Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    10/10/2016    2 recensioni
Dei passi, appena oltre la soglia della propria stanza, lo indussero a rannicchiarsi sotto le coperte, tirando il lenzuolo sin sul viso. Strinse il libro al petto, modulando un respiro pesante e ritmico. Chiuse gli occhi quando sentì la porta cigolare sui cardini e l’ombra di una figura – contornata solo dal bagliore di una lanterna – scivolare verso di lui.
«Sei ancora sveglio» la voce profonda dell’uomo gli provocò un leggero sussulto, obbligandolo a sollevarsi su un gomito. Lo sguardo azzurro incrociò quello del genitore, condito di una nota preoccupata.

Le ff partecipano alla Erwin Week (dal 10 al 16 ottobre 2016)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji, Zoe, Irvin, Smith, Mike, Zakarius, Nile, Dawk
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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I.  Childhood
 

Erwin chiuse di scatto il libro e spense la candela con un rapido soffio.
Non aveva idea di che ore fossero, ma il buio che filtrava oltre le persiane socchiuse lasciava intendere che la mezzanotte fosse ormai passata: dalla vicina locanda non si udivano più chiacchiericci e schiamazzi, segno che anche gli avventori più resistenti si erano coricati. Ogni luce, lungo la strada che costeggiava la casa, era spenta e solo a tratti si udiva il miagolio fastidioso dei gatti in amore.

Dei passi, appena oltre la soglia della propria stanza, lo indussero a rannicchiarsi sotto le coperte, tirando il lenzuolo sin sul viso. Strinse il libro al petto, modulando un respiro pesante e ritmico. Chiuse gli occhi quando sentì la porta cigolare sui cardini e l’ombra di una figura – contornata solo dal bagliore di una lanterna – scivolare verso di lui.

«Sei ancora sveglio» la voce profonda dell’uomo gli provocò un leggero sussulto, obbligandolo a sollevarsi su un gomito. Lo sguardo azzurro incrociò quello del genitore, condito di una nota preoccupata.

Colse una mano callosa scivolargli tra i capelli, scostandogli la frangia lungo la linea della tempia.

«Scusa papà» sussurrò, approfittando della tenue luce per gettare una occhiata alla brocca in ottone, posata sul suo comodino. Fece per prenderla, per concedersi un sorso d’acqua, ma le sue dita si bloccarono a mezz’aria, mentre gli occhi si perdevano sul riflesso di quel bambino troppo curioso. I capelli dorati incorniciavano un volto tondeggiante, ove le guance paffute accompagnavano il naso infantile, ancora troppo acerbo per essere ben definito. Le labbra carnose erano piegate in un leggero sorriso, mentre le spalle ancora sottili erano avvolte da una semplice camicia da notte, di un raro color avorio.

A nove anni, era il più promettente della sua classe: nonostante le malelingue dicessero che la sua bravura fosse soltanto dovuta al genitore, insegnante della scuola del distretto, Erwin sapeva che non era così. Studiava diligentemente ogni pomeriggio, scansando spesso un invito al gioco o una merenda in compagnia. Mike si sforzava di tirarlo a forza fuori di casa, consapevole che ogni sforzo sarebbe stato vano. Nile si limitava a bussare educatamente, mostrandogli il pallone o una corda per saltare; ad ogni rifiuto se ne andava con la coda tra le gambe.
«Non dovresti leggere queste cose, Erwin. Ne abbiamo già parlato.» era un tono grave, quasi severo. Se non fosse stato per quella sfumatura dolce tra le ultime sillabe, sarebbe parso un rimprovero.

«Mi dispiace» strinse il libro a sé, accarezzando la morbida copertina in pelle scura. Solcò ogni scanalatura, assaporando la ruvida carta sotto i polpastrelli «L’ho preso dalla tua libreria» mentì, consapevole che quella bugia non sarebbe durata a lungo.

«Dal baule in soffitta, vorrai dire.»

Annuì lentamente, sbuffando piano e rifiutandosi di consegnare il volume:
«Perché nascondi questi libri? Sono importanti e pieni di cose meravigliose. Sono notizie che dovrebbero essere condivise e che tutti dovrebbero conoscere. Perché li tieni in solaio?»

«La gente non è ancora pronta per ricevere queste informazioni. Si spaventerebbe e basta; penserebbe che siamo degli eretici o dei pericolosi criminali. Questi libri sono vietati, Erwin. La Polizia Militare ci verrebbe a prendere, se sapesse che li custodiamo; brucerebbe la nostra casa e finiremmo in mezzo alla strada. Non devi mai parlare a nessuno di quello che sai, capisci? A nessuno.»

Un altro cenno d’assenso, mentre le dita scendevano a scorrere le pagine. Trovò il capitolo a cui era arrivato: il disegno di una infinita distesa di sabbia tingeva d’oro e bianco i fogli, punteggiato da piccole figure color caramello. Tra le dune del deserto si scorgevano alberi dal tronco ad anelli e le curiose fronde verdi, accompagnati da minute pozze d’acqua. Alcuni animali si stavano abbeverando: sembravano dei cavalli, ma dal collo più lungo ed il muso tozzo; sulla loro schiena spuntavano due strane gobbe. Una coppia di uomini stava srotolando dei tappeti e montando un banchetto di legno.

«Non capisco» aggiunse, dopo un attimo di silenzio «Ci sono cose splendide oltre le mura. Questi campi di sabbia, tanto grandi che non se ne vede la fine. Oppure…» passò alla illustrazione seguente «Le distese di ghiaccio che galleggiano in tutta questa acqua. Deve fare parecchio freddo lì, perché gli animali sono coperti da folte pellicce. Guarda! Persino gli orsi sono bianchi.» scivolò ancora oltre, scorrendo le immagini «Nessun disegno raffigura i titani. È come se non esistessero. È come se… questo libro rappresentasse il mondo prima della loro comparsa oppure luoghi tanto lontani da essere inviolati e salvi. Le persone…» tornò ad indicare i due beduini nell’oasi «Non sembrano spaventate o preoccupate. Non ci sono mura a proteggerle, eppure non mostrano paura.»

«Sono solo racconti per bambini, Erwin. È tutta immaginazione»

«Se è immaginazione, allora perché ti ostini a nasconderli? Perché pensi che la Polizia possa sequestrarli e distruggerli? Se si tratta di sciocche fiabe, non dovrebbero temerle.» tornò a spiare il volume adagiato sulle proprie gambe «Io credo ci sia un fondo di verità in queste storie. Che oltre le mura esistano davvero posti simili.»

«Non ti si può proprio ingannare, eh?» la voce del padre mal celava una nota orgogliosa. Era come se, tra i rimproveri ed i tentativi di smorzare la sua curiosità, stagnasse una punta di mero compiacimento.

«Ci sono altre persone fuori dalle mura, vero? Persone come questi ragazzi, che non devono preoccuparsi dei titani, perché nel loro Paese non esistono» indicò nuovamente la figura «Lo so che ci sono. Nile pensa che io sia un idiota. Dice che siamo i soli sopravvissuti e quel che rimane dell’umanità è tutto qui, tra le mura; se non ci proteggiamo, ci estingueremo»

«Non dovresti parlarne, nemmeno con Nile. So che è tuo amico, ma non puoi rischiare.»

«Vorrei solo che la smettesse di prendermi in giro. Dice che sono un visionario, che credo alle favolette e che non combinerò mai niente di buono nella vita» abbassò il capo, rivivendo quegli attimi: Nile gli sfila il libro dalle mani, lo sfoglia e scoppia a ridere; glielo restituisce, ma senza smettere di canzonarlo. Anche gli altri ragazzi ridono, prima di abbandonarlo nell’angolo in cui si è rifugiato e tornare ai loro giochi «Non so cosa sia un “visionario”»

«Una persona di larghe vedute. Uno che crede nei propri obiettivi, anche quando gli altri lo abbandonano o smettono d’avere fiducia in lui. Uno che va oltre la semplice realtà, che vive di sogni e di speranze.»

«Detto così non sembra male, ma… Nile lo fa sembrare un insulto»

Un braccio a circondargli le spalle ed una piccola stretta:
«Non dare retta a Nile. Ha meno sale in zucca di un piccione. Quanto ha preso nell’ultimo compito di matematica?»

«Quattro»

«E tu quanto hai preso?»

«Otto»

«Lo vedi? Vali almeno il doppio di lui»

«La matematica non è il mio forte…»

Un’altra carezza:
«Lo so, ma lo diventerà. Hai ancora molti anni davanti a te. Non essere impaziente.» colse le coperte scivolargli nuovamente sulle gambe ed il cuscino premere lungo la schiena «Adesso i piccoli matematici vanno a nanna. Cerca di riposare o domani mattina non riuscirai a svegliarti in tempo.»

«Posso tenere il libro?»

«Solo se mi prometti di non leggerlo più questa sera. Domani potrai continuarlo»

Sollevò una mano, mimando un piccolo giuramento:
«Lo prometto» sussurrò, stringendo nuovamente al petto la morbida copertina «Papà… tu credi che io sia un visionario?»

«No. Credo che tu abbia ragione.» il materasso si piegò quando suo padre si accomodò lungo il bordo «Io immagino che ci siano altre persone, oltre le mura. Non siamo soli: sarebbe troppo ambizioso o stupido pensarlo. Sono sicuro che l’umanità non è tutta qui: gli uomini non si stanno estinguendo, al contrario. Probabilmente, a parecchie miglia, ci sono villaggi ed insediamenti nati sotto la benedizione della pace ed estranei alla minaccia dei titani. Vivono tranquillamente, ignari di quello che sta accadendo qui. Le loro nazioni sono ricche, il commercio florido e la scienza avrà fatto enormi passi avanti.»

«Se conoscessero la nostra situazione, pensi che verrebbero ad aiutarci?»

«Forse.» un’ultima carezza, prima che l’austera figura tornasse a muovere verso la porta «Adesso dormi, però. Cerca di riposare. Buona notte»

«Ti voglio bene, papà»

«Anche io» la porta si chiuse nuovamente.

Erwin tese l’orecchio: i passi si fecero, via via, sempre più distanti ed il silenzio tornò a calare nel corridoio. Armeggiò al buio, ritrovando la candela e l’acciarino. Riaccese la fiamma, tornando a posare la bugia sul comodino.

Le mani scivolarono al libro e gli occhi si immersero nuovamente nella lettura.
 

***


Rimase a fissare la lapide incisa nella pietra chiara. Oltre al nome, erano riportate le date di nascita e di morte. Nessuno voleva parlare dell’accaduto, nessuno si avvicinava per spiegargli cosa era realmente successo.

In cuor suo, però, sapeva d’essere la causa di quella disgrazia. Se non avesse posto quella sciocca domanda, le cose sarebbero andate diversamente. I gendarmi non si sarebbero mai presentati alla loro porta, non avrebbero perquisito la casa, né trovato i libri proibiti o i diari segreti. Non avrebbero portato via suo padre, che non sarebbe morto “per una grave malattia sopraggiunta nei giorni di prigionia”. Questa, almeno, era la versione ufficiale: i rapporti medici parlavano di una forte febbre, accompagnata da tosse profusa; una broncopolmonite incurabile.  Non ci credeva: era successo qualcosa d’altro, in quella maledetta cella. Qualcosa che non gli avevano detto, un segreto troppo pesante per le spalle di un orfano.

La Polizia Militare lo aveva lasciato stare soltanto per questo: un bambino non rappresentava di certo un problema. Lo avevano abbandonato in strada, costringendolo a guardare la propria casa ridotta ad un cumulo di macerie fumanti: il fuoco aveva divorato tutto, devastando la deliziosa cucina, le camere da letto, salendo lungo le scale e fino alla soffitta. I preziosi volumi erano andati perduti per sempre.

Nile aveva pianto con lui e gli aveva dato dello stupido, ancora una volta:
«è colpa tua se sono venuti qui. È colpa tua se è successo tutto questo» gli aveva ripetuto, stringendogli forte la mano. Nile aveva uno strano modo di rincuorare un amico: non era cattivo, soltanto un po’ grezzo. Diceva le cose troppo spontaneamente anche nei momenti peggiori. Nonostante tutto, gli era rimasto accanto. La signora Dok gli aveva cucito dei vestiti, rimodernando dei vecchi abiti; ogni giorno gli preparava una crostata di mele, infilandola nella cartella. Ogni giorno, Erwin tornava a scuola carico della vana speranza di poter rivedere suo padre dietro alla cattedra, tra i libri di testo ed i gessetti per la lavagna.

La signora Zacharias lo aveva ospitato, per i primi tempi. Una bocca in più da sfamare non sarebbe stata un grande problema, per il momento: Mike mangiava già il doppio di un normale bambino; avrebbe trovato del pane e del formaggio anche per lui. La vicinanza di Mike lo aveva aiutato a superare quei giorni infiniti, quei momenti in cui si aspettava di veder ricomparire il genitore sulla porta. Mike cercava di distrarlo in tutti i modi: fogli per disegnare, libri da leggere, persino sforzandosi di cucinare biscotti.

Poi, una mattina piovosa, era giunta la notizia: il signor Smith non aveva superato la notte ed una brutale febbre l’aveva portato via. Ricordava a stento quei momenti: si era chiuso in camera, rifiutandosi di aprire persino a Mike. Aveva involontariamente costretto l’amico a dormire sul divano. Alla fine, la signora Zacharias era riuscita a convincerlo a scendere per colazione: si era presentato sulla soglia della cucina con gli occhi gonfi, i capelli arruffati e la camicia tutta spiegazzata. Nessuno, però, aveva fatto caso al suo aspetto. Mike gli aveva allungato una scodella di latte, mentre la donna districava pazientemente i nodi tra le sue ciocche dorate. Non avevano fatto parola dell’accaduto: si erano sforzati di non farglielo pesare, di non riesumare i ricordi troppo dolorosi.
 

Erwin aguzzò l’udito, cogliendo qualche parola oltre le proprie spalle: la signora Zacharias stava animatamente discutendo con una donna ben vestita, ma dall’aria completamente sconosciuta. Nel silenzio del cimitero, colse solo qualche stralcio della conversazione:
«Può restare da me per ora, ma gli affari non vanno a gonfie vele, in questo periodo. Non vi sto chiedendo molto, solo un piccolo aiuto per sostenere il ragazzo. Siete sua zia, no? Glielo dovete.»

«Non conosco quel moccioso, né intendo farmene carico. La nostra famiglia ha spezzato ogni legame con il signor Smith da quando mia sorella è morta. La mia amata sorella… non avrebbe mai dovuto sposare un inutile maestrino di provincia»

«Le scelte di vostra sorella, signora, non sono oggetto di discussione. Non vi sto certo chiedendo di rinunciare al vostro titolo o di accogliere Erwin nella vostra famiglia. Sto solo chiedendo un misero contributo per poterlo mantenere.»

«Volete che me lo accolli? Oh, conosco questa tattica. Voi popolani siete pieni di sorprese! Chiedete soldi con la scusa dei bambini da sfamare, per poi farvi avari e pretenderne sempre di più. Sono spiacente, ma non intendo lasciarmi abbindolare così, né affidarvi la custodia di mio nipote»

«Ora, dunque, è vostro nipote?» la voce della signora Zacharias si era improvvisamente alzata «Fino a poco fa avete detto di non conoscerlo, né di volerlo con voi! Mio marito si spacca la schiena nei campi ed io lavoro tutto il giorno per poter mantenere i miei figli. Non ce la facciamo con un altro bambino.»

«Basta così! Erwin non sarà un vostro problema, non temete. Penserò a tutto io. Lo manderò in collegio: sono disposta a pagare pur di non averlo tra i piedi. Il direttore, inoltre, è un mio carissimo amico e non avrà difficoltà a trovargli un posto nell’istituto.»

«Ma… non potete portarlo via così. È cresciuto qui, tra queste strade e… noi tutti gli siamo affezionati. Lasciatelo con noi! Vi costerà meno che la retta del collegio»

«Ed abbandonarlo nelle mani di zotici presuntuosi? Mai.»

«Avete detto che non vi importa della sorte del ragazzo!»

«Lo confermo, infatti, ma ciò non significa che sia disposta a cedervelo»

Le voci si fecero più concitate e poco dopo sfumarono: la nobildonna si era bruscamente allontanata, costringendo la signora Zacharias ad accettare quell’amara sconfitta.

Erwin tornò ad osservare la tomba davanti a sé, rifiutando di registrare quella conversazione. La sua mente non desiderava altro che un po’ di tranquillità: qualunque progetto per il futuro, al momento, sarebbe stato brutalmente accantonato o scartato. Qualunque progetto… tranne uno.
Strinse i pugni lungo i fianchi, stropicciando la stoffa del completo nero, affondando i denti nel labbro inferiore e costringendosi a ricacciare indietro le lacrime che gli pungevano gli occhi. Non avrebbe pianto, non lì e non davanti a tutti.

«Perdonami» sussurrò, infine «Perdonami, se puoi. Sono stato uno sciocco.» sbuffò piano nell’aria tiepida del primo pomeriggio «Ma ti prometto che farò di tutto per dimostrare che non ti sbagliavi; che avevi ragione e che gli illusi sono soltanto quegli stupidi ingrati che non ti hanno creduto. Non lascerò che si dimentichino di te.» un soffio di vento, come una carezza, ad arruffargli nuovamente i capelli «Te lo giuro.»

 

 
Angolino: buonasera! Grazie per aver letto fin qui ^^
Ho deciso di mettere temporaneamente in pausa la mia long fic per dedicarmi alla raccolta su Erwin, perchè.. Boh, era da un po' che volevo partecipare alla Erwin Week *_* Naturalmente, sono già in ritardo nella stesura dei vari prompt, ma pian piano li metterò tutti (almeno spero...) anche se con qualche giorno di ritardo rispetto alla tabella di marcia. Il primo prompt è Childhood, quindi ne ho approfittato per scrivere uno scorcio sull'infanzia di Erwin. Piccola nota sui cognomi dei personaggi: ho cercato di tenere quelli in uso, basandomi sulle varie Wiki; chiedo scusa, quindi, se in alcuni punti potrebbero non combaciare con le varie traduzioni del manga ^^.

Non so ancora quanto tempo ci metterò a finire/aggiungere gli altri Prompt e vi chiedo scusa in anticipo: alcuni sono pronti, altri da rivedere, altri ancora da iniziare. Cercherò di fare il prima possibile.
Mi scuso anche per gli spazi che spezzano il testo: non essendo abile con l'html, mi riduco sempre ad aggiungere uno spazio nell'andare a capo, per non rendere troppo compatto il testo alla lettura. Prima o poi, imparerò ad inserire un'interlinea anche qui ^^
Se avete suggerimenti e pareri, al solito, sarò felicissima di riceverli e seguirli.
Ancora un grazie gigantesco!

E'ry
  
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