Morire dentro
Il vecchio generale si prende la
testa tra le mani, puntando i gomiti alla scrivania; si sente oppresso da un
peso insopportabile.
Si sente stanco quasi quanto la
sua anima di vecchio decaduto, giunto alla fine di un’ epoca.
Tradimento.
Che parola orribile. Non la
conoscevo.
Non credevo che l’avrei mai
conosciuta questa parola infamante.
Oh, Dio!
Sarebbe meglio la morte in
battaglia, piuttosto che un Jarjayes si macchi di una simile colpa.
Non credevo che quest’ombra
nefasta sarebbe mai calata sulla nostra nobile e illustre famiglia.
Come posso sopportare quest’onta
gettata per sempre sul nostro buon nome?
Non posso.
Non ce la faccio.
È accaduto l’impensabile.
Innominabile vergogna a pesarmi
addosso.
La spada appoggiata poco
distante sembra che brilli in modo sinistro.
Il generale guarda la lama che
pare sedurlo come una bella donna.
Nella sua mente sconvolta, si fa
largo strisciando come una serpe, un’ idea allucinante e contronatura.
Mia figlia ha tradito il suo Re.
Lei, mio erede e mio sangue, si
è macchiata della colpa più vile.
Mi sento ingannato anch’io; non
avrei mai creduto che sarebbe potuta arrivare a tanto.
Dove ho sbagliato?
Io ho temprato la sua forza
morale, il suo coraggio.
Come padre sono stato severo,
come uomo le ho insegnato ciò in cui credevo, che era giusto.
Ma il suo coraggio sprezzante è
diventato impudenza e ribellione.
Tremava il generale.
Avrebbe voluto piangere lacrime
che non aveva mai avuto, che non aveva mai versato.
Che non sapeva di possedere e
che forse, non possedeva più.
Perché Oscar?
Perché lo hai fatto?
Come hai potuto tradire i miei
ideali, i tuoi ideali?
Perché erano anche i tuoi,
Oscar, quelli che io ti ho trasmesso; era giusto che la nostra famiglia si
mantenesse leale verso la Corona di Francia.
Dovere e obbedienza sono valori
sacrosanti e importanti; regole immutabili che nessuno, neppure tu puoi
cambiare.
Non vi hai sempre creduto come
ci credevo io?
Ci credo ancora in quelle regole
e anche se non sempre sono giuste, sono necessarie.
I Jarhayes hanno una nobile
tradizione da difendere; siamo fedeli servitori della Corona da generazioni e
nella nostra storia famigliare non può esistere un traditore, non è mai
esistito.
Fino ad ora.
Perché tra tutti, proprio tu?
Mia figlia?
Mio orgoglio e rimorso?
Questo è un castigo per la mia
folle presunzione.
Era sera.
Il temporale batteva e urlava contro le finestre dello
studio illuminato da deboli candele; il generale ascoltava quei suoni come se
provenissero dall’ inferno, gli pareva che scorressero sotto la sua pelle
indurita come brividi perversi.
Non c’è più niente.
Non c’è più speranza né onore.
Non c’è salvezza alcuna e non si
può tornare indietro.
Non c’è altro che l’abisso
davanti a me; è quello in cui precipiterò la mia anima dannata.
Morto dentro; così mi sento io.
Ucciso prima dai miei pensieri e
poi dalle mie azioni.
Non è più vita la mia. Forse non
lo è mai stata.
C’è solo una soluzione, che per
quanto mi susciti profondo, delirante orrore, è l’unica possibile.
La morte.
Per entrambi.
Per questo vecchio pazzo che ha
giocato col destino di sua figlia.
Per questa figlia che non ho mai
piegato e ha oltrepassato ogni limite che non le ho imposto.
Devo punire questa figlia
ribelle.
Devo farlo prima che lo scandalo
ci ricopra d’ignominia.
Prima che, come è giusto, ci
venga tolta ogni cosa; terre, potere, influenza.
Se anche il Re la perdonasse, io
non posso perdonarla.
Mia figlia, come è vissuta,
morirà per mano mia e poi, mi toglierò la vita chiedendo perdono a Dio.
Perché dopo un atto del genere,
niente avrà più senso.
Devo farlo prima che io possa esitare
anche un solo istante e tornare indietro.
Ma non è la morte che avevo
pensato per me.
Né per lei.
La sabbia nella clessidra ha
smesso di scorrere.
L’ora è venuta.
È tempo di morire.
Come lacrime nella pioggia. [1]
Il generale afferrò l’elsa della
spada stringendola in pugno; solo un leggero tremito della mano lo tradiva
impercettibilmente.
Il temporale aveva infuriato
fuori e dentro la sua anima, devastando tutto; si sentiva come già morto.
La sua voce era spenta, ma ferma
quando chiamò la governante.
“Nanny, chiama Oscar. Dille che
suo padre la sta aspettando…”
*****
Le luci del temporale ferivano il buio.
Il fiero generale, le mai arrese sul piano, la spada poggiata a lato, pulita e brillante di luce fredda, guardava l’immagine di sé, che gli restituiva la superficie laccata del tavolo; era quella di un uomo vivo per miracolo.
Le candele fumavano sul
lampadario del soffitto; le aveva spente uno spiffero di vento.
È stato Andrè o la nostra
generosa regina a salvarti la vita?
È stato il caso o Dio a salvare
la mia anima?
“Se ci dovete uccidere, uccidete
prima me… Non sopporterei di veder morire la donna che amo.”
Ho esitato troppo a lungo
davanti allo sguardo di quell’uomo che io ho messo al tuo fianco, tanto tempo
fa, senza pensare alle conseguenze.
Non mi hanno sorpreso più di
tanto le sue parole; il sospetto l’avevo nel cuore da tempo, ma non ho mai
potuto pensare che potesse accadere qualcosa tra di voi. Semplicemente non
potevo concepirlo; certo della tua forza morale, per quanto foste legati, non
ti saresti mai concessa a un servo.
Ma non potevo immaginare il suo
coraggio impudente, non avrei mai pensato che sarebbe stato pronto a sfidare
tutto e tutti per te; ha osato sfidare anche me, mi ha minacciato di morte
questo ragazzo che è sempre stato fedele e rispettoso, ma pretende di avere
pari diritti di un re.
Oh,
se solo fosse stato un nobile…
Davanti alla sua forza ho avuto
paura.
Sì, ho avuto paura della
dannazione eterna, perché sentimenti così grandi non si possono distruggere.
Poi è arrivato il messo della
regina, ma se avesse tardato che cosa sarebbe accaduto?
La mia volontà non era più così
ferma. La mia mano levata in alto, tremava.
Avrei davvero abbattuto il mio
braccio su di loro?
Mi sentivo morto…
Ora sono contento.
Piango finalmente, ma sono contento…
*****
Il generale e i
suoi sentimenti, la sera che progetta di uccidere la figlia ribelle; non solo
morte fisica, ma la morte dell’anima, in questo caso particolare.
Mi sembrava giusto
affrontare questo episodio dell’anime, importante eppure molto poco trattato
nelle ff.
Sono pensieri
tremendi per un padre, quasi incomprensibili, ma come può essersi sentito
l’orgoglioso generale, se non annientato da quello che stava pensando di
attuare?
Alla fine forse,
un po’ di speranza c’è. La raccolta è quasi conclusa, manca solo qualche
capitolo. Come sempre, grazie per aver letto fin qui.
Spero che vi sia
piaciuta, nonostante i toni davvero cupi.