inizierà il tuo addestramento!”

Eldarion lo fissò per un lungo istante in silenzio ma infine annuì e prese con sé il borsone con gli abiti prima di ripassargli davanti e mormorargli:
“Arrivederci.” Per poi proseguire verso il portone, lasciare le stalle ed andare incontro al suo nuovo futuro in quel reame.

Non passarono che pochi momenti e le pesanti ante di legno si discostarono ancora una volta per permettere l'ingresso di un'altra persona che, solo allora, si era liberata dai propri doveri e aveva potuto raggiungere quel luogo in cui la sua vita eterna avrebbe subito nuovamente un brusco rallentamento.
Legolas camminò lentamente quando si accorse che l'amico era chinato su se stesso, contro il recinto di legno, e aveva nascosto il volto tra le braccia. Non impiegò molto per comprendere che il suo spirito era turbato da qualcosa, così si avvicinò a lui.
“Ho incrociato tuo figlio qui fuori ed era raggiante,” mormorò, fermandosi con la spalla appoggiata alla colonna accanto a lui. “I suoi occhi brillavano di gioia come i primi giorni che ha passato qui.” Allora vide la testa del compagno rialzarsi ed incrociò il suo sguardo. “Dunque per quale motivo i tuoi ora sono colmi di lacrime?”

Aragorn respirò profondamente e si lasciò sfuggire una lieve risata, mentre con la mano cercò di asciugarsi alla bene e meglio il viso.
“A causa del mio cuore di padre che non è mai stato lontano più di qualche giorno dal proprio figlio,” replicò, voltandosi per appoggiarsi di schiena alla palizzata. “Solo ora il pensiero di non vederlo a palazzo per mesi mi ha fatto comprendere quanto sentirò la sua mancanza.” Rialzò un piede e lo appoggiò all'asse dietro di sé, quasi a volersi dare un contegno. “Farai in modo che riceva sue notizie ogni qual volta ti sarà possibile, vero?”

“Ogni singola settimana, se lo desideri,” gli sussurrò l'elfo dolcemente e, facendo un passo, si mise davanti a lui. “E tu farai in modo che io riceva le tue?”

“Solo se mi prometti di far giungere a me la tua parola ogni giorno, ogni ora, ogni istante!”

“La mia vita non è così interessante da necessitare continui aggiornamenti ogni momento.”

“Ma il mio cuore cesserebbe di battere se non li ricevesse.”

A quella frase, non poté fare a meno di sorridergli dolcemente ma subito strinse le labbra e abbassò lo sguardo.
“Dovresti andare ora.”

“Lo so,” sussurrò subito l'uomo, come a voler interrompere in partenza quel discorso, e con un debole sorriso, lo indicò. “Porti ancora i miei abiti addosso? Non ti sei cambiato?”

“Sono miei ora. E stanno meglio addosso a me, che a te!” mormorò il principe del Reame Boscoso con l'intenzione di strappargli almeno una risata, e quando riuscì nel proprio intento non si controllò dal rialzare una mano e accarezzargli debolmente il viso. “Estel...”

“Lo so...” ripeté Aragorn deglutendo, conscio che ormai non poteva più indugiare. Così lo fissò intensamente come se cercasse di imprimersi il suo viso nella mente per tutto il tempo che avrebbe dovuto passare lontano da lui. “Quindi... questo è il momento per dirci arrivederci?” non attese una risposta ed aggiunse con un tono quasi disperato: “Non abbracciarmi, Legolas... o non riuscirò ad allontanarmi nemmeno di un passo da te.”

L'elfo gli sorrise e scosse la testa, avvicinandosi comunque a lui nonostante quella supplica, senza però sfiorarlo col proprio corpo.
“No, ti sbagli. Questo è il momento per dire...” chinò in avanti la testa fino ad arrivare a sussurrargli all'orecchio “...ti amo.” Sentì all'istante il sospiro dell'amico e si spostò quel poco che bastava per guardarlo nuovamente negli occhi e ripetere quelle parole più lentamente ma con un tono altrettanto dolce. “Ti amo.” Vide la sua bocca socchiudersi per ribattere, con tutta probabilità, allo stesso modo, e subito alzò la mano, posandogli due dita su di essa per fermarlo. “Shh... l'hai già fatto. Ed ora l'hai udito dalla mia voce e visto sulle mie labbra.” Notò la sua espressione stupita e proseguì. “Adesso dì il mio nome. Pronuncia solo il mio nome, Aragorn. Dillo e sarà abbastanza.”

“Eri sveglio?” gemette l'uomo scuotendo leggermente la testa come se ancora non riuscisse a comprendere mentalmente ciò che era avvenuto, perché quelle semplici parole lo avevano completamente rapito.

“Non mi sono mai addormentato.” Fu la repentina risposta di Legolas che, ancora con un dolce sorriso sulle labbra, fece un passo indietro per allontanarsi da quel fuoco ardente che aveva ricominciato ad attrarlo.

“Perché hai finto di non essere cosciente? Perché non hai detto niente?”

“Perché...” cercò una replica plausibile ma la sola ed unica cosa che sentì prepotentemente di rispondere fu quello che più di una volta aveva già detto al compagno “...non era necessario.”

Allora Aragorn gli sorrise.
Un sorriso misto di dolcezza, tenerezza, comprensione e al tempo stesso, amarezza, tristezza ed impotenza.
Ancora qualche breve, troppo breve, attimo e sarebbe stato obbligato a risalire sul proprio destriero e ripartire alla volta di Gondor.
In quell'attimo si perse ancora una volta negli occhi della creatura immortale che continuava a fissarlo in silenzio. Si gettò in quel profondo oceano blu e si lasciò condurre dalle onde del tempo che in esso dimoravano.
Ed in quell'attimo di eterno, mentre veniva cullato amabilmente da una parte all'altra, gli parve di scorgere l'accecante e calda luce del suo spirito, unita all'impetuosa e ardente fiamma del proprio potere. Vide le loro due anime unite in quel vincolo perpetuo che sarebbe perdurato in entrambi fino alla fine delle Ere della Terra di Mezzo ed ancora oltre.
E lì, in quell'attimo, fece la sola ed unica cosa necessaria: pronunciò il suo nome.
“Legolas.”

 
~ * ~ FINE ~ * ~
O MEGLIO: CONTINUA...


NOTE:
Un immenso grazie a tutti coloro che sono arrivati fino alla fine di questa seconda storia ^_^
Dalla prossima settimana inizierò a postare i capitoli de “I Vincoli Del Silenzio”, la terza parte di questa mia tetralogia.
A presto, quindi e... non smettete mai di sognare!
Ene 
   
 
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