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Autore: Mary P_Stark    30/09/2016    1 recensioni
2024. Malcolm Hamilton e i suoi amici si apprestano a terminare i loro studi alla Columbia ma il giovane, Guardiano dello Spirito e Fulcro del Pentacolo di Potere della sua famiglia, sente che qualcosa non va, che qualcosa lo minaccia, pur se non direttamente. Niente e nessuno sembra riuscire a comprendere cosa stia curiosando attorno al giovane, neppure un'entità potente come la Fenice Araba, che si è presa personale carico di aiutare l'amico e Guardiano.
Cosa vi può essere che riesce a sfuggire agli occhi di un Dominatore dello Spirito? E sarà un'entità davvero malvagia, o solo incuriosita dal potere di Malcolm e della sua famiglia?
E' difficile scoprirlo, specialmente quando cuore e anima vanno in due direzioni diverse. Se il primo vorrebbe pensare agli occhi dolci di Eiko, la seconda è incuriosita da Rin, le due nuove amiche che Malcolm conosce all'università.
Riuscirà il ragazzo a non cacciarsi nei guai, o saranno i guai a trovare lui? - SPIN-OFF serie 'The Power of the Four' (è necessaria la previa lettura della saga, per comprenderne gli intrecci)
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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10.
 
 
 
“Nonno, che cos’è quella?”
 
Eiko fissò il nonno con gli enormi occhi spalancati, curiosi come quelli di qualsiasi bambina di sette anni di fronte a qualcosa di nuovo e strano.
 
L’uomo, imponente ma pacifico nel suo kimono tradizionale da sacerdote shintoista, le sorrise bonario e scrutò a sua volta la statua in pietra grigia che aveva attirato l’attenzione della nipote.
 
Essa si ergeva fiera sulle zampe anteriori su di un piedistallo quadrato, reggendo tra le zanne una chiave, anch’essa in pietra.
 
Il sacerdote, tornando a scrutare la nipotina, strinse le mani dietro la schiena in posa pensierosa e asserì: “Questa è una kitsune, Eiko-chan. Protegge il tempio di Inari dagli oni, i demoni malvagi.”
 
“E perché ha una chiave in bocca?” domandò ancora la bambina, fissando il nonno con espressione confusa e curiosa assieme.
 
“Sono le chiavi del magazzino del riso e lei le protegge, così come protegge il tempio e tutto ciò che esso contiene” le spiegò l’uomo, carezzandole i capelli corvini.
 
“Il magazzino… del riso?”
 
“Sai che Inari è il dio del riso, vero, bambina?”
 
Al suo assenso, Shinichi Kurumi proseguì nella sua spiegazione.
 
“Il dio Inari è venerato in questo tempio, che non a caso si chiama Fushimi Inari-taisha. La volpe che lì è rappresentata aiuta il dio, e noi tutti, a preservare questi luoghi, tra cui il magazzino del riso, così che le genti non muoiano di fame.”
 
“Allora, è potente?” esalò sorpresa la bambina, tornando a scrutare la statua della volpe.
 
“Devi sapere, tesoro che, più code ha una volpe, più ella è potente. Quando una volpe ha nove code, può viaggiare nel tempo e nello spazio, comandare le menti e impossessarsi della forza vitale di chi tocca.”
 
“Allora è… cattiva?” mormorò turbata la bimba.
 
“Non sempre, tesoro. Esistono kitsune buone e cattive, così come esistono persone buone e cattiva. Colei che protegge quanto tempio, è buona.”
 
Eiko girò intorno alla statua, ne curiosò la singola coda e, tornando a guardare il nonno, disse: “Lei, però, ha una coda sola. Non è tanto forte, allora.”
 
“Le altre code sono invisibili, Eiko-chan. Le kitsune possiedono molte facoltà speciali, tra qui quelle dell’invisibilità e dell’illusione. Possono entrare nei tuoi sogni, o creare scenari illusori. Un nostro antico antenato combatté al suo fianco per difendere i confini del tempio, e la volpe creò per lui uno scudo di invisibilità, così che Satochi, il nostro avo, potesse avventurarsi nel campo nemico per sconfiggere il loro comandante” le raccontò l’anziano, facendola sospirare di sorpresa e ammirazione.
 
“Non spaventarla, otōsan, o stanotte avrà gli incubi” intervenne dietro di loro Kenzo, il padre di Eiko.
 
Shinichi sorrise al figlio, di ritorno dalle preghiere e, nel carezzare il capo della nipote, replicò: “Eiko è coraggiosa e il suo spirito è forte, pur se quieto come la foresta che circonda il tempio. Se vorrà, un giorno sarà una brava miko… o addirittura una kannushi. Vorresti diventare una somma sacerdotessa, piccola Eiko?”
 
La bimba scrutò le miko presenti nel tempio, con i loro abiti cerimoniali bianchi e rossi e che, in quel momento, stavano scambiando quattro chiacchiere con alcuni postulanti in visita.
 
Le loro divise sempre ordinate e piegate alla perfezione l’avevano sempre affascinata, così come la loro aria ascetica e importante.
 
Il pensiero di poter diventare una vergine del tempio come loro la fece sorridere orgogliosa ma, quando tornò a scrutare il nonno, si limitò a dire: “Mi piace disegnare, però…”
 
Sia Kenzo che Shinichi risero sommessamente, a quel commento e, quando la madre – Motoko – si avvicinò loro con un piccolo maneki neko tra le mani, dichiarò: “Ora voglio ridere anch’io. Posso?”
 
Eiko, così, spiegò alla madre il perché delle risate di padre e nonno.
 
Indulgente, la donna le consegnò il piccolo gattino di porcellana che teneva in mano, replicando: “Sarai ciò che vorrai essere, piccola mia. Ma ora è tempo di rientrare a casa.”
 
“Nonno Shinichi, mi racconterai ancora della volpe e di Satochi?” si informò a quel punto la bambina, afferrando la mano della madre.
 
“Naturalmente, Eiko-chan. Tutte le volte che vorrai” assentì l’uomo, salutando la sua famiglia prima di tornare a scrutare il muso di pietra della kitsune.
 
Battendo una mano su una delle sue zampe, mormorò: “Fu una battaglia epica, quella.”
 
Lo fu…
 
Shinichi non si stupì affatto di udire quella voce nella sua testa.
 
Sapeva infatti da tempo che, all’interno di quella pietra apparentemente inerme, viveva lo spirito della volpe.
 
Era stata Lei a consigliargli di introdurre Eiko nel mondo dei kami, così che fosse consapevole delle verità spirituali che la circondavano.
 
Le servirà in futuro, gli aveva detto la volpe, e a questo il sacerdote si era attenuto.
 
Sperava soltanto che gli spiriti non la mettessero in pericolo, poiché questo non lo avrebbe mai potuto sopportare.
 
***
 
Lo sguardo gli tornò per l’ennesima volta al volto addormentato di Eiko.
 
Non appena avevano messo piede sul convoglio che li avrebbe riportati a Washington – mancavano venti minuti all’arrivo – lei era crollata, preda di emozioni troppo forti.
 
E come darle torto?
 
In pochissimo tempo, era stata testimone di una scena raccapricciante, aveva scoperto la verità su di lui e si era resa conto che un demone teneva prigioniera l’amica. Forse, l’aveva anche uccisa.
 
Davvero troppo per chiunque.
 
Anche Malcolm era tramortito da quella serie di eventi, ma non poteva permettersi di cedere. Doveva essere una spalla per Eiko e, più di tutto, doveva tentare di annientare una volta per tutte quell’odioso nemico.
 
Ehi, amico…
 
Eccoti, finalmente… aspettavo mi chiamassi già da un po’…”, mormorò nella sua mente Malcolm, sospirando di sollievo nell’udire la voce di Ben.
 
Risuonava stanca, così come il suo potere, che appariva affievolito e molto, molto debole, rispetto al solito.
 
Ma era vivo.
 
“Come va?”, domandò dopo un momento Malcolm.
 
E’ sparita, e ora so come fa… e chi è…
 
Una kitsune, giusto?
 
Odio quando le persone mi precedono negli scoop, protestò Benjamin, falsamente irritato. Comunque sì, è una enneacoda con i controfiocchi, e ha preso di mira te, amico.
 
Perché non te? Dopotutto, hai più potere di me”, volle sapere Malcolm, davvero incuriosito da questo particolare.
 
Sono una divinità, atipica finché vuoi, visto che io ho il mio corpo solido, mentre gli altri dèi non possono averlo - a meno di non possedere quello di un essere umano - ma resto una divinità. Nessuno può controllare una divinità. Tu, invece…
 
Io ho poteri conferitimi da un dio, ma sono un uomo”, disse per lui Malcolm, sapendo bene cosa scorreva nelle sue vene.
 
Il sangue di Aengus, il dio dell’amore dei Tuatha de Danann.
 
Lui aveva conferito il potere alla sua stirpe, e Malcolm era il detentore di un potere immenso e di cui, a volte, avrebbe voluto fare a meno.
 
Nessuno, a parte lui, avrebbe potuto essere l’involucro di Arianhrod sulla Terra. A lui era toccato il compito di essere il lungo braccio della dea.
 
Il tuo potere è quanto di più simile a quello di un dio, ma è contenuto in carni umane e, perciò, può essere strappato, se a farlo è un kami, uno spirito abbastanza potente per controllarlo, gli spiegò Benjamin, sospirando.
 
Malcolm sospirò a sua volta ed Eiko, stretta a lui, si agitò nel sonno, come turbata da un incubo.
 
Rin come sta?”, si informò a quel punto Mal, già temendo la risposta.
 
Benjamin attese quasi un minuto buono, prima di rispondergli e, quando lo fece, la sua voce suonò lugubre e fiacca alle orecchie del giovane Hamilton.
 
E’ stata davvero una tigre. Se non mi avesse dato una mano, non avrei potuto trattenere la kitsune così a lungo. Purtroppo, fin quando non avrò compiuto i trent’anni di età, i miei poteri saranno incompleti e, contro questa enneacoda, ci vuole qualcosa di più potente di me.
 
Quella confessione tramortì Malcolm, che mai si sarebbe aspettato una risposta simile.
 
Se anche un dio come Ben era in difficoltà con questo kami, lui come avrebbe potuto sconfiggerlo?
 
Ora che sappiamo contro chi stiamo combattendo, chiederò ad Amaterasu, la dea del sole shintoista, per sapere se ha idea su come fermare una kitsune. Pur se quelle bestie non prendono ordini da nessuno – e proprio per questo Amaterasu non ha potuto dirmi di lei, a suo tempo – forse conosce qualche contromisura da mettere in campo contro di loro.
 
Grazie, amico mio, e perdonami se ti ho messo in pericolo… era davvero l’ultimo dei miei desideri”, mormorò Malcolm, scuotendo il capo per la contrizione.
 
Io sono qui per dispensare opere buone per il mondo, Malcolm, e aiutare te è il primo passo per farlo. Se questa kitsune riuscisse a impadronirsi dei tuoi poteri, tutti gli esseri viventi sarebbero in pericolo.
 
Messa così, mi piace abbastanza. Mi sento un po’ meno in colpa”, riuscì a dire in qualche modo Mal, pur sapendo che Ben stava dicendo solo in parte la verità.
 
Sapeva bene che, soprattutto, l’amicizia lo aveva spinto ad agire e, di questo, gliene sarebbe stato per sempre grato.
 
Ora la kitsune è sparita, ma non è doma, per nulla. Rin è in coma, al momento, e i dottori la stanno curando meglio che possono, ma non so per quanto tempo potrà resistere. Il suo spirito è forte, così come la sua anima purissima – è solo grazie a questo, che ha potuto contrastare la bestia – ma non indistruttibile, e io non so se sarò in grado di scacciare di nuovo quell’affare dal suo animo.
 
Hai fatto già anche troppo. Lascia che tuo cugino Alex ti dia un’occhiata. Credo che tu abbia bisogno di un’iniezione di vitamine, lo pregò Malcolm, sorridendo appena nella semi oscurità del convoglio.
 
Sta già arrivando qui al Campus… deve aver sentito il richiamo di Rah, quando ho chiesto aiuto e, visto che lui è un Oracolo egizio reincarnato, può fungere da tramite tra me e il mio amico lassù, ironizzò Benjamin.
 
Quando Benjamin gli aveva parlato di quel particolare – e di come suo cugino Alex avesse a suo tempo aiutato anche sua cugina, e madre di Ben – ne era rimasto sorpreso.
 
Quanto aveva contato, il Fato, inserendo nella vita di Joy Patterson, precedente Fenice e madre di Benjamin, un Oracolo legato al culto egizio?
 
Erano davvero in grado di gestire il proprio futuro, o tutto era già scritto da mani folli e, forse, lungimiranti?
 
Non chiedertelo, Malcolm, o ti farai venire il mal di testa. A me è già venuto parecchie volte per le stesse domande, e ancora non ho trovato risposta, gli disse Benjamin, sbadigliando l’attimo seguente. Mollo la comunicazione e mi faccio una dormita mentre aspetto i rinforzi. Appena sarai entro i confini di Washington, dovrai chiamarmi tu. Hanno alzato la barriera.
 
L’avevo immaginato, assentì Malcolm. “A presto, amico mio, e ancora grazie.
 
Benjamin lo salutò, svanendo dal suo cervello e, quando penetrarono entro i confini cittadini di Washington, D.C., Malcolm tornò a respirare.
 
La barriera mistica che proteggeva la città era stata attivata. Il pentacolo di potere elevato dai costruttori della Capitale, tanti secoli addietro, era stato risvegliato per svolgere il suo ruolo.
 
In quel momento, niente e nessuno avrebbe potuto infastidire coloro che si trovavano al suo interno, fosse essa una creatura mistica o un’entità fisica.
 
Neppure la volpe avrebbe potuto entrare.
 
Non era la soluzione ai loro problemi, ma li avrebbe aiutati a trovare il bandolo della matassa.
 
O, quanto meno, ci avrebbero provato.
 
Fu in quel momento che Eiko aprì gli occhi e, nell’incontrare lo sguardo di Malcolm, sospirò nell’emettere uno stanco sbadiglio e disse: “So a chi possiamo rivolgerci.”
 
“Come?” esalò lui, sorpreso dal suo dire.
 
La giovane si passò le mani sul viso per riprendersi dal sonno che l’aveva presa e, vagamente sorpresa dal ritrovarsi nelle vicinanze della stazione, esalò: “Ho dormito così tanto?”
 
“Il viaggio non dura molto, e ne avevi davvero bisogno” replicò lui, sorridendole.
 
“Già, e così tu hai avuto tutto il tempo di autocommiserarti e darti colpe che non hai, vero?” protestò debolmente Eiko, sorridendogli con affetto.
 
Quanto era arrivata a conoscerlo, in quei pochi mesi?
 
Sì, certo che si era sentito un verme per aver lasciato Rin da sola con quel mostro, pur sapendo che, in quel momento, non avrebbe potuto far nulla per salvarla.
 
E certo, si era sentito un autentico idiota al pensiero di essere stato la vittima inerme di un predatore.
 
Ma, come anche Ben gli aveva confermato, quella kitsune era dannatamente potente e, se neppure Amaterasu l’aveva sentita muoversi all’interno del pantheon, nessuno poteva ritenersi colpevole per il suo attacco.
 
Quando il treno iniziò a rallentare, Malcolm lasciò perdere quei pensieri e, sorridendo sghembo, mormorò: “I miei genitori sono venuti a prenderci.”
 
Eiko lo fissò stranita per alcuni istanti, prima di rammentare l’enormità della verità cui era stata testimone solo poche ore addietro.
 
Malcolm, il suo mondo, i suoi poteri, la sua eredità.
 
Lui le aveva riversato tutto dentro, consapevole del rischio che stava correndo, ma ben deciso a correrlo perché credeva in lei… in loro.
 
Sorridendo appena, nonostante fosse mortalmente in pensiero per l’amica, Eiko gli afferrò il viso tra le mani e, con gentilezza, lo baciò.
 
Cercò di chetare le sue paure con quel bacio e, quando lo sentì rilassarsi, seppe di essere in parte riuscita nell’intento.
 
Sapeva bene che non sarebbe bastato questo a risolvere i problemi, ma desiderava essere d’aiuto in qualche modo.
 
Quando infine si scostò per scrutarlo in quei profondi occhi smeraldini, scorse una luce interiore sempre più forte, sempre più limpida.
 
L’attimo seguente, nella sua mente avvertì una carezza e le parole ‘ti amo’.
 
Eiko sorrise appena e, annuendo, lo abbracciò con tenerezza, sussurrando: “Anch’io. Pur se ho una paura folle di uscirne completamente pazza… o morta stecchita.”
 
Lui allora rise sommessamente, la strinse forte e replicò: “Allora siamo in due.”
 
La carrozza arrestò finalmente la sua corsa e, nell’alzarsi dai loro posti, i due giovani si diressero lesti verso l’uscita.
 
Non appena Eiko inquadrò lo specchio della porta scorrevole, si volse a mezzo verso Malcolm e domandò dubbiosa: “Non è che ci darà la caccia anche qui?”
 
“Siamo protetti, finché rimaniamo entro i confini di Washington, D.C.”
 
“E perché?” volle sapere lei, curiosa.
 
“Conosci il pentacolo che disegnarono i massoni fondatori della città?” le domandò allora lui, vedendola sgranare gli occhi.
 
“Ma dai… non mi dirai che…” gracchiò Eiko, prima di tapparsi la bocca per l’incredulità.
 
Mal si limitò ad annuire e la giovane, sbuffando appena, borbottò: “L’ho detto… ne uscirò pazza.”
 
Malcolm non fece in tempo a risponderle, o a dirle che quella era la minore delle stranezze, nella sua famiglia.
 
L’attimo seguente, due bambini lo abbracciarono con forza alle gambe, rischiando di farlo cadere.
 
Lui, però, non vi badò e, piegandosi a scrutare le teste bionde e brune dei gemelli, li strinse a sé e mormorò: “Non dovevate rimanere alzati fino a tardi.”
 
“Sei nostro fratello!” sbottarono in coro sia Shanna che Coryn, fissandolo torvi prima di notare la presenza di Eiko.
 
Prima che i gemelli potessero chiedere spiegazioni su di lei, Kimberly e Winter li raggiunsero e quest’ultimo, nel sorridere al figlio maggiore, sospirò sollevato.
 
“Ce l’avete fatta. Meno male.”
 
“Grazie per aver elevato la barriera” mormorò a quel punto Malcolm, allungandosi per stringere il padre in un breve abbraccio. I fratelli non lo avevano ancora mollato.
 
Kimberly gli sorrise calorosa, ma si preoccupò prima di tutto di Eiko, dicendole: “Selene, mia nipote, ci ha detto che ci saresti stata anche tu. Stai bene, cara?”
 
Non avendo più la forza di stupirsi – era troppo stanca per dare di matto – Eiko assentì e mormorò: “Grazie per essere venuti a prenderci.”
 
Winter, a quel punto, si avvicinò a lei con un sorriso disarmante e, nello stringerle la mano, asserì: “Per la famiglia, questo e altro.”
 
In quelle semplici parole erano contenute un’infinità di significati, dai più semplici e scontati, ai più complessi e misteriosi. A Eiko tornò subito in mente l’albero genealogico che, con tanto interesse, Rin aveva studiato per mesi.
 
Sì, quelle parole volevano dire molto di più che semplice cortesia, educazione e affetto nei confronti del figlio.
 
Tutti loro erano legati in modi così misteriosi e infiniti, che Eiko poteva solo tentare di comprenderli.
 
Non era solo il potere mistico che li contraddistingueva, a renderli speciali, ma anche la forza della loro unione, un’unione che travalicava il tempo e lo spazio.
 
Forse, dopotutto, era questa unicità, questo legame secolare, ad aver incuriosito la volpe.
 
Era possibile che la volpe li avesse seguiti per tutto il tempo, attendendo paziente di essere abbastanza potente da poter impadronirsi di quel sangue in particolare.
 
Quando l’intero gruppo si avviò per raggiungere l’uscita, Eiko lasciò perdere quel pensiero errabondo e, passandosi una mano sul viso per la stanchezza, si incamminò sorretta da Malcolm, chiedendosi fuggevolmente quanto ancora avrebbe resistito.
 
Con tutta probabilità, sarebbe svenuta da un momento all’altro, per risvegliarsi in un manicomio.
 
Chiedilo ai miei zii, o a mia madre, o ai nonni… è stata così per tutti coloro che sono entrati a far parte della famiglia.
 
La voce di Malcolm le giunse comprensiva nella mente ottenebrata dalla stanchezza e lei, con un mezzo sorriso, borbottò: “Posso sempre essere l’eccezione che conferma la regola.”
 
“Con il tuo retroterra? Ne dubito” le sorrise divertito Malcolm, lasciando in sospeso la frase.
 
“Che intendi dire?” volle però sapere lei, mentre Shanna e Coryn la scrutavano curiosi, mille domande sulla punta della lingua, sapientemente tenute a freno dallo sguardo ferreo del padre.
 
Malcolm fece per parlare ma Shanna, presa per mano Eiko, sospirò sorpresa ed esalò: “Posso dirlo io, fratellone?”
 
“E’ così forte, eh?” le sorrise amorevole lui, vedendola annuire mentre Winter scrollava le spalle esasperato ma orgoglioso.
 
Eiko li fissò confusa e Shanna, stringendo maggiormente la sua mano, disse sommessamente: “I tuoi avi hanno già combattuto la creatura che dà la caccia a mio fratello.”
 
Le parole della bambina fecero rammentare alla giovane un particolare molto importante e, quando raggiunsero l’auto degli Hamilton, Eiko disse solerte: “Dobbiamo chiamare mio nonno, a Kyoto. Lui saprà cosa fare. Conosce molto bene le kitsune.”
 
Winter impallidì leggermente nell’udire quel nome e, notando l’assenso da parte del figlio maggiore, mormorò torvo: “Un demone davvero notevole, non c’è che dire. E dici che tuo nonno potrà aiutarci? Crederà alle nostre parole?”
 
Salendo in auto, Eiko se ne uscì con una risata sgangherata e asserì contrita: “Crederci? Mi darà della sciocca perché non ci sono arrivata prima. Sono stata allevata per diventare una miko, perciò avrei dovuto capire…”
 
Coprendosi il viso con le mani, iniziò a piangere e Malcolm, nello stringerla a sé, mormorò: “Non è colpa tua, Eiko… quel demone era davvero troppo forte per essere smascherato.”
 
Shanna carezzò la spalla a Eiko per consolarla mentre Coryn, seduto sul sedile anteriore assieme alla madre e al padre, si volgeva a mezzo per mormorare: “E’ davvero così cattivo, Mal?”
 
“La creatura più spaventosa che io abbia mai conosciuto” assentì il giovane, scompigliando i capelli del fratello con la mano libera.
 
Winter si limitò ad accelerare lungo la strada praticamente deserta che li avrebbe condotti fino a casa. Non c’era altro che potessero fare, in quel momento.
 
***
 
Malcolm chiuse la porta della sua stanza e lasciò che Eiko dormisse un po’. Erano davvero successe troppe cose, in quelle ore, e non faceva specie che fosse crollata.
 
Tornato che fu in salotto con un passo più pesante di quanto non avrebbe voluto – anche lui era esausto, ma c’erano ancora un paio di cose che doveva fare, prima di cedere –, trovò ad attenderli i genitori e gli zii.
 
John e Summer sarebbero arrivati entro poche ore – si trovavano nel Maine, in quel momento – mentre Autumn e famiglia avrebbero raggiunto il Dulles nel primo pomeriggio.
 
A volte, era davvero una scocciatura sottostare alle regole e non utilizzare i propri poteri per favorirsi in qualche modo.
 
Sedendosi stancamente su una sedia, Malcolm si prese il capo tra le mani, poggiando i gomiti sul tavolo ovale del salotto.
 
I gemelli erano stati letteralmente obbligati ad andare a dormire, con la promessa di spiegazioni in orari meno antelucani. Pur se controvoglia, avevano accettato. Non che fosse servito molto, per farli crollare.
 
Quando avevano visto il fratello sano e salvo, l’adrenalina era scemata di colpo, facendoli collassare poco dopo il rientro a casa.
 
Di tutt’altro avviso era Winter che, al pari della sorella, era sveglio e vigile.
 
Max e Kimmy, pur se assonnati, erano ben decisi a resistere e Sunshine, in barba a tutto, era più che desta e pronta a dare una mano.
 
“Come sta, Eiko?” domandò infine Kimmy, sorridendo al figlio.
 
Malcolm risollevò il capo e ammise: “Avrei preferito presentarvela in un modo diverso, lo giuro…”
 
“Nessun dubbio in merito…” cercò di ironizzare Winter, sorseggiando del whisky da un bicchiere panciuto e trasparente. “… ed è palese che la ragazza ha forza di volontà da vendere, visto quello che ha passato. Sa ogni cosa, vero?”
 
“Tutto quanto, dalla A alla Z, mostri compresi” sospirò Mal, sentendosi stringere il cuore al pensiero di Rin.
 
“Hai parlato con Ben?” intervenne a quel punto Spring, in piedi accanto alla finestra che dava sul giardino.
 
Il vento scuoteva i rami adunchi delle piante, mentre una fitta neve cadeva sulla capitale, imbiancandola.
 
In lontananza, visibile solo ai loro occhi di Guardiani, le cinque colonne del pentacolo di potere si innalzavano fin dove occhio poteva spingersi.
 
Immense pareti dorate proteggevano la città dagli spiriti molesti così come dalle entità maligne, e così sarebbe stato finché loro non avessero disattivato la rete di protezione.
 
Attivare il Vertice della Stella non era stato semplice, come lo era stato per gli altri punti del pentacolo. Autumn aveva dovuto scardinare parecchie finestre alla Casa Bianca, prima di riuscire a creare una fata di dimensioni sufficienti perché potesse attivarlo.
 
Poiché non era concesso loro di entrare senza un valido motivo nella casa del Presidente, se non come turisti, l’unica soluzione che avevano trovato era stata quella.
 
Utilizzare l’aria nell’abitazione presidenziale per dare corpo a una Fata avrebbe portato a danni incalcolabili, perciò Autumn aveva dovuto introdurre più aria.
 
Alla fine, si era ridotto uno straccio, ma il Vertice era stato attivato correttamente …e alla Casa Bianca avevano dovuto chiamare con urgenza un falegname.
 
“Benjamin parlerà con Amaterasu, la dea solare legata al pantheon shintoista e, non appena saprà qualcosa, mi chiamerà. Ma era a pezzi, quando l’ho sentito, e penso gli occorreranno ore, per riprendersi” li mise alla fine al corrente Malcolm, passandosi nervosamente una mano tra i corti capelli neri.
 
Winter gli batté una mano sul braccio, mormorando: “Non è colpa tua, Malcolm. Né lo stato attuale di salute di Benjamin, né quello che è successo alla tua amica.”
 
“L’ho lasciata da sola” esalò affranto il figlio, fissando suo padre con espressione sgomenta.
 
“L’alternativa, da quel che ho capito, sarebbe stata permettere a quella specie di vampiro di prelevarti tutti poteri, così che poi potesse venire qui a divorare la tua famiglia…” replicò Max, con tono tranquillo e sagace. “… e poi dominare il mondo, se tanto mi dà tanto. Se neppure una divinità come Benjamin è stata in grado di fermarlo, cosa potevi fare, tu da solo?”
 
Malcolm non seppe cosa replicare, pur desiderandolo con tutto il cuore.
 
Non era stato capace di aiutarla. Pur con tutti i suoi poteri, si era ritrovato inerme, impotente, del tutto vulnerabile.
 
Aveva compreso per la prima volta in vita sua, e nel modo peggiore possibile, cosa volesse dire essere un semplice essere umano.
 
Solo ora era in grado di capire l’immane forza e coraggio che possedevano zio Max, sua madre, zia Melody… tutti quanti loro.
 
Il suo cellulare suonò proprio in quel momento di immane prostrazione e, quando Mal vide il numero di Bobby, accettò subito la chiamata, esalando: “Ehi, amico! Tutto bene?!”
 
“Tutto okay. Abbiamo fatto come ci hai detto, e siamo scappati subito. Siamo a casa di Keath, visto che i suoi sono via per le vacanze di Natale. Se fossimo andati dai miei, avremmo dovuto spiegare la nostra fuga e… beh, siamo a posto, in ogni caso” borbottò Bobby, tradendo più ansia di quanta non volesse mostrare all’amico.
 
Interrompendosi per un attimo, Bobby aggiunse subito dopo: “Come state, tu ed Eiko?”
 
“Siamo a casa anche noi. Nei limiti del possibile, stiamo bene” asserì Malcolm stancamente.
 
“Rin?”
 
Una lacrima solitaria solcò la guancia di Mal e Bobby, interpretando da solo il suo silenzio, mormorò: “Capito. Hai bisogno di noi?”
 
“Rimanete entro i confini di Washington D.C. Solo questo. A questo modo, saprò che lei non può toccarvi” disse il giovane Hamilton.
 
Lei? Che cos’è, amico?”
 
Malcolm gli fece un riassunto edulcorato della faccenda e, quando ebbe terminato, l’unica cosa che Bobby poté fare, fu fischiare per la sorpresa e lo sgomento.
 
“Dio, amico… e sapete già cosa fare?”
 
“Non ancora” ammise Mal, lasciandosi scivolare un poco sulla sedia, il capo reclinato all’indietro.
 
Fu così che si accorse della presenza di Eiko, in piedi sulla porta che conduceva alla zona notte di casa sua.
 
Anche gli altri si volsero a guardarla e Malcolm, nel salutare Bobby – promettendogli ulteriori aggiornamenti – si raccomandò di non allontanarsi dalla città.
 
Una volta chiusa la comunicazione, Mal si volse verso la giovane e disse: “Dovevi riposare ancora, Eiko.”
 
Scuotendo il capo, la giovane si avvicinò loro e, con un piccolo inchino, mormorò: “E’ un piacere conoscervi, io sono Eiko Kurumi.”
 
Max si levò in piedi e, rispondendo perfettamente all’inchino della ragazza, le sorrise e disse: “Dōzo yoroshiku, Eiko-san. Boku wa Max.”
 
Eiko sorrise spontaneamente nel sentirlo parlare un perfetto giapponese e, risollevatasi, allungò una mano nella sua direzione, asserendo: “Ha avuto un insegnante eccellente.”
 
“Ne sono lieto” ammiccò Max, dandole la mano. “E dammi pure del tu, bambina. Qui siamo tutti molto informali.”
 
Spring assentì e, nell’abbracciare calorosamente Eiko, aggiunse: “Io sono Spring, cara… grazie per essere rimasta accanto al nostro Malcolm. E’ molto importante… per tutti noi.”
 
Quando la giovane si scostò dalla donna, assentì a Malcolm, asserendo: “Sì, ormai so quanto sia importante il legame persistente nella vostra famiglia, e credo di sapere perché la kitsune si sia interessata proprio a Malcolm.”
 
Quelle parole sconcertarono i presenti, ma ormai Eiko ne era certa. La volpe era lì per un motivo preciso, non si era avvicinata a Mal per caso.
 
Niente, in tutta quella situazione strampalata, era mai stata dettata dal caso.

 

 

 

 

 

 

Note: Scopriamo un po' del passato di Eiko, e di come sia più addentro nel mondo degli spiriti di quanto non si pensasse all'inizio. Anche per questo, Rin all'inizio dice che Eiko può capire bene i legami famigliari che ha Malcolm con i suoi. Viene anch'ella da una famiglia antica e potente, pur se non nello stesso modo.

Scopriamo anche che una kitsune, stavolta buona, ha istruito il nonno di Eiko perché alla ragazza venisse insegnato l'antico credo shintoista, la realtà sui kami - gli spiriti della natura - e sui loro poteri.

Certo, Eiko li ha lasciati da parte, durante la crescita, ma essi sono insiti in lei e, al momento opportuno, sono tornati a galla, dicendole ciò che avrebbero dovuto fare.

Mentre Malcolm ed Eiko erano in viaggio, la famiglia Hamilton non è stata certo ad aspettare. Così fa la comparsa il famoso pentacolo di potere cui vi avevo accennato nella storia di Winter, che 'protegge' Washington dalle influenze nefaste.

  
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