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Autore: Mary P_Stark    10/10/2016    2 recensioni
2024. Malcolm Hamilton e i suoi amici si apprestano a terminare i loro studi alla Columbia ma il giovane, Guardiano dello Spirito e Fulcro del Pentacolo di Potere della sua famiglia, sente che qualcosa non va, che qualcosa lo minaccia, pur se non direttamente. Niente e nessuno sembra riuscire a comprendere cosa stia curiosando attorno al giovane, neppure un'entità potente come la Fenice Araba, che si è presa personale carico di aiutare l'amico e Guardiano.
Cosa vi può essere che riesce a sfuggire agli occhi di un Dominatore dello Spirito? E sarà un'entità davvero malvagia, o solo incuriosita dal potere di Malcolm e della sua famiglia?
E' difficile scoprirlo, specialmente quando cuore e anima vanno in due direzioni diverse. Se il primo vorrebbe pensare agli occhi dolci di Eiko, la seconda è incuriosita da Rin, le due nuove amiche che Malcolm conosce all'università.
Riuscirà il ragazzo a non cacciarsi nei guai, o saranno i guai a trovare lui? - SPIN-OFF serie 'The Power of the Four' (è necessaria la previa lettura della saga, per comprenderne gli intrecci)
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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11.
 
 
 
Joy Patterson, madre di Benjamin Thomson e precedente Araba Fenice, stava scrutando ansiosa il viso pensieroso del figlio, seduto sul suo letto, allo studentato dell’Università.
 
Rammentava più che bene quando, ventitré anni prima, le Torri Gemelle erano crollate e lei era rimasta schiacciata dal dolore simultaneo provato dalle vittime.
 
Se non fosse stato per la presenza di suo cugino Alex, lei sarebbe morta prematuramente e con grande patimento. All’epoca, non aveva avuto la forza – e il potere – per sopportare una simile onda anomala di dolore.
 
Scagliandosi contro la kitsune per difendere Malcolm, Benjamin aveva rischiato allo stesso modo di venire schiacciato da qualcosa di più grande di lui. Forse, solo la presenza dell’anima pura della ragazza posseduta, gli aveva evitato il crollo.
 
Lei lo aveva aiutato a resistere, a scacciare il kami il tempo necessario per permettere a Malcolm e la sua amica di sfuggire ai suoi artigli.
 
Sapeva, in tutta coscienza, che era ciò che una Fenice doveva fare – lasciare un simile demone in libertà, era follia – ma, quando lei e Alex erano giunti allo studentato, Joy aveva rischiato di crollare.
 
Aveva abbracciato il figlio così forte che, alla fine, Ben si era lagnato con lei, pur sorridendole con amore.
 
Controvoglia, perciò, aveva lasciato che Alex svolgesse il suo compito di Oracolo, cioè di tramite fisico con Rah.
 
Dopo aver stretto la mano al cugino, Alex aveva quindi atteso l’inevitabile. Ancora una volta, come tanti anni addietro, il disco solare era comparso sul suo palmo, marchiando lui e Ben perché l’energia di Rah potesse scorrere.
 
Benjamin si era sentito subito bene e Alex, nel massaggiarsi la mano ustionata, aveva chiosato simpaticamente: “In fondo, mi era mancato…”
 
“Cosa ti ha detto Rah?” domandò alla fine Joy quando Benjamin tornò in sé, scollegandosi dalla sua chiacchierata mentale col dio egizio.
 
Curiosamente, Rah era ancora restio a parlare in presenza di Joy. L’affetto profondo che l’aveva legato a lei nel corso dei millenni lo faceva soffrire, quando ella era presente.
 
Joy lo comprendeva benissimo; infatti, mai una volta aveva insistito per udire di nuovo la sua voce ancestrale. Le mancava a sua volta, ma sapeva bene perché l’amico non voleva farsi sentire da lei.
 
Passandosi una mano tra i capelli fulvi e scompigliati, Ben mormorò: “A quanto pare, occorre un’altra volpe. Rah mi ha confermato le stesse cose che mi ha detto Amaterasu. Il punto è un altro; dove trovarla? Non è che mettano annunci sul giornale e, visti i poteri di questa, neppure l’altra si farà trovare, se non vuole… ammesso che ne esista un’altra, e sia buona e gentile. Un po’ troppe variabili, per i miei gusti.”
 
Joy sospirò sconsolata e Alex, nel chiudere la comunicazione con sua moglie Susan, asserì contrito: “Mi spiace scocciare, ma dobbiamo ripartire. Tu sei di turno all’ospedale, Joy, e io non posso mancare in tribunale. Come ti senti, ora, Ben? Possiamo ripartire tranquilli?”
 
“Tutto bene, Alex. Fresco come una rosa” gli sorrise il giovane, battendo il cinque con lui. “Sicuro di non volere qualcosa come ricompensa?”
 
Sorridendo alla cugina con fare complice, Alex chiosò: “L’ultima volta, ne ricavai una coppa di gelato. Ora, mi basta non trovare traffico sulla strada.”
 
Il cugino sbuffò e, nell’ammiccare, borbottò: “Come sprecare un desiderio.”
 
Scoppiando a ridere sommessamente, Alex aiutò Joy ad alzarsi dalla sedia dov’era accomodata e, nell’avviarsi verso la porta, replicò: “Tua madre mi disse la stessa cosa, a suo tempo.”
 
“Sei recidivo, allora…” ammiccò Ben, salutando la madre con un bacetto veloce sulle guance.
 
Avrebbe cercato di farsi perdonare per quel brutto spavento ma, in quel momento, doveva pensare innanzitutto a Malcolm per poter essergli di supporto. Quella volpe andava fermata a tutti i costi.
 
Rimasto infine solo, attese qualche attimo prima di lasciarsi andare lungo disteso sul letto e, pensieroso, osservò la piaga a forma di disco solare sul suo palmo.
 
Un cerchio contenuto in un altro.
 
E una volpe.
 
Sgranando gli occhi, il giovane balzò a sedere e, in barba all’orario assurdo – non aveva idea di che ore fossero, sulla costa Est – chiamò Malcolm.
 
***
 
“Sono più che convinta che, se chiamassi mio nonno, potremmo ottenere informazioni importanti. Inoltre, ho la quasi totale certezza che la volpe volesse Malcolm già da molto tempo… o, per meglio dire, un Involucro con la sua potenza” mormorò Eiko, stringendo le mani in grembo nell’osservare la famiglia Hamilton accomodata attorno a lei.
 
Era oltremodo imbarazzante essere in mezzo a persone praticamente sconosciute – ma che sapevano perfettamente cosa la legava a Malcolm – parlando di spiriti, miti ancestrali e potenziali guerre per la fine del mondo.
 
Alla famiglia Hamilton, però, sembrava non importare molto. Probabilmente, erano abituati a ben altre stranezze, nella loro vita.
 
“Cosa intendi dire?” volle sapere Winter, scrutandola con interesse.
 
Ancora una volta, Eiko si sentì strana nel ritrovarsi lì con loro, ma cercò di fare buon viso a cattivo gioco, vista soprattutto la posta in palio.
 
Aveva immaginato che sarebbe stato oltremodo imbarazzante incontrare i genitori di Malcolm, in qualità di sua ragazza. Di certo, però, non si era aspettata che, quell’incontro così speciale, potesse coincidere con una potenziale catastrofe di proporzioni globali.
 
Né che il suo ragazzo – era così strano pensare a Malcolm in quei termini – potesse essere uno stregone.
 
E dire che il nonno gliel’aveva sempre detto che i kami esistevano realmente!
 
Sciocca lei a non credergli.
 
Lappandosi nervosamente le labbra, Eiko asserì con sicurezza: “Le kitsune sono entità erratiche e misteriose, e le più potenti, le enneacoda come quella che perseguita Malcolm, possono viaggiare nel tempo e nello spazio. Ho idea che abbia seguito per molto tempo la vostra famiglia, ingolosita dai vostri poteri, ma non ancora pronta a cibarsene perché non abbastanza potente.”
 
“Sarebbe plausibile. Se acquisiscono potere con l’avanzare dell’età, potrebbe essere giunta allo stadio finale solo ora, il che spiega perché non vi siano mai stati prima attacchi di questo genere” assentì Winter, sorridendole con estremo rispetto.
 
Mal le batté una mano sul braccio, sorridendole fiero e lei, arrossendo leggermente, aggiunse: “Mio nonno conosce molte storie sulle volpi a nove code, e forse sa il modo per fermarle, ma dovrò dirgli di voi, o troverà assai strano che io gli chieda di una kitsune, così su due piedi.”
 
“Malcolm si è fidato di te, e a ben d’onde, direi…” dichiarò Winter, senza remora alcuna. “…perciò non ci saranno problemi se gli parlerai del nostro segreto.”
 
Hai” assentì la giovane, tornando in fretta nella stanza di Malcolm per recuperare il suo cellulare. Non c’era tempo da perdere.
 
Kimmy, a quel punto, si levò in piedi per dirigersi in cucina a preparare del caffè e Spring, nel seguirla, le sussurrò: “E’ carina, non ti pare?”
 
Lei assentì tutta orgogliosa e, nell’accendere la macchinetta, dichiarò: “L’ho sempre saputo che il mio figliolo ha buon gusto. E lei può veramente capirlo.”
 
Spring annuì compiaciuta, aggiungendo: “E’ addentro ai misteri non meno di noi, pur se non ha seguito un iter di crescita mistica come noi Guardiani. Ciò che ha imparato da bambina le tornerà comunque utile, visto in che ginepraio siamo finiti a causa di quella volpe.”
 
Kimmy assentì torva e, nel preparare tazze per tutti, mormorò: “Cosa succederà alla ragazza in cui è penetrata la kitsune?”
 
Spring fissò l’amica e cognata con espressione spiacente e Kimberly, con un lungo sospiro, sussurrò: “Difficilmente Malcolm guarirà da una ferita simile… parlava di Rin con toni così affettuosi…”
 
“Credo che neppure Eiko lo supererà mai del tutto, ma saranno insieme ad affrontare questo dolore e noi, di certo, non li abbandoneremo. E’ bastato Winter, per farci capire l’errore” esalò Spring, lanciando un’occhiata fuori dalla cucina quando sentì la ragazza tornare in salotto.
 
“Tu credi che…” mormorò Kimmy, lanciando a sua volta un’occhiata per scrutare la giovane.
 
Spring le sorrise convinta e asserì in un sussurro: “Sai bene che, quando ci si lega a un Guardiano, è per sempre. Lei è davvero affezionata a Malcolm, posso percepirlo senza sforzo, anche senza i poteri di mio nipote. Le loro auree brillano in risonanza.”
 
La cognata si limitò a sorriderle, preferendo non chiedere altro. Si fidava a sufficienza di Spring per prendere per buone le sue parole, anche se lei non era in grado di vedere ciò che lei vedeva.
 
Kimmy staccò quindi la caffettiera dalla macchina, mentre Spring portava le tazze in salotto e Malcolm, nel vederle finalmente tornare, sorrise loro e asserì: “Grazie. Credo proprio che ne avremo bisogno.”
 
“Non avevo dubbi” assentì sua madre, sedendosi poi accanto a Eiko.
 
Sorridendole, Kimmy le poggiò comprensiva una mano sulla spalla e la giovane, ringraziandola con un cenno del capo, accese il telefono e chiamò.
 
Non dovette attendere molto, prima che la voce di suo nonno Shinichi le solleticasse l’orecchio, riportandole alla memoria gioiose giornate passate al tempio.
 
Non cercate, ma forse necessarie, lacrime calde scivolarono silenziose sul viso della giovane. Subito, la stretta di Kimmy sulla spalla di Eiko aumentò.
 
“Nonno… sono Eiko… ho bisogno di te” mormorò con voce spezzata.
 
“Tesoro mio, cosa succede?” esalò l’anziano. “Dimmi come può esserti utile un vecchio sacerdote come me.”
 
Il suo tono sereno - nonostante l’ansia evidente nella sua voce – quel timbro vocale caldo e profondo, tutto in quel suono uniforme e a lei tanto caro la rilassò, rasserenandola un poco.
 
Lesta, perciò, ricacciò indietro il dolore così come le lacrime e gli spiegò cosa fosse successo, cosa l’avesse spinta a chiedere il suo intervento.
 
Gli raccontò della possessione di Rin, dell’aggressione a Malcolm, della speciale peculiarità del giovane e della sua famiglia. Ogni cosa venne sviscerata, così che il segreto degli Hamilton non fosse d’intralcio per ciò che li attendeva al varco.
 
Per tutto il tempo, Shinichi Kurumi ascoltò senza fiatare e, quando finalmente la nipote mise fine al suo monologo, poté solo dire: “Hai fatto bene a chiamarmi, Eiko, pur se mi sarei messo in comunicazione io stesso con te, entro breve.”
 
“Che intendi dire?” esalò la ragazza, più che mai sorpresa.
 
“Kurama1 è ansiosa già da diverse ore e, dopo ciò che mi hai detto, non posso che pensare che il motivo sia questo. E ora che sai, e hai visto, posso dirti tutto di lei.”
 
Sbattendo le palpebre per la confusione, Eiko rammentò un nome sedimentato nella sua memoria di bambina e, spalancando la bocca, esalò: “Era il nome che davi alla volpe del tempio!”
 
“Esatto, mia cara. Ma la volpe di cui amavi tanto sentire i racconti era più di una statua. Era – ed è – il kami protettore del tempio di Inari.”
 
Eiko si coprì la bocca per soffocare un singhiozzo pieno di sorpresa e sgomento e Malcolm, protettivo, le domandò: “Che succede, Eiko?”
 
Lei lo guardò con espressione ansiosa, esalando: “C’è un’altra volpe.”
 
Quella notizia sgomentò tutti, ma Shinichi si affrettò a dire: “Bimba mia, questa volpe non aggredirebbe mai un’anima. Essa è di indole buona e gentile.”
 
“Ma come è possibile che …”
 
Interrompendola, l’anziano disse: “Mettimi in viva voce, cara, perché ho alcune domande da porre ai tuoi amici e, grazie a queste domande, ti darò le risposte che stai cercando.”
 
Eiko si affrettò a farlo e, quando Shinichi parlò, si rivolse subito alla famiglia Hamilton.
 
“Grazie, innanzitutto, per aver pensato a proteggere mia nipote dalla kitsune. Ho un debito nei vostri confronti…” esordì l’anziano. “… e intendo pagarlo con il mio aiuto a voi. Come vi ha accennato Eiko-san, nel tempio ove mi trovo risiede una volpe in tutto simile a quella che vi ha attaccato. Essa, però, è buona e pura.”
 
“Ne esistono anche di questo tipo?” domandò a quel punto Malcolm.
 
Hai, sì, esistono e, stando a quello che mi ha detto Lei, Kurama, sta impedendo all’altra volpe di muoversi. Dice di aver di aver preso il posto uno spirito di luce che si stava opponendo alla kitsune, quando questa si è temporaneamente ritirata dal guscio in cui era rinchiusa. Più di questo, da qui, non può fare e, …”
 
Shinichi si interruppe, come se stesse ascoltando qualcuno – o qualcosa – per poi aggiungere tetro: “… Kurama mi ha appena detto che l’unico modo per sconfiggerla è portarla qui. E voi con essa.”
 
I presenti si guardarono l’un l’altro, confusi e preoccupati, e l’anziano sacerdote asserì: “Se voi verrete a Kyoto, lei vi seguirà. Non lascerà nulla di intentato, pur di avere ciò che vuole.”
 
“Quindi, Rin…” mormorò Malcolm, passandosi le mani sul viso.
 
La voce gli si spezzò e Shinichi, con tono compassionevole, mormorò: “Nulla di ciò che avresti potuto fare, sarebbe valso a salvarla, ragazzo. Chi viene posseduto da una kitsune di quel tipo, non può essere salvato. Ma, da quel che mi ha detto Kurama, la fanciulla ha dimostrato grande coraggio e forza, nel fronteggiare il potere della volpe. Era suo lo spirito che ha lottato fino all’ultimo per evitare che vi prendesse.”
 
“La sua era un’anima candida” assentì Mal. Sapeva di non sbagliare, parlando al passato, pur se ogni parola era una stilettata al cuore, per lui.
 
“Se servirà a bloccarla, verremo a Kyoto” intervenne a quel punto Winter, prendendo le redini della situazione.
 
Tutti assentirono a quelle parole e, quando la comunicazione venne infine interrotta, Win scrutò la sua famiglia e dichiarò lapidario: “E’ evidente che voi rimarrete qui.”
 
Ciò detto, lanciò un’occhiata a Max, Sunshine e Kimmy che, per tutta risposta, lo squadrò malissimo, intrecciando piccata le braccia sotto i seni.
 
“Ehi, amico, penso di essere abbastanza grande e vaccinato per sapere dove…” cominciò col dire Max, sul chi vive, prima di essere interrotto dalla moglie.
 
“Max, fermati. Win non vuole escludervi per mero puntiglio, o perché siete semplici umani, ma per un motivo molto semplice; quel demone è come un vampiro. Vuoi davvero che tua figlia – che sarà la prossima Guardiana dell’Aria – sia nelle sue vicinanze?”
 
Sbuffando, Max avvolse protettivo le spalle di Sunny che, sorridendo al padre, soggiunse: “Loro sono un Cerchio Attivo, papà, e possono operare in modi che noi, al momento, neppure possiamo sognare. E’ ovvio che siano loro a partire, e che noi rimaniamo a casa. Saremmo solo d’impiccio, se ci trovassimo là.”
 
“Un po’ meno lungimiranza sarebbe gradita, tesoro… sto perorando la mia causa di uomo di casa” brontolò l’uomo, pur sorridendole.
 
Anche Kimmy intervenne e, sbuffando sonoramente, borbottò: “Va da sé che neppure io posso venire, visto che Coryn e Shanna sono altri due Guardiani, giusto? Inoltre, anche le nostre anime sarebbero a rischio.”
 
“Esatto. Rimarrete qui assieme a John, Melody, Cynthia e Selene. Il loa di J.C. vi terrà al sicuro e…” assentì Winter, interrompendosi quando udì il cellulare di Malcolm suonare all’improvviso.
 
Assai sorpreso, lui accettò la chiamata e, all’altro capo, Ben esclamò: “Ho la soluzione! Cioè, insomma, almeno in parte…”
 
Sorridendo nel sentirlo nuovamente pimpante e fresco come sempre, Mal disse: “Spara pure, poi ti dirò le nostre, di novità.”
 
“Oh… okay. Credo che serva un doppio cerchio di costrizione. Uno non basterebbe, per una bestia simile, ma due… credo che potreste contenerla, con due cerchi. Ora, resta solo da capire dove fare una cosa del genere. Forse, Washington e le sue barriere mistiche sarebbero sufficienti, se voi azionaste anche il vostro, di Cerchio, ma mettere un simile mostro in una città con milioni di abitanti, sarebbe un disastro. Usare Stonehenge attirerebbe troppi curiosi, inoltre è un sito storico… troppi guai, se si rovinasse anche un solo sasso. Ti viene in mente qualche posto migliore?”
 
“Che ne dici di Kyoto, al tempio di Inari?” gli suggerì Malcolm, accennando un sorriso quando Ben se ne uscì con un ‘che?!’ assai confuso.
 
Dopo avergli spiegato l’intuizione di Eiko, cui seguirono i complimenti di Fenice, Mal gli accennò anche alla presenza di una seconda volpe entro le mura del tempio.
 
Questo mise sull’attenti Benjamin che, assentendo, mormorò: “Ora capisco perché l’altra, quella cattiva, sta dando di matto, da quando sono stato costretto a mollarla. Non perché non riesce a entrare a Washington – o magari, non solo per quello – ma perché c’è quella buona a disturbarla.”
 
“Sì, è probabile che l’effetto combinato della barriera di Washington e gli attacchi della volpe di Inari, la stiano facendo imbestialire” annuì Malcolm. “Stando a quello che ci ha detto il nonno di Eiko, il tempio rappresenterà il primo cerchio di costrizione, come hai giustamente pensato tu, e il secondo sarà rappresentato dal nostro. Con l’aiuto aggiuntivo della volpe, dovremmo riuscire a confinarla per sempre fuori dalla nostra dimensione. Spero, per lo meno.”
 
Un lungo sospiro seguì la frase di Malcolm ed Eiko, nello stringergli la mano, sussurrò: “Non pensarci, Mal.”
 
“Malcolm, è inutile che io ti ripeta che non è colpa tua, vero?” soggiunse Benjamin, sapendo bene da dove venisse il dolore dell’amico.
 
“Vuole me. E Rin è stata presa a causa del potere che risiede in me. Qualche responsabilità ce l’ho” replicò Malcolm, pur apprezzando le parole dell’amico.
 
“Rin è stata presa perché era un’anima candida e pura. Probabilmente, l’avrebbe divorata anche se non fosse diventata tua amica. Questo genere di demoni non si fa molti scrupoli, e le anime candide sono come il sangue per gli squali” precisò Ben, comprensivo.
 
“Meritava ben di più che una fine simile, però.”
 
“Niente da eccepire, amico, ma anche i pazienti di mia madre non meritano di impazzire a causa di ciò che vedono in guerra, eppure spesso succede. Non riesce a salvarli tutti” gli ricordò Ben, andando col pensiero ai pazienti amputati e con stress post-traumatico che curava la madre.
 
Lei e la dottoressa Rowling si occupavano rispettivamente di corpo e mente di pazienti traumatizzati, sia che fossero civili o militari. Quelli con le patologie peggiori, ovviamente, erano coloro che tornavano dal fronte, e lui era stato spesso testimone dei loro tormenti, così come delle loro fobie.
 
Era demoralizzante, e lo faceva spesso infuriare, avere il potere di spezzare in due la Terra, ma di non poter evitare alle persone di soffrire.
 
“Neppure io posso salvare tutti, anche se sono qui per indirizzarvi verso il bene e la gioia” ammise con contrizione Benjamin, conoscendo bene i propri limiti. “Si può solo fare del proprio meglio, Mal, e tu l’hai sempre fatto. Con Rin, non avresti potuto fare nulla. Ma puoi salvare te stesso, Eiko, la tua famiglia e, per estensione, il mondo intero. Una bestia del genere non può vagare libera per la Terra. Non mi pare poca cosa.”
 
Malcolm sollevò il viso a scrutare i suoi cari, la donna che aveva imparato ad amare – e che lo comprendeva più di chiunque altro – e, assentendo, mormorò: “No, non è poca cosa.”
 
“Parti con questa convinzione. Io penserò ai cari che rimarranno a casa. Darò una mano al loa di John, promesso” lo rassicurò Ben, tornando al suo solito tono allegro. “Sarà divertente spalleggiare un simile spirito guerriero.”
 
Mal accennò un sorriso e, dopo averlo salutato, chiuse la comunicazione per dire: “Sarà il caso di prenotare i biglietti per …qual è l’aeroporto più vicino a Kyoto?”
 
“Osaka” lo informò Eiko.
 
“E Osaka sia!” dichiarò Spring, correndo verso il palmare di Winter, che riposava sul basso tavolino dinanzi al divano.
 
“Ahhh, no, tesoro… forse è meglio se lasci fare a me” la prevenne Max, sorridendole amorevole quanto un tantino prevenuto.
 
Eiko si sorprese un poco, di fronte a tanta sollecita solerzia ma non Malcolm che, ridacchiando, chiosò: “Hai fatto danni mentre ero via, zia?”
 
Sbuffando, Spring offrì stizzita il palmare a Max, che le lanciò un bacetto al volo, e borbottò: “Solo perché ho impallato il computer di casa, non vuol dire che succederà anche con questo.”
 
Win tossicchiò e Kimmy fece finta di niente ma le sorrise divertita, così Spring dovette ammettere controvoglia: “Due computer… anche quello di tuo padre. La consolle centrale è stata cambiata da poco, non l’hai notato?”
 
A quell’accenno, Mal si volse a mezzo per controllare il pannello del sistema domotico della casa e, scoppiando a ridere, esalò: “Sei incorreggibile!”
 
Cominciando a comprendere dove fosse il problema, Eiko sorrise a una sconsolata Spring e domandò: “Tecnofobica?”
 
“Della peggior specie, cara” assentì suo malgrado la donna.
 
“Dovrebbe…” iniziò col dire Eiko, prima di venire frizzata da un’occhiataccia di Spring. “… dovresti conoscere mia madre. Credo potrebbe batterti.”
 
La Guardiana della Terra si illuminò in volto, a quella notizia e Max, nel terminare di prenotare i biglietti per loro, celiò: “Dio ce ne scampi e liberi… con tutto il rispetto, Eiko ma, se le mettessimo insieme, manderebbero in tilt il Pentagono.”
 
La giovane rise sommessamente, a quella battuta e Malcolm, nell’avvolgerle le spalle, dichiarò: “Beh… la mia famiglia è così.”
 
“Prova a lamentartene, e ti picchierò” lo minacciò bonariamente Eiko.
 
“Non ci penso proprio” scosse il capo Malcolm, prima di lanciare un’occhiata al padre, che li stava osservando con compiacimento.
 
“Non prenotare la cappella, papà”, gli disse mentalmente Mal, facendolo sorridere.
 
Il giorno in cui lo farò, sparami. Io sono davvero l’ultimo che può dire a un altro di sposare – o frequentare – qualcuno. Tu sei un capolavoro, Mal, e io e tua madre siamo e saremo sempre fieri di te, ma ciò che fecero a me ed Erin fu ingiusto e crudele. Però, posso essere felice di vedere mio figlio felice, e con una donna che lo capisce?
 
Penso di sì” assentì Malcolm.
 
Ti ho lasciato in pace, per la faccenda di Lynne, perché sapevo che eri abbastanza adulto per affrontarla da solo, …” iniziò col dire Winter, sorprendendo il figlio. “… ma ricordati che noi ci saremo sempre. Anche per dire due sciocchezze.
 
Non avevo idea che lo sapessi. Scusa se non te ne ho parlato, ma…
 
Si affronta il dolore ognuno a modo proprio, Mal, non c’è problema. Devo comunque dedurre che vada tutto bene, con Eiko.
 
Lei mi vede. Non è poco… e non le interessa altro.
 
E a me non interessa sapere altro”, sentenziò Winter, levandosi in piedi.
 
Scrutando poi con affetto incondizionato Eiko, le disse: “Adesso, credo che tutti noi abbiamo bisogno di riposare, in attesa di partire tra qualche ora. Eiko, tu prendi pure la camera di Malcolm. Il ragazzo, per stavolta, si accontenterà di dormire con la mamma.”
 
“E tu, papà, dove vai?” si informò Mal, curioso.
 
Sorridendo enigmatico, si avviò verso la porta d’entrata e disse: “Devo fare due chiacchiere con una persona, e ci vorrà del tempo.”
 
Ciò detto, uscì e Kimmy, presa sottobraccio Eiko, asserì: “Non preoccuparti, è sempre un po’ misterioso, nelle sue cose.”
 
***
 
Nella taverna c’era un freddo infernale, e l’acqua del pozzo era simile a quella di una ghiacciaia, ma per Arianrhod poteva sopportare anche questo.
 
I piedi immersi in un bacile di peltro bulinato a mano, Winter disegnò un pentacolo con dell’ocra sul suo torace nudo – al pari del suo corpo – e levò il capo in attesa.
 
Non si potevano fare interurbane agli dèi e, non avendo gli stessi poteri di Ben, Winter si era dovuto accontentare del solito metodo e raggelarsi per poter essere in sintonia con il Sopramondo.
 
Trascorse così quasi un’ora, infreddolito ma tenace, prima che la dea gli prestasse orecchio.
Avrebbe potuto coinvolgere Malcolm in quel dialogo privato con la loro guida, ma aveva preferito lasciarlo riposare. Aveva già dovuto sopportare fin troppo, in quelle poche ore.
 
Quando infine la figura snella e velata della dea apparve sopra di lui, Winter reclinò ossequioso il capo e mormorò: “Grazie per aver accettato di parlarmi, mia dea.”
 
La donna dalla bionda chioma sorrise, rimase a mezz’aria nella sua forma tridimensionale – ma priva di corporeità – e replicò: “Sono quasi vent’anni che non ti rivolgi a me, figlio mio. Spero non ti siano tornate velleità di morte.”
 
“Affatto, mia dea, tutt’altro. Desideravo solo chiederti protezione per i miei cari qui a Washington D.C., se fosse possibile.”
 
“Fenice non ha già offerto i suoi servigi?” gli rammentò la dea, inclinando su un lato il viso. La chioma scintillò come oro puro e Winter, per un attimo, si chiese a causa di quale luminescenza.
 
La taverna era illuminata soltanto da qualche candela votiva, ma ciò che rischiarava il viso della dea era di tutt’altra portata.
 
“Desidero che la mia famiglia abbia tutta la protezione possibile. Immagino tu comprenda perché” asserì Winter, sorridendo appena quando l’acqua divenne calda.
 
Il calore emanato dalla dea aveva riscaldato anche l’acqua con cui aveva fatto le abluzioni, e in cui era immerso fino alle caviglie.
 
“Soccorrerò Fenice, se e quando ne avrà bisogno, pur se non comprendo appieno i poteri di questo spirito errante. E’ oscuro anche ai miei occhi” ammise la dea, storcendo la bocca.
 
Non doveva essere facile, per una divinità, ammettere di avere dei limiti.
 
“Tutto ciò che potrai fare, mia dea, sarà benaccetto e, naturalmente, qualsiasi debito dovrò pagare per questo, io lo pagherò con onore” dichiarò Winter, sorridendo con serenità.
 
Arianrhod, allora, si arrischiò a un gesto che di solito non compiva e, sfiorando con una mano il viso sorpreso di Winter, mormorò: “Penso tu abbia già pagato a sufficienza in passato, figlio mio. Nessun pegno dovrà essere pagato, semmai io decidessi di intervenire. Sarà per mio piacere, non per il pagamento di un fio.”
 
“Te ne sono grato, mia dea, ma mi riterrò comunque tuo debitore” asserì infine Winter, inginocchiandosi a terra.
 
“Come preferisci. So che sai essere sommamente testardo, quando vuoi” sorrise la dea, sollevando curiosa le sopracciglia quando notò un particolare curioso sul corpo di Winter. “Oh… un tatuaggio, figlio mio?”
 
Scoppiando in una risata sommessa, lui assentì, mormorando: “Una follia momentanea, durante il post-matrimonio. Io e Kimberly ci siamo fatti tatuare le nostre iniziali sulla spalla destra.”
 
“Il braccio della spada… interessante” sorrise divertita la dea. “Sconfiggete quel demone crudele, figlio mio, e tornate da me sani e salvi.”
 
“E’ nei nostri intenti.”
 
“Bene. E congratulati con tuo figlio. La giovane che ha scorto il suo animo ha antichi e solidi natali e sarà abbastanza forte da tenergli testa, negli anni a venire” sussurrò Arianrhod, svanendo in un alone di luce così come era giunta.
 
Rimasto solo nella semioscurità della taverna, Winter uscì dal bacile in peltro per poggiare i piedi sul vicino asciugamano steso a terra. Già sul punto di rivestirsi, si sentì però dire con ironia: “Spiegami perché la prima cosa che devo vedere, quando arrivo qui, sono le tue chiappe lunari, fratello.”
 
Win si volse a mezzo, ghignò all’indirizzo di Autumn – poggiato contro lo stipite della porta d’ingresso della taverna – e replicò: “La tua è tutta invidia, ammettilo.”
 
Autumn preferì non replicare e il gemello, nell’afferrare la sua vestaglia di velluto, se la drappeggiò addosso e aggiunse: “Summer dovrebbe essere già arrivata, se le mie orecchie non mi hanno ingannato.”
 
“Da quanto tempo sei qua sotto, per non saperlo?” gli domandò il fratello, scendendo i pochi gradini di pietra che lo dividevano dal pavimento della taverna.
 
“Più di un’ora” ammise Winter, accorgendosi solo in quel momento che era l’alba.
 
Tornato serio, Autumn gli batté una mano sulla spalla, strinse su quei muscoli possenti e domandò turbato: “Non avrai…?”
 
“Tranquillo… ti tartasserò ancora per un bel po’ di anni, se quella volpe non ci rovinerà le uova nel paniere” sogghignò Winter, scostandosi per raggiungere a rapidi passi la stanza dove tenevano i loro oggetti da cerimonia.
 
Lì, si asciugò in presenza del fratello, tergendosi il pentacolo dal petto e, dopo essersi rivestito, gli domandò: “Hai già conosciuto Eiko?”
 
“Sono passato subito di qui. Ho sentito non eri in casa, e così…” scrollò le spalle il gemello, lasciando a metà la frase.
 
Winter lo fissò divertito, gli diede una pacca sulla spalla e, nell’uscire dalla taverna, celiò: “L.A. …a volte, sei davvero ridicolo.”
 
“Piantala di chiamarmi Little Autumn… sono troppo vecchio per questo nomignolo assurdo” brontolò il fratello, chiudendosi alle spalle la porta della taverna.
 
Win, però, scosse il capo e, nel sorridere con affetto, mormorò: “Sarai sempre il mio piccolo Autumn. Anche a novant’anni suonati.”
 
“Contento tu…” sbuffò il gemello, limitandosi a camminargli al fianco.
 
Non era male sapere che il fratello pensava questo, di lui, ma farlo sapere in giro non era davvero il caso.

 

 

 

 

1 Kurama: citazione dal manga e Anime 'Naruto'. E' il nome del demone-volpe che risiede nel corpo del protagonista, il ninja Naruto. E' la sua forza portante.

 

Note: La situazione si sta ormai delineando, ed è ormai chiaro che la volpe non si può sconfiggere così facilmente. L'intervento del nonno di Eiko è perciò basilare, e il Cerchio di Potere degli Hamilton deve gioco forza spostarsi a Kyoto, se vuole avere la meglio sulla kitsune. 

Se vi fossero venuti dei dubbi, non esitate a chiedere.

  
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