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Autore: valeria78    14/09/2016    11 recensioni
Regina è una professoressa di letteratura dai modi freddi e distaccati. Emma è una studentessa sognatrice che ama la poesia e vuol diventare giornalista. Dal loro incontro, tra i banchi dell'Università di Boston, nasce una storia d'amore che va oltre ogni barriera, capace di superare ogni ostacolo che la vita porrà loro dinanzi.
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A questo link troverete il video di presentazione della ff. Purtroppo non so come collegare il link direttamente da qui, perciò se volete vederlo dovrete fare copia e incollarlo su You Tube

https://youtu.be/28-6BpQKI40 Oppure cercare "Regina-Emma Oltre ogni barriera" su you tube

I capitoli verranno pubblicati ogni mercoledì, tengo a precisare che la ff è già conclusa quindi non resterete a bocca asciutta, la pubblico un po' per volta per mantenere la suspense. Buona lettura!!! Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!

 

CAPITOLO 1

Emma spinse la maniglia antipanico della porta ed entrò nell’aula 4B. La stanza era piuttosto ampia, i banchi disposti come in un auditorium e lei si trovava nella parte più alta. Non c’erano molti studenti, una trentina in tutto. Due grandi finestre erano poste al lato sinistro dell’aula e si scorgevano gli alti pini che si muovevano lenti al soffio del vento. Emma sbirciò in fondo, la professoressa era seduta alla scrivania, stava tirando fuori un libro dalla cartella. Si guardò attorno alla ricerca di un posto libero, mentre sentiva gli occhi degli altri alunni che la scrutavano.

“Scusa è questo il corso di letteratura 1 tenuto dalla professoressa Mills?” chiese a bassa voce e sorrise a un alunno.

Il ragazzo annuì.

La giovane non amava essere al centro dell’attenzione, quindi scelse velocemente un posto.

“È libero?” chiese titubante. Una ragazza bionda, curatissima, con le unghie colorate di verde e con la puzza sotto il naso squadrò la sua interlocutrice dalla testa ai piedi e dopo averle regalato una smorfia si alzò per permettere alla giovane di prendere posto. Emma entrò nello spazio strettissimo tra il banco e la sedia, ma nel farlo sentì i libri che teneva in mano scivolarle dalle dita e finire a terra producendo un enorme baccano, ulteriormente accentuato dal fatto che in quel momento nessuno stava parlando. Emma diventò paonazza in viso, mentre tutti i presenti si voltarono verso di lei.

“Cos’è questo baccano?” sbottò la professoressa e alzò lo sguardo proprio in direzione di Emma che cercò di sedersi per confondersi tra gli studenti ed evitare di essere scoperta.

“Lei, mi scusi…” disse la mora indicando proprio Emma.

La bionda si portò il dito indice al petto come per dire: dice a me.

“Lei è?” chiese Regina guardando la studentessa con un’espressione piuttosto dura.

“Emma… - disse - Emma Swan” e sorrise timidamente.

“Ma da dove arriva questa?” sussurrò un ragazzo qualche fila più indietro. Un altro rise divertito.

Regina guardò i fogli con le firme degli alunni che indicavano la presenza. “Ah! – disse infine sollevando lo sguardo e tornando a osservare Emma – signorina Swan, finalmente ci degna della sua presenza. Sa che ha già fatto tre assenze, vero?”.

La bionda si sentì sprofondare, le sue mani cominciarono a sudare, abbozzò un sorriso tirato e si schiarì la voce. “Sì, professoressa, lo so, non farò altre assenze”.

“Bene” si limitò a dire Regina per poi distogliere lo sguardo dall’alunna e guardare il libro che le stava davanti. “Cominciamo la lezione, abbiamo già perso abbastanza tempo”.

Da quel momento in poi solo la voce roca e calda di Regina risuonò nell’aula, mentre Emma si sentiva a terra, umiliata e delusa.

La professoressa era molto brava a tenere viva l’attenzione dei suoi studenti, mostrò diverse diapositive, interagì con gli alunni e le due ore di lezione trascorsero velocemente. Quando suonò la campanella, gli studenti uscirono a piccoli gruppetti passando davanti alla cattedra dell’insegnante e salutandola.

“Arrivederci, professoressa”.

“Arrivederci, a domani” rispose.

“Buongiorno prof”.

“Professoressa, non prof, il vostro modo di esprimervi è importante” corresse la donna e alzò la mano in segno di saluto.

Alla fine fu il turno di Emma che salutò la mora in modo piuttosto titubante, poi però ci ripensò e tornò sui suoi passi fermandosi davanti alla cattedra.

Regina guardò la giovane con aria interrogativa. I suoi occhi marroni scrutarono la biondina quasi a cercare di carpire le sue emozioni, i suoi pensieri prima che potesse parlare.

“Volevo chiederle scusa per prima” disse Emma con un filo di voce, tenendo i suoi libri stretti al petto.

Regina indossava un tailleur che le fasciava il corpo alla perfezione e la camicetta leggermente aperta sul seno lasciava intravedere uno spicchio di pelle. Emma per un istante guardò nella scollatura.

“Non si preoccupi – disse la mora facendo un cenno con la mano – non avevamo ancora iniziato” e tornò a scrutare la giovane che non seppe se fosse il caso di rispondere o no, preferì limitarsi a sorridere, a risalutare la prof e a uscire dall’aula.

Quel primo giorno era andato, domani sarebbe stato più semplice.

 

******************

Emma si fermò davanti alla porta dell’aula 4B. Era sudata e aveva il fiatone. Consultò l’orologio, era in ritardo di dieci minuti. La prof avrebbe fatto caso a quel ritardo? Non poteva non entrare, aveva promesso che non avrebbe più saltato le lezioni. Il suo cuore batteva all’impazzata, aveva corso a perdifiato per mezz’ora. Si asciugò la fronte e aprì la porta dell’aula.

La professoressa Mills stava mostrando alcune diapositive e l’aula era immersa nella semi oscurità. Emma ringraziò perché forse così Regina non si sarebbe accorta che stava entrando in quel momento, ritrovò la solita ragazza bionda con la puzza sotto il naso e di nuovo la ragazza la guardò come se fosse stata un alieno quando le chiese se il posto accanto a lei fosse vuoto.

Si sedette e si rilassò un attimo. Ce l’aveva fatta.

Regina continuava a spiegare tenendo una bacchetta in una mano per indicare le varie parti del testo proiettato sul telo e nell’altra reggeva il suo libro.

“La prof è tanto stronza quanto gnocca - sussurrò un ragazzo alcune file più indietro al suo amico – allo scorso appello mi ha buttato fuori perché non ricordavo il nome di uno dei personaggi di un poeta del cacchio”.

“Sarà pure stronza, ma io un giro su di lei me lo farei” disse l’altro sghignazzando.

Emma si girò e li fulminò con lo sguardo. I due la osservarono e si zittirono.

“Ha un sedere da paura” proseguì il giovane, poco dopo.

“Quando indossa la gonna di pelle nera è uno schianto” riprese l’altro. La ragazza bionda accanto a Emma sorrise divertita.

Emma non poteva sopportare quei discorsi. Regina era una persona preparata, un’insegnante validissima e meritava il loro rispetto, si alzò facendo restare i ragazzi che avevano parlato fino a quel momento di stucco, prese la borsa e chiese alla sua vicina di banco di farla passare. Decise che avrebbe cambiato posto.

Discese le scale cercando un banco che fosse più vicino alla scrivania della Mills e in quel momento la luce tornò. Emma si trovò in piedi nel bel mezzo della lezione e ovviamente gli occhi di Regina furono su di lei. La donna spostò gli occhiali sulla punta del naso e abbassò la testa per guardare meglio Emma.

La bionda si maledisse per aver deciso di cambiare posto a metà lezione.

“Signorina Swan – cominciò Regina con una punta di rimprovero nella voce – Continuiamo ad arrivare in ritardo?”. Emma alzò la mano in segno di scuse e si sedette nella seconda fila, accanto a una ragazza con i capelli corti e scuri.

Regina continuò a leggere il libro ed Emma si perse ad ascoltarla, la sua voce calda e sensuale la trasportava lontano, era come se non ci fosse nessun’altro lì tranne loro due. Guardava le sue mani affusolate che giravano le pagine e che ogni tanto portavano un ciuffo scuro dietro l’orecchio.

“… e mi strappò il cuore frantumandolo in mille pezzi, ma mi accorsi che quello era solo un piccolo lato di ciò che chiamano amore”  lesse la prof e poi sollevò lo sguardo verso la classe.

“Cosa vuol dire l’autore con queste parole?” chiese.

Nessuno rispose.

La mora scrutò i presenti.

“Avanti ragazzi, è semplice”.

Un silenzio di tomba cadde tra i presenti.

Regina guardò la ragazza seduta accanto a Emma: “Mary Margaret?” chiese.

Emma aveva appena scoperto come si chiamava la sua vicina di banco e da come la prof le si era rivolta dovevano avere un certo grado di intimità.

Mary Margaret non rispose.

Emma restò un po’ in silenzio mentre la sua testa frullava, poi timidamente alzò la mano.

“Swan? – disse la professoressa con uno sguardo stranamente meravigliato – vuole dire qualcosa?”.

“Beh… credo… - Emma si schiarì la voce e si fece coraggio – credo che l’autore intenda dire che quando si ama bisogna mettere in conto il fatto che si può soffrire, ma che questo non è l’unico aspetto dell’amore, perché amare vuol dire anche condividere, aprirsi all’altro, donarsi all’altro e credo che implicitamente intenda anche dire che non dobbiamo pensare che amare voglia dire solo soffrire, è come se ci incoraggiasse a non avere paura”. La bionda si zittì.

Regina la guardò impressionata: “Ottimo signorina Swan. È proprio questo che volevo sentir dire”, poi le regalò un dolce sorriso.

Emma si sentì al settimo cielo, aveva fatto centro!

La lezione continuò per un’altra mezz’ora poi Regina lasciò liberi gli studenti, prese la sua borsa e uscì. Emma lanciò uno sguardo alla professoressa e la seguì con gli occhi mentre usciva dall’aula, raccolse le sue cose e si voltò verso Mary Margaret che stava per andare via.

“Io sono Emma” disse porgendo la mano alla moretta.

Margaret sorrise stringendola con la sua: “Sì, credo che qui sappiano tutti il tuo nome” e sorrise facendo riferimento a quanto successo in quei due giorni.

La bionda rise e divenne rossa.

“Mi chiamo Mary Margaret, sono rimasta molto colpita dal tuo intervento di oggi e anche Regina, cioè volevo dire la professoressa Mills” si corresse Margaret arrossendo lievemente.

“Grazie” disse Emma.

“Dal modo in cui ti guardava la prof ha apprezzato moltissimo le tue parole. Regin… la prof non sorride facilmente”.

Emma annuì.

“Bene – disse Margaret e sospirò come a volersi togliere un peso dallo stomaco – ci vediamo la prossima settimana”. La mora si allontanò lasciando Emma sola in quell’aula vuota e silenziosa.

 

***************

Emma uscì poco dopo dall’aula e guardò il corridoio pieno di studenti. Si diresse verso la classe dove aveva la prossima lezione, ma qualcosa attirò la sua attenzione, sbirciò dentro la sala professori e vide Regina che stava parlando animatamente con il preside. La professoressa Mills era rossa in volto e gesticolava vistosamente, poi afferrò la sua borsa e si diresse verso la porta per uscire. Emma indietreggiò, non voleva che Regina la vedesse sbirciare, ma si scontrò con un ragazzo e la sua borsa cadde a terra aprendosi e lasciando uscire alcuni libri. Emma storse la bocca guardando l’alunno che si era allontanato senza neppure aver chiesto scusa.

Si accucciò per raccogliere i libri e la sua mano sfiorò quella di una donna che le porgeva una matita.

“Sta bene?” chiese una voce.

Senza alzare lo sguardo Emma riconobbe quelle gambe così toniche che si erano abbassate e quella voce sensuale, alzò lo sguardo e incontrò il volto di Regina. La donna le sorrise lievemente e si alzò porgendo a Emma la matita e un libro.

Anche Emma si alzò e si morse il labbro, si sentiva tesa e sottopressione, quella donna aveva uno strano potere su di lei, il potere di renderla terribilmente nervosa. Tese la mano per ricevere il volume.

La professoressa lesse la copertina del libro e i suoi occhi brillarono di una luce nuova: “Raccolta completa delle poesie di Kenneth Rexroth” disse ad alta voce e alzò un sopracciglio. “Qual è la sua poesia preferita?” chiese. Gli occhi marroni di Regina scrutarono ancora una volta la bionda.

“Le dieci poesie d’amore di Marichiko” rispose Emma prendendo il libro.

“Ottima risposta” disse la mora e si allontanò lasciando Emma in uno stato di profonda confusione.   

 

*****************

Era arrivato il venerdì sera. Come succedeva sempre, il venerdì e il sabato sera, Emma si recava al ristorante dove lavorava come cameriera. Salutò Ruby, la sua amica di lavoro e coinquilina, intenta ad apparecchiare alcuni tavoli e si precipitò subito nel camerino per cambiarsi. La bionda sola nel camerino si infilò i pantaloni neri di pelle e la camicetta bianca, indossò la cravatta e il gilet. Quello era l’abbigliamento che doveva portare.

“Granny’s” così si chiamava il ristorante era molto famoso a Boston. Capitava spesso che vi si recassero personaggi importanti e per avere un tavolo era necessario prenotare molto tempo prima. Emma uscì dalla stanza riservata al personale e aiutò Ruby nell’apparecchiare i tavoli che restavano. L’atmosfera da “Granny’s” era molto intima: c’erano luci soffuse che scendevano dal soffitto e una musica leggera. L’arredamento era stato scelto con notevole gusto: il parquet, il bancone e i tavoli in mogano, le colonne ai quattro lati della sala e una piccola fontana al centro.

I primi clienti fecero il loro ingresso ed Emma li accolse con un sorriso.

 

****************

Era passato molto tempo da quando aveva letto quel libro di poesie, eppure le era tornata la curiosità dopo che aveva visto il volume uscire dalla borsa della sua alunna, quella Emma Swan, che a tratti la divertiva, a tratti la irritava ma che era sicura nascondesse delle grosse potenzialità intellettuali, lo dimostrava il fatto che leggesse le opere di Kenneth Rexroth. Sfogliò il volume del poeta americano e si soffermò sulle “dieci poesie d’amore di Marichiko”. Lesse qualche verso e ne rimase molto colpita, non ricordava che fosse così carica di sentimento:

Sto seduta al mio tavolo.

Che cosa posso scriverti?

Malata d’amore,

anelo a vederti in carne e ossa.

Posso scrivere solo:

“Io ti amo, ti amo, ti amo.”

L’amore mi spacca il cuore

e mi strazia le viscere.

Spasimi di desiderio mi soffocano

e non vogliono smettere.

 

“Non c’è che dire – disse ad alta voce Regina – Emma Swan sa davvero come stupire le persone”.

Il suono del campanello la riportò alla realtà. Guardò l’orologio e poggiò il libro sul divano dove si era seduta. Andò alla porta e la aprì: “Ciao” disse sorridendo.

“Sei pronta?” le chiese una voce femminile.

Regina annuì, prese la borsa, il cappotto e uscì di casa insieme alla donna.

“Davvero sei riuscita a prenotare da “Granny’s?” chiese la mora.

L’altra annuì: “Sì sorellina cara, sono stata brava?”.

Gli occhi verdi di Zelena brillarono e un largo sorriso le si dipinse sulle labbra.

“Non riesco a credere che sono riuscita a farti uscire di casa” la canzonò la sorella.

Regina alzò gli occhi al cielo: “Sai benissimo che sono sempre molto impegnata con il lavoro”.

“Sì, certo. Regina, il lavoro è importante, ma non è tutto” replicò la sorella mentre le due montavano in macchina.

La conversazione continuò ancora per l’intera durata del tragitto. Poi la Ford di Zelena si fermò poco distante dal ristorante.

“Magari conosceremo qualche personaggio famoso, da quanto non esci con un uomo?” le chiese la sorella e rise.

Regina la fulminò con lo sguardo, la sorella rispose mettendo le mani avanti in segno di resa. Zelena entrò per prima, Emma subito le andò incontro aprendole la porta.

“Buonasera signor…” la bionda si bloccò non appena vide Regina che seguiva la donna.

La professoressa guardò la ragazza e rimase piacevolmente sorpresa nel vederla.

La giovane ebbe un tuffo al cuore.

“Emma” la chiamò Regina. La bionda non poteva crederci, aveva detto il suo nome.

Zelena si voltò verso la sorella e sorrise: “Vi conoscete?”.

Intanto Regina squadrava la giovane dall’alto al basso, mentre la bionda gentilmente porgeva loro il braccio per prendere i cappotti.

“Sì – disse Regina – è una delle mie alunne”.

Emma si voltò e fece strada accompagnando le due donne al tavolo prenotato a loro nome.

In quel breve tragitto la bionda provò mille sensazioni tra loro contrastanti: paura, soggezione, terrore e qualcos’altro che non riusciva a decifrare. Appese i cappotti vicino al tavolo delle due donne e offrì loro il menù, mentre Regina si sedeva accavallando le gambe.

Era bellissima quella sera, non indossava il solito tailleur da professoressa, sebbene fosse già molto provocante così, aveva un vestito nero che le calzava come un guanto, lasciando poco spazio all’immaginazione e un paio di scarpe con tacco che avrebbero fatto girare la testa a chiunque.

“Sono sorpresa di vederla qui - disse Regina parlando alla bionda – non sapevo che lavorasse in questo ristorante così lussuoso”.

Zelena alzò lo sguardo dal suo menù e fissò la mora.

Emma intanto stava versando il vino della casa nei bicchieri delle due donne.

“L’apparenza a volte inganna” disse.

“Beh non c’è che dire, signorina Swan, lei mi sta stupendo ogni volta”.

La ragazza sorrise e chiese alle due donne cosa volessero mangiare. Consigliò alcune specialità della casa e, una volta annotato tutto, si fiondò in cucina, ansimando vistosamente e sbuffando.

“Tutto bene Em?” chiese Ruby passandole accanto con alcuni piatti sporchi ritirati da un tavolo.

Emma scosse la testa a dire no ma rispose con un sì. L’amica aggrottò la fronte, posò i piatti in cucina e tornò a servire i tavoli.

La serata trascorse come sempre, Emma correva da un tavolo all’altro, e quando passava vicino a Regina sentiva spesso lo sguardo della donna su di lei.

“Ha detto che la sto stupendo ogni volta” pensò tra sé la giovane. Ma perché dava così tanta importanza a quello che pensava quella donna di lei? Perché si sentiva così strana quando le stava vicino? Certo Regina aveva un grande carisma, ma questo non giustificava i sudori freddi, lo stomaco che si attorcigliava e la sensazione di essere sempre osservata.

Dall’altro lato Zelena e Regina chiacchierarono animatamente, risero e mangiarono di gusto.

Emma osservava da lontano la sua prof, non avrebbe mai pensato che quella donna potesse ridere così, aveva un sorriso meraviglioso eppure lo teneva per pochi intimi, come aveva detto Mary Margaret.

Alla fine Emma portò il conto al tavolo delle due donne.

Regina lo guardò e fulminò la bionda: “Davvero vuole che la sua professoressa paghi il conto?” chiese.

La bionda sentì una doccia fredda abbattersi su di lei. Guardò Zelena con un’espressione mista tra l’allarmato e il terrorizzato, non sapendo cosa dire balbettò qualcosa di confuso.

La professoressa vedendola in difficoltà scoppiò in una sonora risata. La bionda non capì.

Zelena sfiorò il braccio della giovane cercando di rassicurarla: “Mia sorella sta scherzando, ovviamente”.

“Ovviamente” rispese Emma non riuscendo più a capirci niente.

“Si rilassi Emma - disse Regina e le fece l’occhiolino – era tutto molto buono, faccia i complimenti al cuoco da parte nostra”.

La giovane si sentì mancare: la prof le aveva fatto l’occhiolino e aveva appena scherzato con lei, cercò di sorridere, quindi salutò la professoressa e la sorella che uscirono dal ristorante, così finalmente poté ricominciare a respirare.

   
 
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