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Autore: Signorina Granger    09/09/2016    10 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
1944: Gellert Grindelwald rappresenta più che mai una minaccia e la Camera dei Segreti è stata misteriosamente aperta da circa un anno; nemmeno Hogwarts è un luogo sicuro.
Nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che potrebbe aspettarli dopo il Diploma, il Preside Armando Dippet convoca alcuni tra i suoi più talentuosi ex studenti per far seguire delle lezioni nuove, creando così una classe speciale formata dai più capaci studenti dell’ultimo anno.
Queste nuove lezioni li aiuteranno ad affrontare la crudeltà della vita vera?
Oppure anche i loro nuovi insegnanti si ritroveranno ad imparare qualcosa da loro?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 3: Rintocchi
 
Senza amore, senza rabbia, senza dolore,  
il respiro è come un orologio che fa tic tac
 
“Perché è qui?”
 
Quasi sorrise al sentirsi porre quella semplice domanda. Incredibile come fosse semplice ma brutalmente complessa allo stesso tempo… E la verità era solo una: non conosceva la risposta.
 
“Buffo. Credevo che dovesse dirmelo lei… Non è questo quelle che deve fare?”    Si voltò, restando vicino alla finestra appannata dalle gocce di pioggia che stavano inondando Londra dalla notte precedente, come spesso capitava nelle fredde giornate invernali.
 
Rivolse un sorriso ironico alla donna che la stava osservando di rimando, seduta su una sedia e con i capelli castani lunghi fino alle spalle e arricciati. Non potè fare a meno di pensare che anche sua madre portava i capelli così… Ma si disse di non pensarci in quel momento, mentre osservava la donna di circa quarant’anni seduta ad un paio di metri di distanza.
 
“Non esattamente. Speravo che lei avesse la consapevolezza… Sa, spesso accettare e riconoscere qualcosa è un passo davvero molto importante, specialmente all’inizio. Si sieda, per favore.”
 
“Preferisco stare in piedi, se non le dispiace.”
 
Restarono a studiarsi per un istante ma poi la donna sorrise gentilmente, accennando al divanetto a due posti color bordeaux davanti al quale era seduta:
 
“La prego, Signorina Selwyn. Si sieda.”
 
Charlotte sospirò, ma dopo aver esitato si mosse verso il divano, sedendo con riluttanza e maledicendo ancora una volta la gonna attillata che le impediva di muoversi liberamente. Un giorno o l’altro qualcuna si sarebbe ribellata e anche loro avrebbero potuto mettere i pantaloni, ne era certa.
 
Non le era mai piaciuto prendere ordini… Ma aveva imparato a farlo, diversi anni prima. Era stato uno dei primi compromessi che aveva dovuto stipulare per diventare un Auror.
 
Senza dire nulla puntò di nuovo gli occhi verdi in quelli più scuri della donna, che le sorrise come se fosse soddisfatta. Si sentiva quasi un cane in un centro di addestramento, in effetti.
E quella sensazione non le piaceva nemmeno un po’.
 
“La ringrazio. Parlarsi faccia a faccia è molto più facile, se ne renderà conto… Vorrei farle un’altra domanda, Signorina Selwyn. E sono sicura che a questa saprà rispondermi: che cosa ne pensa la sua famiglia?”
 
“Di questa… cosa? Beh, hanno contribuito a costringermi, quindi immagino che siano d’accordo.”
 
“Si chiama terapia, Signorina.”
 
“Charlotte, per favore. Nessuno mi chiama Signorina Selwyn da quando me ne sono andata di casa.”
 
La donna annuì con un cenno alle parole quasi brusche della ragazza, guardandola dritta negli occhi prima di parlare di nuovo:
 
“Charlotte, allora. Ma non intendevo che cosa ne pensano di tutto questo… Mi chiedevo che cosa ne pensano della sua vita.”
 
Charlotte piegò istintivamente le labbra carnose in un sorriso ironico, ricordando senza difficoltà le scenate a cui aveva assistito anni prima:
 
“Beh… Credo che lei lo sappia. Non ne sono molto felici, specialmente mia madre.”
 
“Com’è sua madre?”


“Diversa da me. Totalmente. E’ una donna ricca, bella, Purosangue… che si è sposata per volere dei suoi genitori quando era molto giovane.”
 
“E lei invece com’è, Charlotte? Non la conosco, ma so diverse cose di lei.”
 
“Davvero?”
 
“Basta guardarla e leggere il suo fascicolo: è giovane, molto attraente… Ma non è sposata. Questo trasuda desiderio di indipendenza o più che altro di allontanarsi dalla sua famiglia, considerando che sua madre ha fatto proprio il contrario. Voti altissimi a scuola: intelligenza. Primo Auror donna della storia in Inghilterra: determinazione, competitività, voglia di cambiare le cose. Lei è una persona in gamba, Charlotte. E allora io le domando: perché è qui?”
 
Charlotte sorrise nervosamente, abbassando lo sguardo mentre teneva le mani giunte, i gomiti appoggiati sulle sue gambe e la schiena leggermente protesa in avanti.
 
Perché era lì? Fosse stato per lei, di certo in quel momento sarebbe stata altrove… ma la sua famiglia aveva insistito, così come i suoi superiori. E non aveva avuto scelta, alla fine.
 
Gli occhi scuri di Luisa Bennet si posarono sulle mani della giovane donna, cogliendo il senso di impotenza che Charlotte provava mentre teneva le mani giunte e appoggiati sulle ginocchia, senza mostrarle i palmi.
 
Il silenzio calò nella stanza, mentre l’unico rumore era il rintocco dell’orologio a pendolo posto dietro alla sedia dove Luisa si era seduta. Tic, tac, tic, tac.  I rintocchi scandivano il tempo che passava, facendo innervosire leggermente Charlotte che dopo qualche istate sollevò il capo per guardare di nuovo la donna che le sedeva di fronte, spostando poi lo sguardo sul pendolo che scandiva il tempo che ancora doveva trascorrere chiusa in quella stanza.
Sarebbero state delle ore davvero lunghe, ne era certa…
 
                                                                               *
 
Tic, tac, tic, tac
 
Gli occhi di Charlotte erano fissi sull’orologio da taschino che teneva in mano, osservando le lancette muoversi senza però riuscire a vederle davvero.
Non sapeva nemmeno il perché, ma guardare quell’orologio e sentire le lancette muoversi nel surreale silenzio del corridoio le aveva fatto tornare in mente quella strana, quasi dolorosa prima “seduta”.
 
Le mani della donna strinsero l’orologio d’oro, voltandolo lentamente e osservando la S incisa sul retro del piccolo oggetto.
Istintivamente accarezzò con un dito la lettera in corsivo, sentendo una specie di morsa stringerle lo stomaco mentre la porta accanto alla quale era in piedi si apriva, facendola finalmente ridestare:
 
“Ehilà! Me lo sentivo che eri qui fuori… Dicevi sul serio allora, quando hai detto che volevi cronometrarmi! Dimmi, quanto ci ho messo oggi?”     Regan le sorrise, chiudendosi la porta alle spalle mentre Charlotte si voltava verso di lui, ricambiando il sorriso prima di rispondergli:
 
“Meno di ieri… 10 minuti! Bravo Regan, sono fiera di te.”
 
“Molte grazie… Dai, andiamo a fare colazione o Silente finirà tutte le cose più buone! Non mi ero mai reso conto di quanto fosse goloso quell’uomo!”
 
Regan prese l’amica sottobraccio, lanciando un’occhiata all’orologio da taschino d’oro che teneva ancora stretto in mano:
 
“Hai un orologio da taschino? Strano, in genere li portano gli uomini.”
 
“Beh, avevo detto che ti avrei cronometrato Regan… Io mantengo sempre quello che dico. Comunque non è mio, come hai detto tu le donne non li usano mai.”
 
Charlotte si fece scivolare l’orologio in una tasca della giacca color polvere, incuriosendo leggermente l’amico: aveva quasi voglia di chiederle di chi fosse l’orologio, ma Charlotte non sembrava aver molta voglia di parlarne visto il modo in cui aveva chiuso il discorso… E chi era lui per andare contro la sua volontà?
 
                                                                            *
 
“Fantastico, mi sono pure svegliata in ritardo! Mi sembra quasi di essere tornata a scuola…”
 
Lyanna sbuffò, appoggiando la spazzola sulla toilette e lanciando un’occhiata alla foto incorniciata e appoggiata accanto allo specchio ovale mentre allungava la mano verso il suo rossetto rosso preferito, quello che metteva praticamente ogni giorno.
 
Alle sue spalle l’orologio continuava a ticchettare, scandendo il tempo che passava e che determinava il suo lieve ritardo per la colazione:
 
“Hai visto come mi sono ridotta? Parlo pure con una foto… Se mi sentissi, rideresti molto.”
 
Le labbra di Lyanna si piegarono in un lieve sorriso, malinconico e quasi divertito allo stesso tempo mentre spostava gli occhi contornati da lunghe ciglia sullo specchio, stendendo il colore sulle labbra quasi con un gesto automatico.
 
 Rimettendo il rossetto sul tavolo Lyanna rimase per qualche istante ad osservare il suo riflesso nello specchio, trovando la scena dolorosamente familiare.
Mancava solo un piccolo, enorme dettaglio.
 
 
“Ancora con quel rossetto? Non ti ho praticamente mai vista senza.”
 
Si strinse nelle spalle, rivolgendo un sorriso all’uomo alle sue spalle attraverso lo specchio:
 
“Dovresti saperlo… ormai è il mio marchio di fabbrica. Perché, non ti piace?”
 
Lo guardò scrollare le spalle a sua volta prima di alzarsi dal letto, avvicinandolesi già vestito di tutto punto e rivolgendole un sorriso:
 
“No… Mi piace moltissimo invece.”
 
Quasi per dimostraglielo si chinò mentre lei si voltava, prendendole la testa tra le mani e baciandola.
Dopo qualche istante si staccò, sorridendole senza allontanare il viso da quello della donna per più di qualche cm:
 
“Ti amo, Lyanna.”
 
 
Sorrise appena, spostando gli occhi di nuovo sulla foto incorniciata. I rintocchi dell’orologio riempivano ancora la stanza silenziosa, non facendo che aumentare il tempo che stava trascorrendo lontana da lui. Senza staccare gli occhi dalla foto parlò a bassa voce, sapendo che ormai non avrebbe potuto sentirla nemmeno se avesse urlato a squarciagola:
 
“Ti amo anche io.”
 
                                                                             *
 
“In parole povere, ci aggiungeranno lezioni extra! Grandioso… Non voglio pensare a come faremo con tutti i compiti, visto che i nuovi corsi saranno al pomeriggio!”
 
Dante sospirò, guadagnandosi un lieve sorriso da parte di Jane, come se volesse tirargli su il morale mentre impilava ordinatamente i libri che doveva restituire alla Biblioteca:
 
“Non è una cosa brutta Dan… insomma, sono cose interessanti! Non certo come Storia! Quella sì che è una noia… Specialmente con Ruf come prof! Te lo immagini ad insegnare Medimagia?”
 
“Figuriamoci, il paziente farebbe in tempo a morire dissanguato prima che quello finisca di leggere un paragrafo. Lascia, faccio io.”
 
Jane fece per sollevare la torre di Pisa che aveva formato con i libri ma Dante la precedette, prendendoli e sollevandoli dal tavolo al posto suo.
 
“Grazie Dan!”    Jane gli sorrise, guardandolo con affetto incamminarsi a passo svelto per la Biblioteca prima di ridestarsi e trotterellargli dietro, non avendo alcuna intenzione di lasciarlo da solo visto che sarebbe stato capacissimo di combinare qualche guaio.
 
“Figurati… sei così magrolina che crolleresti.” Dante ridacchiò, facendo imbronciare appena l’amica. La cosa lo fece sorridere ulteriormente, guardandola con cipiglio divertito che si estese fino agli occhi eterocromatici:
 
“Dai piccola Jane, non prendertela! Sei carinissima comunque.”    Le sue parole fecero come al solito crollare il broncio della ragazza, che finì per sorridergli scuotendo appena il capo:
 
“Menomale che ci sei Dan, dovrei inventarti altrimenti! Tornando alle nuove materie… Rilassati, io spero piuttosto che io, te e Amos verremo scelti… Così almeno saremo insieme, no?”
 
“Ottima idea, così tu puoi aiutarmi nelle materie dove farò pena!”
 
“Grazie tante!”
 
“Beh, io ti faccio da facchino e tu da prof, mi sembra un buon compromesso.”
 
Dante sorrise allegramente proprio mentre la Bibliotecaria, Madama Jones, sbucava da dietro uno scaffale fulminando il Grifondoro con lo sguardo:
 
“JULIUS! SILENZIO!”
 
“Mi scusi, cercherò di parlare più piano!”   Il ragazzo rivolse alla donna un sorriso colpevole e carico di scuse, consapevole di avere una voce forte e decisamente difficile da non sentire.
L’anziana strega lo fulminò con lo sguardo per poi allontanarsi, borbottando qualcosa sul fatto che non avrebbero dovuto concedere ore buche agli studenti così da permettergli di gironzolare e fare chiasso.
 
“Com’è nervosa! E io che sto persino rimettendo in ordine dei libri!”
 
Jane non condivise l’espressione leggermente irritata dell’amico, ridacchiando invece:
 
“Beh, io te lo dico sempre… a volte ti sento parlare persino in Sala Grande, dal mio tavolo!”
 
“Cosa vuoi che ti dica Jane… avere un mucchio di fratelli mi ha temprato, dovevo farmi sentire sin da piccolo!”
 
Dante si strinse nelle spalle mentre appoggiava il mucchio di libri sul ripiano centrale della Biblioteca e, come sempre, i vari volumi planarono ordinatamente ognuno al suo posto dopo aver toccato il legno incantato del tavolo.
 
Jane invece non disse nulla per qualche istante, seguendo distrattamente il percorso di un tomo di Pozioni rilegato in pelle mentre rifletteva su quanto avesse appena detto Dante… anzi, su tutte le volte in cui il ragazzo accennava alla sua famiglia.
 
“Mi piacerebbe avere una famiglia come la tua, sai?”
 
Il tono vago e quasi assorto della ragazza fece voltare Dante, che la osservò dall’alto in basso per un attimo prima di sorriderle vivacemente:
 
“Beh, di certo non si sta mai tranquilli un attimo!”
 
“Non mi dispiacerebbe… una famiglia numerosa, chiassosa, tremendamente unita. Sei fortunato Dan.”
 
Jane sembrò riscuotersi, voltandosi verso il ragazzo e rivolgendogli un sorriso incerto, come se non si sapesse nemmeno spiegare perché avesse detto quelle parole. L’aveva sempre pensato, in realtà… ma era la prima volta in cui si esprimeva ad alta voce.
 
“Sai che ti dico Jane? Un giorno avrai una famiglia così grande che non saprai nemmeno dove metterla. Te lo prometto.” 
 
Dante le sorrise, allungando una mano dalle dita lunghe per darle un buffetto sulla guancia, facendola sorridere di rimando mentre si scostava leggermente:
 
“Grazie Dan… Spero che tu abbia ragione.”
 
“Certo che ho ragione. E ora smettila di fare il pulcino bagnato e fammi un sorriso Jane Prewett, lo sai che non mi piace vedere le persone tristi.”
 
Dante le rivolse un sorriso allegro e Jane non riuscì a non ricambiarlo, facendo saettare lo sguardo sull’orologio alle spalle del ragazzo…. Secondo le sue lancette che rintoccavano nel silenzio della Biblioteca, la loro ora buca stava per finire.
 
“Lo so, lo so… Ma ora è meglio andare, o la Jones ti butterà fuori a calci per “disturbo della quiete pubblica” … E poi tra meno di dieci minuti abbiamo Trasfigurazione.”
 
“Hai ragione… filiamocela.”
 
                                                                                 *
 
“Secondo te con quali criteri sceglieranno?”
 
“Immagino i più bravi in determinate materie… Quelli che si comportano meglio… Cose del genere.”      Isabella e Brianna, sedute una di fronte all’altra al tavolo dei Corvonero per il pranzo, stavano mangiando chiacchierando meno del solito, ognuna con la testa rivolta alla riunione in Biblioteca del pomeriggio precedente: entrambe si chiedevano se sarebbero state scelte e, nell’eventualità che accadesse, come sarebbero state quelle nuove lezioni.
 
“Beh, non mi dispiacerebbe poter seguire lezioni nuove… sarebbe interessante, anche divertente! Il Club dei Duellanti è solo per i ragazzi… sarebbe l’occasione per imparare a duellare, no?”
 
Brianna sfoggiò un sorriso allegro e Isabella annuì, non potendo non fare una smorfia alle parole dell’amica: le aveva sempre dato un gran fastidio il fatto che il Club dei Duellanti non fosse aperto alle ragazze… Non perché avrebbe necessariamente voluto prendervi parte, ma la trovava comunque un’ingiustizia bella e buona.
 
“Immagino di sì… Non sarebbe nemmeno male se qualche idiota si decidesse ad aprire il Club anche a noi.”
 
“Lascia perdere Bella, non lo faranno prima dei prossimi 30 anni… Ci hai provato, lascia stare.”
 
Isabella sospirò, scuotendo il capo e appoggiando la forchetta sul piatto. Decise di seguire il consiglio dell’amica e di lasciar perdere, chiudendo l’argomento e tornando a concentrarsi sulla questione delle nuove lezioni:
 
“Ok, meglio lasciar perdere… Ci comunicheranno chi è stato scelto dopodomani, me l’ha detto Silente stamattina.”


“Cosa, te l’ha detto dopo Trasfigurazione? Perché solo a te? E soprattutto perché non me l’hai detto?”
 
“Beh, dopo Trasfigurazione tu avevi Aritmanzia e io Antiche Rune, non ti ho visto fino ad ora! Immagino me l’abbia detto perché sono Caposcuola, comunque.”
 
“Questi sono i momenti in cui piacerebbe esserlo anche a me! Dopodomani, quindi… Immagino che ci osserveranno un po’ domani per decidere chi scegliere.”
 
“Non se sarei così sicura Bree… Magari ci hanno osservato anche stamattina senza farcelo sapere, chi può dirlo.”
 
Brianna si accigliò leggermente alle parole sibillina dell’amica, che per tutta risposta sollevò le sopracciglia come a volerle dire di non fare quella faccia e che poteva davvero essere così.
 
“La cosa mi mette un po’ di ansia… Ma hai ragione, potrebbe anche essere. Che ore sono piuttosto? Non ho più guardato l’ora…”
 
Brianna abbassò lo sguardo sull’orologio che portava allacciato al polso, sgranando gli occhi azzurri con orrore nel vedere la lancetta dei minuti posta tra il 10 e l’11 mentre quella dei secondi continuava a muoversi velocemente… forse anche troppo.
 
“Oh cavoli… A furia di parlare quasi perdiamo le lezioni! Tra meno di dieci minuti abbiamo Pozioni, dannazione!”
 
“Oh no, non mi va di sentire Lumacorno pavoneggiarsi!”   Isabella gemette, sbuffando mentre si alzava controvoglia dalla panca.  Bree le lanciò un’occhiata seccata, come a volerle dire – Perché, secondo te a me va? – mentre si alzava a sua volta per poi seguirla verso le porte aperte della Sala Grande, zigzando tra gli studenti che stavano uscendo come loro per tornare a lezione.
 
“Sai Bella, a volte penso che il tempo passi troppo in fretta… La pausa pranzo dura sempre troppo poco.”
 
“Il tempo è una delle poche cose costanti che esistano Bree… E’ la nostra mente ad elaborarlo diversamente da ciò che è, a volte.”
 
                                                                              *
 
“Senti… La tua pozione di che colore è?”    Rod si sporse leggermente verso il banco accanto al suo, sbirciando la pozione che ribolliva nel calderone di Antares. Una smorfia increspò le labbra del Grifondoro davanti a ciò che vide, ovvero una pozione color carta da zucchero.
 
“Ma andiamo, non è possibile! La mia è viola!”
 
“Beh, guarda il lato positivo… A te piace il viola.”
 
Antares si strinse nelle spalle, continuando a mescolare la sua pozione mentre Rod sbuffava, guardando il suo calderone con aria torva: per quanto Pozioni gli piacesse, non ne azzeccava mai una.
Antares sosteneva che aveva fuso tre calderoni dal sesto anno… In realtà erano 4, ma non aveva mai avuto il coraggio di correggerlo.
 
“Non sono mai riuscito a spiegarmi perché Lumacorno mi ha voluto nel suo “club” … Faccio pena nella sua materia!”
 
Rod sospirò, facendo stringere Antares nelle spalle prima di rispondergli in tono vago, come se avesse ripetuto quelle parole diverse volte:
 
“Vero. Ma ti chiami Lestrange di cognome, dopotutto.”
 
“Che fortuna… Beh, mi consolo: farò pena in Pozioni, ma almeno me la cavo in altre cose! In Trasfigurazione non mi batte nessuno.”
 
“Temo di dover dissentire, Lestrange: io sì.”
 
“Ma non dire assurdità! Ti vorrei ricordare mio caro Black, che una volta ho trasfigurato Yaxley in un tacchino al Club dei Duellanti!”
 
Rod sfoggiò un sorrisetto, ricordando l’episodio che non si sarebbe mai stancato di raccontare con infinita soddisfazione. Quando l’aveva raccontato ad Antares il Serpeverde aveva quasi pianto dal ridere, non riuscendo a smettere per diversi minuti e segnando così la condanna del compagno di Casa Starkey Yaxley, che spesso e volentieri si ritrovava con il fastidioso aneddoto sbattuto in piena faccia.
 
“La vedremo giovedì alla prossima lezione allora… Voglio proprio vedere chi tra noi ci metterà meno ad auto-trasfigurarsi in un comò.”
 
                                                                         *
 
“Che strazio… Non ricordavo che un’ora di lezione potessero essere così lunga!”
 
Will sbuffò, guardandosi le mani e tirando un sospiro di sollievo nel realizzare che poteva di nuovo vederle: non gli erano mai piaciuti gli incantesimi di Disillusione… una parte di lui aveva sempre il terrore di non riuscire a tornare normale.
 
“Se è stata lunga per te, immagina quei poveracci… Non li ho proprio invidiati, cominciavo anche ad avere caldo nonostante i Sotterranei in genere siano umidi.”
 
Regan si prese i lembi della giacca per farsi aria, lieto di essere finalmente uscito dall’aula di Pozioni al termine della lezione. Lui, Will, Charlotte e Lyanna avevano assistito silenziosamente senza farsi vedere dagli studenti, auto-applicando un Incantesimo di Disillusione prima di entrare in aula.
 
“Regan, cerca di capirlo… Per il povero Will dev’essere davvero frustrante non venir rimirato per un’ora intera! Sessanta minuti sono tantissimi infondo!”
 
Will lanciò un’occhiataccia alla donna che gli era appena comparsa accanto, che lo guardava con la compassione più finta del mondo:
 
 “Sempre adorabile, Charlotte… Il tempo passa, ma le persone non cambiano poi molto a quanto pare.”
 
“Stavo per dire la stessa cosa, mi hai letto nel pensiero!”
 
Charlotte gli sorrise amabilmente prima di strizzare l’occhio ad un Regan che stava cercando di non ridere, accelerando il passo per superare i due e raggiungere Lyanna che camminava qualche passo davanti a loro.
 
“Regan, stai ridendo?”
 
“Io? No! Ma come ti viene in mente Will? Non oserei mai. Notato qualcuno di interessante, comunque?”
 
“Dovrei chiedertelo io… Insegnerai tu Veleni e Antidoti dopotutto… e si avvicina abbastanza a Pozioni.”
 
“Un ragazzo Grifondoro stava quasi per disintegrare il suo calderone, poverino! Ero quasi tentato di andare ad aiutarlo…”
 
Regan sorrise con sincero divertimento, non potendo non provare solidarietà per quei ragazzi: in fin dei incontri solo un decennio prima era al loro posto… E anche se era sempre stato bravissimo in Pozioni, aveva avuto le sue lacune come tutti.
 
“Per carità, lasciali nel loro brodo finché sono nell’aula di Lumacorno… altrimenti poi chi lo sente. In ogni caso, per oggi abbiamo finito di fare da spettatori e la cosa mi solleva parecchio. Non abbiamo una qualche riunione adesso, vero?”
 
Il tono e l’espressione quasi allarmata di Will fecero sorridere l’ex compagno di Casa, che scosse il capo per rassicurarlo:
 
“Noi, tranquillo… Ma domani ne abbiamo una dopo le lezioni, per decidere chi seguiremo nei prossimi mesi.”
 
“Oh, fantastico… Non vedo l’ora. Beh, io vado a riposarmi un po’ finché ne ho la possibilità. Ci vediamo a cena Regan!”
 
Will rivolse al collega un cenno di saluto che venne ricambiato prima che Cavendish si allontanasse a passo svelto nel corridoio umido e poco illuminato.  Era la prima volta in cui tornava nei Sotterranei dopo nove anni… Era strano, in effetti. Sia per lui che per Regan, che venne sfiorato dalla tentazione di dare una sbirciata alla sua vecchia Sala Comune, giusto per vedere cosa fosse cambiato o rimasto uguale… Fortunatamente però si riscosse, dicendosi che non era una grande idea e che probabilmente avrebbe fatto prendere un colpo a qualche studente.
 
Passando davanti al muro che celava l’ingresso alla Sala Comune Regan sorrise appena, appuntandosi mentalmente di farci un salto entro la fine dell’anno scolastico… Non poteva certo tornare ad Hogwarts senza combinare almeno un guaio, dopotutto.
 
                                                                            *
 
“Bell’orologio.”      Charlotte alzò lo sguardo di scatto, ritrovandosi a guardare Lyanna sedersi accanto a lei nella Sala Insegnanti.
L’Auror annuì appena, chiudendo l’orologio da taschino per poi riporlo lentamente nella tasca della giacca:
 
“Grazie. In genere non amo gli orologi, in realtà… Non li porto mai.”
 
“Davvero? Perché?”
 
“Non lo so… credo che non mi piaccia il fatto che scandiscano costantemente il tempo, che ci ricordino quanto velocemente scorrano le nostre vite e a quanto ci scivolino dalle mani, a volte.”
 
Lyanna inarcò un sopracciglio alle parole della collega, che teneva lo sguardo fisso sulle fiamme che ardevano nel camino acceso come se stesse riflettendo su qualcosa.
 
“Non avevo mai pensato a questo… punto di vista. Non ci avevo mai riflettuto, ma forse hai ragione.”
 
“Probabilmente sono strana, lascia stare Lyanna… Ma a volte quel ticchettio mi rende davvero nervosa, non so perché.”
 
Charlotte sorrise tetramente, riuscendo quasi a sentire quel fastidioso rumore anche se l’orologio era chiuso e riposto nella sua tasca.  Aveva passato diversi minuti senza dire o fare nulla, osservando un orologio a pendolo e aspettando che il tempo trascorresse… Peccato che in quei momenti il tempo sembrava non passare mai, come se le lancette si divertissero a prendersi gioco di lei senza spostarsi.
 
A quelle parole Lyanna le rivolse un leggero sorriso, come a volerle tirare su il morale:
 
“Ognuno ha le sue stranezze Charlotte… E dietro c’è quasi sempre un motivo preciso.”
 
“Immagino che tu abbia ragione. Al tempo che passa, allora.”   Charlotte prese la tazza di the fumane dal tavolo da caffè, avvicinandola a quella che teneva in mano la mora e facendole incontrare.  Lyanna annuì, ripetendo le sue ultime parole prima di bere un sorso di the:
 
“Già… al tempo che passa mentre noi stiamo a guardare.”




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Angolo Autrice:
Buonasera! Non pensavo di aggiornare così presto, ma l'ispirazione ha bussato alla mia porta... quindi eccomi qui. 
Grazie per le informazioni che mi avete mandato e per le recensioni come sempre... a presto, spero, e buonanotte!
Signorina Granger
   
 
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