Non mi uccidete! So che
è da
tantissimo che non aggiorno e mi dispiace! Ma ho avuto dei problemi,
mille cose
da fare e l’ispirazione non aveva intenzione di tornare. In
realtà è da un po’
che questo capitolo è pronto, ma non ero sicura di postarlo,
non sapendo quando
il seguente sarebbe potuto essere scritto. Penso che
l’ispirazione stia
tornando, però, quindi ho deciso di non farvi aspettare
oltre.
Questo è un
capitolo di
transizione ma, credo già nel prossimo, succederanno cose
interessanti e forse
ci saranno degli sviluppi fra i due protagonisti. So che li aspettate,
ma la
storia è complicata e loro non possono cadere subito
l’uno fra le braccia
dell’altra. Sono felicissima che comunque ci siano commenti e
la storia vi
piaccia!
Mi scuso ancora per il
ritardo
e spero di riuscire ad essere più veloce, la prossima volta.
Ed ora i ringraziamenti:
Achaori:
Ciaoooo!! Sono felice di vedere un altro tuo
commento! Già, la sorella non fa parte del manga. Un
po’ perché desideravo
creare la sorpresa, un po’ perché non riuscivo a
trovare un personaggio con le
caratteristiche adatte. Per cui… ho lasciato volare
l’immaginazione ed ecco il
risultato! Con Naraku… beh, se ti svelassi questo, ti
rovinerei l’intera
sorpresa! E non mi va! Perdonami! Kikyo… beh, potrebbe
essere lei, come
potrebbe non esserlo… chi lo sa! Un bacione e al prossimo
capitolo!
Rita14:
Ciaoo! Non devi chiedere scusa proprio a
nessuno! Sei impazzita?! Scusa tu se sono stata in qualche modo
maleducata, ma
evidentemente mi sono espressa male! I gusti sono gusti, per
carità! Chi sono
io per farti piacere qualcosa? Mi vorrei prendere a pizze, guarda.
Scusa
davvero se mi sono spiegata male! Volevo solo dirti che, comunque,
Kagura non
sarà un personaggio cattivo, proprio perché a me
piace come personaggio. Sarà
strano, certo, ma i suoi comportamenti sono giustificati! Comunque sono
contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e che anche tutta la
storia
continui a piacerti! Grazie ancora per i complimenti! Un bacione e al
prossimo
capitolo!
Monik:
Ciao Caraaaaa!! Scusa se non mi sono più
connessa ma, davvero, non ho più un secondo libero! Infatti
guarda in che tempi
aggiorno! Mi vergogno di me stessa per questi enormi
ritardi… Sono contenta che
il capitolo scorso ti sia piaciuto così tanto! Io mi sono
emozionata a leggere
il tuo commento! Lui sadico, lei con un destino orribile…
chissà che potrebbe
succedere! Io lo so solo per metà… devo ancora
elaborare un po’ di cose… sai,
vado un po’ a rilento! Grazie per i complimenti e spero che
anche questo capitolo
di piacerà! Ti voglio un mondo di bene e non vedo
l’ora di tornare a chattare
con te! Ciao, ciao e al prossimo aggiornamento!
Inukag4ever: Ciao! Che
felicità trovarti anche qui come
nuova lettrice! Mi riempie di gioia! Grazie per i complimenti! Sono
contenta di
ricevere pareri positivi sulla storia e sì, concordo con te,
se la sorella di
Kagome fosse stata un personaggio del manga sarebbe stato
già programmato ed io
avevo bisogno di un carattere diverso! Tra InuYasha e Kagome ci saranno
degli
sviluppi ma, essendo complicata la situazione, saranno complicati anche
quelli!
Del tipo “ci piace complicarci la vita”! Scusa per
il ritardo
dell’aggiornamento e spero che anche questo nuovo capitolo ti
piacerà! Un
bacione!
Callistas: Oddei…
SCHIZZO-CHAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!!!
Ma come mi manchi! Basta, ti devo sentireeee!!! Con questi tuoi
commenti
stra-kilometrici mi fai sentire moltissimo la tua mancanza! Ma che ti
rispondo?
Che ti rispondo? Che ti rispondo? Io vorrei dirti tutto, ma rovinerei
la
sorpresa! E questa storia è tutto un misto di sorprese!
Kagome è molto
instabile e lei stessa non sa fino a quando la sua
precarietà mentale potrà
durare, Kagura è giustificata, poi si scopriranno tutti i
rapporti che ha con
la famiglia di Kaggy, Kikyo… forse non sarà
così bastarda come sembra… InuYasha
cerca di scoprire tutto per aiutarla, in un certo senso, ma lo fa nel
modo
sbagliato. Naraku parlava con chi? Sesshomaru cosa c’entra?
Mi spiace,
Bedda-chan, ma non posso proprio dirtelo! Spero di rivederti al
prossimo
capitolo! Cercherò di aggiornane prima e di connettermi su
msn! Voglio vedere
presto un’altra tua storia in rete! Un mondo di bestione,
mamma!
Giuly_chan: LOVEEEEEE! Ho dovuto
aspettare un’eternità
per il tuo commento, ma finalmente ce l’hai fatta!
È proprio vero che con te ci
vuole pazienza… COMUNQUE! Haru… Haru…
Haru… a me sta tanto simpatico quel
piccolo esserino che sta sempre fra le scatole! Mi ricorda tanto Jaken!
[anche perché
è ispirato a lui…] Perché a te sta
così antipatico? Cattiva! Però te l’ho
già
detto: non ti svelerò con chi parla Naraku! Accontentati
degli altri piccoli
spoiler! InuYasha cerca di scoprire tutto per aiutarla, in
fondo… certo, però,
lo fa nel modo sbagliato! Ma è proprio da lui, no? Spero che
anche questo
capitolo di piaccia! Un bacione! La tua Love-chan!
Ora che credo di aver
ringraziato tutti, vorrei ringraziare anche chi legge solamente, chi ha
inserito la storia fra preferiti e chi l’ha inserita fra
seguite! Grazie mille
e se volete farvi sentire con qualche commento, fate pure! Non mi
dispiacerebbe
affatto!
Adesso vi lascio al
capitolo!
Un bacione! Mary-chan!
LEGGETE
E COMMENTATE IN
TANTI!
Dolore.
– Richieste.
Dolore.
Le parole si spegnevano prima
di uscire dalle sue labbra.
Il respiro era irregolare.
Le mani tremavano
visibilmente.
Le labbra erano quasi blu,
come la vecchia felpa che indossava.
La morte lo stava avvolgendo.
Aveva sempre desiderato porre
fine alla sua vita in un altro modo: durante la notte. Senza
sofferenza, senza
tutti i peccati commessi che ti tornano in mente, senza vedere i volti
delle
persone care che hai tradito, che sai non potrai mai dimenticare.
Morire senza la
consapevolezza di perdere tutte le cose belle che hai sempre dato per
scontato.
Invece stava provando solamente dolore.
Stava morendo, e neanche la sua morte lo soddisfaceva. In fondo era un
ladro e
i ladri vogliono sempre di più, sempre di più.
Non era mai soddisfatto; mai.
Era per questo che stava perdendo la vita. La sua preziosa vita.
Già… preziosa.
Preziosa, sì, ma per chi, oltre che per lui? Forse era
meglio così, forse era
meglio che tornare a casa da sua moglie che sapeva tutto, ma stava
zitta. Forse
così le avrebbe regalato un vita migliore, solo perdendo la
sua. Ne sarebbe
stato capace? Sarebbe stato capace di convincersene fino
all’ultimo secondo che
gli rimaneva? No.
Le mani, apparentemente
delicate, ma dotate di quei lunghi artigli che avrebbero spaventato
chiunque,
si strinsero ancora intorno al suo collo che, per quanto robusto fosse,
stava
cedendo sotto quella morsa letale.
“P-perché?”
riuscì a
sussurrare l’uomo.
“Perché le
persone come te,
devono perire.”
“Ah…
è giusto. Anche tu,
allora…” pronunciare poche parole gli veniva
difficile, ma voleva parlare con
il suo assassino. Almeno sarebbe morto in
compagnia.
“Certo. Anch’io
un giorno
farò la tua fine, ma questo non cambia il fatto che stai per
morire.”
“Dimmi… dimmi
che non andrò
all’inferno, ti prego…”
“Secondo Dante, i ladri
finiscono all’inferno. Stanno tra i serpenti che li mordono,
trasformandoli a
loro volta in serpenti. A te questa pena non verrà
scontata.”
“I violenti contro il
prossimo finiranno… ah… finiranno immersi nel
sangue bollente e colpiti con
frecce dai Centauri…”
“No. Io finirò
immersa nel
ghiaccio.”
“I traditori…
perché…*”
le ultime parole che la voce grave della
vittima riuscì a pronunciare. L’uomo cadde in
terra, senza vita. Morto senza
esser stato confortato. Ma gli era solamente stata rivelata la
verità.
Ombra si alzò in piedi e
si
osservò le mani. Non erano macchiate di sangue, ma lei lo
vedeva lì. Il colore
scarlatto e l’odore di una sfumatura dolce, erano presenti in
quel vicolo,
erano visibili sulle sue mani. Scosse la testa, controllando nuovamente
gli
arti; niente. Se l’era solamente immaginato, anche se le
sembrava così reale.
Cominciò a correre verso
la
base, ripensando alla notte prima.
Flash back
Il corpo di un uomo, a cui
aveva appena tolto la vita, giaceva in terra, inerme. Un rivolo di
sangue
usciva dalle sue labbra, che ormai avevano perso la colorazione
naturale,
diventando di uno strano colore azzurro.
Un odore familiare dietro di
lei la portò a girarsi, scoprendo la figura di Naraku, che
l’aveva osservata
per tutto il tempo. Per alcuni minuti non parlarono: ognuno osservava
con
sguardo sufficiente l’altro, aspettando una parola. Il primo
a cedere fu il
demone, scoppiando in un attacco di ilarità. Lei lo
osservava ridere, non
emettendo alcun suono. Quell’uomo non le piaceva e, se non
fosse stata
costretta ad accettare quell’incarico, non avrebbe mai avuto
a che fare con uno
come lui. Anche se le doleva ammetterlo, la sua presenza la metteva in
soggezione e questo non le andava giù.
“Dimmi, allora. Come
procede?” riuscì a domandarle, quando ebbe finito
di ridere senza motivo.
Le si avvicinò,
accarezzandole i capelli corvini. Kagome non si scansò: un
passo falso avrebbe
potuto mandare a monte l’intera operazione ed era una cosa
che le sarebbe
costata cara. Lo sapeva bene. “Mi stanno affidando degli
incarichi per testare
la mia fiducia. Degli omicidi, niente di speciale. Per ora non so
molto. È
troppo presto.” rispose, sentendo la mano fredda dello youkai
posarsi sul suo
collo bianco, accarezzandolo.
“Sai chi potrebbe essere
a
capo dell’operazione?” chiese nuovamente,
guardandola negli occhi.
“Un certo InuYasha.
È lui che
si sta occupando di me.”
“InuYasha…
bene, bene.
Vedremo se sarà cresciuto, il novellino.”
sghignazzò, portando la mano sulle
labbra di lei, rosse come il sangue, e passando un dito sul contorno
della
bocca. “Fai bene il tuo lavoro, Ombra. Verrai ripagata bene,
lo sai.” Avvicinò
il suo viso a quello di lei e le soffiò le parole sul volto,
prima di
andarsene, lasciandola sola.
Il piano sembrava stesse
procedendo senza problemi. Appena avesse avuto delle notizie
interessanti da
riferire al mezzo demone, avrebbe lasciato l’incarico,
concludendo anche quello
con Naraku, e ripreso la sua vita. Vita.
La sua sicuramente non si poteva chiamare così.
Fine flash back
Quella notte, come previsto,
non si era presentato. Si sentiva un po’ meglio, sapendo di
non dover affrontare
quegli occhi rossi, puntati contro di lei, come avrebbe dovuto
affrontare,
entro poco, quelli dorati dell’hanyou. Voleva sapere di
più. Voleva
chiarimenti. E li voleva subito.
L’operazione procedeva
bene.
Presto Ombra avrebbe scoperto notizie interessanti da rivelargli e loro
avrebbero avuto in pugno Naraku, distruggendo lui e la sua agenzia. La
guerra
non era ancora ufficialmente aperta, ma sapeva bene che presto sarebbe
iniziata. O forse, in fondo, lo era già. Era tutto un gioco
d’astuzia: avrebbe
vinto chi sarebbe stato più furbo. Questione di clienti, di
agenzie, di
territorio. Il corpo a corpo, era sicuro, non ci sarebbe stato.
Troppo
rischioso,
pensò. Siamo tanti, sarebbe
ridicolo.
Purtroppo non poteva esserne
del tutto certo. Non poteva prevedere con troppa precisione il piano
del loro
avversario, ma sperava in bene. Per quanto quel
“bene” suonasse stonato, con
un’imminente guerra da combattere.
Nel frattempo cercavano di
tenersi stretti i clienti, soprattutto quelli più
importanti, proteggevano il
territorio, si tenevano in contatto con altre agenzie “amiche” da cui, volendo,
avrebbero potuto ricavarne alleati.
Stavano dando il tutto per tutto, per la riuscita del piano. Naraku
sarebbe
stato eliminato e nessuno avrebbe più intralciato il loro
lavoro.
Poi c’era lei.
Lei, lei, lei.
Quanto lo attirava? Quanto
bramava quelle labbra, ogni momento? Quanto sapeva che fosse sbagliato
– e rischioso –
quel sentimento?
Ne era consapevole. Lo
sapeva. Eppure il solo respirare l’aria che respirava lei lo
mandava in pura
estasi. Era impossibile, era complicato. Lui non sapeva quasi nulla di
lei e di
ciò che l’affliggeva. E poi… lei era
libera. Non sarebbe rimasta in
quell’agenzia. Non avrebbe abbandonato così il suo
lavoro, non avrebbe accantonato il
dolore in un angolo, per
rimanere lì. Non l’avrebbe mai fatto. Quando le
ordinava qualcosa, vedeva la
scintilla di rabbia nei suoi occhi color cioccolato. Così
dolci… e così spietati.
Non era amore, di questo ne
era certo. Non la conosceva, o almeno non tanto, non sapeva nulla di
lei e di
quello che provasse. Lo attirava, lo attirava come una calamita. Era
peggio di
una droga. Doveva resistere per non starle vicino, per non baciarla,
per non
abbracciarla ogni qual volta vedesse nei suoi occhi dolore, rabbia,
malinconia,
senso di colpa. Sempre,
perciò. Le
sembrava bellissima, particolare. In lei non vedeva il mostro che
vedevano
tutti, vedeva una creatura sublime, perfetta, unica. La pelle bianca e
diafana,
i capelli corvini, morbidi al tocco, le labbra rosse, il nasino piccolo
e
leggermente all’insù, gli occhi grandi e color
cioccolato fuso, il corpo
minuto, con le forme al posto giusto; gli davano l’aria di un
piccolo peluche –
bellissimo – da stringere
quando si
ha bisogno di conforto, di calore.
E lo attirava anche quando si
trasformava in una macchina di morte: la sua sensualità, i
suoi movimenti, le
zanne, gli artigli, anche il solo essere lei,
lo attraeva da impazzire. E, veramente, aveva paura di impazzire,
presto o
tardi.
Qualcuno bussò
flebilmente
alla porta del suo ufficio. Pochi secondi dopo una testa bionda
sbucò
dall’uscio.
“Signor Taisho, la
signorina
Kagome le chiede di riceverla. Dice che è una cosa
importante. Posso farla
entrare?” domandò con voce dolce, osservandolo in
cerca di una risposta, che le
fu data con un cenno del capo da parte del mezzo demone.
La segretaria sparì,
richiudendo la porta alle sue spalle, che poco dopo venne nuovamente
spalancata
dalla hanyou, venuta per parlargli.
La vide sedersi
silenziosamente sulla sedia posizionata davanti alla scrivania, mettere
le mani
sulla superficie levigata di essa e guardarlo negli occhi con fare
autoritario.
“Voglio
spiegazioni.” proferì
solennemente, guardandolo fisso negli occhi dorati.
“Di che tipo?”
“Cosa intendi fare per
incastrare Naraku, intendo.” Si passò una mano fra
i capelli, già stufa di
quella posizione. “Ho il diritto di saperlo, non
credi?”
“Io ho il diritto di
sapere
cosa mi nascondi, non credi?” le rispose a tono, sporgendosi
poco più avanti
sulla sedia girevole.
“No, non credo. Il lavoro
non
c’entra nulla con gli affari personali.”
esclamò, leggermente indignata. La
irritava il fatto che l’uomo che l’aveva rapita
volesse scoprire il suo passato.
Non era affar suo. Nessuno sapeva nulla e nessuno aveva il diritto, di
sapere
nulla. Perché con lui doveva essere diverso?
“No, se gli affari
personali
vanno poi ad influire nel risultato operativo.”
“Non capisco di cosa tu
stia
parlando. I miei affari personali non influiscono proprio su
nulla.”
“Ah, no? Bene, allora,
spero
non ti dispiacerà non sapere come ho in mente di incastrare
Naraku.” Sorrise
sghembo, intrecciando le dita sulla scrivania.
“Ti stai comportando da
bambino opportunista! Ho il diritto di sapere tutto!”
ringhiò, frustrata. In
quel momento desiderava mettergli le mani addosso e ucciderlo una volta
per
tutte. Iniziava a perdere il controllo e questo non andava affatto bene.
“Mi dispiace, ma non ho
intenzione di dirti niente, fino a che non mi svelerai il tuo segreto,
Ombra. O
forse il segreto è di Kagome? Chi lo
sa…”
“Bastardo…”
InuYasha prese in mano la
cornetta del telefono fisso, a pochi centimetri da lui, e compose il
numero
della segreteria. “Makoto? Sì, puoi far uscire
la… signorina Kagome.
Grazie.” Agganciò, prima di tornare a guardarla.
Era rimasta impassibile e furente in volto. “Sei ancora in
tempo per
raccontarmi tutto, se vuoi.” le disse, sorridendo.
“Neanche se fosse
l’ultima
cosa che faccio, InuYasha.” Si alzò dalla sedia
dirigendosi verso la porta,
dove la testa bionda di prima era spuntata di nuovo e la stava
aspettando.
“Bene, Kagome. Se dovessi
cambiare idea, sai dove trovarmi.”
La porta si chiuse emettendo
un forte rumore, a causa dello sbattere della mezzo demone, che cercava
di
sbollire la rabbia accumulata in pochi minuti. Quel ragazzo la faceva
dannare e
lo odiava profondamente. In pochi attimi le aveva rovinato una vita
già incline
allo sprofondamento. Troppi ricordi che aveva fatto fatica ad eliminare
stavano
tornando a galla. Troppi volti famigliari e troppe notizie nuove. Non
voleva,
non voleva tornare nell’oblio. Preferiva che la sua vita
sprofondasse, ma non
voleva rivivere il suo passato. La sua mente avrebbe ceduto. Forse anche troppo presto…
Aveva deciso: le avrebbe
parlato. Oramai era inutile far finta di niente e voleva arrivare fino
in fondo
alla questione.
Si era fatta spiegare dove
fosse la camera di Kagura e ora stava percorrendo il corridoio a grandi
falcate, respirando pesantemente. Era ancora infuriata con InuYasha e
le sue
manie di sapere tutto di tutti. Doveva calmarsi e, anche se era
consapevole del
fatto che quello non sarebbe stato il modo migliore per farlo, era
decisa
comunque ad andare dalla yasha. Doveva sapere di più. E
doveva farlo in fretta.
Oppure il suo passato sarebbe tornato nei suoi pensieri, forse anche
più violentemente
delle precedenti volte. E non poteva sopportarlo.
Oramai era decisa. Finito
quel lavoro, sarebbe partita. Non sapeva dove, ma l’avrebbe
fatto. Ci aveva già
pensato tante volte, però non aveva mai avuto la forza di
lasciare quel paese.
Era la sua casa. Lì aveva vissuto tante cose, le uniche cose
belle della sua
vita perduta. Non riusciva ad abbandonarle. Forse solamente
perché non riusciva
a lasciare indietro il passato, i ricordi. E faceva dannatamente male.
Rendersi
conto di vivere dietro ad una vita non più tua, comandata da
fili invisibili
che ti costringono ad agire a suon di disperazione, di dolore, di pazzia. Il suo corpo non avrebbe retto
ancora a lungo, come la sua mente.
Si ritrovò davanti alla
camera della donna. La porta spalancata la sorprese leggermente e, non
sapendo
se entrare o meno, tentennò un po’ davanti
all’entrata.
“Se hai paura di entrare,
non
dovevi presentarti, mostro.”
La voce
dura alle sue spalle la indusse a girare la testa di lato, ghignando.
Kagome
entrò sicura nell’appartamento, molto simile al
suo, se non per i colori che
tendevano al bordeaux, e si accomodò placidamente sul divano
di pelle al centro
del salotto, di una scura tinta di rosso. La guardò
sorridendo e Kagura, ancora
con lo sguardo duro, rimase in piedi di fronte a lei, squadrandola.
“Che cosa vuoi? Non mi
sembra
di averti mai invitato qui per un the, o sbaglio?” le chiese,
continuando a
guardarla.
“No. Ma mi è
sembrato più che
giusto che me lo offrissi, dopo avermi rotto la teiera. Non ti
pare?” rispose
la hanyou, sorridendo imperterrita.
La yasha, sempre dura in
volto, si diresse nella piccola cucina, mettendo a bollire
l’acqua per il the.
“Che cosa vuoi,
veramente?”
le domandò, continuando ad armeggiare con la teiera.
“Voglio parlare di lei.
Voglio
parlare di mia sorella.” proferì Kagome,
improvvisamente seria.
“Perché?”
“Perché…
perché ne ho
bisogno. Perché devo dimenticarla.”
“Pensi che sapere di
più ti
aiuterebbe a dimenticare?”
“No. Ma la mia mente non
ce
la fa più. Devo sapere, prima di impazzire per
sempre.”
Le due si guardarono negli
occhi, consapevoli.
Le due sorelle erano uguali,
per quanto fosse strano.
E ciò che era stato
riservato
per una, sarebbe stato riservato anche per la seconda.
E sarebbe stato
irrimediabile
e definitivo.