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Autore: Lorelie Black Lestrange    08/09/2016    6 recensioni
Che cosa sarebbe successo se Bellatrix si fosse salvata nella battaglia ma avesse perso comunque Lord Voldemort?
Sarebbe rimasta la stessa? Oppure il barlume del cambiamento l'avrebbe travolta?
Tutto è partito dall'idea "No Bella, tu non puoi morire per mezzo di Molly" ed alla fine intrecciare una storia in cui si affrontano le conseguenze della guerra, un rapporto mancato con Rodolphus, le sorelle Black torneranno unite come prima?
Andromeda dovrà affrontare la perdita, Narcissa ricucire l'affetto, Bellatrix la determinazione di una guerriera sconfitta, Rodolphus l'amore.
Una long in tema What if in cui si mescolano i risultati di una lunga guerra, ai sentimenti e al richiamo del passato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Un po' tutti | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lily Luna/Lysander, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo dodici, RIVELAZIONI


Il fuoco scoppiettava nel camino del vasto studio, era circa metà luglio, eppure aveva freddo, dopo Azkaban il calore sembrava abbandonare puntualmente il suo corpo.

Era quasi ora di pranzo ma non aveva fame, lo stomaco si era chiuso. Sedeva con la schiena incurvata mentre si massaggiava le tempie in preda ad un attacco di emicrania, allungò la mano verso il bicchiere sul tavolino alla sua destra.

La porta si aprì con la tipica calma che cadenzava ogni movimento del fratello maggiore, odiava quel modo di muoversi che si contrapponeva al suo essere burbero, ignorando le buone maniere.

“Scusa se ci ho messo tanto, certo, non sarebbe stato male se mi avessi avvisato prima di presentarti a casa mia” lo rimproverò come faceva sempre.

È anche casa mia, ti ricordi? Ci siamo cresciuti. Si trattenne, preferiva lasciarsi scivolare tutto destando ancora più l’ira del fratello. Gli rodeva come, da primo figlio, avesse diritto a tutto, mentre lui doveva accontentarsi del rimanente, dei giocattoli meno divertenti, di una donna meno bella, di una casa più piccola.

Rodolphus prese posto nella sedia accanto, si accese un sigaretta inspirando a fondo ad ogni boccata ed allungò le gambe ancora immerso nel sonno.

“Fatto tardi con Bella o sbornia?” gli chiese Rabastan con quel sorrisetto sulle labbra che non cancellava mai, sapendo quanto lo irritasse.

“Uhm entrambi” teneva lo sguardo basso, sbuffò un po’ di fumo.

“Ah le sbronze post Bella, devo ammettere che mi era mancato vederti così” lo squadrava da capo a piedi con un ghigno.

Il maggiore grugnì stizzito.

“Senti Rab se sei venuto qui a prendermi in giro puoi anche andartene, se non lo fai tu me ne occupo io. A te la scelta fratellino” lo avvertì con la voce fredda e tagliente.

“In realtà ero venuto qui per qualche consiglio da fratello più grande” ribatté, con una punta di sarcasmo.

“Ti sposi fra una settimana e hai già problemi coniugali?” gli chiese, ricambiando la risata.

Tu poi non potresti parlare pensò il minore.

“Lei non è male, è bella, ha quasi venti anni meno di me. Però mi conosci, non ho la tua pazienza, non reggerei un matrimonio, una famiglia. Insomma non sono famoso per rapporti che durino più di una notte” costatò continuando a guardare le fiamme.

Rodolphus non rispose subito, immerso nei suoi pensieri. Aveva invidiato profondamente la condizione del fratello una volta accortosi che il suo matrimonio era una facciata. Rabastan poteva fare tutto in assoluta tranquillità, senza che lo giudicassero, egli invece, doveva ricorrere a sotterfugi, scuse, attento a non essere visto, non solo dalla moglie, ma dall’intera comunità magica. Purtroppo rispettare il suo cognome aveva la precedenza.

“Ah beh, ti serve il mio aiuto in questo senso. Divertente come si capovolgano le situazioni” terminò la sigaretta accendendosene subito un’altra.

Sentirono i passi risuonare per il corridoio che precedeva lo studio, la porta si aprì con decisione.

“Rod” si interruppe “Oh guarda chi abbiamo qua, Lestrange numero due, che puntualmente non avvisa mai quando si presenta. Poteva entrare con una mise succinta per mio marito” sorrise mordendosi le labbra rosse.

Gli occhi di Rabastan indugiarono su quella bocca, percorsero famelici il suo viso cedendo a quello sguardo fatale.

“Non credo mi sarebbe dispiaciuto” mormorò con un sorriso sbilenco osservando le fiamme.

“Non avevo dubbi. Peccato che non è il tipo di cose che riserverei a te” stava appoggiata allo stipite con il mento sollevato e un sopracciglio inarcato “comunque a cosa dobbiamo la tua presenza?” aggiunse.

“Chiacchierata fraterna” rispose il marito guardandola negli occhi.

La donna non abbassò lo sguardo, sostenendolo con la fierezza che la contraddistingueva.

“Ti avviso, mio caro cognato, che se cerchi qualcuno che ti spieghi come avere relazioni extraconiugali, Lestrange numero uno non è proprio la persona più adatta” scrutava il marito, sulle labbra l’ombra di una risata.

Si avvicinò a Rodolphus scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia.

“Comunque vi lascio ai vostri discorsi” disse con noncuranza “Dopo parliamo Roddie” gli sussurrò canzonandolo con quel soprannome che tanto odiava.

Uscì dalla stanza prima che i due fratelli, esterrefatti, potessero replicare. Appena i passi si allontanarono tirarono un sospiro di sollievo.

“Dopo ti insulta oppure ti Crucia?” il minore sorrideva.

Rodolphus sbuffò certe volte Rabastan ti ucciderei volentieri.

Rimasero a lungo senza parlare, entrambi persi nei loro pensieri.

“Come farai con Azkaban? Io, te e Bella siamo i primi in lista” chiese d’un tratto il maggiore, come per dare voce alle proprie riflessioni.

Rabastan si portò indietro i capelli, continuando a fissare il fuoco in attesa di chissà quale risposta dalle fiamme, afferrò nuovamente il bicchiere.

“Il Wizegamot è abbastanza misericordioso in caso di figli e io, quanto pare, sarò… padre. Insomma questo potrebbe cambiare poco le sorti, ma in ogni caso la famiglia di Violette è nel Ministero della Magia da tanti anni che dubito possano farle qualcosa. Denaro ne abbiamo entrambi a sufficienza, dunque non vedo problemi” sussurrò mandando giù un altro sorso

“Voi, invece, siete fottuti” aggiunse con un ghigno soddisfatto.

Rodolphus sospirò tenendo lo sguardo basso, aspirò una boccata quasi a distruggersi i polmoni, tutto sommato era felice per il fratello, eppure non poteva non odiarlo in quel momento. C’era stato un periodo in cui aveva desiderato ardentemente che Voldemort morisse così da avere la vita che aveva sempre sognato con la donna che amava, ora gli restavano pochi mesi e poi la condanna eterna.

“Non ne avete parlato proprio tu e Bella? Quella donna ne sa una più del diavolo, potrebbe avere qualche idea” aggiunse Rabastan interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

“Diciamo che abbiamo avuto altro da fare. Non mi sembra, però, riluttante a tornare ad Azkaban, soltanto stamattina ha fatto un’inspiegabile scenata al nuovo decreto che pone gli Auror al posto dei Dissenatori” rispose leggermente perplesso per l’accaduto di quella giornata, ci aveva meditato a lungo.

Rabastan lo squadrò con un’occhiata eloquente, piegando le labbra in un sorriso che non aveva nulla di allegro.

“Certe volte, fratello mio, dubito seriamente della tua intelligenza e perspicacia. Secondo te perché non si preoccupava affatto dell’incarcerazione e poi, in seguito alla notizia, si è arrabbiata? Eppure dici sempre di conoscerla bene ma, quando si tratta di lei, hai l’abitudine di negare l’evidenza” costatò con amarezza.

Rodolphus respirò a fatica, sentiva improvvisamente caldo, la stanza seppur grande lo opprimeva.

Certo che la conosco, ho notato lo sguardo privo di quella luce che l’animava, quanto sembrasse non veder l’ora per il processo, ma hai ragione voglio negare costantemente la verità non potendo accettare qualcosa di così amaro come una moglie che desidera morire.

Non riuscì a dire quello che pensava, dare voce ai pensieri significa dargli concretezza, concedergli di esistere, lui non voleva permetterlo. Lo sguardo al fratello fu eloquente, fu forse la prima volta in cui erano vicini senza insultarsi, la prima volta in cui si compresero senza parole.


******************************************************


Il sole stava calando, le sfumature pastello del cielo cedevano il posto al mantello della notte che copriva il paesaggio con la sua tenebra.

Bellatrix amava intensamente quel momento di attesa per il buio, chiudeva gli occhi e in una manciata di minuti poteva contemplare l’oscurità che trionfava sulla luce.

“Un’immagine forse troppo poetica per te, Bella” udì alle sue spalle.

“Mio Signore” la voce carica di sorpresa e ammirazione “Le ho forse detto quale onore averla qui, al mio matrimonio, nella villa mia e di mio marito” aggiunse.

“Almeno una ventina di volte solo stasera” fece un sorriso gelido mentre la scrutava avidamente.

Bellatrix volse nuovamente il suo sguardo alle stelle, conscia di aver posato gli occhi troppo a lungo sul suo maestro. Mantenne il silenzio per un po’, non sapendo cosa dire, avvertiva la Sua presenza poco dietro.

Voldemort si avvicinò sovrastandola di vari centimetri, la donna poteva sentire il fiato sul collo, la pelle fredda di lui che sfiorava la sua, ardente come il suo cuore.

“Ti facevo più concreta” le sussurrò.

La Mangiamorte sorrise “Ci sono molte cose che le persone ignorano di me”

“Ma io non sono come gli altri, o erro?” le domandò.

Bellatrix tacque, riprese ad osservare il cielo, nel vano tentativo di calmarsi, di frenare quel cuore che batteva furioso.

L’uomo le spostò i capelli con una mano, lasciandole scoperto il collo dalla pelle d’avorio.

“Perché non sei dentro, accanto a tuo marito, a fare i convenevoli, sorridere agli ospiti e conversare, come ogni moglie purosangue che si rispetti?” la voce era poco più che un sussurro, le labbra a pochi centimetri dall’orecchio.

La donna si voltò, piantando gli occhi onice in quei pozzi neri con un po’ troppa sfacciataggine.

“Ma io non sono come gli altri, o erro?”

Voldemort si sorprese alla risposta, a quello sguardo schietto che nulla temeva. La attirò a se baciandola con violenza, avvertendo quel sangue puro pulsare velocemente. Si distaccò, rapido, quasi la cosa lo ripugnasse.

“Hai una missione da eseguire, stanotte” le ordinò, come se nulla fosse accaduto.

La Mangiamorte sorrise mentre una goccia scarlatta percorse le labbra, il mento, cadendo sul corpetto bianco. Innocenza macchiata di sangue.

“Felicitazioni Signora Lestrange” le sussurrò allontanandosi.

“Bellatrix. Sono sempre Bellatrix” e si voltò, tornando a guardare la stella che portava il suo nome.

Un tocco delicato le sfiorò i fianchi, sussultò ritornando al presente.

“Ti ho spaventata?” le chiese in un sussurro.

Rodolphus la guardò negli occhi: un turbinare di emozioni, la paura, lo sconforto, la malinconia, la tristezza, forse qualcosa di più… all’improvviso nulla, il vuoto più totale, impenetrabili come sempre.

“No. Stavo solo pensando” si affrettò a rispondere Bellatrix, liquidandolo con un’occhiata fugace.

A cosa? A cosa pensi con quegli occhi? A cosa pensi quando sei te stessa, nuda davanti alla vita? L’avrebbe afferrata per le spalle sottili, per riscuoterla da quel silenzio che tutto gli taceva.

“E poi credevo fossi con Rabastan” aggiunse ella, forse intuendo troppi interrogativi.

“Se n’è appena andato, ti saluta” ribatté freddamente.

“Che c’è gli faccio troppa paura per presentarsi?” incrinò le labbra in una smorfia.

Non gli fai paura, è questo il problema. Rodolphus abbassò lo sguardo poggiando la mano su quella della moglie. Ella si irrigidì al tatto, senza scostarsi.

“Beh diciamo che per come ti eri presentata…” le mormorò.

Bellatrix sorrise stanca, quasi le costasse uno sforzo sovrumano “Oh se è per la faccenda delle tue… chiamiamole relazioni, non me ne frega più di tanto”

Possibile che nulla potesse smuoverla? Perché non poteva avere una reazione da parte sua?

“Da quanto tempo lo sai? Perché non hai mai detto niente?” le chiese a bruciapelo.

“Da sempre” si sentì rispondere, lo guardava con schiettezza “E me lo sono sempre aspettato, d’altronde voi uomini siete tutti uguali… Almeno le tue non hanno dieci anni” aggiunse.

Gli occhi presero a scrutare l’orizzonte, in realtà guardavano molto più lontano e allo stesso tempo non vedevano nulla. Persa non era l’espressione più adatta, ma decriveva appieno lo smarrimento che provava.

Rodolphus tacque osservandola: in quel momento poteva leggerle l’anima e poteva, al contempo, non scorgervi niente se non il vuoto assoluto. Si rese conto di quante cose ignorasse sul suo conto, di quanto misteriose fossero la maggioranza delle sue frasi, di come alludesse a cose che lui non poteva conoscere.

“Che ne sai di… loro?” dopo una lunga pausa che sembrò durare ore.

Ella sollevò un sopracciglio “oh non ho mai detto di non aver fatto niente” gli disse con una punta di sarcasmo “diciamo che quelle donne hanno imparato quali sono i… rischi di andare al letto con il marito di Bellatrix Lestrange” le labbra increspate in un sorriso sadico.

“Quindi potremmo chiamarla gelosia” dedusse l’uomo pienamente soddisfatto, riducendo le distanze fra i loro corpi.

Ella alzò gli occhi al cielo “suvvia Lestrange, non credere che lo abbia fatto per te” disse seccata “piuttosto ci tengo a mantenere la mia reputazione” soggiunse squadrandolo divertita.

Rodolphus la spinse contro la balaustra, i corpi che aderivano perfettamente, le labbra premute con forza.

“Non ti credo, Black” sussurrò prendendo fiato.

“Pensavo l’avessi capito che non me ne frega niente di te” ribatté lei, tra il serio e il divertito.

Le sollevò il mento guardandola dritta negli occhi.

“Allora perché mi hai sposato?” le chiese sfacciatamente.

“Per ambire ad un perfetto matrimonio che potesse preservare la mia stirpe pura e blah blah blah” ripeté, recitando come un mantra, quello che le tutte bambine purosangue devono sapere sin dalla tenera età.

“Quindi perché proprio io? Perché non Malfoy, mio fratello o tanti altri?” chiese in un misto di stizza e curiosità.

Bellatrix sembrò pensarci, abbassò lo sguardo mentre con una mano si attorcigliava i capelli, appariva quasi nervosa.

“Eri la migliore scelta peggiore” disse così, su due piedi, quasi le fosse venuto al momento. L’espressione era seria anche se l’angolo della bocca era leggermente sollevato come se la cosa, al contempo, la divertisse.

Rodolphus sorrise scuotendo la testa rendendosi conto che quell’affermazione, seppur assurda, era la descrizione perfetta di quello che provava per lei.

La strinse a sé “E tu cosa sei per me?” le chiese in un sussurrò, nonostante conoscesse la risposta, avvicinando le labbra alle sue.

La donna si scostò, respirava a fatica mentre il volto era diventato improvvisamente cereo, una sensazione di freddo nelle ossa. La mente vagava in un alternarsi di passato e presente ed ella cercava di allontanare il primo, di cancellare i ricordi.

Cosa ti resta poi? la coscienza prendeva il Suo tono.

La voce del marito le giunse ovattata, si mescolava ad un coro di altre.

Resto io, Bellatrix.

“Forse sono abbastanza” mormorò riuscendo a vincere quella sensazione che in quei due mesi non faceva altro che perseguitarla.


*************************************************************



 

I due coniugi stavano seduti l’uno di fronte all’altro sull’enorme davanzale dello studio. Bellatrix, il viso struccato e le ginocchia al petto, aveva quasi un’aria indifesa.

Entrambi bevevano una cioccolata calda, un rituale che condividevano ogni volta che c’era da parlare di questioni importanti, nel frattempo il fuoco scoppiettava nel camino. Nonostante fosse luglio la notte era particolarmente fredda.

“Dunque” la donna si schiarì la gola “ te lo dico senza troppi preamboli: io non voglio morire Rod” fece una pausa per gustare l’espressione sollevata del marito, tuttavia egli sapeva che sarebbe seguito dell’altro.

“Ma?” si limitò a chiederle.

“Ma non ho intenzione di marcire in una prigione per il resto dei miei giorni, né tanto meno sono disposta a scappare, non è vita neanche quella” bevve un sorso di cioccolata.

“Sono due mesi e mezzo che viviamo in questa situazione e sappiamo entrambi che non durerà per molto, dunque dobbiamo agire, il come mi è ancora incerto. L’unica cosa che so è che se dovessi tornare ad Azkaban non esiterei ad uccidermi, non potranno avermi MAI” scandì l’ultima parola guardandolo con sicurezza.

Rodolphus si sentì meglio per quelle parole, le condivideva in tutto e per tutto ed avvertiva, in esse, ogni sfumatura della Bellatrix che conosceva bene… tuttavia c’era una nota dolente.

La donna si avvicinò, senza che gli occhi lo mollassero un secondo.

“Rod io non so come…” si morse le labbra “insomma non pensavo neanche che…” farfugliò e poi tacque per riordinare i pensieri.

“Sono incinta”



 

Ebbene sì, torno con un altro capitolo. Dopo un mese, lo so, ma ero in vacanza e scrivere dal telefono è un’impresa. Spero vi piaccia, è molto lungo ma volevo concentrare il tutto in un solo capitolo. Ora che ho il mio pc pubblicherò più frequentemente.

A presto :*

P.S. Rod e Bella sono la mia vita ma un pizzico di Bellamort ci voleva (spero di averli resi bene)
   
 
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