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Autore: princess_sweet_94    30/10/2016    0 recensioni
[STORIA RIPUBBLICATA]
Kathleen ha sempre vissuto con un unico interrogativo: sapere chi fossero i suoi genitori. Nessuno le ha mai detto nulla e neanche il suo tutore, l'uomo che l'ha cresciuta, ha mai risposto a tale domanda.
La situazione sembra complicarsi nel momento in cui la ragazza riceve la lettera e che le cambierà la vita...
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Enjoy❤
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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La mattina del primo settembre non fu come le altre: alle sette meno cinque Severus venne a svegliarla (“Neanche la lampada è impostata così presto” borbottò lei).
“Come mai così presto?” domandò soffocando uno sbadiglio entrando in cucina “Il treno parte alle undici”.
“No, alle nove” rispose lui chiudendo mobili e credenze con la bacchetta di modo che polvere, muffa o insetti non entrassero “Dovrai prendere la metropolitana per andare a Londra” spiegò in risposta al suo sguardo interrogativo “Non posso accompagnarti alla stazione, mi smaterializzerò direttamente a Hogsmeade… il preside ha mandato un gufo ieri sera a tutti gli insegnanti chiedendo di essere a scuola in mattinata per discutere di alcune cose” terminò di sigillare i mobili e si avviò all’ingresso con Kate alle calcagna “Devi essere alla stazione per le otto meno dieci, non perdere tempo, non fare tardi, entrambi i biglietti sono nella busta sul tavolo, lava i piatti dopo che avrai finito la colazione e lasciali nel lavello ho già chiuso tutto, e…”
“…chiudi bene la porta, non dare nell’occhio, stai attenta, non parlare con gli estranei e ricordati che l’entrata e tra il binario nove e dieci” terminò lei “Me lo hai già detto ieri, il giorno prima e quello prima ancora… in effetti è da una settimana che non fai che ripeterlo” constatò.
“Bene, posso stare tranquillo?”
“Certo!” esclamò lei indignata “Per chi mi hai preso?”
“Allora ci vediamo stasera” detto ciò si avvolse nel mantello e uscì. Solo dopo che lo vide sparire giù per la stradina Kate tornò di sopra a prepararsi: fece la doccia, si vestì, consumò in fretta la sua colazione e finì di raccattare le cose sparse per la stanza e gettarle nel baule. Guardò l’ora: le otto e mezza, aveva venti minuti per raggiungere la stazione ma non poteva comunque prendersela comoda. Fece il giro delle stanze e chiuse tutte le finestre e le porte, trascinò il baule e la gabbia nell’ingresso ed uscì nella fresca aria mattutina. Chiuse bene la porta e intascò le chiavi. Si era messa una T-Shirt a maniche corte sotto la giacca di jeans solo sapendo che più tardi l’aria si sarebbe riscaldata. Scese la stradina e attraversò il paesino di Little Orley velocemente fino alla stazione, ovvero un piccolo binario su cui viaggiava un solo treno che faceva sempre lo stesso giro: Londra e ritorno. Appena vi mise piede le porte dietro di lei si chiusero. I due vagoni erano completamente vuoti, meglio così, almeno nessuno avrebbe avuto da ridire sulla sua civetta. Il viaggio fu piuttosto lungo tant’è che, quando raggiunse la stazione di King’s Cross alle undici meno dieci, temette seriamente di perdere il treno. Attraversò la stazione con il carrello pieno contando i binari: sei… sette… otto... nove… dieci. Si fermò e guardò la barriera sotto il numero nove. Era lì che doveva entrare. Girò il carrello e puntò dritto contro lo spesso muro di mattoni con passo svelto… sperava solo di non aver sbagliato muro… appena fu a pochi centimetri questo dubbio si trasformò quasi in certezza e il panico la prese ma non poteva fermarsi… pochi istanti dopo, con suo enorme sollievo, attraversò la barriera.
Si trovava su una banchina affollatissima, un grande treno scarlatto era fermo sul binario, un grosso cartello in cima diceva Espresso per Hogwarts, ore 11, dietro di lei vi era un arco in ferro battuto dove torreggiava la scritta Binario Nove e Tre Quarti. Ci era riuscita, e anche in tempo!
Camminò lungo il treno facendosi largo tra la folla di persone e animali e raggiunse gli ultimi vagoni che sembravano liberi, caricò sia la gabbia che il baule sul treno (l’ultimo con un po’ di difficoltà) e percorse il corridoio in cerca di uno scompartimento. Era quasi arrivata agli ultimi due quando sentì delle voci alle sue spalle che urlarono: “Veniamo, mamma” si voltò giusto in tempo per vedere due ragazzi saltare a terra. Non vide chi erano ma riconobbe il ragazzo coi capelli neri e gli occhiali fermo davanti alla porta, un sorriso radioso gli illuminò il volto: “Ehi, Harry!” chiamò agitando la mano. Il ragazzo sussultò e la guardò sorpreso, dopo un attimo di sconcerto il suo volto assunse un’espressione rilassata. Lei gli fece cenno di avvicinarsi e il ragazzo, afferrato baule e gabbia, la raggiunse.
“Ciao!” salutò sorridendole.
“Te l’avevo detto che ti avrei raccapezzato sul treno. Vieni, ho trovato uno scomparto vuoto” e lo guidò verso l’ultimo vagone dove si sistemarono uno di fronte all’altro, entrambi vicino al grande finestrino. Kate gettò un occhio sulla banchina e quasi le si fermò il cuore: un gruppetto di ragazzi coi capelli rossi era proprio lì vicino e tra loro riconobbe quello che aveva incontrato a Diagon Alley; se non ricordava male si chiamava George.
I suoi battiti accelerarono notevolmente quando lui si voltò così che fosse bene in vista e sussurrò qualcosa al suo gemello, sorridendo. Non si era accorto che lo stava guardando. Colei che doveva essere la madre, una donna grassottella con i capelli rossi, tirò fuori un fazzoletto e afferrò il più piccolo della famiglia che doveva avere sì e no la sua età.
“Ron, hai qualcosa sul naso” disse mentre strofinava un punto imprecisato della sua faccia.
“Mamma… piantala!” si divincolò lui liberandosi.
“Ah! Ronnie piccolino ha qualcosa sul nasino?” cantilenò uno dei gemelli, che doveva essere Fred. Potevano essere identici quanto gli pareva ma lei avrebbe riconosciuto George anche tra mille Fred!
“Chiudi il becco!” intimò Ron.
“Dov’è Percy?” chiese la madre scrutandosi intorno.
“Eccolo che arriva” George indicò un gruppetto di persone da cui spuntò una chioma rossa. Il più grande dei fratelli si avvicinò a loro: si era già cambiato d’abito e aveva una spilla d’argento appuntata al petto con su incisa la lettera P.
“Non posso trattenermi a lungo, mamma” disse “Sono sulla carrozza di testa, i prefetti hanno due scompartimenti riservati…”
“Oh, tu sei un prefetto, Percy?” chiese Fred con aria di grande sorpresa “Avresti dovuto dircelo, non ne sapevamo niente”.
“Aspetta un attimo, mi ricordo di avergli sentito dire qualcosa in proposito” disse George pensieroso “Una volta…”
“O due volte…”
“Un minuto…”
“Tutta l’estate…”
“Oh, fatela finita!” esclamò Percy.
“E come mai Percy ha degli abiti nuovi?” chiese Fred contrariato.
“Perché lui è un prefetto” disse la madre tutta intenerita, George finse di vomitare e la bambina, che evidentemente doveva essere la sorellina, ridacchiò nascondendosi dietro la madre “Bene, caro, buon anno scolastico e… mandami un gufo quando sei arrivato”. Lo baciò sulla guancia e il ragazzo si allontanò, poi si rivolse ai gemelli.
“E ora, voi due… quest’anno vedete di comportarvi bene. Se ricevo un altro gufo che mi dice che avete… che avete fatto saltare in aria una toilette o…”
“Saltare in aria una toilette? Ma noi non l’abbiamo mai fatto” esclamò George indignato.
“Che bella idea ci hai dato, grazie mamma!” disse Fred.
“Niente scherzi. E badate a Ron”.
“Non ti preoccupare, con noi il piccolo Ronnie è al sicuro”
“Chiudete il becco” ripeté Ron che aveva quasi raggiunto i gemelli in altezza e aveva ancora il naso arrossato nel punto dove la madre lo aveva strofinato.
“Ehi, mamma, vediamo se indovini chi abbiamo appena incontrato sul treno!” esclamò Fred.
Kate notò un movimento brusco davanti a sé e vide Harry che si ritraeva, a quanto pare non era l’unica ad osservare la famigliola… anche se lei lo faceva solo perché aveva intravisto il ragazzo, ma lui perché? E come mai si era ritratto così all’improvviso?
“Sai quel ragazzo coi capelli neri che era vicino a noi alla stazione? Lo sai chi è?” continuò Fred eccitato.
“Chi è?”
Harry Potter”.
Un pensiero balenò per la mente di Kate che si voltò a guardare il ragazzo davanti a sé: in effetti aveva i capelli neri ed aveva anche visto due ragazzi saltare giù dal treno vicino a lui, e in effetti si chiamava Harry ma… che fosse proprio lui?
“Oh, mamma, posso salire sul treno a vederlo? Mamma, ti prego…” squittì la bambina.
“L’hai già visto, Ginny, e quel povero ragazzo non è mica un animale dello zoo. Ma davvero è lui, Fred? Come lo sai?”
“Gliel’ho chiesto. Ho visto la cicatrice. È proprio… come un fulmine”.
L’occhio di Kate scivolò sulla fronte del ragazzo e, tra il ciuffo di capelli corvini, notò un sottile taglio a zigzag… altro tuffo al cuore.
“Povero caro… non c’è da stupirsi che fosse solo, mi dicevo. È stato così beneducato quando mi ha chiesto come raggiungere il binario!”
“Ma a parte questo, pensi che ricordi che aspetto aveva Tu-Sai-Chi?”
D’un tratto la madre assunse un’aria molto severa.
“Ti proibisco di chiederglielo, Fred! Non ti azzardare a farlo. Non c’è proprio bisogno di ricordarglielo il primo giorno di scuola”.
“D’accordo, non ti agitare tanto”.
Si udì un fischio, segno che il treno era in partenza.
“Svelti, su!” disse la madre e i tre ragazzi si arrampicarono sul treno. Si sporsero dal finestrino per un ultimo bacio di addio e la sorellina più piccola si mise a piangere.
“Non piangere, Ginny, ti manderemo stormi di gufi!”
“Ti manderemo una tazza del gabinetto da Hogwarts”.
“Ma George!”
“Sto scherzando, ma”.
Il treno si mosse e videro la madre salutare i ragazzi con la mano e la sorellina rincorrere il treno finché non scomparve. Ora le case sfrecciavano sotto di loro e Kate guardava Harry.
“Ti sembrerà una domanda inopportuna ma… sei davvero Harry Potter?” chiese timidamente. Il ragazzo la guardò e annuì ma prima che potessero fare altro la porta dello scompartimento si aprì e ne entrò il più giovane dei ragazzi coi capelli rossi.
“Ehm, i posti sono occupati?” chiese “Il treno è pieno…”
Entrambi scossero la testa e il ragazzo si sedette accanto a Kate che spostò la gabbia mettendola sulla reticella insieme al baule. Passarono alcuni minuti di totale silenzio poi la porta si aprì di nuovo e, con una capriola allo stomaco, Kate si accorse che erano i gemelli.
“Ehi, Ron” il primo a sporgersi fu Fred che gettò un occhio ai tre “Senti, noi andiamo a metà del treno… c’è Lee Jordan con una tarantola gigante”.
“Ve bene” borbottò Ron.
“Harry” disse George “ci siamo presentati? Fred e George Weasley”.
Harry abbozzò un sorriso.
“Allora ci vediamo dopo” Fred stava per chiudere lo sportello ma il gemello lo fermò con la mano e guardò in direzione di Kate, che si sentì arrossire, con aria pensierosa.
“Ma io ti ho già vista!” esclamò infine mentre il suo viso si illuminava “A Diagon Alley, alla gelateria di Florian”.
Lei annuì poi, pensando fosse il caso, aggiunse: “Si, mi chiamo Kathleen Riddle” ma si sentì molto stupida dopo averlo fatto, anche se non sapeva perché.
“Fred! George! Sbrigatevi!” urlò qualcuno dal corridoio.
“Arriviamo!” risposero in coro.
“Allora a dopo” disse George sorridendo a tutti.
“Ciao” risposero Harry, Kate e Ron. I ragazzi si richiusero la porta scorrevole alle spalle e sparirono nel corridoio. Ron alzò lo sguardo su Harry e chiese:
“Sei davvero Harry Potter?”
Harry annuì nuovamente.
“Oh… be’, pensavo fosse uno degli scherzi di Fred” disse Ron “E hai veramente… voglio dire…” e si indicò la fronte. Harry si scostò la frangia e mostrò la cicatrice.
“Allora è lì che Tu-Sai-Chi…?”
“Si. Ma io non ricordo niente”.
“Proprio niente?” insisté Ron.
“Be’… mi ricordo una gran luce verde, e nient’altro”.
“Wow!”
Ma Kate non stava seguendo la conversazione già da un po’, stava pensando ancora a George Weasley. Quando lo aveva incontrato a Diagon Alley aveva intuito, su per giù, l’età che poteva avere ma non le era minimamente passato per la testa che avrebbe potuto rincontrarlo sul treno o a scuola, e dire che aveva pensato parecchie volte a lui durante l’ultimo mese.
“E nella tua, Kate?”
Lei si ridestò di colpo e si accorse che Harry le stava porgendo una domanda. Arrossì di botto ripensando ai pensieri che stava rivolgendo al fratello maggiore di Ron ma cercò lo stesso di assumere un tono naturale: “Io cosa?”
“La tua famiglia: sono tutti maghi?” domandò Harry.
“Oh, ehm… si. Si, certo… più o meno. Cioè, so che nella famiglia di mio padre erano tutti purosangue ma non so se mia madre lo era altrettanto” tutti e due la fissavano “Be’, io non ho mai conosciuto i miei genitori: mia madre è morta poco dopo che sono nata io e mio padre un anno dopo. Sono cresciuta con un amico di mio padre”.
“Oh, be’… nella mia famiglia sono tutti purosangue” disse Ron.
“So che mio padre era un mago sicuro ma mia madre no, visto che mia zia è una Babbana” disse Harry. Scese un silenzio imbarazzante interrotto nuovamente da Harry poco dopo: “Quindi conoscete già un mucchio di magie?”
Kate ci pensò un po’ su: a parte quando aveva trasformato il naso di Severus in un rubinetto quali altre magie aveva fatto?
“Be’, ho fatto solo una magia in vita mia ed avevo quattro anni” ammise “per il resto tutta teoria appresa dai libri”.
“Non molte… anzi, quasi nessuna” disse Ron “Anche se cresci in una famiglia di maghi non è detto che tu debba saper fare per forza delle magie”.
“Avrei preferito lo stesso crescere con tre fratelli maghi piuttosto che con i miei zii” rispose Harry amaramente.
“Cinque” precisò Ron “Io sono il sesto della famiglia a frequentare Hogwarts. Puoi ben dire che mi tocca essere all’altezza di un sacco di aspettative. Bill e Charlie hanno già finito… Bill era capoclasse e Charlie capitano della squadra di Quiddich e adesso Percy è prefetto. Fred e George sono un po’ perdigiorno ma hanno ottimi voti e tutti li trovano davvero spiritosi. In famiglia ci si aspetta che io sia all’altezza degli altri ma, se poi ci riesco, nessuno la considererà una grande impresa visto che loro lo hanno fatto prima di me. E poi con cinque fratelli non riesci mai a metterti un vestito nuovo. Io mi vesto con gli abiti smessi di Bill, uso la vecchia bacchetta di Charlie e il vecchio topo di Percy” raccontò senza neanche una pausa. Kate si sentì un po’ a disagio ripensando a tutti gli oneri con cui era cresciuta, essendo una sola non dava per niente peso a Severus su nessun punto e poi, da quando aveva scoperto la piccola fortuna racchiusa nella sua camera blindata, sospettava che usasse quei soldi per non farle mancare nulla. Però osservò con curiosità il topo che Ron estrasse dalla tasca della giacca, era grigio e grasso e dormiva profondamente.
“Si chiama Crosta e non serve a nulla, non si sveglia quasi mai. Percy ha ricevuto in dono da papà un gufo, per via della promozione a prefetto ma i miei non si potevano perm… cioè, io ho avuto Crosta”.
Le sue orecchie erano diventate rosse, forse pensava di aver detto troppo perché si zittì e iniziò a guardare fuori dal finestrino, oltre la spalla di Kate.
Harry assunse una strana espressione e, dopo alcuni secondi di silenzio, si dilungò in un lungo racconto della sua vita nel numero 4 di Privet Drive: di come indossasse gli abiti smessi del cugino, di come non ricevesse un soldo dagli zii né un regalo di compleanno “… e finché Hagrid non me l’ha detto non sapevo neanche di essere un mago e ignoravo tutto sui miei genitori o su Voldemort…”
Fu un secondo: Ron trasalì e lei quasi si strozzò con l’acqua che stava bevendo dalla bottiglietta; nessuno osava dire quel nome.
“Che cosa c’è?” chiese Harry smarrito.
“Hai pronunciato il suo nome… il nome di Tu-Sai-Chi!” esclamò Ron.
“E allora?” rispose Harry ancora più confuso.
“Harry, nessuno osa pronunciare il suo nome” disse Kate scioccata dalla perplessità del ragazzo “Quando lui salì al potere divenne così pericoloso che la gente si spaventava al solo pronunciarne il nome” spiegò.
“Avrei creduto che proprio tu fra tutti…” cominciò Ron tra lo sconvolto e il colpito.
“Non sto cercando di fare il coraggioso pronunciando il suo nome, è che semplicemente non lo sapevo. Ho ancora un mucchio di cose da imparare…” cominciarono così una lunga e allegra conversazione che venne interrotta verso mezzogiorno quando una donna sorridente, con due fossette sulle guance si fermò nel loro scompartimento portando un grosso carrello pieno di dolci “Qualcosa dal carrello, cari?” domandò gentilmente. Harry e Kate balzarono in piedi mentre Ron borbottava che aveva portato dei panini, raggiunsero la donna nel corridoio e, mentre Harry guardava estasiato e curioso tutti quei dolci, Kate prese un po’ di tutto e lo stesso fece lui poco dopo. Pagarono la signora e tornarono dentro rovesciando sui sedili tutto quel bendidio.
“Fame, eh?” domandò Ron.
“Da morire!” rispose Harry, addentando uno Zuccotto di zucca, mentre Kate apriva un pacchetto di Polentine. Ron invece tirò fuori un sacchetto bitorzoluto che conteneva quattro panini: “La mamma si dimentica sempre che non mi piace la carne in scatola” disse con una smorfia di disgusto.
“Facciamo cambio: ti do uno di questi” disse Harry porgendogli una Bacchetta Magica alla Liquirizia.
“Se vuoi prendine anche qualcuno dei miei” offrì Kate rifilandogli sotto il naso un pacco di gelatine Tuttigusti +1.
“Ma…” provò Ron.
“Dai!” esclamarono in coro finché lui non accettò. Era divertente starsene lì, a mangiare dolci e conversare tranquillamente tutti insieme.
“E queste che cosa sono?” chiese Harry prendendo un pacco di Cioccorane “Non saranno mica rane vere?”.
“No” rispose Kate con un sorriso “Ma guardaci dentro, ci sono le figurine di tutte le Streghe e Maghi famosi. Puoi farne la collezione”.
“Oh, sì. Io la faccio, ne ho circa cinquecento, mi manca solo Tolomeo” disse Ron “Vedi se lo trovi”.
Harry scartò la sua rana e osservò la figurina con aria pensierosa: “Allora, questo è Silente!” esclamò poi mostrando la foto di un uomo con gli occhiali a mezza luna, il naso lungo e adunco e capelli, barba e baffi fluenti e argentei. Lei ne aveva sentito parlare molto ma non lo aveva mai visto.
“Mi dai un'altra rana, magari trovo Tolomeo… Grazie” Ron prese il pacchettino che gli porgeva Harry e lo scartò “No! Ho travato un’altra Morgana e ne ho già sei… la vuoi tu? Puoi cominciare a fare la raccolta” disse porgendogliela “E tu, la fai la raccolta? Magari possiamo scambiarcele…” chiese Ron speranzoso ma Kate scosse la testa.
“Non faccio la collezione, non mangio quasi mai cose di questo genere” rispose.
“Come mai?” chiese Harry.
“Be’, Severus è vivamente contrario ai dolci, dice che fanno male alla salute e altre cose di questo genere… forse solo i biscotti per il tè non sono nocivi”.
“Severus?” domandarono i due in coro.
“Oh, sì. L’amico di mio padre, è lui che si occupa di me… insegna anche ad Hogwarts”.
“Davvero?” chiesero ancora.
“Già, Pozioni… anche se ambisce alla cattedra si Difesa contro le Arti Oscure ma non la riceve mai” ridacchiò. Harry sorrise e prese un pacchetto di Tuttigusti +1.
“Con quelle devi fare attenzione” lo ammonì Ron “Tuttigusti vuol dire proprio tutti i gusti… puoi trovare quelli più comuni come cioccolato, marmellata, menta e frutti ma può anche capitarti spinaci, fegato e trippa. George giura di averne trovata una al gusto di caccola!”
Kate ne prese una dal suo pacchetto e la osservo attentamente: era di un vivo rosso, indugiando la morse. Dopo qualche secondo impallidì, i due se ne accorsero perché le rivolsero uno sguardo preoccupato: “Va tutto bene?” domandò Harry ma lei non poteva rispondere, aveva la lingua in fiamme! Sputò la caramella in un pacchetto vuoto di Cioccorane e, afferrata la caraffa di succo di zucca dal davanzale, la svuotò in un sorso.
“Peperoncino… piccante… lingua… fuoco!” boccheggiò facendosi aria alla bocca con le mani. I due risero.
“Prendi questo” e Ron le porse un pacchetto di Calderotti “Sono ripieni, dovrebbero andare bene”.
Kate ne buttò giù sei prima che la sua lingua riacquistasse tatto.
Un acuto stridio si levò da sopra le loro teste: le due civette reclamavano qualcosa da mangiare.
“Non gli faranno mica male?” chiese Harry guardando i dolci.
“In effetti si” disse Ron “È meglio se gli dai solo gli Zuccotti, i biscotti piacciono ai gufi”.
Harry prese una manciata di Zuccotti e li infilò nella gabbia della civetta bianca come la neve: “Si chiama Edvige” disse rivolto a Kate che la guardava.
“È un bel nome” rispose lei.
“Il tuo invece?”
“Ehm…” la ragazza guardò la sua, a cui Harry stava dando dei biscotti, e pensò che non gli aveva più dato un nome “Ad essere sincera non so neanche se sia maschio o femmina, Severus me l’ha presa solo un mese fa”.
Ron allungò il collo per guardarla, stava osservando con aria circospetta i biscotti: “È maschio” disse infine “Vedi? Ha le piume più rade sul petto” spiegò “Alle femmine sono più sporgenti”.
“Oh… però non so che nome dargli” ammise “Una volta avevo un gufo, cioè quello di Severus anche se me ne occupavo io, e si chiamava Nigel”.
“Oh, che gli è successo?” domandò Harry.
“Lui mi aveva detto che si era perso ma il mese scorso abbiamo incontrato Fred e George a Diagon Alley e, da quanto hanno detto, lo hanno fatto involontariamente saltare in aria con i fuochi d’artificio”.
“Si, una volta mi hanno raccontato una cosa del genere!” esclamò Ron con aria sognante “Piovevano piume e intestini ovunque…” ma si bloccò all’occhiata gelida che le rivolse la ragazza “Cioè, volevo dire… povero gufo…”
Harry trattenne a stento una risata e la soffocò in un pacchetto di gomme Bolle Bollenti.
Erano passate le sei quando qualcuno bussò alla porta del loro scompartimento: un ragazzo col faccione rotondo, dei grandi occhi castani e l’aria depressa sembrava quasi in lacrime.
“Scusate, avete visto un rospo?” domandò. Tutti e tre scossero la testa. “L’ho perso! Continua a scappare!” disse in tono lamentoso e Kate ebbe la viva impressione che stesse davvero per mettersi a piangere.
“Vedrai, tornerà” disse Harry.
“Si” convenne tristemente lui “Se lo vedete…” e se ne andò senza neanche finire la frase.
“Non capisco perché si preoccupa tanto” commentò Ron “Se mi fossi portato dietro un rospo avrei provveduto a perderlo il prima possibile. E comunque non sono certo di poter parlare: mi sono portato Crosta!” il topo stava ancora ronfando sulle sue ginocchia “Potrebbe essere morto e non me ne accorgerei nemmeno… George mi ha insegnato a farlo diventare giallo, volete vedere?”
Entrambi annuirono e Ron tirò fuori la sua bacchetta, che aveva un’aria malconcia: era rosicchiata in alcuni punti e all’estremità baluginava qualcosa di bianco.
“I peli di unicorno stanno per darsela a gambe. Pazienza…” disse con un’alzata di spalle. Aveva appena puntato la bacchetta contro il topo che la porta dello scompartimento si aprì di nuovo. Il ragazzo che aveva perso il rospo era tornato ma con lui stavolta c’era anche una ragazzina: aveva i capelli castani, lunghi e ricci e indossava la sua uniforme di Hogwarts nuova fiammante.
“Qualcuno ha visto un rospo? Neville ha perso il suo” disse con un tono autoritario.
“Gli abbiamo già detto che non lo abbiamo visto” disse Ron, ma la ragazza non lo ascoltava: stava guardando la bacchetta che lui teneva in mano.
“State facendo magie? Vediamo!” e si sedette accanto ad Harry, così da trovarsi direttamente di fronte a Ron che la guardava sorpreso.
“Ehm…” il ragazzo si schiarì la gola e agitò la bacchetta pronunciando una formula: “Per il sole splendente, per il fior di corallo/stupido topo diventa giallo!”
Un lampo di luce bianca colpì Crosta ma non gli accadde nulla: il topo era sempre grigio e continuava a dormire.
“Lo sapevo che era una fregatura” borbottò posando la bacchetta accanto a sé.
“Sei sicuro che sia un vero incantesimo?” domandò ancora la ragazza “Non funzione molto bene, o sbaglio? Io ho provato a farne alcuni semplici semplici e mi sono riusciti tutti. Sapete, nella mia famiglia nessuno ha poteri magici, è stata un vero sorpresa quando ho ricevuto la lettera ma mi ha fatto un grande piacere, ovviamente… voglio dire, da quel che ho sentito è la migliore scuola di magia che esista. Ho anche imparato a memoria tutti i libri di testo, spero basti… e, a proposito, io mi chiamo Hermione Granger. E voi?”
Tutti e tre rimasero ad osservarla sbigottiti: non aveva quasi ripreso fiato tra una parola e l’altra.
“Io sono Ronald Weasley” bofonchiò Ron.
“Kathleen Riddle”.
“Harry Potter”.
E, com’era prevedibile…
“Davvero?” esclamò Hermione “So tutto di te, sei citato in molti libri! La tua storia è quasi una leggenda”.
Harry parve molto confuso: “Sul serio?”
“Ma come non lo sapevi? Io se fossi in te avrei cercato di saperne il più possibile” disse ancora la ragazza “Sapete già in quale dormitorio andrete? Io ho chiesto in giro e spero di essere a Grifondoro, sembra di gran lunga il migliore ma penso che anche Corvonero non dovrebbe essere tanto male… Comunque è meglio se ci muoviamo Neville, dobbiamo cercare il tuo rospo. E voi tre fareste bene a cambiarvi, sapete? Credo che siamo quasi arrivati” e se ne andò portando con sé il padrone del rospo.
“Ma respira quella lì?” domandò Kate ancora scioccata dalla vivace parlantina della ragazza.
“Non lo so, ma qualunque sia il suo dormitorio spero non sia anche il mio” disse Ron.
“In quale dormitorio sono i tuoi fratelli?” domandò Harry.
“Grifondoro. Anche papà e mamma sono stati lì. Chissà che cosa diranno se non ci vado, non credo che Corvonero dovrebbe essere tanto male ma pensa se mi mettono in Serpeverde…” e lì rabbrividì.
“Era il dormitorio si Vol… ehm… Tu-Sai-Chi, vero?” chiese Harry.
“Si” confermò Ron “Quel dormitorio non ha buona fama, tutti i maghi oscuri sono stati lì. Non ne trovi uno che si salva”.
Kate ebbe un balzo allo stomaco: tutta la sua famiglia da parte di padre era stata in Serpeverde e, a quanto pareva, doveva andare anche lei lì. Ma se era vero che Serpeverde aveva la fama di sfornare maghi oscuri allora lei… deglutì. No, era impossibile, per quel che ne sapeva anche Severus era stato un Serpeverde ma non era certo un mago oscuro!
“Oh, be’ se Grifondoro ha una così buona fama allora vale la pena finire lì” disse Harry “E tu Kate?” domandò allegro.
Cosa dire?
“Non lo so” rispose scrollando le spalle “Se mi smisteranno in una casa vuol dire che il mio destino è lì, non c’è molto da presagire”.
E invece c’era tanto da presagire.
Si voltò a guardare fuori dal finestrino il buio paesaggio che scorreva velocemente sotto i loro occhi ascoltando a spezzetti i discorsi dei due che ora stavano parlando dei fratelli maggiori di Ron.
“Charlie è in Romania a studiare draghi mentre Bill in Africa a lavorare per la Gringott…”
Kate quasi non ascoltava, piuttosto rimuginava tra sé: e se fosse davvero finita in Serpeverde? Cosa sarebbe successo? Harry e Ron avrebbero continuato a parlarle o l’avrebbero tenuta al largo? Ripensò alle sue stesse parole: “Se mi smisteranno in una casa vuol dire che il mio destino è lì…”.
Forse il suo destino era… essere una strega oscura? Eppure non si era mai sentita attratta da cose di quel genere.
Il ciarlare di Ron si fece più entusiasta giacché stava parlando del Quidditch a Harry che sembrava interessato allo sport.
Il suo sguardo vagò su Ron e, come un fulmine che le attraversava la testa, ricordò che tutta la sua famiglia era stata a Grifondoro, quindi anche George e… d’un tratto le sembrò che qualcosa la colpisse violentemente allo stomaco e una domanda si fece timorosamente strada in lei: perché?
Era da agosto che non la smetteva di pensare a quel ragazzo incontrato quasi per caso a Diagon Alley: spesso si era sorpresa a sorridere al pensiero di lui, spesso lo aveva sognato e spesso si era chiesta perché.
Non aveva mai frequentato una scuola, neanche quella Babbana, poiché Severus gli aveva fatto da insegnante: matematica, inglese, scienze, storia (prevalentemente magica ma lei ogni tanto sgraffignava qualche libro dalla biblioteca del paese e si informava anche su quella Babbana), insomma tutto quel che c’era da sapere e quindi non stava a contatto con i suoi coetanei; ergo: non si era mai innamorata.
Perché si, era sicura che quello fosse amore: aveva letto in molti dei suoi libri di quel sentimento di attrazione verso gli altri e i sintomi che recava lei erano gli stessi. C’era solo da chiedersi: era amore vero o una semplice cotta? Quello era ancora da stabilire.
Il rumore della porta che si apriva la fece ridestare, gettò un’occhiata alla soglia e vide la figura di tre ragazzi: due grossi e dall’aria stupida ai lati, uno basso biondo e con la faccia appuntita al centro.
Riconobbe subito quello al centro: era il ragazzino pallido incontrato da Madame McClain ad agosto.
“È vero?” chiese a bruciapelo “Per tutto il treno vanno dicendo che Harry Potter si trova in questo scompartimento. Sei tu?”
“Si” rispose Harry, guardando gli altri due ragazzi. Anche lei li guardò avevano l’aria piuttosto cattiva e sembravano più che altro le guardie del corpo del ragazzino.
“Oh, questo è Tiger e questo e Goyle” fece il ragazzino con noncuranza notando lo sguardo dei due “E io sono Malfoy. Draco Malfoy”.
Ron diede un colpetto di tosse che avrebbe potuto benissimo dissimulare una risatina. Malfoy lo guardò.
“Trovi buffo il mio nome, vero? Non c’è bisogno che chieda il tuo: capelli rossi, abiti di seconda mano… tu devi essere un Weasley. Non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono migliori di altre, Potter” aggiunse poi rivolgendo ad Harry “Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate? Se vuoi posso darti una mano” allungò una mano verso Harry con un ghigno mentre Kate represse una smorfia di disgusto.
“Credo di essere capace di capire da solo chi siano le persone sbagliate” rispose gelido Harry, senza accenno ad alzare la mano. Il ragazzo assunse un colorito roseo e il ghigno svanì dal suo volto.
Colpito e affondato!, notò con soddisfazione Kate.
“Se fossi in te ci andrei piano, Potter” disse lentamente Malfoy “Se non moderi la lingua potresti fare la stessa fine dei tuoi genitori…” ma non poté aggiungere altro. In uno scatto d’ira Kate si alzò e, afferrata la bacchetta nuova di zecca dalla tasca interna della giacca, la puntò sul ragazzo. L’essere cresciuta con Severus aveva i suoi lati positivi: non aveva bisogno di urlare, minacciare o scagliare incantesimi a raffica per far spaventare qualcuno, le bastava fissare dritto negli occhi il suo interlocutore con quello sguardo gelido di cui il suo tutore sarebbe andato fiero. Malfoy indietreggiò all’istante, forse alla vista della bacchetta o dall’espressione sul viso di lei che lasciava intendere le sue intenzioni anche fin troppo bene, non sapeva ma di una cosa era completamente certa: aveva paura.
“N-non puoi farmi niente… non… non c-conosci gli incantesimi…” balbettò ancor più pallido. E qui si sbagliava ancora, lei non si era limitata a leggere quei libri ma a studiarli. Se la gente diceva che la teoria era un qualcosa di stupido si sbagliava di grosso, era sicura che se avesse voluto avrebbe potuto fargli tutto ciò che voleva e forse anche più.
“Non sfidarmi, ragazzino” mormorò gelida. Non sapeva perché ma sentiva addosso una rabbia incontenibile, che gli era salita non appena quel poppante aveva nominato i genitori di Harry.
Certo, era facile parlare per lui che i genitori li aveva entrambi ed era stato coccolato e viziato non come Harry, abbandonato a un anno e costretto a vivere con degli zii malefici, e non come lei… non poteva lamentarsi di Severus, questo mai, era stato più che ottimo come tutore ma l’affetto dei genitori è qualcosa che non si può sostituire neanche col miglior tutore dell’universo.
I due ragazzoni si fecero avanti con aria minacciosa ma lei non batté ciglio, non aveva paura di loro: li avrebbe trasformati tutti e tre in soprammobili se avessero osato alzare solo un dito su di lei, Harry o Ron. Assottigliò gli occhi e fece un passo verso di loro senza abbassare la bacchetta, l’espressione sui volti di quei due passarono dalla sorpresa alla rabbia.
“Kate, no!” Harry si alzò e Ron lo imitò, l’afferrarono per le braccia e cercarono di trattenerla. Il ghigno sul volto di Malfoy si ricompose.
“Andatevene!” disse Ron.
“Oh, e se non vogliamo?” chiese mellifluo.
“Andate al diavolo!” esclamò Kate furente, il resto successe molto in fretta: Harry disse qualcosa, Tiger si avventò su Ron pronto a scagliargli un pugno, Kate alzò la bacchetta pronta e… Goyle urlò. Tutti e cinque si voltarono a guardarlo inorriditi fermando le azioni a mezz’aria.
Goyle era in piedi davanti alla montagna di dolci ancora intatti, si reggeva la mano destra con la sinistra da cui, dal dito medio, se ne stava appeso un topo grigio: a quanto pareva il ragazzo aveva cercato di sgraffignare dei dolci ma Crosta glielo aveva impedito. Ululando di dolore lo fece roteare a mezz’aria e, quando finalmente il topo si staccò, andò a sbattere contro il vetro.
“Via, via!” esclamò Malfoy dandosela a gambe seguito a ruota da Tiger e Goyle, impegnato a reggersi il dito sanguinante.
Ron corse subito a raccogliere Crosta dal pavimento e lo tenne ben alto, con la coda stretta fra il pollice e l’indice: “Penso che me l’hanno fatto fuori” disse. Poi lo guardò da vicino “No… è incredibile… si è addormentato di nuovo!”
Kate tremava di rabbia, scaraventò la propria bacchetta nel baule e ne estrasse la divisa: “Sbrighiamoci a cambiarci, siamo quasi arrivati” disse togliendosi la giacca e indossando la tunica dalla testa. Harry e Ron si guardarono per un attimo prima di imitarla; dopo un paio di minuti una voce risuonò per tutto il treno: “Fra cinque minuti saremo ad Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno, verrà portato negli edifici scolastici separatamente”.
Kate ed Harry raccolsero i dolci intatti, li scaraventarono nel baule di Ron ignorando le sue proteste, e uscirono nel corridoio già affollato. Seguirono la calca di persone giù dal treno rabbrividendo alla gelida aria serale, sulla testa degli studenti si accese una luce e una voce possente echeggiò per il binario: “Primo anno! Primo anno da questa parte! Primo anno! Ehilà, Harry, tutto bene?” domandò colui che reggeva la torcia. Kate lo riconobbe, era il semi gigante incontrato fuori Madama McClan: il guardiacaccia Hagrid.
“Coraggio seguitemi!” Hagrid li scortò giù per un ripido sentiero costeggiato di alberi fino alla sponda di un lago nel quale si rifletteva un grande castello pieno di torri e torrette; la versione nitida era migliore di quella riflessa. Il castello era dall’altro lato del lago, costruito con solida pietra nera, le numerose finestre erano illuminate da una tremolante luce arancione.
“Non più di quattro per battello!” esclamò Hagrid indicando una flotta di piccole imbarcazioni vicino alla riva. Harry, Ron, Kate e Neville s’imbracarono sulla prima che fu a tiro.
“Tutti pronti?” gridò Hagrid che aveva un’imbarcazione personale “Bene… SI PARTE!”
E le barchette si staccarono dalla riva, scivolando sul lago nero e liscio come vetro bruciato. Quando raggiunsero una cortina d’edera il guardiacaccia diede l’ordine di tener bassa la testa, tutti obbedirono e in men che non si dica raggiunsero un tunnel che li portò direttamente in un piccolo porticciolo.
Kate fu l’ultima a scendere ma, appena mise piede a terra, un rumoroso gracidio la costrinse a voltarsi: un rospo verdastro giaceva sul fondo della barchetta. Tornò indietro e lo prese tra le mani per poi correre verso il gruppetto: “Ehi, Neville!” urlò “È questo il tuo rospo?” domandò porgendoglielo; al ragazzo s’illuminarono gli occhi e, per tutto il tragitto dalla caverna al prato, non fece altro che ringraziarla.
Arrivati di fronte al castello salirono una scalinata di pietra fino a raggiungere un portone in quercia.
“Ci siete tutti?” tuonò Hagrid per farsi sentire poi alzò la mano e busso tra volte.
  
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