Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    12/09/2016    1 recensioni
2024. Malcolm Hamilton e i suoi amici si apprestano a terminare i loro studi alla Columbia ma il giovane, Guardiano dello Spirito e Fulcro del Pentacolo di Potere della sua famiglia, sente che qualcosa non va, che qualcosa lo minaccia, pur se non direttamente. Niente e nessuno sembra riuscire a comprendere cosa stia curiosando attorno al giovane, neppure un'entità potente come la Fenice Araba, che si è presa personale carico di aiutare l'amico e Guardiano.
Cosa vi può essere che riesce a sfuggire agli occhi di un Dominatore dello Spirito? E sarà un'entità davvero malvagia, o solo incuriosita dal potere di Malcolm e della sua famiglia?
E' difficile scoprirlo, specialmente quando cuore e anima vanno in due direzioni diverse. Se il primo vorrebbe pensare agli occhi dolci di Eiko, la seconda è incuriosita da Rin, le due nuove amiche che Malcolm conosce all'università.
Riuscirà il ragazzo a non cacciarsi nei guai, o saranno i guai a trovare lui? - SPIN-OFF serie 'The Power of the Four' (è necessaria la previa lettura della saga, per comprenderne gli intrecci)
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
7.
 
 
 
 
“Sean…” mormorò Bryony, affacciandosi nello studio del marito.
 
Erano le undici e mezza passate, i gemelli dormivano saporitamente, ma del marito non v’era traccia.
 
Notando la sua mancanza nella stanza la moglie sorrise a mezzo e, dopo essere uscita dallo studio, si diresse veloce verso la porta dell’appartamento per uscire sul pianerottolo.
 
Abitando a Hamilton Manor assieme a Miranda, Colin e al piccolo Anthony, era facile incrociarsi anche alle ore più strane della giornata.
 
Da quando poi Angus Hamilton era morto, meno di sei mesi addietro, ritrovarsi a bere un whisky alla sua memoria era una cosa che capitava spesso.
 
D’accordo con il capofamiglia, Winter, Hangus aveva scritto nel testamento che le due coppie continuassero ad abitare nel castello, perché qualcuno di fiducia potesse occuparsi di quella reliquia di famiglia.
 
Colin si sarebbe occupato dell’aspetto pubblico del maniero, mentre Sean di quello privato e più mistico.
 
Bryony quindi dubitava fortemente che Sean si trovasse assieme a Colin per una visita guidata notturna, o per una bevutina di whisky.
 
Non a caso, quando raggiunse le porte ad arco della biblioteca del maniero, non poté che sorridere nello scorgere una lama di luce sgusciare da sotto i battenti di quercia.
 
Sean era facilmente prevedibile.
 
Quando aprì la porta – perfettamente oliata – lo vide chino su un antico tomo, la luce da tavolo accesa accanto a lui, e pile di libri pronti per essere letti al suo fianco.
 
Mo chrói… hai intenzione di venire a letto, o ti porto qualcosa per la nottata?”
 
Levando il capo dal libro con espressione esausta, Sean si stiracchiò le braccia, facendo scricchiolare la schiena, e le sorrise spiacente.
 
Bryony sorrise spontaneamente. Sean era così; non si arrendeva di fronte a niente, anche a costo di rovinarsi la salute.
 
“Mary e Wyatt sono a letto?” le domandò, accogliendola al suo fianco quando Bryony si avvicinò.
 
“Dormono della grossa, dopo essersi scolati un bicchierone di latte e miele. E tu? Cosa pensi di fare?”
 
Accigliandosi a quella domanda, Sean tornò a scrutare il libro dinanzi a lui e, con un sospiro, ammise: “Temo proprio che le mie conoscenze non bastino ad aiutare Mal, stavolta.”
 
“Che intendi dire?” osservò la moglie, preoccupata.
 
“Non si tratta di un’entità legata al culto celtico, e neppure a uno dei tanti pantheon europei che ho visionato. Pur con le informazioni che ho in mano, e le sensazioni provate da Malcolm stesso o da Ben, non riesco a far collimare nulla. Ci sono somiglianze con diverse creature, quasi tutte legate al mondo del vampirismo… ma non è il nostro caso.”
 
Sospirando, Bryony gli carezzò il viso turbato, i morbidi capelli biondi e, baciatagli la fronte, asserì: “Hai fatto del tuo meglio. Nessuno potrebbe negarlo.”
 
“Ma non ho saputo dare una risposta a Malcolm” replicò Sean, scontento.
 
“Hai eliminato delle possibilità. Non è poco” ribatté la moglie. “Ora, Malcolm e Ben sanno che il nemico non è un incubus o una succubus, né una lamia, né tanto meno uno hiisi ugro-finnico. Non è poco, non ti pare?”
 
Pur comprendendo il tentativo della moglie di aiutarlo, Sean sospirò distrutto e, poggiato il capo tra i suoi seni, sussurrò: “Ma non ho trovato altro.”
 
“Perché sei una creatura mortale e fallibile, esattamente come qualsiasi altro essere umano su questa terra, e Malcolm lo sa. Pensi te ne farebbe una colpa? Ti sarà grato, esattamente come lo saranno gli altri Guardiani. Non si pretende mai l’impossibile dalle persone, Sean, ormai dovresti saperlo” gli rammentò la moglie, baciandogli il capo con calore.
 
Sean sorrise nonostante tutto e, levando appena il capo a guardarla, ammise: “Mi stupisce ancora che nessuno dei tuoi studenti si sia innamorato di te, in questi anni.”
 
Lei rise dolcemente, alzandosi e trascinandolo con sé per abbracciarlo e, contro il suo torace, mormorò maliziosa: “Solo perché sono stata sempre molto brava a tenerti nascosti i miei mille amanti.”
 
Sean allora rise con lei, le avvolse le spalle con un braccio e, dopo aver spento la lampada da tavolo, asserì: “Sarà meglio che faccia prevalere il mio diritto di prelazione su di te.”
 
“Sì, sarà il caso” assentì la donna, dandogli una pacca sul di dietro.
 
***
 
“… e così, abbiamo eliminato con sicurezza quasi matematica tutto il bacino europeo e africano” asserì al telefono Ben, spaparanzato sul suo letto dello studentato. “Visnu mi assicura che non c’entrano neppure le creature del pantheon indiano, che non rassomigliano a quanto da te percepito. Posso escludere anche le creature cinesi a priori. Niente rassomiglia a quanto mi hai detto.”
 
“E’ forse un alieno?” ironizzò Malcolm, allacciandosi le scarpe e tenendo il cellulare tra orecchio e spalla.
 
“Può darsi. Potresti essere il primo caso documentato di possessione aliena. Sai che ficata?” rise Ben per stemperare l’ovvia ansia dell’amico.
 
“Sai essere davvero perfido, quando ti ci metti, Benu” brontolò Mal, passando quasi automaticamente al suo antico nome.
 
“Passa tutto il tempo che passo io a chiacchierare con Rah e Apollo, e dirai scempiaggini per metà del tempo” ghignò Ben. “L’ultima volta che ho giocato a senet con loro due, ho riso per quasi tutta la durata della partita e, ovviamente, ho finito col perdere.”
 
A Malcolm suonò strano sentir parlare delle due divinità, specialmente se correlate con l’antico gioco degli scacchi egizio, ma con Ben bisognava fare poco caso a cose come queste.
 
Per lui era normale parlare di basket con Apollo, piuttosto che rugby con Freyr. Per quanto fossero divinità interamente spirituali, sembravano essere state piuttosto incuriosite dagli sport moderni, e per Ben era diventato normale chiacchierare per ore in tal senso.
 
Il solo pensarci era paradossale, folle, ma per lui era una cosa da tutti i giorni.
 
Tornando serio, Ben domandò: “A parte gli scherzi, amico, hai niente da dirmi?”
 
“Se stai parlando di Eiko, no, niente di niente. Anzi, sono in ritardo per un’uscita di gruppo al cinema.”
 
Di gruppo” ripeté accigliato Benjamin, scuotendo il capo sul suo cuscino in memory foam. “Devo insegnarti tutto io, ragazzo?”
 
“Sei più giovane di me, Ben, almeno per questa vita” gli rammentò Malcolm, con un ghigno in viso. “Inoltre, non volevo affatto che Eiko interpretasse male.”
 
“Che male potrebbe esserci, nell’invitarla fuori da solo?” protestò l’amico, levandosi a sedere. “Per quanto tempo ti nasconderai dietro i tuoi poteri, Malcolm? Non puoi vederli sempre e solo come un ostacolo alla tua vita. Devi fonderti con loro, prenderli pienamente dentro di te e accettarli. Accettarti per ciò che sei.”
 
“Ben, sai meglio di me che persone come noi non potranno mai avere una vita normale, e creature speciali come i miei zii acquisiti, o tuo padre e le vostre famiglie, non sono così facili da trovare” gli rammentò amaramente Malcolm, levandosi in piedi.
 
Afferrata la sciarpa, si avvoltolò il collo per bene – fuori, c’erano tre gradi sottozero, ed era solo metà novembre – e terminò di dire: “Inoltre, sai bene cosa vuol dire sentire.”
 
“Non come te” ammise Ben che, per quanto potente, non avrebbe mai potuto – e saputo – leggere nelle menti delle persone.
 
Avrebbe avvertito i sentimenti, le pulsioni degli umani, ma mai i pensieri.
 
Ciò che era in grado di fare Malcolm esulava dalle sue possibilità, e per una buona ragione. Una Fenice in grado di controllare le menti della gente, vivendo per cinquecento anni, avrebbe potuto cambiare le sorti del mondo per sempre.
 
Questo avrebbe impedito agli uomini di camminare sulle proprie gambe, eliminando di fatto il libero arbitrio, tabù del tutto intoccabile per gli equilibri dell’Universo.
 
Benjamin sapeva più che bene che un simile evento avrebbe potuto avvenire con facilità, se avesse avuto anche le doti di Malcolm.
 
Spinto dal desiderio supremo di salvare l’umanità, una Fenice avrebbe potuto cedere e… cadere nell’errore.
 
Questo l’avrebbe fatta diventare padrona assoluta di intere generazioni di uomini, e nessuno avrebbe potuto fermarla, nella pienezza dei suoi poteri.
 
Forse, solo il Cerchio dei Cinque ne sarebbe stato in grado ma, fortunatamente, questa eventualità non avrebbe mai dovuto avverarsi.
 
Quanto al Guardiano dello Spirito, non avrebbe potuto usare in malo modo il suo potere, essendo governato dalla dea Arianrhod.
 
Un passo falso nella direzione sbagliata, e la sua testa sarebbe saltata. Letteralmente.
 
“Ti ringrazio davvero per la tua preoccupazione e il tuo interessamento, Ben…” mormorò Malcolm uscendo dall’appartamento. “… ma è una cosa che devo risolvere alla mia maniera.”
 
“Certo, amico. Mi spiace soltanto tu debba soffrire tanto” ammise Ben, salutandolo nel chiudere la comunicazione.
 
Rigirandosi nel letto, la giovane Fenice mormorò poi mentalmente: “Perché deve essere tutto così difficile, Rah?”
 
“Diversamente, il mondo sarebbe un luogo assai noioso, non ti pare?” replicò serafica la divinità, mormorando all’interno della sua mente.
 
“Malcolm, però, soffre, ed è una delle persone più buone e generose che io conosca. Non lo merita” protestò il giovane.
 
“Una Fenice penserà sempre al bene delle genti, ma non devi soffermarti solo a una in particolare, lo sai. E’ encomiabile che tu cerchi di aiutarlo, ma rammenta il tuo dovere. L’amore universale, non unico.”
 
“Stai ipotizzando che io ami Malcolm?” ironizzò Ben, sgranando gli occhi.
 
“Non sarebbe un cattivo partito, ma so bene che la tua mente preferisce colline e lunghi capelli fluenti, a petti scolpiti e chiome rasate.”
 
Ben scoppiò a ridere di gusto, di fronte a quella descrizione piuttosto curiosa della donna e dell’uomo e, nel sollevarsi da letto, dichiarò: “Hai delle idee assai contorte, amico mio.”
 
“Avresti preferito che usassi parole più scurrili per definire il corpo della donna e quello dell’uomo? Sai che la dialettica ha il suo perché, e io amo esprimermi in modo cortese” celiò il dio, abbandonandolo con un saluto.
 
Quando Benjamin digitò il numero di casa per parlare con i suoi genitori, stava ancora sorridendo divertito.
 
Voleva chiedere assolutamente alla mamma se Rah era sempre stato così burlone.
 
***
 
D’accordo, forse doveva scambiare due parole con suo padre.
 
Era una cosa normale smettere di respirare quando si vedeva una ragazza che, potenzialmente, poteva diventare l’amore della tua vita?
 
Malcolm si chiese questo, quando vide comparire Eiko dall’angolo della strada, stranamente sola e avvoltolata in un cappotto bianco lungo fino al ginocchio.
 
I capelli neri le scivolavano come un mantello sulle spalle e le gote, arrossate dal freddo, erano deliziose quanto il luccichio nei suoi occhi.
 
Keath e Bobby la salutarono per primi, chiedendole poi di Rin.
 
Una volta raggiuntili, Eiko salutò gli amici e, dopo aver sbirciato un secondo più degli altri il viso di Mal, ammise: “Temo che, per un po’, non uscirà. L’esame di prospettiva non è andato bene, perciò ora si è messa in testa di volerlo passare al meglio, con tanto di lode. Ha rifiutato il voto, così ora sono sola soletta.”
 
“Ci penseremo noi, a te, e dopo porteremo una torta e del buon caffè a Rin. Il cervello va irrorato di endorfine” le propose Bobby, offrendole il braccio per entrare al cinema.
 
Eiko lo accettò dopo un attimo di titubanza, così a Keath non restò altro che fare lo stesso con Mal, che accettò con un ghigno e si accodò.
 
L’amico, però, lo trattenne quel tanto che bastò perché Bobby si allontanasse con Eiko e, a bassa voce, mormorò: “Senti un po’, bello, ma quando hai intenzione di farti avanti?”
 
Io e le mie confessioni davanti a una birra, pensò tra sé Malcolm, lagnandosi per la sua lingua lunga.
 
Perché, quella notte maledetta di una settimana addietro, si era ubriacato?
 
Forse, perché eri stato sul punto di saltare addosso a Eiko, e soffrivi come un cane?, gli rammentò una vocetta maliziosa nella mente.
 
Le sue Elementali non poterono non ridere – sapevano tutto ciò che succedeva nella sua testa – e la fata sulla spalla di Keath rischiò addirittura di ribaltarsi per l’ilarità.
 
“Siete molto serie… davvero…” brontolò tra sé Malcolm, mentre le Elementali non smettevano di ridere del loro Guardiano.
 
“E’ troppo presto. Ci conosciamo da poco, e non voglio certo rovinare tutto per la troppa fretta” borbottò poi Malcolm ad alta voce, ombroso in viso.
 
“Sì, e le caprette fanno miao, e gli unicorni rosa volano in cielo” replicò scettico Keath, scuotendo il capo. “Dannazione, amico! Sei sempre stato molto morigerato con le ragazze, e ben venga! Sei un gran signore, esattamente come tuo padre, ma qui stai esagerando! Sembri terrorizzato da Eiko e, al tempo stesso, sembri sul punto di volerla rapire per non farti rivedere mai più.”
 
Malcolm fissò l’amico con espressione assai confusa e Keath, addolcendo i tratti del viso, sorrise a mezzo, aggiungendo: “Solo perché io e Bobby facciamo i burloni, non vuol dire che non ci accorgiamo di cosa ti passa per la testa. Si vede che, stavolta, la cosa ti ha toccato davvero.”
 
Che il suo volto fosse diventato così espressivo, riguardo a Eiko?
 
Osservando la ragazza in questione, che stava salendo le scale per raggiungere la sala al secondo piano del cinema, Keath mormorò: “E’ riflessiva, esattamente come te, e denota una tendenza a preoccuparsi per gli altri che mi ricorda molto te, amico. Vi somigliate molto e, forse proprio per questo, vi state scornando per nulla, senza dirvi quello che dovreste.”
 
Se solo sapessi!, pensò tra sé Malcolm, desideroso di dire tutta la verità all’amico.
 
Ma come fare?
 
Sapeva benissimo che, a parte i rami della famiglia acquisiti tramite matrimonio, e il Clan irlandese, pochissimi altri conoscevano il loro segreto.
 
Certo, c’era Magdalene, il capo di papà e di zia Summer, alcune sacerdotesse di Pele alle Hawaii, e diversi houngan di New Orleans ma, a parte loro, il segreto era rimasto tale per millenni.
 
Erano troppi i rischi connessi alla verità che li riguardava, eppure gli era sempre sembrato di fare un torto a Bobby e Keath, non dicendo loro il vero.
 
Che fosse giunto il momento di compiere anche quel passo?
 
Prendendo un gran respiro, Malcolm disse infine all’amico: “Ti devo parlare di una cosa importante. A te e Bobby, per la verità. Questo servirà a farvi capire perché, trattandosi di Eiko, ci vado con i piedi di piombo.”
 
Keath capì immediatamente che Malcolm non stava scherzando.
 
Il viso di Mal era molto più che serio. Era terrorizzato. Quasi che, quello che sentiva l’esigenza di ammettere con loro, avrebbe potuto minare per sempre l’amicizia che li legava.
 
Annuendo lentamente, Keath non disse nulla e, quando entrò nella sala assieme all’amico, borbottò due parole all’orecchio di Bobby e si sedette.
 
Eiko scrutò un momento Malcolm, turbata dalla sua serietà ma questa, come era giunta, scomparve. Mal le sorrise, ma Eiko non vi cascò neppure per un istante.
 
Qualcosa lo turbava, e molto, ma preferì non impicciarsi.
 
Limitandosi a rispondere al sorriso, volse il viso in direzione dello schermo e, dopo aver indossato gli occhialini 3D, si preparò alla visione.
 
***
 
Central Park non era esattamente il luogo ideale in cui rifugiarsi la notte ma, grazie ai suoi poteri, Malcolm non ebbe difficoltà a trovare un posto tranquillo.
 
Che drogati e coppiette appartate si tenessero i loro posticini; lui non aveva bisogno di disturbarli.
 
O meglio, lasciò che alcune fate dello Spirito parlassero nell’orecchio di coloro che stavano per farsi del male, così che il dubbio si instillasse in loro.
 
Non avrebbe fatto altro – sarebbe stato scorretto – ma, grazie a quel semplice pensiero, forse qualcuno avrebbe desistito.
 
Quando infine raggiunsero uno dei tanti laghetti del parco, Malcolm si fermò, facendo scricchiolare la brina sotto le sue scarpe.
 
Eiko era tornata in fretta allo studentato subito dopo la fine del film, rispondendo a una richiesta d’aiuto di genere scolastico da parte della sua compagna di stanza.
 
Malcolm aveva ringraziato mentalmente la sua buona stella; sarebbe stato difficile trovare una scusa adatta per sgattaiolare via assieme agli amici, e lasciare lei fuori dall’equazione.
 
Gli era spiaciuto vederla sparire così presto ma, per quella sera, poteva andar bene anche così.
 
Bobby fu il primo a parlare, spezzando la linea di pensiero di Malcolm.
 
Fissò l’amico bruno e torvo in viso, si massaggiò le mani intirizzite dal freddo e infine domandò: “Ebbene? Cos’è questo grande segreto che non ci hai mai detto?”
 
Malcolm scrutò i volti a lui cari dei suoi amici, rammentò gli anni di scuola, la prima volta che li aveva invitati a casa, i loro giochi… la nascita dei gemelli e il modo in cui loro gli erano stati accanto per supportarlo.
 
Erano stati anni bellissimi, vissuti serenamente, nonostante tutte le loro stranezze e differenze, e Bobby e Keath ne avevano sempre fatto parte.
 
Dall’esterno, però.
 
Era tempo di cambiare quello stato di cose, perché Bobby e Keath si erano sempre fidati di lui, e meritavano da parte sua altrettanta fiducia.
 
“Conoscete la storia della mia famiglia. Ne abbiamo parlato tante volte” esordì Malcolm, sorridendo appena e infilando le mani in tasca. Tremavano troppo, e non sapeva che farsene, al momento.
 
Keath assentì, dichiarando con ironia: “Che hai un passato strepitoso e antichissimo, oltre ad avere tre zie da capogiro e una mamma splendida… sì, direi che la conosciamo…”
 
Malcolm sorrise, pensando a Spring, Summer e Melody e alla sua Kimmy.
 
Sì, erano davvero da capogiro, in mille modi diversi, a ben vedere. Ma tutta la faccenda poteva esserlo.
 
Il giovane si guardò intorno dubbioso, scorse infine la buca di sabbia usata dai bambini nel parco giochi e, avvicinandosi a essa, sorrise appena e lasciò che l’istinto facesse il resto.
 
Afferrato un bastoncino, tracciò un pentacolo nella sabbia sotto gli occhi curiosi degli amici e, con un mormorio sommesso, disse: “I nomi dei miei zii e di mio padre hanno una loro logica. Non sono solo decorativi, o bizzarri. Rappresentano i quattro punti ideali della ruota dell’anno.”
 
Keath arricciò appena il naso, replicando: “Vuoi dire che i tuoi nonni li hanno chiamati così per via dei due Equinozi e dei due Solstizi?”
 
“E’ molto più complessa di così” sospirò Malcolm, scuotendo il capo. “Loro sono quei punti ideali. Winter, per l’acqua, Spring, per la terra, Summer, per il fuoco, Autumn, per l’aria.”
 
Bobby si grattò la nuca, sempre più confuso, e borbottò: “Amico, non è quel problema enorme che tu credi. Ci sono genitori che hanno chiamato i propri figli coi nomi della frutta, o di personaggi dei fumetti, perciò…”
 
Malcolm lo interruppe con un’occhiata che racchiudeva tutta la sua ansia, e Bobby si azzittì, impallidendo leggermente.
 
Preso un gran respiro, Malcolm chiuse gli occhi e chiamò suo zio Autumn, domandandogli: “Pensi di poter aiutarmi in qualche modo? Parlandone e basta non servirebbe a molto.”
 
“Sì, lo so. I normali sanno essere assai cocciuti. Ma sei certo che loro due siano in grado di reggere?” replicò Autumn, accigliato.
 
“Sono miei amici. Mi fido di loro.”
 
Ad Autumn bastò questo.
 
Con il suo potere, levò una brezza violenta che sollevò la sabbia della buca in un piccolo vortice, facendo spaventare sia Bobby che Keath, che indietreggiarono di un passo.
 
A quel punto, Malcolm si mise in contatto con le zie e il padre, spiegando succintamente ciò che stava accadendo.
 
Spring fu la prima a muoversi.
 
Alcune radici fuoriuscirono dal terreno, ricreando dal nulla un piccolo arco. Sotto quell’arco improvvisato, un fuoco fatuo iniziò a brillare con azzurrina intensità, mandando letteralmente nel pallone di due giovani.
 
Da ultimo, forse per dare il colpo di grazia agli amici del figlio, Winter elevò una colonna d’acqua dal lago alle loro spalle, che prese poi le forme di Erin a grandezza naturale.
 
In tutto quel caos primordiale, gli occhi di Keath e Bobby seguirono l’evolversi folle di quegli eventi, mentre Malcolm rimaneva immobile in loro contemplazione, simile a una statua dinanzi ai postulanti.
 
L’arrivo di una creatura dalla forma umana, ma interamente di brina, fu però troppo, per loro …per lo meno, per il loro equilibrio.
 
I due giovani si afflosciarono a terra come marionette private di una guida e fissarono senza parole il loro amico e la donna al suo fianco, non sapendo che dire, che fare.
 
Malcolm, allora, salutò Erin chiamandola madre dopodiché, fissando spiacente gli amici, mormorò: “Il battesimo del fuoco, per così dire, è sempre la soluzione migliore, pur se è la più difficile da digerire. Le parole sono sopravvalutate, e possono benissimo venire dopo.”
 
“Ma che cavolo…” iniziò col dire Keath, gli occhi ormai fuori dalle orbite. “… siamo su un programma di scherzi?!”
 
La fata di brina che era Erin rise – pur se Keath e Bobby non ne udirono la voce – e, nel poggiare una mano sulla spalla al figlio, gli disse: “Capiranno, non temere. Non sono svenuti… dai loro il tempo di assimilare la cosa e sii molto, mooolto paziente.”
 
Ciò detto, sorrise ai due giovani e svaporò sotto i loro occhi, portando entrambi a rabbrividire per la paura e lo sconcerto.
 
Bobby, che ancora non aveva parlato, fissò Malcolm – perfettamente calmo pur sé ombroso in viso – e balbettò: “Ehi, amico… m-ma che s-succede?”
 
“Quello che vi ho detto prima. Aria, Terra, Fuoco e Acqua” mormorò Malcolm, inginocchiandosi accanto a loro. “Non è uno scherzo, né un gioco di prestigio, ma non conoscevo altro modo per farvi capire quanto fosse enorme il mio segreto, se non mostrandovelo.”
 
Bobby e Keath tornarono al disegno del pentacolo, stranamente sopravvissuto al gioco di vento di prima.
 
Curiosamente, anzi, sembrava essere in rilievo, come se il vento lo avesse messo in evidenza con il suo gioco sinuoso di correnti apparentemente casuali.
 
“S-sono… cinque…” mormorò Bobby, come in trance.
 
“Il quinto vertice, la punta più elevata della stella, sono io” asserì Malcolm, atono. “Governo le anime di ogni creatura vivente. Posso percepirne i pensieri e, volendo, potrei anche modificarne il corso, pur se mi è vietato.”
 
I due amici lo fissarono confusi, come se Malcolm stesse parlando in una lingua incomprensibile. C’era da aspettarselo, visto gli ultimissimi eventi, ma come facilitare la comprensione di un concetto così ai limiti dell’impossibile?
 
Sospirando, Mal intrecciò le gambe a terra e borbottò: “Pensate a un numero. Non importa quale, o quanto grande.”
 
“Ci prendi per il culo? Mica siamo in una base della Cia per gli esperimenti ESP!” sbottò Keath, accigliandosi.
 
Malcolm, nonostante tutto, sorrise.
 
Se Keath riusciva a fare dell’ironia sui suoi film preferiti, forse c’era speranza.
 
“Prova… settecentoventinove” rispose subito Malcolm, facendolo impallidire per diretta conseguenza.
 
Bobby fissò Keath in cerca di spiegazioni, e questo assentì nervoso, dando ragione a Malcolm.
 
“Quattromilanovecentotrentadue” aggiunse Malcolm, sorridendo a mezzo a Bobby, prima di ridere sommessamente e mormorare: “Davvero stai pensando alle carte degli esperimenti?”
 
“E dai, che cavolo dovrei pensare, scusa?!” sbottò Bobby, lanciando un’imprecazione coi fiocchi subito dopo. “Oookay, amico. Stop un attimo… tu e Keath non vi siete messi d’accordo per farmi ammattire, vero?”
 
“Niente scherzi, davvero” assentì Malcolm. “Ma era stupido e ingiusto nei vostri confronti, mantenere ancora il segreto.”
 
A quel punto fu Keath a imprecare e, in barba al freddo, si sdraiò sull’erba ricoperta di brina e si passò le mani tra i capelli fulvi.
 
L’attimo seguente balzò a sedere, gli occhi vagamente spiritati e scoppiò a ridere.
 
“Sei un druido! Sì, insomma, le storie della nonna non erano poi tanto campate per aria, no?” esclamò lui, vedendolo scuotere il capo.
 
“I druidi studiavano il rapporto tra il terreno e il divino, ma le uniche in grado di avere contatti con la divinità erano le wiccan, le sagge sacerdotesse della Madre” precisò Malcolm, pur apprezzando i suoi tentativi di comprendere.
 
Da bravo figlio di irlandesi doc, aveva sentito per anni e anni storie di folletti e di maghi. Pur se si trattava solo di storie, ne era comunque a conoscenza.
 
“Bloccati un momento. La Madre hai detto?” brontolò Keath, mentre Bobby li fissava in preda al panico.
 
“Ricordi i racconti della buonanotte di tua nonna Gwen?” gli domandò allora Malcolm, sorridendo a mezzo.
 
“La mia dolce, folle nonnina…” ghignò Keath, ridacchiando in maniera alquanto nervosa. “… mi diceva sempre che la Madre aveva tre volti, e che tutti andavano rispettati e onorati.”
 
“Più che giusto. Ma noi siamo seguaci di una delle sue emanazioni. Di Arianrhod. Ricordi chi è?” asserì a quel punto Malcolm.
 
Sapeva che non era del tutto corretto, ma offrì la possibilità ai suoi Elementali di chetare i timori dei due giovani, così che loro potessero cogliere appieno le sue parole.
 
In seguito si sarebbe scusato ma, in quel momento, era vitale che la paura non avesse il sopravvento sul loro intelletto.
 
Keath a quel punto annuì e, guardato Bobby per dargli spiegazioni in merito, gli narrò le vicende di Arianrhod e il suo potere di decretare il fato dei viventi.
 
La spiegazione durò alcuni minuti, minuti in cui anche Bobby si chetò, permettendo così a Malcolm di riprendere a respirare normalmente. Era così strano parlare apertamente di suoi poteri, discuterne coi suoi amici e ammettere senza remore ciò che realmente era!
 
Forse li avrebbe persi, ma era tanto più giusto a questo modo, senza più barriere tra di loro!
 
Quando infine Keath smise di parlare, fissò con estremo stupore Mal e mormorò: “Sei magico, dunque?”
 
“Qualcosa del genere” assentì suo malgrado Malcolm. “Capisci perché non posso semplicemente buttarmi, lasciando che sia solo l’istinto a guidarmi? Se lo facessi, avrei libero accesso alla mente di Eiko, e sarebbe ingiusto!”
 
Bobby si passò le mani sul viso come a schiarirsi le idee e, dubbioso, domandò: “Fammi capire… se ti emozioni troppo, se ti lasci andare ai sentimenti, non domini più… sì, insomma, quello che devi dominare?”
 
Malcolm assentì e, nell’aprire una mano col palmo rivolto verso l’alto, sussurrò: “Loro potrebbero agire indisturbate.”
 
Una piccola fata comparve sul palmo proteso, stiracchiandosi come se si fosse appena svegliata e, con un gran sfarfallio di ali, sorrise ai due giovani, che rabbrividirono debolmente, pur non tentando di nuovo la fuga.
 
La piccola Elementale continuò a fissarli sorridente prima di esibirsi in una riverenza civettuola, cosa che portò i ragazzi a ghignare in modo un po’ idiota.
 
A ben vedere, le fate dello Spirito erano assai affascinanti, pur se in versione pocket. Erano perfette in ogni loro parte, con chiome uniformemente biondo platino e occhi cangianti, che andavano dall’azzurro cielo a blu cobalto e tutte, nessuna esclusa, amavano esibirsi.
 
Permettendo alla fata di volare sulle mani protese di Bobby, Malcolm aggiunse: “Non ho mai voluto usare il mio potere per agevolarmi in nessun campo e, l’unica volta che è accaduto, è stato un disastro.”
 
“Oh… Lynne” mormorarono in coro i due giovani, comprendendo al volo di cosa stesse parlando l’amico.
 
Sentire quel nome fece rabbrividire Malcolm e, al tempo stesso, irritare l’Elementale sulle mani di Bobby, che strinse i pugni e li librò verso l’aria, gesticolando rabbiosamente.
 
I due giovani, allora, scoppiarono a ridere nervosamente di fronte alla sua ira e Keath, nell’invitarla sulle sue mani protese, le domandò: “Sei in ansia per il tuo padrone?”
 
La bionda fatina assentì, lanciandosi poi in uno sperticato soliloquio di cui Keath non comprese nulla, ma che fece sorridere Malcolm per la gratitudine.
 
L’amico fulvo, allora, sorrise a sua volta a Mal, domandandogli: “Non capisco un accidente di quel che dice ma, da come si agita, penso vorrebbe fare le feste a Lynne.”
 
“Glielo impedii, in effetti” assentì Malcolm, richiamando a sé l’Elementale, che svanì, come risucchiato dal corpo del giovane.
 
Bobby sospirò affascinato, si passò le mani tra i capelli bruni fino a ridurli a un ammasso intricato e, infine, borbottò: “Miseria… capisco perché hai aspettato tanto a dircelo.”
 
Keath assentì concorde, prima di impallidire leggermente e domandare: “Non è che hai…”
 
Malcolm scosse subito il capo, replicando: “Siete miei amici. Non ficcanaserò mai, a meno che voi non lo vogliate. E’ vietato dalla Legge prevaricare gli altri. Se lo facessi e, soprattutto, se avessi intenti malvagi, Arianrhod mi staccherebbe la testa. Letteralmente.”
 
I due deglutirono a fatica, ma assentirono, prendendo per buone le sue parole.
 
A quel punto, il giovane Hamilton domandò loro: “Ebbene?”
 
“Ho sonno” disse Bobby, a sorpresa.
 
Mal lo fissò confuso, ma lui si limitò a dire: “Davvero, vorrei andare a dormire.”
 
Keath lo guardò senza parole e, nello scuotere il capo, asserì: “La tua scelta di parole, e di tempistica, è sempre stata pessima, Bobby. Magari Malcolm voleva sapere altro, che dici?”
 
“Questo lo so anch’io!” sbottò Bobby, levandosi in piedi e allungando una mano verso Malcolm. “Quel che volevo dire è: ‘va bene, sei cool… ma io ho sonno lo stesso.’ Perciò, andiamo a nanna, per favore? Ho davvero bisogno di dormirci sopra.”
 
Keath si levò da terra a sua volta, fissò Malcolm – che ancora stringeva la mano di Bobby – e decretò: “Non è colpa sua se non è nato irlandese.”
 
Malcolm allora scoppiò a ridere e, non potendo impedirselo, li strinse a sé in un abbraccio che sapeva di gratitudine, affetto fraterno e piacere insperato.
 
“Non è che hai il teletrasporto, tra i tuoi doni, eh?” domandò dopo un poco Bobby, dandogli una pacca sulla schiena per stemperare il momento.
 
Mal rise ancora, ma negò così Bobby, infilate le mani in tasca, si avviò verso l’uscita del parco, borbottando: “Sempre così. Scopri di avere un amico supereroe, e ha sempre il potere sbagliato.”
 
“Scusa” mormorò Malcolm, pur sorridendo.
 
“Fa niente. Ci accontenteremo di come sei” decretò Keath, avvolgendogli le spalle con un braccio.
 
Non visto, un sorriso balenò nell’ombra, mentre i tre ragazzi si allontanavano per tornare alla loro auto.
 
E così, non uno, ma cinque.
 
Quella sarebbe stata una scorpacciata coi fiocchi.
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

Note: Malcolm ha superato un primo scoglio: ammettere tutto con i suoi amici. Non è stato sicuramente facile, per nessuna delle due parti, ma ha messo in evidenza quanto il trio sia veramente - e sinceramente - legato.

Un'altra evidenza è la difficoltà di comprendere quale spirito stia cercando di irretire Malcolm. Studiando un po' i vari pantheon di diverse culture ho notato quanti demoni - o spiriti - abbiano più o meno le stesse caratteristiche, ma non somiglino comunque a quello che ho scelto per dare la caccia a Malcolm.

Questo è, di sicuro, il più potente e malizioso. Oltre che il più difficile da trovare. Presto scoprirete perché.

Da ultimo, scopriamo che lo spirito era a conoscenza solo dei poteri di Malcolm, ma non di quelli dei suoi parenti. E' presto spiegato perché. Lo Spirito (Elementale di Malcolm) è ovunque, in qualsiasi creatura vivente, e ne da la vita. Gli altri elementi sono complementari, ma non contribuiscono a dare il soffio della vita.

Solo il dono di Malcolm percepisce questo 'soffio', ed è ciò che percepisce anche questo demone errante che desidera i poteri di Mal.

Sapere, però, che esistono altri poteri altrettanto potenti, è una fonte di soddisfazione per questo demone. Saranno quindi in pericolo anche gli altri Hamilton?

Lo scopriremo, non temete...

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark