LONDRA
2016
I
Rumori del traffico iniziarono a farsi strada nella sua testa. Si
rendeva
vagamente conto di essere seduto su una scomoda sedia, e di avere le
mani
legate. Si sentiva stordito, mentre cercava di rimettere insieme i
pezzi. Dove
si trovava?. Mentre riprendeva conoscenza il Dottore, cercava di
mettere ordine
nella sua testa, l’ultima cosa che ricordava era di essere
insieme a Bill su
Vixit20082, per un’escursione nei loro canyon di cristallo, e
poi avevano fatto
ritorno al TARDIS, “un viaggio stranamente
tranquillo” avevano detto ridendo,
ma dopo aver attraversato la porta del TARDIS, il buio lo avvolse.
Riaprendo
gli occhi si rese conto di essere in un’aula scolastica, era
notte e dalle
finestre riusciva a vedere le stelle. “Londra”
pensò, dopo aver analizzato la
loro posizione. Si guardò intorno. Era seduto al centro
della stanza, Solo una
luce tremolante ad illuminare ciò che lo circondava. I muri
bianchi, pieni di
dipinti di vecchi autori, una libreria in cui spiccavano i volumi di
Jane Austen,
il suo TARDIS in un angolo. Tutti i banchi erano sparsi lungo i muri,
solo la
cattedra era al suo posto, e seduta dietro di essa, dandogli le spalle,
una
ragazza. – Non so cosa stia succedendo, ma ti conviene dirmi
perché mi hai
portato qui prima di ritrovarti in grossi guai – le disse
fermo il Dottore, ma
lei non rispose, si limitò ad alzarsi per fissare la cartina
della Gran
Bretagna alle sue spalle. Quel silenzio lo fece irritare, ma mantenne
il
controllo.
-
Chi sei?. Dove siamo? - - Coal Hill School – rispose lei
finalmente, aveva un
tono calmo, non c’era traccia di ostilità nella
sua voce. La sua voce… perché
era così familiare?. – Perché mi hai
portato qui? Come hai…? - - Inibitore
neurale posizionato sulla porta del TARDIS – lo interruppe
lei rispondendo in
automatico alla sua domanda, - E’ entrato in funzione non
appena l’hai
oltrepassata – continuò lei, confondendolo del
tutto. – Come hai fatto a
posizionarlo. La porta era chiusa – disse sicuro, - Basta
schioccare le dita –
rispose lei con un pizzico di divertimento, che non fece altro che
farlo
irritare ancora di più. – Basta schioccare le MIE
dita – disse il Dottore quasi
infuriato – Non funziona con tutti -. La ragazza rimase in
silenzio per qualche
istante – Chiamiamola intesa Dottore. Il TARDIS si fida di me
– disse
finalmente con una strana dolcezza nella voce.
- Si fida di te? – riprese lui - Mi hai drogato e legato! - -
Tecnicamente
stordito e legato – rispose pronta la ragazza facendolo
irritare ancor di più.
– Senti questo gioco è durato abbastanza - -
Pensavo ti piacesse giocare
intelligentone, forse stai davvero invecchiando -. Non
l’aveva ancora vista in
faccia, gli aveva dato le spalle per tutto il tempo da quando aveva
ripreso
conoscenza, ma c’era qualcosa di familiare in lei.
L’aveva già vista, ne era
sicuro.
-
Chi sei posso saperlo? – chiese finalmente il Dottore.
– Domanda sbagliata –
rispose semplicemente la ragazza. – Cosa significa
“domanda sbagliata” ? – -
Altra domanda sbagliata – rispose pronta di nuovo.
– E quale sarebbe la domanda
giusta? - - Ora cominciamo a ragionare – disse, e finalmente
si voltò a
guardarlo, facendolo rimanere di sasso. La cameriera, la cameriera che
era
sparita con l’intera tavola calda il giorno in cui si era
ritrovato spaesato
nel mezzo di un deserto, la cameriera che aveva ascoltato la sua storia
su
Clara, la misteriosa ragazza che in teoria gli aveva dato assistenza in
America
quando si era risvegliato confuso, e di cui ancora non aveva scoperto
nulla.
Quei pensieri lo distrassero per qualche secondo, come lo distraevano
ormai da
mesi, fino a quando la misteriosa cameriera non iniziò ad
avvicinarsi a lui.
Mentre il Dottore la guardava venire verso di lui si
soffermò sui dettagli che
al loro primo incontro non aveva notato. Era giovane, ma intelligente
pensò
guardando i suoi occhi. Di statura piccola, i capelli corti le
arrivavano poco
sopra le spalle, una giacca di pelle nera a far contrasto con la sua
pelle
chiara.
Avrebbe
voluto dire tante cose, ma per la prima volta da che ne avesse memoria,
si
ritrovava senza parole, e nemmeno per lei sembrava essere diverso.
Rimasero
fermi, a guardarsi negli occhi, per momenti eterni, finché
un dettaglio alle
spalle della ragazza non distolse la sua attenzione da lei. -
Perché non si
sveglia? – disse indicando con un cenno della testa Bill,
stesa su una brandina
in fondo all’aula, - Sta bene non preoccuparti –
disse mentre posizionava una
sedia di fronte a lui, - Ma ho bisogno della tua piena concentrazione.
Così è
più facile – disse con un sorrisetto che lo
sorprese. – Chi sei? – chiese ancora
il Dottore, - E’ stato chiaro sin da quando sei sparita con
l’intera tavola
calda che non eri una semplice cameriera. Quindi chi sei? -. Non poteva
dirlo
con piena sicurezza, ma al Dottore parve di vedere qualcosa negli occhi
di
quella ragazza scattare quando porse quella domanda, qualcosa che
celava
tristezza, dolore. – Era un TARDIS vero?. Hai un TARDIS
– continuò lui – Sei… -
- Non pensarlo neanche – lo interruppe lei. – Non
ho niente da spartire con i
Signori del Tempo. Anzi la mia presenza qui non gli piacerà
per niente. Ma non
ho scelta -.
Lentamente
prese posto di fronte a lui, chiuse gli occhi per un momento.
– So che tutto
questo ti sembra assurdo. So che odi non sapere cosa sta succedendo. Ma
so
anche che hai percepito che qualcosa nell’universo si sta
muovendo, qualcosa di
pericoloso -. Non c’era stato un solo tentennamento nella sua
voce, parlava con
assoluta sicurezza. Lo conosceva, ma come?. La ragazza
riaprì gli occhi e
incrociò i suoi, - Posso spiegarti ogni cosa Dottore
– disse dolcemente – Ma
non posso farlo se tu non sblocchi la tua memoria -.
-
Cosa significa sbloccare la mia memoria? – disse di slancio,
- C’è qualcosa che
devi ricordare Dottore – disse la ragazza –
Qualcosa che hai dimenticato -.
Senza controllo una sonora risata invase il dottore, che si
abbandonò allo
schienale della sua sedia per qualche minuto prima di riprendere il
controllo
di se.
- Almeno ora so che hai detto la verità su una cosa
– disse il Dottore quando
riprese il controllo di se, - Se tu fossi un Signore del Tempo,
sapresti che la
nostra memoria è perfetta, non dimentichiamo mai nulla - -
Tranne quando non
avete scelta – rispose pronta la ragazza con voce,
pensò il dottore, rotta a
causa di un ricordo doloroso. Il tono della sua voce lo fece tornare
serio
all’istante; rivolse ancora lo sguardo a quella ragazza, non
riusciva ad
identificare ciò ce provava stando di fronte a lei, si
sentiva spaesato, anche
la prima volta che l’aveva vista aveva avuto un accenno di
quella sensazione,
ma perché?.
-
Va bene ascolta. Non abbiamo più molto tempo –
disse lei interrompendo il filo
dei suoi pensieri – Devi concentrarti -. La ragazza lo
incatenò con lo sguardo
e per quanto desiderasse farlo, il Dottore non riuscì a
distogliere il suo da
lei. – Dottore… - iniziò lei quasi
sussurrando – Guardami negli occhi. Cosa
vedi? -. – Cosa dovrei vedere? – chiese lui
innervosendosi, odiava non sapere
cosa stava succedendo, e in qualche modo sapeva che colei che si
trovava di
fronte non era una ragazza come le altre.
-
Concentrati Dottore. Guardami negli occhi. Cosa vedi? – Era
seria, aveva lo
sguardo fisso su di lui, era concentrata, era decisa. – Dimmi
cosa sta
succedendo – disse fermo il Dottore, ma lei non si mosse, non
batté ciglio. –
Cosa vedi? – disse ancora, questa volta più
lentamente. Voleva dire qualcosa,
ma c’era qualcosa in quegli occhi che bloccava i suoi
pensieri, qualcosa che
non gli permetteva di distogliere lo sguardo. Chi era quella ragazza?
Quella
domanda lo stava facendo impazzire.
-
Cosa vedi Dottore? – disse di nuovo, questa volta
più forte. C’era qualcosa che
scattava in lui ogni volta che lo ripeteva, qualcosa che era alla
distanza di
un battito ma che non riusciva ad afferrare, cosa stava succedendo?.
– Niente –
disse, con voce tremante, senza rendersene conto. – Non
è vero – disse ancora
lei – Concentrati. Dottore. Concentrati. Cosa vedi?-.
- Chi sei? – chiese lui quasi con rabbia, ma lei non si
scompose – Lo sai –
rispose ferma – Sai chi sono. Devi solo trovarmi. Trovami
Dottore -. – Cosa
significa tutto questo. DIMMELO – stava gridando, senza
volerlo, stava perdendo
il controllo. – CONCENTRATI – disse anche lei
gridando – GUARDAMI NEGLI OCCHI.
COSA VEDI? -. Ed in quel momento, un flash, solo un flash, lo
bloccò del tutto.
La
ragazza dovette rendersi conto che qualcosa in lui era scattato per
qualche
secondo, e gli si avvicinò di qualche centimetro tenendo
sempre gli occhi fissi
sui suoi. – Dottore… - disse lentamente
– Cosa vedi? -. Non sapeva come
rispondere, non lo sapeva, ma senza rendersene conto una parola
uscì dalle sue
labbra, - L’Impossibile – disse piano il Dottore
– Vedo l’Impossibile -. A
quelle parole la ragazza sorrise, mentre i suoi occhi, notò
il Dottore, si
riempirono di lacrime che cercava in ogni modo di controllare.
-
Cosa sta succedendo? – chiese ancora il Dottore, questa volta
in tono quasi
implorante, - Dimmelo -. La ragazza non rispose; lentamente
sollevò una mano e
la posò dolcemente sul suo volto. Quel tocco. Quel tocco
così gentile, così
dolce, così familiare, lo pietrificò del tutto.
Non sapeva come spiegarlo, ma
desiderava che durasse in eterno.
-
Non parlare - disse lei senza smettere di sorridere, senza smettere di
accarezzarlo, - Non fermarti – continuò
implorante. – Concentrati. Guardami
negli occhi. – continuò avvicinandosi a lui ancora
un po’, - Cosa vedi? -. E in
quel momento accadde. Si perse negli occhi scuri di quella ragazza, e
accadde.
Tutto velocemente, e prima di rendersene conto, sembrò che
entrambi i suoi
cuori ripartissero dopo una lunga pausa.
-
Clara Oswald – sussurrò il Dottore chiudendo gli
occhi, non voleva riaprirli.
Dietro quelle palpebre chiuse c’era un mondo intero da
riscoprire. Un mondo di
avventure passate, un mondo di abbracci, un mondo di sorrisi, un mondo
di
lacrime, un mondo che aveva dovuto lasciar andare, un mondo che nemmeno
sapeva
di rivolere indietro con ogni fibra del suo essere.
-
Clara… - sussurrò ancora, e questa volta una
carezza, la sua carezza, lo
riportò in quell’aula. Lentamente
riaprì gli occhi, quasi come se avesse paura
che fosse stato tutto un sogno, ma per una volta la realtà
era anche migliore,
perché lei era la. Clara Oswald era di fronte a lui, con un
sorriso rigato di
lacrime che le spiccava sul volto. Clara Oswald sempre loquace, che ora
non
emetteva un fiato, perché i suoi occhi parlavano per lei.
Clara Oswald a cui
aveva dovuto dire addio per ben due volte. Clara Oswald per la quale
aveva sfidato
il tempo e lo spazio. Clara Oswald a cui ora si rendeva conto di aver
spezzato
il cuore quel giorno nel deserto. Clara Oswald la ragazza impossibile.
Clara
Oswald, la sua Clara Oswald.