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Autore: Dragon gio    17/10/2016    4 recensioni
Raccolta Stucky Superfamily con Peter Parker.
Peter era steso su un tavolo di acciaio, legato mani e piedi, mezzo nudo, il viso privo di maschera.
Era così pallido e immobile, che perfino il cuore di Bucky sussultò a quella vista.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Movieverse, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Soldier, The Captain & The Spider
Rain
 

Era così frustrante dover rimanere a casa, mentre il resto degli Avengers stava in missione, chissà dove. Nemmeno la posizione gli aveva rivelato Steve, non che fosse importante, anche conoscendola, non poteva sperare di raggiungerli con mezzi propri.
 
Peter stava seduto sul davanzale della finestra di camera sua, gli occhi scuri ammantati ancora dal rancore, lo stomaco chiuso al ricordo della furiosa litigata avvenuta qualche ora prima.
Il giovane aveva supplicato Steve di poterlo seguire, ma lui si era opposto fermamente. Si trattava di una missione assegnatagli da Fury in persona, vi avrebbero partecipato anche Iron Man, Black Window e Hawkeye. L’arrampica muri sperava di poter essere di aiuto, in fondo mancava Thor, ancora su Asgard, così si era fatto avanti.
Ma Steve, dopo un primo momento di calma, aveva finito con l’alzare la voce, affermando che non avrebbe fatto parte di quella missione, punto e basta. Poi, per punizione, lo aveva confinato nella sua camera da letto. Ferito nell’orgoglio, Peter era scappato dal salotto, chiudendosi nella propria stanza, sbattendo forte la porta per mostrare tutta la sua indignazione.
 
Non si era più mosso, spegnendo anche la tv che non faceva altro che parlare degli Avengers, visti partire dalla Stark Tower ore fa. Ovviamente, la cosa faceva notizia, ma a Peter non importava. Fingeva che non gli importasse.
Si crucciava invece, osservando le gocce di pioggia che si schiantavano con violenza sul vetro della finestra.
 
Pioveva così forte, aveva iniziato prima della lite, prima che Steve si allontanasse dal divano, ove stavano facendo una maratona Star Wars, per rispondere al telefono.
L’acqua scendeva impietosa, le nuvole si erano fatte ancora più cupe, trasformando un semplice temporale estivo in qualcosa di più simile ad una tempesta. Peter scrutava il proprio riflesso, deformato dall’acqua che scorreva inesorabile, ancora e ancora, tutto sembrava scivolare via, assieme ai suoi pensieri.
Rimase immobile nella sua posizione, anche quando il cigolio della porta che si apriva, giunse alle sue orecchie.
 
« Sicuro, di non voler cenare? » La voce bassa e profonda di Bucky, si fece strada nella cameretta buia del ragazzino.
« Sì. Non ho fame. »
« Nemmeno se prendessimo una bella pizza? » Bucky sperava di corromperlo con l’offerta di uno dei suoi cibi preferiti, ma purtroppo Peter non era davvero dell’umore giusto.
« No, ma grazie lo stesso… » Replicò mogio, girandosi appena verso l’adulto. Non gli sfuggì il sorriso stanco che gli rivolse. Anche Bucky doveva essere in ansia, pure lui provava la medesima rabbia malcelata per essere stato escluso. Per essere stato considerato “non necessario” per la missione.
« Ok, allora… ti lascio solo. » Affermò serafico il soldato, anche se Peter ebbe l’impressione che lo stesse dicendo più a se stesso. Ormai conosceva sufficientemente quell’uomo da capire quando non gradiva avere gente intorno e, quello, era proprio uno di quei momenti.
 
Sospirò profondamente, tornando a perdersi totalmente con lo sguardo nel cielo in tempesta al di là del vetro. Passò così tutta la notte, incapace di allontanarsi da quella dannata finestra o dai propri pensieri angosciati. Dopo la rabbia, era giunta la paura, il terrore che Steve non tornasse più da quella fottuta missione. Il rimorso che si faceva crudelmente strada nel suo cuore, al pensiero che le ultime parole che gli aveva rivolto erano di astio. Il dubbio lo logorava, lentamente ed inesorabilmente. Si colpevolizzava di aver commesso nuovamente il medesimo errore; anche quando morì zio Ben, ci aveva litigato prima e, quelle orribili parole, furono le ultime che l’uomo aveva udito dalla sua bocca.
 
Verso le cinque e mezza del mattino, la serratura della porta di ingresso scattò. Peter reagì di istinto, saltando giù dal davanzale e correndo verso l’entrata.
Anche Bucky fece lo stesso, lui, come previsto, era rimasto in salotto, a rimuginare scribacchiando sul suo taccuino personale.
 
Non appena Steve fece un passo in casa, il cuore di Peter gli saltò in gola, battendo furiosamente. Un misto di emozioni si scossero con violenza nel proprio petto, gli occhi iniziarono a bruciare fastidiosamente.
Come era prevedibile, Steve era abbastanza malconcio, doveva essere stata una battaglia piuttosto pesante a giudicare dai tanti lividi e tagli che mostrava. Si trascinò stancamente dentro l’appartamento, le suole dei suoi stivali erano sporche di fango, e lui zuppo d’acqua dalla testa ai piedi.
 
« Cavolo, mi dispiace Buck… stamattina avevi lavato i pavimenti, scusa… » Biascicò prima di inciampare in avanti, preso al volo dal compagno stesso. Lo sguardo di ghiaccio puntato furioso su lui.
« Cosa vuoi che me ne freghi dei pavimenti, adesso?! Perché non sei in ospedale?! »
« Aha, anche io sono felice di vederti… » Ribatté il biondo, cercando di inserire una nota divertita nella frase, sebbene la voce gli uscisse roca e debole.
« Peter, vai a prendere la cassetta del pronto soccorso! »
« S… sì… » La gola di Peter si era seccata improvvisamente, rendendogli difficoltoso articolare le parole. Deglutì a fatica prima di sparire e correre in bagno, dove tenevano tutti i medicinali e il kit di pronto soccorso.
 
Quando prese tutto, si diresse verso la camera da letto, ove Bucky aveva fatto coricare Steve e lo stava spogliando.
« Buck, ehi… guarda che ce la faccio anche da solo, non sono mica moribondo! » Protestò vivacemente il capitano, tentando di allontanare con una mano il fidanzato. Ma Bucky lo raggelò con la sua classica espressione autoritaria e, allora, Steve si lasciò ricadere pesantemente sul cuscino, lasciandolo fare.
« Grazie, Peter. Ora qui ci penso io, tu vai in cucina e prepara qualcosa di caldo da bere. » Ordinò poi il soldato, Peter obbedì senza fiatare. Steve in primis fu sorpreso dal suo silenzio, non gli aveva ancora rivolto la parola.
« Ehi, Buck… è ancora tanto arrabbiato con me? »
« Tu, che dici? » Replicò con uno sbuffo risentito il bruno. Non gli sfuggì la reazione di Steve, che abbassò gli occhi, colpevole.
« Non volevo litigarci… Dio, questa è stata davvero una giornata di merda… »
« Steve, stai peggio di quanto temessi. »
« Nh? »
« Hai appena bestemmiato. »
Il capitano non trattenne un sorriso divertito ma, tutto sommato, Bucky aveva ragione. Dopo un lungo silenzio però, riprese a parlare, lentamente.
« Fury ci ha chiesto di localizzare dei terroristi e ucciderli. » Spiegò voltando appena il capo alla sua destra, mentre Bucky si preoccupava di estrarre delle schegge di legno dal suo braccio.
« Peter è un bambino, non volevo che fosse sottoposto ad un simile orrore. Spider Man salva vite, non le spezza. Per questi lavori sporchi ci siamo noi adulti. » Concluse atono Steve,  gli occhi sempre puntati lontano, come se stesse osservando qualcosa che Bucky non poteva cogliere in quell’istante.
 
Ma il soldato d’inverno non era uno sciocco, e arrivò da solo al nocciolo del problema.
« Tutte belle e ammirevoli parole, ma a Peter questo glielo hai spiegato? »
« Sai come è fatto, Buck, avrebbe insistito per venire con noi lo stesso. Quel ragazzino è così testardo quando ci si mette… »
« Tutto suo padre. » Esclamò Bucky, allargando le labbra screpolate in un tiepido sorriso. Il cuore di Steve si scaldò nel sentirsi definire padre. Per quanto, lui stesso avesse un opinione negativa in merito.
« Peccato che come padre, io faccia schifo. Non faccio altro che far infuriare Peter e litigarci… »
« E allora? Tutti i teenager litigano con i propri genitori. »
« Sì, ma io ci litigo un po’ troppo spesso… »
« Con la vita che conduciamo, è già tanto che quel ragazzino abbia la testa sulle spalle e non usi i suoi poteri per darsi alle rapine o alle gang di strada. »
« Mi odia, ne sono certo… »
« Falla finita, regina del dramma! » Sbottò Bucky dando una sonora pacca sul fianco, appena finito di disinfettare, provocando un violento sussulto in Steve.
« Ouch!! Buck, fai piano, ho delle costole rotte! »
« Oh, povera stella, quanto mi dispiace! »
« Non sei spiritoso! »
Il simpatico “teatrino”, venne interrotto da Peter che fece il suo ingresso in camera. Stringeva fra le mani un vassoio, su cui erano riposte un paio di tazze fumanti e alcune fette biscottate con il barattolo di marmellata accanto.
Si schiarì la voce prima di parlare timidamente e dire « Ho pensato che avessi fame. »
 
Steve si tirò a sedere, gemendo appena, afferrando poi il vassoio.
« Grazie, in effetti sì, ho molta fame… »
Peter lo aiutò a sistemarsi, poi passò una delle due tazze a Bucky, che lo ringraziò a sua volta.
« E per te? »
« Aha bé, la mia tazza è rimasta in cucina, non ci stavano tutte sul vassoio! » Tentò di scappare dalla stanza, ma Bucky lo bloccò per un polso e lo costrinse a sedersi sul letto. Poi gli passò fra le mani la propria tazza.
« Bevo io quella che è di là, tu resta. Assicurati che Steve finisca il suo tè e mangi qualcosa. »
Peter non se la sentì di contraddire Bucky, quando voleva, sapeva come imporsi su lui.
 
Rimasero così unicamente loro due nella camera da letto. Per i primi minuti, poterono indugiare in un tranquillo silenzio, almeno fin quando Steve non finì di bere il suo tè e fece piazza pulita di tutte le fette biscottate.
Dopodiché, fu dura evitare gli sguardi e l’imbarazzo ancora palpabile nell’aria. Peter era troppo orgoglioso per prendere per primo la parola, Steve ne era conscio, così decise di fare lui la prima mossa.
« Peter, mi dispiace molto di non averti portato con me in questa missione, ma… non era un genere di missione adatta a te, ecco. »
Per quanto avesse cercato di apparire calmo e controllato, dentro di sé Steve stava vivendo un caos di emozioni contrastanti. Non aveva mai provato nulla di simile ma, come aveva ormai intuito, certe emozioni non erano che la punta dell’iceberg. Si stava rendendo conto di quanto fosse dura essere un padre per qualcuno.
 
« Steve, quando scendo in strada con il mio costume, non so se la “missione” che dovrò affrontare sarà adatta a me o meno, però l’affronto ugualmente! » Ribatté con decisione il ragazzino, mettendo quasi a disagio il genitore adottivo con le sue parole così schiette.
« Già, ma questa volta sapevo in anticipo a cosa andavamo incontro. Volevo solo proteggerti, figliolo… »
« Non sei tenuto a farlo! »
« , invece. Se posso evitarti un dolore, lo farò sempre Peter. »
Peter trattenne il fiato, mordendosi poi le labbra nervosamente. Detestava venir trattato sempre da tutti come un bambino bisognoso di protezione. Però, dentro di sé, nel profondo, era felice di sapere che c’erano persone che gli volevano così bene da volerlo tenere al sicuro da ogni pericolo. Era una bella sensazione che, nonostante non lo avrebbe mai ammesso, gli era mancata.
« So che vuoi proteggermi, lo capisco, ma… non pensi che anche io voglia fare lo stesso?! »
 
Steve aggrottò le sopraciglia, incerto di aver udito chiaramente l’ultima affermazione del giovane.
« Vuoi proteggere Captain America? » Chiese poi non riuscendo a nascondere una risatina malcelata che, nemmeno a dirlo, provocò l’immediata reazione irritata del suo interlocutore.
« Lo trovi così ridicolo?! »
L’adulto scosse il capo, ancora divertito, le labbra che si tiravano lentamente in un sorriso caloroso.
« No, per niente. Sarebbe un onore combattere al tuo fianco, Spider Man! »
Questa volta doveva aver toccato il nervo giusto, perché notò immediatamente come la postura di Peter mutò drasticamente passando dal teso e nervoso, ad una più rilassata. Ricambiò il sorriso, prima timidamente, poi l’entusiasmo prese il sopravvento, portandolo a dimenticare tutta la rabbia covata fino a quell’istante.
« Allora, la prossima volta potrò venire in missione con voi?! »
« Umh, vedremo… » Il capitano sogghignò, mefistofelico, mentre si portava con fare arrogante le mani dietro la nuca. Godendosi al contempo, l’indignazione che trasaliva sul volto di Peter.
« Sei veramente incredibile!! » Gridò al colmo dell’esasperazione. Proprio quando era pronto a perdonarlo, ecco che Steve gli rifilava questo colpo basso. Che, per inciso, nemmeno aveva colto.
« Oh, ti ringrazio! »
« Non era un complimento… »
 
Si guardarono negli occhi per un lungo istante di imbarazzante silenzio, mentre Steve comprendeva la gaffe appena fatta. Quando capì, una fragorosa risata spezzò la tensione fra i due, spazzando via definitivamente ogni ombra di rabbia latente. Come un forte vento che trascinava via lontano le nubi cariche di pioggia.
 
« Ridi, ridi pure! Ti costringerò a trattarmi da adulto prima o poi, aspetta e vedrai!! » Peter si agitava e gli puntava contro un dito con fare minaccioso, ma riusciva solo a suscitare le risate del capitano.
« Ok, ok! Ora però, che ne dici di lasciare riposare un po’ questo vecchietto? »
« Va bene. Ma guarda che mi devi ancora una maratona di Star Wars! »
« Hai ragione, mi farò perdonare, promesso… » Steve alzò un pugno chiuso verso il giovane, gesto che venne replicato da lui stesso, facendo scontrare appena le loro mani.
« Ci conto! »
Peter abbandonò la stanza e raggiunse Bucky in cucina, per riporre nel lavello la propria tazza. Si lanciarono uno sguardo di intesa, poi il ragazzino affermò di aver bisogno di dormire un po’, e ottenne il tacito consenso di Bucky di poter saltare le lezioni, in via del tutto eccezionale.
 
Pioveva ancora a dirotto, quando Peter si infilò nel proprio letto. Ma, al contrario di prima, il suono della pioggia lo cullava dolcemente trascinandolo nel mondo dei sogni, facendogli vivere fantasiose avventure al fianco di Capitan America.

 
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Salve a tutti! Chiedo immensamente scusa per questo ritardo nell’aggiornamento, nonostante il capitolo fosse pronto da tempo, ho avuto davvero tanto da fare e non riuscivo mai a rileggerlo per le correzioni, quindi sorry sorry e ancora sorry! XD
 
Questo capitolo mostra l’ennesimo “scontro” fra Petey e Steve, quando ho iniziato a scrivere per questa raccolta mi ero promessa una cosa: cercare di rendere il più possibile reale il loro rapporto! Perciò, volevo alternare momenti sereni ad altri più cupi o, come in questo caso, di litigi e incomprensioni. Sono comunque una famiglia che si è formata dal nulla da poco tempo e, Peter, per quanto intelligente, resta comunque un adolescente e chi non si è mai scontrato con il proprio padre?
 
Peter in questa one shot tenta di affermare il suo valore, la sua indipendenza, non vuole più essere considerato un bambino e lasciato a casa con la “tata” (poor Bucky, casalinga e pure tata, non mi odiare XD) mentre suo padre è fuori a salvare il mondo. Ed essendo Peter stesso un vigilante, capite bene che venire trattato come un principiante sia fonte di enorme frustrazione, anche se come ben sapete, Steve voleva solo proteggere la sua innocenza.
 
Al solito, il titolo è ispirato ad una canzone, Rain di Patty Griffin (è davvero molto bella, ascoltatela se potete)! Quando la scrissi, era un giorno di pioggia e così ho trasmesso la medesima sensazione che mi dava l’acqua nella fiction!
 
Ok, anche per oggi direi che è tutto, ci vediamo nella prossima One Shot! Non posso promettere di aggiornare presto, ma farò del mio meglio, giuro!
Come sempre, ringrazio immensamente tutti coloro che leggono, recensiscono, mettono fra i preferiti questa raccolta o semplicemente la seguono in silenzio! Grazie a tutti!! ♥
 
Un  bacione enorme
Giò
  
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