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Autore: Wings_of_Glass    19/10/2016    1 recensioni
Una storia introspettiva e inverosimile che si svolge tra incontri "segreti" e chat tra Lei, una "principessa" che non crede più nell'amore e non vuole forse farsi salvare, ma che ha disperatamente bisogno di un abbraccio vero, quello pieno di affetto che ti fa sentire sulle nuvole finché quella stretta intensa dura.. e Lui, lo "stalker", il tipico bello, tenebroso e dannato, che attira tutte e vorrebbe far cedere anche lei al suo gioco. Anche se scoprirà suo malgrado che non è affatto una preda semplice da ottenere... Come andrà a finire? Forse con un sonoro schiaffo? o con un bacio rubato? o con un lieto fine da paura?
So che è un argomento già trattato in mille modi, ma spero che la mia nuova storia vi possa piacere ed intrigare, almeno quanto a me piace scriverla qui per voi :)
Dal testo:
-Lo sai.. se fossi un animale saresti sicuramente una tartaruga- mi disse così su due piedi.
-E questo che vuol dire?- gli chiesi accigliata, stava cambiando discorso di nuovo.
-Vuol dire che quando hai paura ti nascondi dentro il tuo guscio-. Si avvicinò e mi prese la mano lentamente. -Ma non ti preoccupare io sono bravo a romperli-.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo ventidue: Maledizioni e incidenti

Ciò che noi chiamiamo imprevisti non sono altro che un susseguirsi di problemi..
 

Erano passati esattamente cinque giorni da quando quel tizio buffo mi aveva inseguita. Cinque giorni tranquilli, per cui mi convinsi che era solo un brutto scherzo finito male. Anche se davvero non avevo la più pallida idea dei motivi che si nascondevano dietro tale gesto. Avevo passato momenti d'ansia, guardandomi attorno, sperando che non mi succedesse più nulla e nulla era accaduto, quindi dopo quel tempo di calma apparente, avevo seriamente deciso di tirare un sospiro di sollievo. Non poteva essere la calma prima della tempesta. Ero certa che non avevo guai con nessuno. Quindi perché qualcuno doveva farmi paura?

Quella sera ero tornata prima a casa, così avevo aiutato mia madre a raccogliere il bucato lasciato ad asciugare fuori. Erano appena le quattro e Rachel aveva deciso di chiudere il bar in anticipo, visto che doveva esserci un controllo dell'energia elettrica nel quartiere e non avremmo avuto l'elettricità per un paio d'ore.

-A cuccia Bitter!- ordinai al cucciolotto nero, mentre cercava di addentare un calzino che avevo appena buttato malamente nella bacinella. Lui ovviamente, dopo avermi guardato per qualche istante con dolci occhioni, non mi ascoltò ed afferrò il suo bersaglio tra i denti e poi scappò verso la sua cuccia. Sospirai. Non aveva senso inseguirlo, perché tanto non lo avrebbe lasciato andare, quel guastafeste.

-Tesoro- mi chiamò mia madre da sotto il porticato di casa. Il mio sguardo si calamitò verso di lei. Odiavo letteralmente quando mi chiamava così, ma pazienza, era mia madre e probabilmente anche quando avrei avuto cinquanta anni lo avrebbe fatto. Aveva qualcosa tra le mani. Aguzzai la vista e notai il mio cellulare. -Continua a squillare, rispondo?- mi chiese. Finii di recuperare le ultime cose stese sul ferro e ormai asciutte, ed andai verso di lei. -No tranquilla mamma, faccio io- le risposi, posando l'ingombrante bacinella stracolma a terra e prendendo il mio telefono tra le mani.

Mi cercava tanto insistentemente?

Sbloccai il salvaschermo e trovai delle chiamate da un numero privato. Dodici per l'esattezza, tutte di seguito. L'ultima risaliva a tre minuti prima. Chi era?

Sbuffai, non potevo mai stare tranquilla. In quel preciso momento il telefono suonò di nuovo, tra le mie mani, illuminandosi. Potevo scoprirlo solo in un modo. Sorrisi a mia madre per non farla preoccupare, e mentre salivo in fretta le scale per raggiungere la mia camera, risposi. Posai con cautela il cellulare all'orecchio destro. Provavo a controllarmi ma non ci riuscivo. -Pronto?- la mia voce era nervosa. -Evviva, finalmente mi rispondi- rispose una voce maschile dal tono molto profondo.

Non sapevo dire di chi fosse. Non la riconoscevo. Il suono giungeva ovattato, come se parlasse attraverso un tessuto.

-Chi parla?- chiesi, trattenendo il fiato.

-Non importa chi sono- disse, con voce maledettamente calma e sensuale -importa solo ciò che ho da dirti ora-.

-Come? Cos..?- farfugliai disorientata.

-Devi stare lontana da Nial, questo è un avviso dolcezza- mi interruppe quasi con prepotenza.

-Chi sei?- tentai di nuovo, impaurita dalla situazione.

-Te l'ho detto, non importa, ma lui ti sta prendendo in giro, fidati di me. Meglio se lasci perdere-.

Che cosa significava? Non so dove trovai il coraggio di rispondere ma lo feci. -Senti, non so chi diavolo tu sia quindi non mi fido di te. Non ti azzardare a richiamarmi, inseguirmi o importunarmi o andrò dalla polizia- lo minacciai, anche se la mia voce mi sembrava spezzata e affranta. Poi chiusi la chiamata. Mentre sapevo che quel soggetto stava per dirmi qualcos'altro. Ma davvero non ne potevo più. Sperai solamente di averlo messo in guardia e che mi avrebbe ascoltata.

Che diamine stava succedendo? Mi massaggiai le tempie.

Mi aveva dato un indizio. Centrava Nial. Sapevo che a quest'ora lui era ancora a lavoro, mentre poi andava al corso serale a scuola. Come potevo disturbarlo? Probabilmente mi avrebbe risposto solo domani, una volta sveglio o nel cuore nella notte, quando io dormivo. Io invece avevo bisogno di risposte e le volevo subito. Volevo togliermi quel sassolino da sotto la scarpa e non pensarci più.

Ripresi il cellulare che avevo lasciato sul letto, e dopo un minuto buono perso ad camminare nervosamente su e giù per la stanza, mi decisi di scrivere prima di tutto un messaggio a Nial. Dovevo avvisarlo, lui sicuramente poteva aiutarmi a capire chi fosse questo misterioso tizio che a quanto pareva, aveva proprio intenzione di perseguitarmi.

Lo stalker non è sparito. Oggi penso mi abbia chiamata dicendomi di starti lontana. Hai idea di chi può essere? Io sono spaventata. Davvero, e scusami se queste parole ti metteranno agitazione, ma appena puoi chiamami”.

Rilessi più volte ciò che avevo scritto, poi inviai. Non sapevo esattamente che fare. Che fosse Chris? Non era quella la sua voce ma si può sempre camuffare, mi dissi. Poi mi ricordai della freccia sul muro. Quella che avevo visto il pomeriggio che lo stalker aveva deciso di pedinarmi. Forse indicava una direzione ben precisa, che mi avrebbe aiutato a far luce sul caso, o peggio, condotto ad una trappola. Volevo veramente andare nella tana del lupo? Sì. Dovevo capire cosa stava succedendo.

Presi la mia borsa, ci infilai dentro il telefono e corsi giù dalle scale a cambiarmi le pantofole.

-Stai uscendo?- mi chiese mia madre perplessa, notando che ero piuttosto agitata.

-Sì, mamma- le risposi -devo comprare una cosa- le spiegai, inventando una scusa.

-Va bene, allora ti dispiace comprare un giornale?-

-Perché?- le chiesi perplessa. Di solito nessuno a casa mia leggeva i quotidiani.

-Hanno fatto un intervista a tuo fratello due giorni fa e sono curiosa di leggerla- disse, sorridendo soddisfatta di Nath. Io invece ero all'oscuro di tutto. La guardai sorpresa, smettendo di allacciarmi la scarpa destra. -Intervista? E perché non mi avete detto nulla?- la rimproverai.

-Ci saremo dimenticati. Comunque è per il suo negozio, sta andando a gonfie vele-.

-Sì questo me lo aveva detto- rimuginai, ricordando che probabilmente mio fratello me lo aveva detto e forse me ne ero completamente scordata. Dopotutto era un piccolo paese e tutto faceva subito notizia.

-Bene allora lo compri tu?- mi riportò lei alla realtà.

-Sì mamma non preoccuparti-.

-Grazie- riuscii a sentire che mi diceva, mentre chiudevo la porta d'ingresso alle mie spalle.

Non sapevo da dove provenisse tutto quel coraggio improvviso. Non capivo perché dovessi avere dei problemi per colpa di Nial. Forse mi aveva mentito. Forse era nei guai e non aveva affatto cercato di rimediare al suo passato. Io volevo solo che quella storia finisse e capire chi c'era dietro. Sapevo già che quelle semplici timide minacce dette a telefono non sarebbero bastate a fermare un potenziale stalker. Potevo andare alla polizia ma non avevo che un pugno di prove e dei tentativi di prendermi in giro fatti a singhiozzo. Non volevo mettere in mezzo troppe persone, ancora speravo si trattasse di uno stupido scherzo. Dovevo cavarmela da me. Velocemente raggiunsi il muro dove vi era scritto il mio nome e la freccia. Era il solo indizio lasciato dallo stalker, lo sapevo. Lo fissai. Fissai quell'inchiostro rosso sul muro di mattoni, per poi convincermi a proseguire verso la direzione indicata. Mi sentivo temeraria, ma passo dopo passo il coraggio e la voglia di capire, vacillavano e smettevano di accompagnarmi. Cosa avrei trovato alla fine del tunnel? Cosa speravo di trovare?. Mi bloccai di colpo di fronte ad un'altra freccia e svoltai a sinistra in quei vicoletti che facevano da padroni nel centro del paese. Per poi arrivare ad un negozio di tatuaggi. L'insegna era vecchia e sbiadita, non si leggeva nemmeno il nome. L'ingresso era molto piccolo ed era così imbucato in quel dedalo di casette che dubitavo avesse molti clienti. Era aperto però. Strinsi i pugni ed entrai. L'ambiente era molto curato, più di quanto mi aspettassi. Miriadi di disegni coloravano le pareti. Quello di un veliero attirò la mia attenzione. Solcava quella che sembrava un'onda appena accennata sotto il legno dello scafo. Vele nere sventolavano in un vento invisibile impresso su carta da leggere scie di matita scura, che spezzavano le linee dell'imbarcazione. Era molto bello e ricco di dettagli.

-Ciao, benvenuta- mi disse, facendomi spaventare, il tatuatore, comparendo da una saletta da retrobottega. -Passione per i pirati?- mi chiese, sorridendo. Lo fissai, quasi ammaliata e incapace di parlare. Io lo avevo già visto. Solo che non ricordavo dove. Chi era? Mi ricordava qualcuno.

-Io..io..- farfugliai imbarazzata.

-Ah capisco- continuò guardandomi con attenzione ogni parte di pelle scoperta. Le mani, il collo, il viso. Come si focalizzò sul mio collo mi fece rabbrividire. Aveva due occhi nocciola profondi e penetranti. -Primo tatuaggio vero?- domandò, praticamente a poca distanza da me. Quando si era avvicinato?. -Il primo è sempre il più duro, ma non fa così male come dicono, a meno che la tua soglia di sopportazione del dolore non sia pari a quella di un bambino-. Mi fece l'occhiolino. -Decidi pure con calma, non avevi appuntamento vero?- disse poi, andando dietro un moderno tavolo nero, per sfogliare un raccoglitore ad anelli. Aveva una matita sorretta sull'orecchio tempestato di piercing. La prese per scrivere qualcosa sul foglio. Perché ero lì? Che ci facevo in un negozio di tatuaggi? Che centrava questo tizio con il potenziale stalker che aveva problemi con Nial? La testa mi scoppiava, quasi, per le troppe domande senza risposta.

-Non aver paura, non mordo mica-. Rise e mi accorsi che lo avevo fissato tutto il tempo, forse impaurita. -Mi scusi io, temo di aver sbagliato negozio- mi scusai, non sapendo esattamente che fare. -I disegni sono bellissimi- aggiunsi poi, per cercare di non sembrare una pazza.

Lui sorrise, come se non fosse accaduto nulla o forse per mettermi a mio agio.

-Io allora vado, buona giornata- salutai quel ragazzo, con un sorriso tirato, indicando l'uscita. Che macello stavo combinando.

-Buona giornata- rispose il tizio. Dove potevo averlo già visto? Mi sembrava davvero familiare. Poi l'occhio mi cadde sullo stesso simbolo tribale che Nial aveva sul braccio. Feci dietro front. Era proprio quel disegno e chiedere un'informazione non costava nulla.

-Scusami, posso solo farle una domanda?- gli chiesi, con timidezza.

-Ma certo cara, dimmi tutto-. Mi sorrise di nuovo, invitante. Magari sperava che prima o poi mi sarei fatta un tatuaggio. -Conosci Nial?- e mentre lo chiedevo indicai il disegno del tatuaggio. Sperando capisse.

Lui alzò un attimo lo sguardo verso il soffitto, l'unica parte bianca di quel luogo e poi annuì. -Gli ho fatto tre tatuaggi, sei la sua nuova ragazza?-.

-Io? No, solo un'amica- mi affrettai a rispondere. Perché diavolo se Nial frequentava una donna doveva per forza starci assieme?

-Capisco. Beh.. era un mio cliente- mi rispose poi. Era, quindi ora non più. Ma un'altra informazione si fece strada nella mia mente con più intensità. Nial aveva tre tatuaggi, quindi due ancora non li avevo visti. Lui appoggiò i gomiti sul tavolino.

-Allora- ricominciò alzando un sopracciglio -ti farai un tatuaggio?-.

Ovviamente pensava a lavorare. -No, mi scusi per il disturbo- risposi e subito sul suo viso si dipinse un'espressione di delusione mista a tristezza.

-Peccato- disse -se cambi idea eccoti un mio bigliettino da visita-. Me lo porse, togliendoselo dalla taschina della camicia nera. Io non potei fare a meno di prenderlo. Lo guardai un'ultima volta sperando che mi balenasse in mente chi diavolo fosse o mi ricordasse. -Grazie- salutai, riponendo il biglietto nella tasca dei miei jeans. Poi una volta uscita, mi fermai a pochi passi dall'entrata e lo ripresi in mano. L'unica cosa che sembrò dirmi qualcosa di sensato era l'inchiostro rosso. Ma poteva pur essere tutto una pura coincidenza. Anche le frecce, il colore. Poteva trattarsi anche di una pista falsa. Mi stavo sentendo davvero come uno di quegli investigatori privati. Sbuffai. Non avevo scoperto nulla che potesse aiutarmi veramente.

Stavo camminando, con l'intento di comprare il giornale per mia madre e tornare a casa. Forse Nial avrebbe saputo dirmi qualcosa. Mi morsi il labbro. Non avevo mai avuto problemi con nessuno. Quando all'improvviso sentii dei passi dietro di me. Qualcuno correva. Mi girai e tutto avvenne velocemente, senza che potessi fare esattamente qualcosa. Mi ritrovai a fissare il buio di quello che sembrava un sacchetto della spazzatura, messo con malagrazia sopra la mia testa. Puzzava di plastica. Sempre qualcuno mi bloccava i polsi dietro la schiena. La calma scemò definitivamente, mentre di istinto mi mettevo a gridare aiuto per quell'aggressione in pieno pomeriggio. Che diavolo stava succedendo? Mi sembrava di essere in un film. Cercai di dimenarmi e spingere via l'aggressore. Finsi di svenire cadendo a peso morto, mentre con una mano mi bloccava e l'altra mi tappava la bocca. Spingendomi quel sacchetto con le labbra e la pelle. Mi sentivo soffocare. Avevo paura, le lacrime rigarono il mio volto coperto, mentre ipotizzavo di dargli una testata. Qualsiasi cosa pur di liberarmi, fuggire e salvarmi la vita.

-Doveva essere solo uno scherzo- disse la voce alle mie spalle -stai buona e fai quello che ti ho detto a telefono e non ti succederà nulla, te lo prometto- continuò, forse nel tentativo di calmarmi, mentre mi sorreggeva, per evitarmi di farmi cadere per terra. Poi improvvisamente mi lasciò andare, come se avesse ricevuto le mie suppliche mentali di non farmi del male. Mi tolsi ciò che mi oscura la vista, ma lui non c'era già più, nascosto probabilmente nei meandri intricati di quelle viette. Lasciai il sacco cadere a terra, guardandolo schifata. Che potevo fare? Non lo sapevo. Tutte quelle minacce solo perché conoscevo Nial? Non mi era mai successo nulla nel piccolo e tranquillo paesetto dove vivevo. Mai.

Corsi via, come se mi fossi trasformata in una maratoneta. fino ad arrivare di nuovo al centro. Dove si trovavano i negozi e le persone. Mi sentii leggermente più al sicuro con la presenza di altre persone in giro.

Presa ancora dalla foga dello spavento, scrissi all'apparente causa di tutti i miei problemi.

E' meglio se restiamo lontani, mi hanno aggredita perché ti conosco”.

Mi pentii subito di avergli inviato quel messaggio, ma che altro potevo fare? Non volevo che i suoi casini finissero su di me e mi stavo quasi ricredendo di nuovo sul suo conto. Maledii perfino la volta in cui avevo accettato di parlargli.

Tornata a casa ero sconvolta, me lo si leggeva in faccia, mi ero pure dimenticata di comprare il giornale. Dovetti per forza raccontare tutto ai miei genitori. Mio padre era appena rincasato e continuò a chiedermi se avessi problemi con qualcuno, ma la mia risposta era sempre negativa. Non avevo fatto niente di male, di questo ne ero certa.

Ovviamente loro, apprensivi come erano, vollero denunciare tutto alla polizia, ma li convinsi a lasciar perdere. Non volevo peggiorare la situazione, anche se non potevo biasimarli. Anche io ero palesemente su di giri per l'ansia.

Quella sera avevo lo stomaco sotto sopra e a cena mangiai pochissimo e contro voglia. Fissai il cielo che si era rannuvolato e inscurito dalla finestra delle scale, tenendo il cellulare stretto in mano. Nial non aveva ancora risposto. Il tizio non mi aveva più richiamata. Magari sperava di avermi convinto a mollare la mia amicizia con Nial. Il problema era mi aveva davvero convinto a chiuderla con quel tentativo? Mi scompigliai i capelli, ero nervosa per quello che gli avevo scritto subito dopo lo scampato pericolo. Se avessi potuto farlo lo avrei cancellato. Ma in verità non volevo rimediare dentro di me. Era lui la causa di tutti quei casini.

-Lucy- mi chiamò mio padre dall'inizio delle scale, risvegliandomi da quella sorta di trance.

-Arrivo- risposi prima di raggiungere i miei genitori in cucina. Presi posto sulla sedia accanto a quella dove era seduta mia madre. Aveva davanti una tazza fumante di tisana al finocchio e camomilla. Probabilmente le aveva fatte per calmare lei e papà. Mi fece un sorriso tirato. -Se non vuoi andare dalla polizia, almeno vai in un posto tranquillo per un po'. Sei grande, non possiamo costringerti, ma sarebbe meglio per tutti- disse poi mio padre, rivelandomi le loro intenzioni e preoccupazioni. Infine non mi era mai successo qualcosa di simile. Non era mai accaduto qualcosa di simile in famiglia. A parte allo zio Harry, una volta in vacanza, quando volevano derubarlo. Ma lì per lì si trattava solo di una vittima scelta puramente a caso.

Non volevo andarmene. E dove poi? Lo chiesi. Mi sembrava come di vivere in una tragedia in quel momento. Mi sembrava tutto così tremendo. Mi stavano costringendo a trasferirmi per tutelare la mia sicurezza da un potenziale ragazzo che voleva tenermi lontana da un altro innamorato di me. Era assurdo. Sembrava un incidente. Una storia a cui faresti fatica a credere.

-Potresti stare per qualche giorno nell'appartamento che ho ereditato dalla nonna, finché tutto non si calma. E' abbastanza lontano- spiegò mia madre.

Non sapevo se la situazione si sarebbe realmente calmata. Qualcuno aveva cercato di farmi del male, ma se mi allontanavo almeno magari sarei stata al sicuro. E non avrebbero cercato di fare del male alla mia famiglia dopo? Ragionai. Mentre mio padre camminava nervosamente, come ero solita fare io quando ero tesa, davanti al ripiano dei fornelli.

-Capisco che siete preoccupati e forse avete ragione, ma come faccio con il lavoro?- chiesi poi.

-Puoi chiedere alla madre di Kim qualche giorno di ferie- intervenne mio padre, arrestandosi e guardandomi da dietro i suoi occhiali spessi.

Sì, aveva ragione. Sicuramente se le spiegavo cosa stava succedendo, Rachel mi avrebbe appoggiata e poi con l'apertura del MacDonald i clienti erano calati di molto. Quindi potevano bastare anche solo lei ed Eliza a gestire il bar. Solo non ero convinta che la situazione sarebbe tornata a posto scomparendo per un po'. Mi pentivo già di aver coinvolto la mia famiglia in quel dramma, ma mi sbagliavo, non potevo affrontarlo da sola. Perché semplicemente non ne ero in grado. Era troppo anche per me. Ero sempre stata riservata, calma, tranquilla e ora il mio mondo stava per essere sconvolto.

Non penso che avrebbero fatto del male alla mia famiglia, in fin dei conti, chi aveva cercato di rapirmi voleva dissuadermi da stare con Nial e ci stava riuscendo, purtroppo. Quindi era quello il suo intento.

-Suppongo che sia la decisione più saggia sparire per un po'- affermai poi. I miei genitori annuirono e in quel momento mio fratello spalancò la porta della cucina. Non ci eravamo nemmeno accorti che aveva suonato il campanello, presi come eravamo da quella situazione.

-Che facce da funerale!- commentò entrando -cosa è successo?-.

Dovetti così spiegare anche a lui cosa mi era capitato e farlo mi fece sbiancare. Perché proprio a me? Mi sentivo a disagio. Avevo paura che potesse ricapitare e mi convinsi davvero che dovevo affrontare quel sacrificio e scappare. Forse cambiare aria mi avrebbe fatto bene, tentai di trovare un lato positivo.

Vidi il suo nome illuminare il display e il mio cuore fece le capriole, assieme al mio stomaco e ai bocconi di cena che ero riuscita a mandare giù. Mi nascosi sotto una capanna fatta di coperte e risposi. Sì, risposi perché sapevo che lo avevo fatto preoccupare. Non pensavo nemmeno mi avrebbe chiamato quella stessa sera.

-Piccola tutto bene?- la sua voce risuonò dall'altra parte del cellulare, in ansia. -Che è successo? Ho visto solo ora i tuoi messaggi-. Tratteni le lacrime ricordando che era tutta colpa sua e ancora tentava di fare il carino con me. -Sei nei guai con qualcuno?- gli chiesi diretta, quasi sottovoce.

-No, perché? Qualcuno ti ha fatto del male?- mi chiese invece, dolcemente. Tentando di nascondere la nota di preoccupazione con cui mi aveva risposto prima.

-Quasi- dissi e iniziai a raccontargli tutto, mentre una lacrima mi rigava il volto.

Lo sentii imprecare e continuai -Centri tu, mi hanno detto di starti lontano- lui capì subito a quale conclusione portavano le mie parole.

-Piccola non farlo, scopriremo chi è che ti sta facendo questo brutto scherzo e lo fermeremo-.

La faceva facile. Ma non lo era. -No, Nial, io domani parto per un po'. Ho convinto i miei a non denunciare alla polizia, ma vogliono che stia al sicuro per un po'-. Per un po'. Continuavo a ripeterlo ma in realtà non avevo stima del tempo in cui sarei stata via.

-Dove andrai?-.

-Non posso dirtelo-.

-Quanto tempo starai via?-. Lo sentii sbuffare.

-Non lo so-.

-Mi farai impazzire- sussurrò piano, mentre camminava a passo svelto, verso la scuola probabilmente. Quel pesante silenzio venne scandito solo dai suoi respiri affannati. Mentre i miei appena si udivano, come se stessi trattenendo il fiato. -Non puoi sparire, non ora, qualcuno vuole tenerci lontani, ma perché?- disse di nuovo, più verso sé stesso che a me.

Non sapevo che dire. Mi stava forse supplicando?

-Nial io ho paura, non posso rimanere- cercai di convincerlo. -E' meglio così, finché tutto non si calma.. non metterti nei guai- aggiunsi, prima di chiudere quella difficile chiamata che più si prolungava, più mi faceva stare male. Non volevo che per colpa mia si creasse dei problemi. Non volevo avere problemi per colpa sua. Guardai l'orario impresso sullo schermo, lui era in ritardo per l'inizio della lezione. Io ero davvero troppo preoccupata anche solo per riuscire a chiudere occhio.



Angolo autrice
Ciao ^^ Eccomi qui con il nuovo capitolo finalmente. Allora, mi scuso prima di tutto per il ritardo, ma finalmente ce l'ho fatta. E' stato un capitolo strano e difficile, ma volevo mettere una parte imprevista nella storia. Qualcuno vuole tenere lontani Nial e Lucy. Chi? Perché?  Non tarderemo a scoprirlo, vedrete che Nial saprà risolvere la situazione! Ecco il sacrificio che Lucy deve fare. Ovvero cambiare vita per un po'. Trovarsi da sola, vivere da sola, altrove. Mi serviva una scusa per farla trasferire e mettere un ulteriore ostacolo nell'avvicimento tra Lucy e Nial, poi scoprirete tutto u.u So che è un po' anormale come scusa questa ahahah ma boh, altro non mi è passato per la testa. Poi è tutto collegato al bigliettino dello scorso capitolo. Se avete domande comunque fatene ^^ Io sono qui.

Un'ultima cosa, poi la smetto xD Grazie a chi ha aggiunto la mia storia nei propri elenchi :) e volevo anche dirvi che ne sto scrivendo un'altra ma non so se la pubblicherò. Non preoccupatevi, mi impegno a finire questa anche u.u La storia che sto scrivendo è un fantasy e la sto scrivendo per distrarre un mio amico da una cosa brutta che gli è capitata. Se mi vedrete rallentare purtroppo è per questo. Okay, ho finito. 
Al prossimo capitolo. Grazie ancora.
Gaia.

  
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