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Autore: Signorina Granger    24/10/2016    7 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
1944: Gellert Grindelwald rappresenta più che mai una minaccia e la Camera dei Segreti è stata misteriosamente aperta da circa un anno; nemmeno Hogwarts è un luogo sicuro.
Nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che potrebbe aspettarli dopo il Diploma, il Preside Armando Dippet convoca alcuni tra i suoi più talentuosi ex studenti per far seguire delle lezioni nuove, creando così una classe speciale formata dai più capaci studenti dell’ultimo anno.
Queste nuove lezioni li aiuteranno ad affrontare la crudeltà della vita vera?
Oppure anche i loro nuovi insegnanti si ritroveranno ad imparare qualcosa da loro?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 13: Sfogarsi 



Sai dirmi che cos’è questa?” 

Inarcò un sopracciglio con aria scettica, guardando Luisa come se fosse certa che la stesse prendendo in giro.
La donna però restituì il suo sguardo con calma e compostezza, come se fosse seria e stesse davvero aspettando la sua risposta.



Gli occhi di Charlotte si abbassarono quindi sull'oggetto che la donna aveva appoggiato sul tavolino che le separava, chiedendosi se non fosse un qualche trabocchetto: le domande di Luisa avevano sempre doppi fini.

“Una scatola. Una scatola nera.” 

Corretto. Una semplice scatola nera... niente di complicato, no? Aprila, Charlotte.” 

L’Auror si accigliò ma decise di non controbattere: aveva passato le prime due sedute, la settimana prima, a quasi
fare la guerra contro la psicologa perché non voleva rispondere alle sue domande... ora però non aveva più voglia di fare la bastian contraria e per quanto reputasse inutile quello che faceva da Natale, sapeva di non avere scelta.

La mano di Charlotte raggiunse con leggera titubanza la chiusura d'oro della scatola rettangolare, facendola scattare e chiedendosi al contempo se aprendola non sarebbe balzato fuori qualcosa di ripugnante... sotto un certo punto di vista, si fidava ben poco di Luisa.

“Solleva il coperchio.” 

Non le piaceva obbedire agli ordini, ma Charlotte lo fece: sollevò il coperchio della scatola scura, non osando sbirciarci all’interno. 
La donna si rimise dritta, alzando di nuovo lo sguardo su Luisa come se fosse in attesa di qualcosa, facendo sorridere debolmente la psicologa:

“Puoi guardare dentro, Charlotte... non ti morderà.” 

“Molte cose non mordono, eppure provocano dolore lo stesso. Il tempo che passo qui, per esempio.” 


Vedo che sei come sempre molto collaborativa, ma stiamo facendo progressi. Che cosa c'è qui dentro, Charlotte?” 

Luisa insistette, spingendo la scatola rettangolare e non più larga di 20 cm verso di lei, costringendola a guardare il suo interno. Charlotte si sporse e, anche se con riluttanza, abbassò di nuovo lo sguardo sulla scatola. 

L'interno era foderato di velluto scuro, ma non ci fece troppo caso... gli occhi della donna andarono invece direttamente sul suo fondo, accigliandosi leggermente: quella scatola era immensamente più grande di quanto nonsembrasse... era come se avesse decine di doppi fondi.

“Non lo so. Il fondo è troppo buio, non vedo cosa c'è dentro. Che razza di magia è?”


Charlotte alzò lo sguardo e intravide il sorrisetto che era comparso sul volto di Luisa, che si allungò per prendere la scatola, chiudendola e attirandola a se, accarezzandole il lucido coperchio con le dita pallide e lunghe:

“Non è questo che deve interessarci, Charlotte... Quanto più ciò che questa scatola rappresenta. Sai, ci sono delle persone che hanno paragonato la nostra mente ad una cosa come questa: una scatola nera. Una scatola così profonda da risultare impossibile da esplorare... potresti stare qui ore, giorni, scavando dentro questa scatola per riuscire a scorgere cosa c'è sul fondo... e non ce la faresti comunque.” 


“Bella metafora. Questo per farmi capire che...?” 

Che la nostra mente è quanto più di sconosciuto, misterioso ed affascinante che esista... Sfortunatamente io non posso dirti cosa si cela nella tua testa, Charlotte: così come tu non puoi arrivare sul fondo di questa scatola, io non posso scavare nella tua mente. Solo tu puoi dirmi cosa pensi e cosa provi, arrivando nelle profondità della tua mente, della tua scatola che è e resterà sempre inesplorabile ed inaccessibile al mondo intero.” 


“Sai, Luisa... pensavo che tu mi avresti dato delle risposte. Mi rendo invece conto che non fai altro che mettermi in testa domande a cui non so rispondere.” 


Lo so... e quando troverai le risposte, allora non ci vedremo mai più, il mio lavoro sarà finito. Ma fino ad allora, e mi dispiace dovertelo dire, sei nelle mani di un tiranno, ovvero la psicologia.”


                                                                                    *

Lunedì 18 Febbraio 


Charlotte sbuffò appena, ripiegando la lettera di Luisa quasi con aria sconsolata: le chiedeva come stava, e la realtà era che non lo sapeva nemmeno lei.
Di sicuro Hogwarts la distraeva parecchio e si sentiva effettivamente meglio... ma allo stesso tempo faticava a reggere l'idea di starsene in panciolle mentre i suoi colleghi rischiavano la vita un giorno sì è un giorno no. 

Luisa le aveva detto che tutto si sarebbe risolto quando avrebbe saputo darsi da sola delle risposte... ma ancora non ci riusciva e stava iniziando a pensare che non le avrebbe mai trovate. 

Appoggiando la lettera sul tavolo Charlotte tornò a concentrarsi sulla sua colazione, mescolando lo zucchero nel the affinché si sciogliesse (cinque giri) mentre alzava lo sguardo, osservando i gufi che planavano nella Sala Grande attraverso le finestre aperte, che facevano entrare anche la poca luce che illuminava la Scozia alle otto del mattino. 

Venticinque gufi, circa una trentina di lettere... come sempre Charlotte si ritrovò a contare tutto ciò che la circondava, finché i numeri che le affollavano la mente non sparirono a causa di una voce familiare che aveva iniziato a parlare accanto a lei:

“Chi ti scrive?” 

Voltandosi, Charlotte incontrò lo sguardo di Regan, che la stava osservando con curiosità: la collega si limitò a stringersi nelle spalle, smettendo di mescolare il the e togliendo il cucchiaino dalla tazza per appoggiarlo sul piattino:

“Luisa.”   

Regan annuì, sapendo che se si fosse trattato di una lettera dei genitori probabilmente Charlotte non l'avrebbe neanche aperta. Non era mai andata molto d'accordo con loro, ma qualcosa gli diceva che la situazione era peggiorata dopo la morte di Sean. 

“Sai, mi fa piacere che tu e lei vi scriviate... inizialmente la consideravi una specie di mostro, ricordi?” 

“Si beh, mia madre mi aveva costretto a parlarci, non ne ero molto contenta. Ma suppongo che avrebbe potuto andarmi peggio, è una brava persona. Non oso pensare avere mia madre come Terapista, probabilmente sarei scappata dopo due minuti.” 

Charlotte sfoggiò una smorfia prima di portarsi la tazza alle labbra, mentre Regan ridacchiava e le appoggiava una mano sulla spalla, sorridendole:

“Non ne dubito... ma voglio che tu sappia che io e Stephanie ti siamo vicini, sempre e comunque. È triste che tu non voglia affrontare tutto questo insieme alla tua famiglia, ma non sei sola comunque.” 

“Sai Reg, tua moglie per me rappresenta una famiglia più di mia madre, probabilmente. E poi non scordare una cosa, è mio padre che mi ha sbattuto fuori dal Dipartimento, praticamente.” 

Charlotte sorrise con amarezza, mentre Regan non osava replicare di fronte alla nuda e cruda verità: effettivamente Edgar Selwyn faceva parte del Consiglio e la sua opinione contava parecchio... e aveva espresso chiaramente la sua volontà quando avevano deciso su come comportarsi con sua figlia, assestandole un congedo di sei mesi per “riprendersi”. 

“Poco male, oggi ho lezione con i ragazzi... almeno potrò sfogarmi.” 

“D'accordo, ma non commettere un omicidio di massa CeCe, non voglio avere brandelli di studenti domani a lezione!” 

Regan le scoccò un’occhiata d’avvertimento in direzione dell’amica, che ridacchiò prima di strizzargli l'occhio e alzarsi:

“Tranquillo Reg... farò la brava. Mi limiterò a ridurre a brandelli un manichino fingendo che abbia le sembianze di quei vecchi bacucchi del Consiglio del Dipartimento... a cominciare dal Signor Selwyn.” 

Charlotte sorrise, facendo il giro del tavolo e avviandosi quasi con allegria verso le porte della Sala Grande, rivolgendo persino un gran sorriso a Will quando lo incrociò tra il tavolo di Tassorosso e quello dei Corvonero:

“Ciao Cavendish!” 

“Ciao, Charlotte...” 

William si voltò, seguendola con lo sguardo con aria accigliata prima di voltarsi di nuovo verso Regan, inarcando un sopracciglio:

“Le hai messo qualcosa nel the, Regan?” 

“No, è così di buon umore di suo... ma se fossi in Edgar Selwyn ringrazierei che sua figlia non conosca il voodoo, altrimenti sarebbe già morto da tempo.” 


                                                                           *


“Ahia!” 

“Smettila di lamentarti, se non ti muovessi di continuo non ti farei male!” 

“Ma non riesco a stare fermo, non è colpa mia... e poi questo letto è troppo corto per me, non possono allungarmelo? Ieri notte ho dovuto dormire con le gambe piegate...” 

Jane roteò gli occhi chiari prima di avvicinare di nuovo la mano al viso di Dante, tamponando col cotone il taglio che il ragazzo aveva sulla guancia. 
Lui piegò le labbra in una smorfia ma cercò di restare fermo, ignorando il più possibile il bruciore mentre Jane sospirava, guardandolo come se lo ritenesse senza speranza:

“Ora mi dirai perché diamine ti sei ridotto così? Sei un cretino, Dante Julius.” 

“Non è colpa mia... cercavo solo di dare una mano!” 

“Se la tua concezione di “dare una mano” equivale a prendere a cazzotti dei compagni di scuola, allora siamo messi bene. Si può sapere perché ti sei infilato in quella sottospecie di rissa, invece di starne fuori e farti gli affaracci tuoi?” 

Dante per tutta risposta sfoggiò un sorriso innocente, sperando di ammorbidirla anche se l'espressione corrucciata di Jane non vacillò minimamente, fulminandolo con lo sguardo e invitandolo a rispondere alla sua domanda. 

“Andiamo piccola Jane, ormai mi conosci... lo sai che se qualcuno se le dà di santa ragione io mi metto sempre in mezzo!” 

Dante sfoggiò un sorriso angelico, allungando una mano per sfiorare quella di Jane, che però la ritrasse e sbuffò, non lasciandosi ammorbidire dal soprannome che le aveva affibbiato il Grifondoro anni prima: 

“Ad ogni modo, sei un cretino comunque.” 

“Io sono malandato e dolorante e tu mi maltratti, sei proprio una pessima infermiera.”  


Dante la guardò con aria sconsolata, incrociando le braccia al petto e mettendo su il broncio. Jane lo guardò con lieve esasperazione, sapendo che quando l'aria da cucciolo non funzionava Dante le faceva il cane bastonato... e purtroppo, funzionava sempre. 

“Ironico... solo a San Valentino mi hai chiesto se ti avrei fatto da infermiera e ora mi tocca farlo davvero.” 

“Tranquilla, tornerò a lezione nel pomeriggio... anche se non mi dispiacerebbe saltare la lezione di Duelli, sono pessimo.” 

“Forse, ma in compenso Charlotte ti adora... dice che sei molto simpatico. Mi spiace dirtelo spilungone, ma non mi abbandonerai.” 

Jane sorrise allegramente e lui sbuffò, dandosi da solo dell’idiota per essere finito in infermeria pieno di lividi e con un braccio rotto di domenica invece che durante la settimana. Tuttavia il giorno prima il suo umore era notevolmente migliorato quando Lyanna era piombata in Infermeria in compagnia di Jane, asserendo che era una buona occasione per fare pratica prima di darsela a gambe, lasciando la studentessa a dir poco interdetta in compagnia di un Dante molto sorridente e improvvisamente felicissimo di essere finito in Infermeria. 


“Non fare la vittima, non sei moribondo... e ti hanno già messo a posto le ossa, ti ricordo.” 

“Si, ma sono ancora dolorante... non vedi come soffro? E poi ho una carenza d'affetto, sono giorni che non mi abbracci!” 

Il tono quasi accusatorio del ragazzo la fece sorridere, osservandolo con aria divertita prima di fare una piccola precisazione:

“Ma se tua sorella ti è praticamente saltata in braccio e non si staccava più, ieri!” 

“Vero... ma voglio anche un abbraccio da te, piccola Jane.” 

“Scusa, ma sono piena d’impegni, devo andare a lezione di Pozioni... ti saluto Lumacorno!” 


Jane sorrise, alzandosi e ignorando le sonore proteste del ragazzo, che le promise che avrebbe avuto il suo abbraccio una volta scagionato dall’Infermeria, quel pomeriggio. 


                                                                            *


“Oh mamma, non dirmi che l'ho ucciso... Dan, Danny stai bene?” 

Jane sgranò gli occhi, quasi correndo in direzione del ragazzo a inginocchiandosi accanto a lui, guardandolo con preoccupazione. 

“Tranquilla Jane, è vivo e vegeto... io ho ridotto dei compagni di addestramento molto peggio, otto anni fa.” 

Charlotte sorrise con aria divertita, osservando Dante aprire gli occhi e sbattere le palpebre un paio di volte prima di puntare le iridi di colori diversi su Jane, sorridendole debolmente mentre la ragazza tirava un sospiro di sollievo: quando l’aveva mandato al tappeto aveva seriamente pensato di avergli fatto male. 

“E io che credevo che fossi innocua ed indifesa... che granchio.” 

Jane ricambiò il sorriso mentre Charlotte lanciava ai due un’occhiata quasi compiaciuta prima di allontanarsi, avvicinandosi invece a Rod e Antares con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni marroni, andando ad assicurarsi che i due non si uccidessero a vicenda mentre avevano tutta l'aria di divertirsi parecchio. 

“Io te l'ho sempre detto, che non sono un cucciolo abbandonato da proteggere... sei tu che mi vedi così.” 

“Solo perché ti voglio bene. Tra l'altro, io avanzo ancora un abbraccio, mi risulta.”   Dante si mise lentamente a sedere sul pavimento, piegando le labbra in una smorfia a causa della schiena dolorante: quelle non erano di certo le sue giornate fortunate, di quel passo non sarebbe arrivato vivo all'uscita ad Hogsmead.


“Hai ragione... povero, piccolo Dante.”    Jane sorrise, pronunciando le ultime parole con una nota canzonatoria prima di ridacchiare, sporgendosi leggermente per abbracciare il ragazzo, che gongolò con aria soddisfatta mentre circondava la schiena e le spalle della ragazza con le braccia. :


“Almeno quando mi faccio male diventi più affettuosa! Forse dovrei avere incidenti più spesso... dimmi, cosa faresti se alla prossima partita mi rompessi un paio di costole solo per farmi coccolare?” 

“Per prima cosa di romperei le altre... e poi ti curerei, naturalmente.” 




“Quindi dobbiamo... ridurlo a brandelli?”   

Antares inarcò un sopracciglio, osservando il manichino con aria accigliata prima di voltarsi verso Charlotte, che annuì stringendosi nelle spalle con noncuranza:

“Si... vediamo quanto ci mettete a disintegrare un manichino. Non sarà lo stesso come farlo con una persona in carne ed ossa, ma almeno così allenerete la mira. Prego Black, procedi pure.” 

Antares indugiò per un attimo con lo sguardo sulla donna, chiedendosi se per caso non li stesse prendendo in giro... eppure sembrava serissima, come se si aspettasse davvero di vedere qualche manichino saltare in aria entro la fine della lezione.

Il Serpeverde si voltò di nuovo verso il manichino, alzando la bacchetta e puntandogliela contro mentre un lieve sorriso gli incurvava le labbra: magari sarebbe stato anche divertente. 

Di certo Isabella la pensava così, visto il lieve sorriso che aveva stampato in volto mentre disintegrava a suon di schiantesimi il suo manichino, quasi come se gli stesse scaricando addosso un profondo senso di frustrazione. 


“Stai immaginando qualcuno che odi al suo posto? Perché se fosse così, non vorrei essere nei panni di quella persona.” 

‘Forse ‘odiare’ è una parola grossa... Però di certo non si tratta di una persona per cui nutro molto affetto.” 

Isabella si strinse nelle spalle, guardando con aria soddisfatta la testa del manichino staccarsi e planare sul pavimento: era divertente, immaginare che ci fossero i suoi genitori sl suo posto.
Quando si rese conto di essere stata la prima a disintegrare il suo manichino la ragazza sorrise con fare incerto, non sapendo se esserne soddisfatta o meno... ma a sollevarle il morale ci pensò l’insegnante, che le sorrise e le diede una pacca affettuosa sulla spalla, come se sapesse come ci si sentiva. 


E poi, l'idea di aver battuto Antares Black dopo che lui aveva preso E in Pozioni era molto gratificante.

"Per una volta riconosco che mi hai battuto... sono pur sempre un gentiluomo, io.” 

“Naturalmente, non lo metterei mai in dubbio. In effetti è rilassante, potrei anche farci l'abitudine e farlo abitudinariamente.” 

Isabella sorrise con sincera allegria, rivolgendo al manichino (o quello che ne rimaneva) un'occhiata soddisfatta mentre Antares inarcava un sopracciglio, guardando la compagna con lieve scetticismo:

“Beh, piuttosto che tu vada in giro a ridurre a brandelli la gente, credo che sarebbe una soluzione migliore. Anche perché penso che sarei uno dei primi a finire nel tuo mirino.” 

Nonostante il suo tono serissimo Isabella rise, rivolgendogli un sorrisetto enigmatico prima di voltarsi e avvicinarsi a Jane, dimenticandosi accidentalmente di confermare o meno l'ipotesi del ragazzo.


Nel frattempo, dall'altra parte dell'aula attraverso la quale volavano incantesimi di continuo, Dante guardava il suo manichino con aria torva, come se non gli andasse di distruggerlo.

“Che cosa c'è, Julius? In genere agli adolescenti piace distruggere le cose. Non ti va di sfogarti un po’?”     

Il ragazzo si voltò, trovandosi davanti Charlotte. La donna lo guardava con lieve curiosità ma senza alcuna nota truce negli occhi verdi, come se non volesse affatto sgridarlo.

Il Grifondoro si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo:

“Preferirei non farlo.” 

“Perché no?” 

“Non finisce bene, quando sfogo la tensione.” 


Charlotte non disse nulla per un attimo, limitandosi ad osservarlo chiedendosi cosa volesse dire... in effetti nemmeno lui sapeva bene perché l'aveva detto: cercava in tutti i modi di convincersi che quello che sognava non era reale, ma una piccola parte di lui sentiva che c'era un fondo di verità in quelle immagini che lo vedevano protagonista di veri e propri incidenti a causa della sua stessa magia. 

“Beh, se non te la senti non importa. Occhio a non farti affettare da un incantesimo della tua amica Jane però, a differenza tua sembra aver preso la cosa molto sul serio.” 

Charlotte sorrise, accennando col capo in direzione della Tassorosso che sorrideva con aria divertita mentre smontava il manichino praticamente pezzo per pezzo. Non era difficile immaginare chi stesse immaginando di torturare e Dante sorrise istintivamente, annuendo con un debole cenno del capo:

“Si, è molto più forte di quanto non sembri.” 

Forse, riflettendoci, lo era anche più di lui.


                                                                   *


Charlotte guardò le sedie planare con ordine verso i rispettivi banchi mentre la porta dell'aula si chiudeva alle spalle di Isabella, segnando definitivamente la fine di quella lezione. 

E anche per questa settimana, è andata 


Charlotte si voltò, facendo un mezzo giro su se stessa e puntando gli occhi sui manichini: quasi sorrise nel trovarli praticamente distrutti, riparandoli velocemente con un colpo di bacchetta. 

Poteva effettivamente ritenersi soddisfatta dei progressi fatti dai ragazzi, in effetti... considerando che diversi non avevano mai duellato in vita loro fino ad un mese e mezzo prima, erano tutti nettamente migliorati, persino Rodericus che si considerava già una specie di guru in materia.

Gli occhi verdi di Charlotte si posarono su uno dei manichini che aveva appena riparato, ricordando quello che lei stessa aveva detto solo mezz'ora prima: immaginate che al loro posto ci sia qualcuno che odiate, verso il quale provate una gran rabbia. 

Rabbia

Ricordava quando aveva imparato a duellare, anni prima... all’Accademia non erano morbidi come lo era lei, specialmente con qualcuno che agli occhi di molti non era altro che una ragazzina ricca e viziata che si stava annoiando e che aveva deciso di giocare a fare l’Auror... col tempo ovviamente aveva fatto cambiare idea a tutti quegli imbecilli, ma ricordava benissimo i mesi trascorsi all’Accademia. 

Le avevano detto, al tempo, proprio quello che aveva ripetuto lei... di sfruttare la rabbia. 

Charlotte inclinò leggermente il capo, chiedendosi da quanto tempo non si sfogasse davvero e non facesse a pezzi qualcosa. 

Forse troppo. 

Quasi senza rendersene conto Charlotte sollevò il braccio, puntando la bacchetta contro il collo del manichino più vicino: un istante dopo la testa era di nuovo sul pavimento, mozzata con una perfetta linea orizzontale alla base della gola. 

Ripensò chiaramente a suo padre, mentre lo colpiva di nuovo, questa volta al petto: ricordava chiaramente come l'aveva implorato di non prendere la decisione sbagliata, ma lui l'aveva ignorata deliberatamente, uscendo dall'aula e non degnandola neanche di uno sguardo mentre imboccava il corridoio nella direzione opposta, non curandosi della figlia che gli chiedeva di fermarsi e di ascoltarla tra le lacrime. 


Sorrise debolmente, rivedendo suo padre allontanarsi proprio dove c'era il manichino... E quando lo colpì ripetutamente fino a trovarsi davanti a dei soli brandelli Charlotte si chiese come stessero passando quei mesi i suoi genitori... non avevano preso con gran allegria la proposta di Dippet e la figlia probabilmente aveva accettato sopratutto per quello: qualunque cosa pur di andarsene dalla casa dov'era cresciuta, lontana dai loro sguardi dubbiosi e preoccupati, come se la ritenessero una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all'altro. 

Probabilmente non aveva mai odiato come odiava quell’espressione dipinta sul volto di sua madre, che la guardava ma che in realtà non la vedeva per niente. 


                                                                           *


Mentre scendeva le scale Will rabbrividì leggermente, chiedendosi come si fosse lasciato convincere da Lyanna a scendere nei Sotterranei per andare a cercare Charlotte.

Le aveva chiesto perché non ci andasse lei, ma la collega aveva glissato, annunciando che aveva un mucchio di lettere a cui rispondere prima di cena e che Charlotte non si faceva vedere da parecchio, quindi era il caso di andare a vedere dove si fosse cacciata.


Certo che qui si gela... ma come facevo a vivere qui sotto? 

Will accelerò il passo, non vedendo l'ora di tornare al piano di sopra e gustarsi una bella cena fumante invece che cercare la sua collega più testarda negli angoli più remoti del castello: ormai la sua lesione era finita da più di un'ora, ma aveva come la sensazione che fosse ancora nell'aula. 

Quando si fermò davanti alla porta Will afferrò la maniglia, non curandosi di bussare e aprendola leggermente, come a voler controllare di aver ragione o meno. 

Dopo un attimo di esitazione però spalancò la porta, causando un lieve cigolio a cui però non prestò la minima attenzione.
I suoi occhi vagarono per un attimo sul pavimento lucido e freddo della stanza ampia e praticamente vuota, ritrovandolo quasi ricoperto da frammenti di legno e plastica fino a fermarsi sulla figura stesa sul pavimento, in mezzo a quel disastro. 

Charlotte teneva le braccia conserte e le gambe distese sul pavimento, il viso rivolto al soffitto anche se gli occhi erano chiusi, mentre i lunghi capelli castani erano sparsi quasi come un ventaglio sul pavimento. 

“Charlotte?” 

Will quasi non riconobbe la sua voce, accigliandosi leggermente nel sentirla molto diversa dal solito: leggermente acuta, con una nota allarmata. 

Sentendosi chiamare Charlotte aprì gli occhi, girandosi verso di lui senza che nessuna emozione particolare trapelasse dalla sua espressione calma e rilassata, mentre una sensazione di sollievo s’impadroniva rapidamente del collega:

“Ciao. Come mai qui?” 

“Ti cercavo. Che accidenti hai combinato qui, Charlotte? O sono stati i ragazzi?” 


Will inarcò un sopracciglio, facendo una specie di slalom per evitare di inciampare su qualche coccio e frammenti di arti mentre si avvicinava alla collega, che non si mosse di un millimetro mentre si voltava, portando di nuovo lo sguardo fisso sul soffitto:

“Mi sono divertita un po’.” 

“Si? Beh, hai una strana concezione del divertimento.” 


Will si fermò accanto a lei, osservandola dall'alto in basso con aria accigliata mentre lei si voltava leggermente, ricambiando il suo sguardo come a volergli chiedere cosa volesse di preciso: 

“Perché mi cercavi?” 

“Perché non avevo altro da fare e Lyanna mi ha mandato alla ricerca di Charlotte Selwyn, l'insegnante perduta. Andiamo, è ora di cena e se non torno insieme a te le tue balie mi faranno la predica.” 

Will sbuffò, porgendole la mano con impazienza anche se Charlotte non la strinse, facendo invece spallucce e tornando a guardare il soffitto:

“Non importa, tu va’ pure... dì alle balie che non ho fame.” 

“No. Mi hanno già preso per un badante, non farò anche il postino... coraggio, te lo sto chiedendo, non farmelo fare con la magia o sollevandoti di peso Charlotte. Hai disintegrato mezza aula, non hai fame?” 

“Se mi alzo la smetterai di parlare?” 

“Forse.” 

Will sorrise, tenendo il braccio ancora allungato verso di lei, la mano che aspettava solo di essere stretta da quella di Charlotte. La donna lo guardò con aria quasi esasperata prima di sbuffare, afferrando la mano del collega sapendo che l'avrebbe assillata anche per ore, se necessario. 

Will l’aiutò ad alzarsi con aria soddisfatta, bel lieto di poter lasciare i Sotterranei per andare finalmente a cena.

“Si può sapere che ci facevi stesa in mezzo a questo macello? Per un attimo ho pensato che stessi male.” 

L’uomo inarcò un sopracciglio, osservandola con aria curiosa mentre la mano di Charlotte scivolava dalla sua e la sua proprietaria incrociava entrambe le braccia al petto, in un muto, inconscio ma chiaro messaggio di distacco:

“Ti piacerebbe. Non lo so, avevo voglia di stare da sola, un po’ in pace con me stessa. A te non succede mai?” 

“Non saprei... ma credo di essere stato solo già a lungo.” 


                                                                               *


“Che fine ha fatto Will?” 

“L'ho spedito a cercare Charlotte. Tu sai dov’è?” 

“No, non la vedo da qualche ora... probabilmente sta gironzolando per i corridoio, non riesce a stare ferma quando è nervosa. Piuttosto, mi spieghi cosa state complottando tu e lei? A pranzo ridacchiavate parecchio.” 

Regan inarcò un sopracciglio mentre prendeva posto accanto a Lyanna al tavolo degli insegnanti in Sala Grande, già gremita di studenti che attendevano con ansia di cenare. 

La donna per tutta risposta sfoggiò un sorrisetto prima di stringersi nelle spalle come se non fosse importante:

“Nulla... cose nostre.” 

“Sai, forse non sono un esperto della psicologia femminile, ma so che quando complottate siete quasi diaboliche... e ieri vi ho chiaramente viste sghignazzare fuori dall’Infermeria, non negarlo!” 

Il tono accusatorio del collega fece sorridere Lyanna, che lo guardò con aria divertita ma cercando allo stesso tempo di restare seria:

“Non so di che parli, Regan.” 

“Figuriamoci, riconosco quando le donne complottano da miglia... sarò sposato per un motivo, no? Non c'entrano gli studenti in qualche modo, vero? Tu eri appena uscita dall’infermeria lasciando dentro...” 

“Ehm, guarda... ci sono Charlotte e Will!” 

Lyanna sorrise, facendo un cenno di saluto in direzione della collega che ricambio prima di sorriderle, accelerando il passo per raggiungere velocemente il tavolo.

“CeCe, ma che cavolo hai fatto? Hai un pezzo di plastica nei capelli!” 

“Poco male, non mi ucciderà. Lyanna, ho assistito ad una pubblica dimostrazione d'affetto solo un paio d'ore fa... Ormai posso affermare che hai ragione.” 

Lyanna sfoggiò un sorriso soddisfatto mentre Regan, dopo aver sfilato un pezzo di plastica dai capelli di Charlotte, rivolse a Will uno sguardo allarmato come a volergli chiedere se sapesse di che stessero parlando le due, ottenendo però come risposta solo un’espressione confusa e accigliata.

“Lo sapevo, state tramando qualcosa... chi è che manifesta affetto in pubblico?”   Regan sbuffò, spostando lo sguardo dall'una l'altra con aria esasperata, ottenendo solo un’occhiata teatralmente perplessa da parte di Charlotte:

“E poi saremmo noi le pettegole! Reg, fatti gli affari tuoi o dirò a tua moglie che vai in giro a ficcare il naso in affari che non ti riguardano.” 

“Ma se siete voi due che spettegolate sulla vita sentimentale degli studenti!” 

“Si, ma noi siamo donne... a noi è permesso.” 


                                                                             *


Rod si lasciò cadere sul letto, sollevato di essere riuscito a finire i compiti ad un orario decente e di poter andare a letto presto, per una volta.
Da quando erano finite le vacanze di Natale non avevano praticamente avuto un pomeriggio con poco da studiare, e le lezioni nuove di certo non avevano contribuito ad alleggerire il carico di lavoro dell'ultimo anno.

Il Grifondoro si passò stancamente una mano sul viso, chiedendosi se sarebbe riuscito ad arrivare a Giugno con il cervello ancora intero e non ridotto in poltiglia: mancavano ancora mesi di scuola ed era già sfinito... non era granché come prospettiva. 

Il Dormitorio era vuoto visto che tutti i suoi compagni erano ancora in Biblioteca a studiare o giù in Sala Comune, come Dante che mentre lui era salito in camera era intento a finire i compiti di Trasfigurazione per Silente con aria decisamente sconsolata, come se avrebbe preferito fare qualunque altra cosa invece che i compiti. 

Rod si alzò a sedere di malavoglia, consapevole di doversi mettere il pigiama anche se era tentato di infilarsi sotto le coperte con la divisa addosso... di certo andava contro tutta l'edizione che aveva ricevuto, ma almeno gli avrebbe risparmiato un po' di tempo la mattina dopo. 

Il ragazzo si alzò dal letto per andare in bagno a lavarsi i denti ma la sua attenzione venne catturata da un rumore che proveniva dalla finestra accanto al letto di Dante. 
Rod si voltò con aria accigliata, sorridendo però alla vista del gufo reale che lo osservava attraverso il vetro con gli enormi occhi ambrati fissi su di lui: se non ci fosse stato abituato, probabilmente l'avrebbe quasi spaventato. 

“Ciao, Feather... cosa mi hai portato?” 

Rod si avvicinò alla finestra e l’aprì, permettendo al gufo di guardarlo storto per non avergli aperto prima prima di svolazzare dentro la stanza e tubare felicemente per la temperatura molto più piacevole.

“Scusami tanto, come facevo a sapere che eri lì fuori? Su, dammi la lettera.” 

Il gufo si appollaiò su un attaccapanni e Rod gli andò dietro per prendere la lettera che era stata legata alla zampa dell’animale... e come c'era da aspettarsi, la busta di pergamena era stata sigillata con lo stemma della sua famiglia in cera verde scuro, la preferita di suo padre. 

Rod slegò in fretta il laccio che legava la lettera alla zampa di Feather, che lo guardò allontanarsi di nuovo verso il letto in malo modo, offeso per non aver ricevuto nessuna ricompensa. 

Il ragazzo però non ci fece troppo caso, sedendosi sul letto mentre apriva la busta in fretta e furia, spiegando la lettera per leggerla. Dopo solo qualche riga il ragazzo sbuffò, piegando le labbra in una smorfia prima di lasciarsi di nuovo cadere sul materasso, perdendo all’improvviso la voglia di leggere la lettera che gli era appena arrivata.

Qualcosa gli diceva che neanche quella sera avrebbe dormito molto... gli avevano appena dato un po’ di cose su cui riflettere. 



















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Angolo Autrice:

Ebbene sì... so che non ne sarete per niente contenti e dispiace molto anche a me, ma dal prossimo capitolo Rod non comparirà più. Mi spiace perché davvero lo adoravo, ma non mi sembra giusto fare eccezioni nei confronti di chi è già stato eliminato...
Nonostante la mia vena sadica non mi diverto particolarmente a far fuori gli OC, anche perché la storia è ambientata in un contesto dove non posso ammazzarli brutalmente per questioni di coerenza, quindi ormai sono stanca di mandarli via da Hogwarts a calci nel sedere. Spero quindi vivamente di non doverne eliminare altri, anche perché non vorrei dover abbandonare la storia per assenza di personaggi.  
Proprio per questo motivo ho anche un'altra notizia per voi: ho deciso di riaprire le iscrizioni; avrei preferito evitare anche perché non l'ho mai fatto, ma visto che ho eliminato quasi metà degli OC per quanto riguarda gli studenti, mi vedo costretta a riaprirle, ovviamente si tratta solo di OC della categoria sopracitata, non mandatemi personaggi nei panni di insegnanti perché non verranno considerati.

La scheda la trovate nel Prologo insieme alle regole, ma ne ripeto una qui: vi prego di non dissolvervi nell'aria, perché dopo tre personaggi eliminati preferirei non continuare a dimezzarli... ma se sparite, non avrò nessun problema ad eliminare il vostro personaggio. 

Se siete interessati vi chiedo di recensire il Prologo donde evitare confusioni da parte mia, la scadenza per le schede è per il 28/10 alle ore 15. 

Infine, una domanda per gli autori degli OC ancora in gioco: nel prossimo capitolo ci sarà l'uscita ad Hogsmead... avete qualche richiesta particolare su cosa vorreste che facesse il vostro OC? In caso fatemelo sapere.
Grazie per le recensioni, scusate se non vi ho risposto ma ho avuto qualche diverbio con il sito su ciò, di recente... 

Buona serata e a presto! 


P.s. Se anche non dovessi ricevere richieste per nuovi OC, non temete... al limite mi inventerò qualche personaggio io, di certo non vi libererete di me visto che ho tutta l'intenzione di portare a termine questa storia.

Un bacio grande alle sante che ancora mi seguono! 

Signorina Granger 
   
 
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