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Autore: Signorina Granger    09/11/2016    8 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
1944: Gellert Grindelwald rappresenta più che mai una minaccia e la Camera dei Segreti è stata misteriosamente aperta da circa un anno; nemmeno Hogwarts è un luogo sicuro.
Nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che potrebbe aspettarli dopo il Diploma, il Preside Armando Dippet convoca alcuni tra i suoi più talentuosi ex studenti per far seguire delle lezioni nuove, creando così una classe speciale formata dai più capaci studenti dell’ultimo anno.
Queste nuove lezioni li aiuteranno ad affrontare la crudeltà della vita vera?
Oppure anche i loro nuovi insegnanti si ritroveranno ad imparare qualcosa da loro?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Catpitolo 16: Il momento della verità 
 
Mercoledì 10 Marzo


“Io vado a salutare sua madre... vuoi venire con me?” 

“Preferirei di no, credo sia meglio. Vai pure, io ti raggiungo tra un attimo.” 


Stephanie indugiò per un attimo, osservando l'amica con aria scettica prima di voltarsi, girando sui tacchi per avvicinarsi ad una donna in lacrime a qualche metro di distanza, circondata dal marito e dalla famiglia: avrebbe voluto dirle di smetterla di sentirsi in colpa e che nessuno l’accusava di nulla, ma conoscendola sapeva che non avrebbe mai cambiato idea.

Charlotte rimase immobile, in piedi davanti alla tomba bianca mentre osservava le poche parole incise sopra. 

Il funerale era finito solo da pochi minuti e alcuni se n'erano già andati... altri invece erano rimasti nel cimitero per salutare e fare le condoglianze ai genitori del defunto.

Gli occhi verdi di Charlotte saettarono da “John Newton” alle due date scritte sotto, in parallelo... in particolare si concentrò sulla data di morte, sentendo una specie di morsa stringerle lo stomaco:

21 Dicembre 1943 

Sospirò, conscia che non era quella la realtà... John non era affatto morto quella sera, a differenza di suo fratello... l'avevano ucciso solo in seguito, ma nessuno aveva potuto dire con certezza quando fosse accaduto e avevano preferito comunicare alla famiglia quella data, cioè quella dell’”incidente”. Non sapevano che il figlio era stato catturato e usato per ottenere informazioni per più di un mese, e forse era meglio così... probabilmente non l'avrebbero mai saputo, ma a Charlotte piaceva pensare che forse in quel modo l'avrebbero superata più facilmente. 

“Sai... sono contenta che ti abbiamo trovato. Ora possiamo andare oltre... tu, io, tutti quanti. È giusto così.” 

Charlotte parlò a bassa voce senza staccare gli occhi dalla lapide, conscia che nessuno potesse sentirla... forse nemmeno il destinatario delle sue parole, ma mentre parlava le sembrò quasi di rivivere il giorno in cui aveva conosciuto John, quel ragazzino al secondo anno all’Accademia che l'aveva vista quasi come una “mentore” fin da subito. 

“Mi dispiace, non doveva finire così.” 

Charlotte sospirò, abbassando lo sguardo e rivedendo per l'ultima volta il più giovane della sua squadra che, quando voleva corromperla per fare un cambio di turno, si presentava alla sua porta con un sorriso stampato in faccia e una tazza fumante in mano. 

“Spero davvero che tu mi possa perdonare, come tutti gli altri.” 

Charlotte fece un passo indietro prima di dare finalmente le spalle alla tomba, allontanandosi leggermente per raggiungere Stephanie, che l’aspettava con le mani in tasca e l'aria stanca, quasi come se non avesse dormito affatto per giorni. 

“Sei sicura di stare bene?” 

“Ho avuto giorni migliori, ultimamente ci fanno sgobbare più del solito... vorrei solo che Reg fosse a casa con me, rende sempre tutto più facile.” 

Stephanie sbuffò appena, parlando con un tono cupo poco velato che fece sorridere leggermente Charlotte,sfiorandole la spalla prima di parlare mentre iniziavano a camminare fianco a fianco sulla ghiaia, in mezzo alle lapidi per raggiungere l'uscita del cimitero.

“Lo so... tornerà presto, vedrai. E anche io, così non dovrai sopportare quella banda di trichechi da sola.” 

“Lo spero... salutamelo, digli che mi manca molto.” 

“Lo farò... ma ora temo proprio di dover tornare ad Hogwarts, Stephanie... Tranquilla, sono sicura che domani riceverai notizie da tuo marito, biascica che gli manca la sua adorata moglie un giorno sì e un giorno no.” 


Charlotte sorrise quasi con aria divertita nel vedere l'amica arrossire leggermente prima di imitarla, annuendo debolmente con il capo:

“Ci sentiamo presto, CeCe... cerca di non combinare troppi guai. E tieni d'occhio Regan, mi raccomando!” 


                                                                                   *


“Mi passi il porridge?” 

“Il cosa?” 

“Quello nella ciotola nera.” 

“Intendi quella strana poltiglia dal colore non ben definibile? Non mi sembra una cosa commestibile...” 

Ingrid inarcò un sopracciglio, studiando con occhio critico la ciotola di porridge mentre Isabella sbuffava, roteando gli occhi e borbottando qualcosa a proposito della cucina tedesca.

“Beh, contenta tu... io non lo mangio neanche sotto tortura.” Ingrid si strinse nelle spalle, assecondandola e passandole la suddetta poltiglia, lanciando al porridge un’occhiata quasi schifata.

“Ma l'ameno lo hai assaggiato?” 

“No, non ci tengo. Sembra una specie di pappa per cavalli... bleah.” 

Ingrid piegò le labbra in una smorfia, guardando Isabella mangiare quasi con disgusto mentre una figura piuttosto esile e familiare si avvicinava al tavolo dei Corvonero, occupando senza tante cerimonie il posto davanti alle due:

“Ho preso una decisione.’ 

“Ciao Jane... si anche io. Vorrei fare colazione... per la tua posso aspettare dieci minuti?” 

Isabella inarcò un sopracciglio, ma il tono e l’espressione risolutrisolutaTassorosso le fecero capire che Jane non si sarebbe alzata prima di aver parlato... e aveva come la sensazione di sapere a cosa si riferisse la sua decisione.

“Ok, lascia stare... dicci.” Isabella sospirò, invitandola con un cenno a proseguire e facendola sorridere prima di parlare di nuovo, soddisfatta di averla avuta vinta:

“Hai presente quando dici che devo andare da Dante e chiedergli chiaramente di spiegarmi perché mi evita?” 

“Intendi dire quello che ti dico da circa dieci giorni? Si, direi di sì.” 

“Beh, o la va o la spacca: io oggi lo torchio finché non parla, fosse l'ultima cosa che faccio!” 

Jane incrociò le braccia al petto con aria risoluta, facendo sorridere sia Ingrid che Isabella di sollievo: entrambe non ne potevano più di vedere la Tassorosso di cattivo umore per via della piega che aveva preso il suo rapporto con il Grifondoro. 

Isabella fece per farle notare che ci aveva messo anche troppo, ma Jane si sporse sul tavolo e le rubò la ciotola dalle mani, filandosela al suo tavolo ad una velocità quasi sorprendete, senza dare a nessuna delle due il tempo di rendersi conto di quanto accaduto:

“EHY, LA MIA COLAZIONE!”    Isabella sgranò gli occhi, reclamando a gran voce la colazione senza che Jane le facesse caso, facendole la linguaccia dal suo tavolo prima di ridacchiare allegramente, senza dare alcun segno di volerle ridare la scodella.

“Magari è un segno del destino... il cielo ti sta dicendo che il porridge non va mangiato, cara mia!” 

Ingrid si sforzò di usare un tono supponente, ma l'occhiataccia di Isabella mando subito a quel paese la sua nonchalance, facendola sorridere con aria divertita mentre la rossa sbuffava, borbottando su come quella giornata fosse iniziata male mentre decideva di dedicarsi ai biscotti. 


                                                                    *


Oliver inarcò un sopracciglio, tenendo lo sguardo fisso su Isabella, seduta sul penultimo banco dell'aula: non aveva la minima idea di cosa stesse cercando di dirgli.

Non era mai stato una cima nel labiale, e stava faticando parecchio a capire il messaggio della Corvonero... 

Isabella dal canto suo sembrava quasi esasperata dal fatto che lui, in piedi accanto alla lavagna, non la capisse... 

Sgranando gli occhi la rossa ripeté per l’ennesima volta, scandendo le sillabe lentamente.

“Allora, Miller?” 

Oliver quasi sussultò al sentisi chiamare, tornando improvvisamente alla realtà e voltandosi verso l'insegnante che lo guardava, in attesa di ricevere una risposta.

“Ehm... vennero stilate le Liste di... Prostituzione?” 

Il suo stesso tono era parecchio incerto mentre parlava, e le risatine che le sue parole provocarono gli confermarono che aveva frainteso il suggerimento di Bella: tuttavia non se ne fece un dramma, anzi il Grifondoro sfoggiò un debole sorrisetto carico quasi di scuse, mente i compagni di classe ridevano della grossa e Isabella invece si portava una mano sugli occhi, scuotendo il capo con aria sconsolata.

“Interessante versione dei fatti, Miller... ma non credo che tu ci sia andato vicino, se non foneticamente. Torna a sederti.” 

Oliver non se lo fece ripetere due volte e quasi corse al suo posto, trovando un Dante sorridente e visibilmente divertito ad aspettarlo:

“Complimenti Olly... nemmeno io ho mai fatto una gaffe simile.” 

“Sta’ zitto...”. Il borbottio del compagno fece ridacchiare leggermente Dante, mentre Oliver sbuffava leggermente e una pallina di pergamena lo colpiva dritto su una spalla. 

Voltandosi il ragazzo raccolse il bigliettino dal pavimento, spiegandolo per leggerne il contenuto prima di sorridere debolmente, alzando lo sguardo su Isabella e rivolgendole un sorriso. La ragazza per tutta risposta lo guardò quasi con esasperazione, scuotendo leggermente il capo prima di tornare a concentrarsi sulla lezione, decidendo che non avrebbe più cercato di suggerire durante le interrogazioni visti i malintesi che potevano venire fuori.

Liste di PROSCRIZIONE, imbecille!


                                                                            *


“La smetti di lagnarti? Non è certo la fine del mondo...” 

“Che ne vuoi sapere tu? Fa male, nel caso ti interessasse!”   Antares sbuffò debolmente, guardando suo cugino quasi con aria annoiata: Altair era seduto su un letto dell’Infermeria, le labbra piegate in una smorfia di dolore mentre si sfiorava leggermente il naso che gli avevano appena riaggiustato:

“Quante storie per un naso... Secondo me ti preoccupa di più il poter perdere la perfetta simmetria della tua faccia.” 

“Beh, c'è anche da considerare quell’aspetto.” 

“Lo sospettavo. Piuttosto, mi dici perché ti sei fatto picchiare da una ragazza? Se non fossi arrivato io, ho idea che ti avrebbe fatto anche di peggio...” 

“Non è stata colpa mia, lo giuro! E poi che dovevo fare, picchiarla? Io non le tocco, le ragazze... anche se si chiamano Abbott e sono molto poco tranquille.” 

Altair sbuffò, incrociando le braccia al petto quasi con sdegno mentre Antares alzava gli occhi al cielo, sforzandosi di non ridacchiare: di sicuro Orion e Cygnus avrebbero riso della grossa al sentire quella storia... Altair Black colpito alla Babbana, per di più da una ragazza. 

“Scusa cugino, ma se ti conosco almeno un po’ te la sarai cercata... e poi è risaputo che Elizabeth Abbott non sprizza amore per te da tutti i pori. Non cruciarti, credo che sia una delle poche in tutta Inghilterra a pensarla così. Cerca piuttosto una buona scusa, perché ho la sensazione che zio Cepheus non sarà molto felice di sapere che sei stato picchiato da una ragazza... una Tassorosso, per di più.” 

“Se non altro è Purosangue, altrimenti verrei disconosciuto dalla famiglia... ma ti avverto Antares, racconta questa storia a Cygnus o ad Orion e sei morto.” 


                                                                                       *


Saliva due gradini alla volta, cercando di fare il più in fretta possibile: al cambio dell'ora la Sala Insegnanti si affollava parecchio, e non aveva una gran voglia di fermarsi a chiacchierare... avrebbe preso il suo libro e poi si sarebbe rintanato in camera sua fino alle 17, quando sarebbe iniziata la sua lezione. 

Percorrendo il corridoio a passo svelto lo trovò deserto e silenzioso, come succedeva solo durante gli orari di lezione... quando studiava ad Hogwarts non gli era praticamente mai capitato di trovare i corridoi tanto calmi, eccetto di notte ovviamente.

Non indugiò sulla porta nemmeno per un istante, spalancandola con un gesto secco e deciso a fare in fretta... eppure si bloccò sulla soglia, mentre il flusso di pensieri che fino ad un attimo prima gli aveva affollato la mente scompariva di colpo di fronte all’incontro quasi inaspettato. 

Immobile e stranamente in silenzio, aveva ancora le dita chiuse intorno alla maniglia fredda della porta quando Charlotte alzò lo sguardo, posando gli occhi dritti su di lui.

“Sei tornata.” 

“Ciao. Si, so che ti sarebbe piaciuto stare senza di me più a lungo, ma temo che il mio permesso fosse solo di un giorno... perciò, eccomi di nuovo qui. Contento?” 

Era in piedi dietro al tavolo, il cappotto ancora addosso... probabilmente era appena tornata ma Will non glielo chiese, esitando per un attimo prima di rispondere alla domanda decisamente sarcastica della collega:

“Abbastanza... si sta molto più tranquilli senza di te in giro, ma al contempo quasi rischio di annoiarmi.” Sorrise, quasi a voler sdrammatizzare anche se moriva dalla voglia di chiederle a quale funerale fosse andata... Regan non aveva spiccicato parola sull’argomento, e anche Silente si era cucito le labbra alla velocità della luce quando aveva provato a chiederglielo.

In effetti, non sapeva bene nemmeno lui perché fosse diventato così ficcanaso... non era mai stato curioso verso il prossimo, anzi: il suo menefreghismo verso gli altri era sempre stato abbastanza alto, sostenendo che erano poche le persone di cui gli importava... eppure negli ultimi due mesi era diventato una specie di vecchietta curiosa, con suo sommo rammarico.

Charlotte non ricambiò il sorrisetto e non replicò neanche, cosa che gli fece quasi strabuzzare gli occhi: in tal caso, doveva essere grave.

La donna smise di impilare dei fogli e, prendendo il plico, fece per uscire dalla stanza senza aggiungere altro, anche se Will la fermò, parlando di nuovo:

“Dove sei stata?” 

“Buffo... pensavo che a te non importasse di niente e di nessuno, se non te stesso.” 

“Te l'ho già detto Charlotte... le persone cambiano. Tutti siamo curiosi infondo, chi più chi meno... solo che alcuni si sforzano per non sembrarlo.” 

Will si strinse nelle spalle con noncuranza, mentre ora era Charlotte ad indugiare sulla soglia della stanza, esitando per un attimo prima di rispondere con un tono di voce forse troppo piatto ed inespressivo:

“Avevo un funerale stamattina.” 


Gli ingranaggi nel cervello di William si muovevano a gran velocità, cercando un modo per indagare con un minimo di delicatezza... sfortunatamente, non era mai stato molto bravo con le parole in quelle situazioni. 

“Mi... dispiace. Spero non fosse un parente stretto...” 

“No, un collega. Com’è che sei improvvisamente curioso, Cavendish?” 

“Non fraintendere, non sapevo quando saresti tornata... e per la gioia di tutti noi, questo pomeriggio dovremmo passare un paio d'ore insieme. Non sei dannatamente felice, Charlotte?” 

“Ah, già, questa settimana tocca a te... me n’ero scordata. Spero solo che non ci farai affrontare creature schifose e pericolose Will, perché ti assicuro che mi vedrai fuggire dall'aula ad una velocità incredibile.” 

“Tranquilla, vedrai più tardi... sento che ci divertiremo, tu no?” 


Will sorrise quasi allegramente mentre appellava silenziosamente il libro, che gli planò dritto in mano permettendogli finalmente di uscire dalla stanza, superando una Charlotte molto dubbiosa e scettica con un sorrisetto stampato in faccia. 


Charlotte lo guardò allontanarsi attraverso la porta aperta, chiedendosi cosa accidenti avrebbero dovuto affrontare nel pomeriggio... non aveva molta voglia di fare nulla, figuriamoci affrontare qualche assurda creatura presa da un remoto angolo del pianeta.

E poi c'era da chiedersi perché William Cavendish fosse diventato improvvisamente curioso... e al contempo troppo mesto: anche se indirettamente, qualche giorno prima gli aveva fatto quasi capire che era stata da un’analista... e non aveva battuto ciglio, non chiedendole la minima spiegazione senza nemmeno reagire, quasi come se gli avesse detto di essere andata dal parrucchiere.

Un dubbio fastidioso s’insinuò nella testa di Charlotte Selwyn mentre lasciava a sua volta l’aula Insegnanti, dirigendosi a passo svelto verso la sua camera. 
Per una volta non contò nemmeno i suoi passi nel sentirli quasi rimbombare nei corridoi deserti, anche se era troppo impegnata a riflettere per rendersene conto. 


                                                                            *

Jane sbuffò sonoramente, continuando a camminare a passo svelto e guardandosi intorno di continuo: possibile che non riuscisse a trovarlo? 

Una vocina nella sua testa le suggerì che magari Dante lo stesse facendo apposta, a non farsi trovare... del resto nessuno sapeva meglio di lei quanto fosse dannatamente bravo a nascondersi, quando voleva.
Ironico, vista la sua considerevole statura...

La Tassorosso si chiese ancora una volta perché stava trascorrendo quei minuti a cercarlo invece che a studiare, approfittando dell'ora buca... forse perché infondo non le importava poi molto dello studio, se paragonato a Dante.


Jane si passò nervosamente una mano tra i capelli, sperando quasi che il ragazzo spuntasse da dietro un angolo e le sorridesse, avvicinandosi per parlarle... esattamente come aveva sempre fatto per più di sei anni, fino a due settimane prima. 

Le erano sembrate mesi, in effetti... se ripensava anche solo alla gita ad Hogsmead, uno degli ultimi giorni in cui Dante non l'aveva evitata, le sembrava un qualcosa di remoto... ormai si era quasi abituata, anche se controvoglia, al non avere Dante intorno per quasi tutto il giorno. 

Le mancava? 

Mentre scendeva le scale per raggiungere il secondo piano Jane piegò le labbra in un sorriso carico di amarezza, ripensando a qualcosa che aveva detto al ragazzo solo un paio di giorni prima: l'aveva incrociato dopo un allenamento e lui ovviamente aveva provato a filarsela alla velocità della luce. Stanca di quella situazione lei non gli era corsa dietro, ma aveva detto una cosa che pensava da giorni ma che non aveva ancora espresso a voce alta, quasi sperando che così lui non scappasse:

“Mi manchi, Danny.” 

Aveva parlato quasi a se stessa, con un tono così basso tanto da pensare che lui non l'avesse nemmeno sentita... Dante invece si era fermato e voltandosi verso di lei le aveva sorriso per la prima volta da giorni, con una nota quasi malinconica:

“Mi manchi anche tu, piccola Jane.” 


E se ti manco, perché sparisci di continuo? 

Era quasi certa che Dan non fosse in Biblioteca, ma tanto valeva provare... magari avrebbe incontrato qualcuno con cui parlare e avrebbe smesso di pensarci per un po’. 


Mentre entrava quasi sorrise, ricordando le innumerevoli volte in cui aveva trasportato una torre di libri alla volta rischiando di finire dritta sul pavimento... ma ogni volta Dante era spuntato dietro di lei, sbuffando e prendendoglieli di mani quasi con aria di rimprovero: “Vuoi per caso schiantarti sul pavimento, Jane? Non sei certo fatta per il sollevamento pesi!” 


La Tassorosso quasi fece una smorfia, intimandosi mentalmente di pensare ad altro: possibile che ogni maledetto angolo della scuola glielo ricordasse in qualche modo? 

Cominciava a pensare che avessero passato forse troppo tempo insieme.


Fortunatamente però una voce familiare e dal tono molto allegro la distrasse, facendole finalmente spostare l’attenzione:

sorrise d’istinto nel vedere una figura nota avvicinarlesi, con un sorriso stampato in faccia e una zazzera di capelli rossi sciolti sulle spalle:

“Chi non muore si rivede, ciao straniera! Come stai?” 

Quasi senza volerlo Jane si ritrovò a sorridere debolmente, non riuscendo a rimanere seria di fronte al sorriso allegro di sua cugina: Constance era perennemente allegra... non sapeva come o perché, e anche se la invidiava, di sicuro quella ragazza riusciva sempre a tirarle su il morale. 

“Ciao Connie... scusa, è da un po’ che non mi faccio vedere.” 

“Me ne sono accorta. Che ti succede? Sai, alla Torre di Grifondoro girano un mucchio di voci molto interessanti sulla mia adorata cugina.” 

“Che genere di voci?” 

“Non serve che tu lo sappia... ma dimmi, perché tu e Dante Julius non siete più perennemente insieme e intenti a farvi gli occhi dolci a vicenda?” 

“CONNIE, stai diventando pettegola per caso?” 

“Ma certo che no Jane... Tengo solo che tu stia bene.” 

Jane roteò gli occhi mentre invece Connie sorrideva, prendendola sottobraccio e trascinandola verso il tavolo che aveva occupato, decisa a farsi due chiacchiere con sua cugina e a non lasciarle vie di fuga: da giorni sentiva i Grifondoro del settimo anno fare commenti sulla questione... e molti erano persino andati a chiederle se sapesse perché Jane Prewett e Dante Julius non fossero più amici come prima.

“Naturalmente, tieni moltissimo alla mia felicità. Non mi va di girarci intorno Connie... non so che abbia Dante, da due settimane mi evita costantemente.” 

“Ma non può essere arrabbiato con te! Insomma, ti adora.”

“E tu che ne sai?” 

“Non serve essere un genio Jane, ha le pupille a cuore quando ti guarda. Anche tu, in effetti..” 

Connie ridacchio di fronte alla gomitata che le assestò la cugina mentre sedevano l'una accanto all'altra, snobbando volutamente i compiti e dedicandosi invece alle chiacchiere come facevano sempre. 

“Non fare quella faccia Jane, è cosi! Ad ogni modo sono certa che ha solo qualcosa che lo preoccupa, non è l'ha con te... dopo due settimane te l'avrebbe detto, no? E poi tu non gli avrai fatto nulla, sei assolutamente inodiabile.” 

“Non è vero, magari mi sono comportata male e non me ne sono resa conto, chi può dirlo?” 

“IO! Jane, una volta hai pestato un formicaio... e hai avuto i sensi di colpa per un giorno intero, io c’ero! Sei sempre super attenta a non ferire nessuno, non può essere arrabbiato con te.” 

“Oh, lasciamo stare... prima o poi lo troverò e ci parlerò, non voglio passare i prossimi mesi così. Mi manca il mio spilungone, è stranissimo stare senza di lui.” 

Jane sospirò con aria cupa, mentre invece Connie liquidava il discorso con la mano, sorridendo con l'aria di chi la sa lunga:

“Fidati di me, cuginetta... si rivolterà tutto molto presto. Queste orecchie sentono molte cose...” 

“Per prima cosa non chiamarmi cuginetta... sono più grande di un anno! E comunque... che cos’è questa storia che senti le cose e non mi informi?” 


                                                                              *


“Questa storia comincia a stancarmi.” 

“Non me ne parlare.” 

Antares chiuse il libro con un gesto secco, spostandolo frettolosamente alla sua sinistra prima di sbuffare, lanciando un’occhiata quasi truce alla montagna di libri che lo aspettavano. 

Isabella, seduta di fronte a lui e occupata nella stessa operazione, tamburellò nervosamente un piede sul pavimento, lanciando un’occhiata all’orologio a pendolo alle spalle del ragazzo:

“Grandioso, manca meno di mezz'ora alla fine dell'ora... e a quel punto ci aspetta una magnifica ora di Divinazione.” 

“La giornata prosegue di bene in meglio. Ci hanno preso per bibliotecari, per caso?” 

“L'altro giorni abbiamo fatto i facchini, oggi mettiamo a posto i libri che i nostri compagni hanno gentilmente disseminato per tutto il castello... domani ci faranno forse preparare la cena?” 

“Spero di no, perché in quel caso temo che non potrei essere di grande aiuto, non so nemmeno preparare un the.” 

Le parole di Antares, nonostante il tono acido, fecero sorridere debolmente Isabella, che gli lancio un’occhiata divertita anche se non disse nulla: chissà perché, la cosa non la stupiva per niente. 

“Piantala di ridere Burton, non sono cieco.” 

“Black, io te lo dico: hai le allucinazioni, meglio se vai a farti vedere da Madama Chips!”

Antares le riservò un’occhiata gelida che fece solo aumentare il sorriso sul volto di Isabella, appartenente molto più rilassata di lui: infondo i libri le piacevano... le rodeva solo non poter usare quei minuti per prendersi avanti con i compiti, come stavano facendo tutti i loro compagni. 

Per qualche minuto i due restarono in religioso silenzio, finché un gruppo di Corvonero non passò accanto al tavolo e una ragazza dagli occhi chiarissimi e i capelli scuri non salutò allegramente Isabella, che ricambiò:

“A volte mi domando perché non hanno chiesto ad Imogen di essere Caposcuola... forse sarebbe stato meglio.”  Isabella seguì brevemente l'amica con lo sguardo prima di scuotere il capo, tornando a concentrarsi sul titolo del libro e le iniziali dell'autore per capire in che settore lasciarlo:

“Forse sì. Ma almeno possiamo togliere punti al prossimo... e anche mettere in punizione.” 

Antares sfoggiò un sorrisetto, quasi gongolando interiormente mentre Bella faceva spallucce, come se la cosa la sforzasse solo minimamente:

“Beh, ammetto che non mi dispiacerebbe togliere punti a qualche pallone gonfiato... ma ogni volta che ci provo, quelli tornano misteriosamente al loro posto. Tu non ne sai nulla, suppongo.” 

“No, direi di no.”  Antares si strinse nelle spalle, leggendo il retro del volume rilegato in pelle che teneva in mano mentre Isabella sbuffava sommessamente, borbottando qualcosa sul fatto che il ragazzo non le lasciasse mai togliere punti ai Serpeverde.

“Certo, ci credo. Perlomeno mi hanno messa a lavorare con te e non con un perfetto imbecille come Yaxley... o peggio, Malfoy. Quel biondino proprio non lo reggo...” 

“È molto amico di mio cugino, ma io lo conosco poco... ma da quel che ne so, è fidanzato con la tua amica Imogen.” 

"Si... povera ragazza. Ma non è l'unica, se vogliamo parlare di...” 

Isabella s’interruppe bruscamente, zittendosi di colpo mentre gli occhi chiari di Antares quasi saettavano su di lei, scrutandola attentamente mentre chiudeva il libro che aveva in mano:

“Si? Prego, continua.” 

“Nulla, non volevo dire nulla, lascia stare.”   Isabella si strinse nelle spalle, sfoggiando un sorriso così innocente da risultare altrettanto poco credibile, mentre il Serpeverde roteava gli occhi con aria quasi seccata:

“Non farmi ridere Isabella... So cosa volevi dire.” 

“Davvero? Hai imparato a leggere nel pensiero e non hai informato tutto il castello? Stai facendo grandi progressi Black, i miei complimenti!” 

“Piantala di nasconderti dietro l'ironia, lo fai sempre... prima ti stavi forse riferendo, molto casualmente, ad un’altra tua compagna di Casa?” 

“Da cosa lo deduci?” 

“Non saprei. Forse dal fatto che stando a quanto mi hanno detto, quando l'hai saputo le hai persino fatto le condoglianze...” 

Antares sfoggiò un’espressione seccata, che non vacillò nemmeno di fronte alle risate della rossa, che annuì con aria divertita, ricordando benissimo quando aveva incrociato Lyra Blackthorne e le aveva fatto le “condoglianze” per il suo fidanzamento con Antares Black. 

“Suvvia, scherzavo! E lei lo sa, non preoccuparti... Lyra è molto dolce, è una Tassorosso mancata... ma non farlo sapere alla tua famiglia, potrebbero ritrattare il contratto sapendolo.” 

“Mi fa molto piacere che la mia famiglia ti stia sempre così a cuore, Burton.” 

“Non prenderla sul personale, dico davvero... ma non puoi negare che alcuni Black  siano un po’... difficili, diciamo.” 

“Se ti riferisci a mia cugina...” 

“Certo che mi riferisco a tua cugina, Antares! Walburga è terrificante, lo diceva sempre anche mio fratello.” 

Isabella piegò le labbra in una smorfia, quasi rabbrividendo pensando alla ragazza, che fortunatamente aveva lasciato Hogwarts l'anno prima. Antares annuì appena, non potendo non concordare con lei almeno su quel punto: 

“Si... Non è una persona facile, te ne do atto. Ma immagino che a preoccuparsene di più debba essere mio cugino Orion, visto che dovranno sposarsi.” 

“Ma nella tua famiglia siete tutti già fidanzati? Non vi invidio... io mi sono sempre rifiutata, e continuerà ad essere così.” 

“Non proprio tutti, mio cugino Altair... credo che per ora non abbia molta voglia di sistemarsi, diciamo.”   Antares sfoggiò un lieve sorriso pensando al cugino, ricordando la visita che gli aveva fatto in Infermeria solo un paio d'ore prima. 


“La cosa non mi sorprende. Piuttosto, è vero che è finito in Infermeria con il setto nasale mezzo distrutto? Che gli è successo, è caduto dalla scopa?” 

Antares a quella domanda dovette mordersi la lingua per non ridacchiare, abbassando in fretta lo sguardo per non far capire alla ragazza che stava faticando a restare serio: di certo suo cugino avrebbe raccontato quella versione in famiglia, ma lui sapeva la verità. 

“Si e no... Ma basta chiacchierare Burton, non voglio stare qui fino a stanotte e penso neanche tu, quindi diamoci una mossa.” 


                                                                            *

Sorrise debolmente, accarezzando le piume del gufo mentre gli legava la lettera alla zampa, cercando di tenerlo fermo:

“Rilassati, ora ti farai un bel giretto... sei contento? Fai in fretta per favore, ho urgente bisogno di lei.” 

Ingrid sorrise dolcemente all’animale, accarezzandolo con gentilezza mentre apriva una delle finestrelle, permettendogli di volare via: non sentiva sua madre da giorni... e moriva dalla voglia di sapere come stesse. 

La ragazza appoggiò i gomiti sul davanzale di pietra ruvida, sospirando leggermente mentre scrutava il cielo ricoperto di nuvole grigie: chissà come se la stava cavando suo padre... se non altro aveva la certezza che sua sorella stesse bene, visto che era ad Hogwarts con lei. 

Passava gran parte delle giornate a pensare, chiedendosi che cosa sarebbe successo se mai l'avessero trovato... non voleva nemmeno pensarci. Non solo avrebbe perso suo padre, ma tutta quella fatica non sarebbe servita a nulla: il loro trasferimento, la condizione di sua madre... a niente. 

Si consolava con la consapevolezza di essere, per lo meno, insieme alla sorellina... pensava di continuo a sua madre, chiusa in ospedale senza la famiglia con lei e incapace di reagire in qualche modo. 

E poi c'era suo padre... e chissà come se la passava, in quel preciso momento. 


Ingrid chiuse le mani a pugno, quasi infilzandosi i palmi con le unghie mentre gli occhi le tornavano improvvisamente lucidi: a volte le risultava difficile non essere sincera con nessuno e non mostrarsi come realmente si sentiva... triste, semplicemente triste. 

“Ciao, mandi una lettera?” 

Si voltò di scatto, trovandosi davanti un ragazzo sorridente che teneva una busta in mano, pronta ad essere spedita.

“Sì... anche tu, vedo.” 

“Già, ogni tanto devo dare mie notizie o mia madre penserà che mi sono cacciato nei guai... e poi devo dirle del Troll che ho preso in Storia della Magia oggi. Non la prenderà bene, ma in quella materia ormai è abituata.” 

Oliver sfoggiò un sorriso, mostrandosi stranamente allegro nonostante le sue parole: di fronte a tutta quell’allegria Ingrid non riuscì a non ricambiare, piegando le labbra in un debole sorriso mentre tornava a guardare il panorama, deglutendo e sbattendo ripetutamente le palpebre per scacciare le lacrime. 

“Beh, però è stato divertente.” 

“Lasciamo stare... povera Bella, lei almeno ci ha provato. Non sono molto bravo a leggere il labiale, temo. Però ci sono andato vicino, no?” 

“Sì, immagino di sì...”        Ingrid sorrise, voltandosi di nuovo verso il Grifondoro mentre il ragazzo cercava di tenere fermo un gufo per legargli la lettera alla zampa.


“Finalmente, mi stava per mordere... bene, credo che ora andrò finalmente a pranzo... vieni con me? Sai, finiscono tutte le cose più buone se si arriva tardi.” 

“In tal caso, credo che ti seguirò... in ogni caso non ti devi preoccupare, anche io sono una frana in Storia, non c'è data che io non confonda!” 

“Davvero? Beh, se non altro se verrò bocciato all'esame non sarò solo, allora! O chiederemo entrambi ripetizioni a Bella, credo sia la cosa migliore.” 


                                                                              *


Era da due settimane che rimandava ormai... e per la prima volta dopo giorni e giorni in cui aveva fatto di tutto per non trovarsi da solo con lei, ora la stava cercando, finalmente.

Le lezioni erano finite da poco, mancava meno di un'ora alla lezione di Difesa Avanzata... e voleva assolutamente parlare con Jane prima, così da togliersi finalmente quel peso di dosso: aveva la netta sensazione di essere sul punto di esplodere, e non era il caso che accadesse proprio a lezione... già a pranzo aveva rischiato di far saltare il tavolo dei Grifondoro: era già un fascio di nervi di suo, vedere Jane chiacchierare come se niente fosse con Tyler Morgan era stato quasi un colpo di grazia... Era quasi schizzato fuori dalla Sala Grande senza aver toccato cibo, quando le brocche con acqua e succo di zucca su tutto il tavolo avevano cominciato a bollire preoccupantemente. 

Non aveva alcuna intenzione di farsela scivolare tra le dita... e anche se forse non avrebbe preso bene quello che voleva finalmente dirle, almeno non si sarebbe arrabbiata con lui per la sua poca onestà: da un paio di giorni aveva smesso di cercarlo e la cosa gli aveva fatto suonare un pericoloso campanello d’allarme nella testa, decidendosi a parlarle anche per forti pressioni dei fratelli minori. 

Dante imprecò mentalmente mentre camminava con lunghe falcate, setacciando i corridoi e cercando qualche traccia di Jane: poteva solo sperare che non fosse nella sua Sala Comune... sapeva dove fosse e come entrare, ma non era certo il caso di farlo in pieno pomeriggio, quando di sicuro era piena di studenti che studiavano dopo le lezioni. 

Aveva appena imboccato un corridoio del terzo piano quando intravide una ragazza camminare, dandogli le spalle. Non ci mise neanche un secondo a capire che non era Jane, ma era comunque decisamente familiare... Quasi senza rendersene conto affrettò il passo, schierandosi la voce prima di parlare:

“Abbott!” 

La voce del ragazzo funse quasi da altoparlante nel corridoio vuoto, rimbombando fino alle orecchie della ragazza, che si voltò immediatamente sentendosi chiamare. 

Mentre le si avvicinava in fretta vide le labbra carnose della ragazza piegarsi in un sorrisetto, come se fosse quasi felice di vederlo:

“Ciao, Julius... qual buon vento?” 

“Cercavo... che hai fatto alla mano?” 

Dante inarcò un sopracciglio, abbassando lo sguardo sulla mano della ragazza, quasi completamente fasciata. Lizzy la guardò a sua volta prima di stringersi debolmente nelle spalle, tornando a guardarlo come se niente fosse:

“Nulla... ho preso a pugni Altair Black. Scusa, dicevi?” 

“Lo dici come se fosse una cosa normale... va beh, lasciamo stare: cerco Jane. Sai per caso dov’è?” 

“Si, è con Aerin... stavo giusto andando da loro. Seguimi.” 

Lizzy sorrise quasi con aria soddisfatta, come se lui le avesse appena dato una qualche conferma... in effetti era certa che presto il Grifondoro si sarebbe presentato dall’amica con la coda tra le gambe. 
Senza indugiare la Tassorosso partì quasi a passo di marcia, camminando a passo svelto e facendo ondeggiare i lunghissimi capelli scuri sulla sua schiena, con Dante subito dietro.

Il Grifondoro respirò profondamente, cercando di stare calmo nonostante sentisse una specie di buco nello stomaco e il battito cardiaco accelerato... aveva urgente bisogno di vederla. Era molto agitato, ma sapeva che come sempre quel sorriso avrebbe mandato le sue preoccupazioni a quel paese... O almeno, lo sperava. 

Seguì Lizzy fino ad un’aula vuota, fatta eccezione per le due ragazze sedute su un banco che parlavano e ridevano. Entrambi si voltarono verso la porta quando sentirono qualcuno entrare, e il sorriso di Jane sparì completamente nel vedere Dante, lasciando il posto ad un’espressione di pura sorpresa: 

“Jane, credo che qualcuno voglia parlare con te... andiamo Aerin, dobbiamo prenderci avanti con i compiti.” 

Nonostante morissero entrambe dalla voglia di ascoltare la conversazione, le due Tassorosso lasciarono l'aula, facendo restare soli i due. Per un istante Dante non disse nulla, osservando Jane e restando immobile sulla soglia dell’aula.

"Sei sicuro di voler parlare con me, Dante? Forse ti confondi con qualcun altro.” 

Dante sospirò, mettendosi le mani in tasca e avvicinandosi alla Tassorosso di qualche passo, tenendo lo sguardo basso per non guardarla in faccia, consapevole che invece lei lo stesse scrutando con attenzione.

“No Jane... Ho bisogno di parlarti.” 

“Ok, ti ascolto.” 

Jane annuì, osservandolo mentre lui le si avvicinava, fermandosi davanti a lei, ancora seduta sul banco. 

“Io... Mi dispiace per come mi sono comportato ultimamente, non volevo farti stare male.”

Dante si appoggiò al ripiano di legno a sua volta, voltandosi verso la ragazza. Guardandola negli occhi azzurrissimi colse che si stava sforzando di restare seria, impassibile... quasi distante. Ma lesse anche la solita dolcezza colmarle le iridi cerulee al sentire le sue parole: in un modo o nell'altro, lui riusciva sempre ad addolcirla. 

“Lo so. Ma se ce l'avevi con me, bastava dirlo.” 

“Jane, non sei mai stata tu il problema... davvero. Come potrei avercela con il mio zuccherino?” 

Dante alzò una mano, sfiorandole una guancia e provando al contempo una sensazione di sollievo nel suo non ritrarsi, felice di poterle stare di nuovo vicino. 

“E allora cosa c'è? A me puoi dire tutto, lo sai... ti voglio bene in ogni caso.” 

Jane gli sorrise, prendendogli la mano tra le sue e guardandolo come a volerlo invitare a proseguire. 

“Lo so che sei sempre disposta ad ascoltarmi, Jane... ma non è facile. È una cosa che ho saputo con certezza solo dopo Hogsmead, e all'inizio avevo paura a dirtelo, per questo ti ho evitato... ma non ce l'avevo con te, assolutamente.” 

“Che cosa può essere di tanto brutto da non poterlo dire a me, Dan? Non sarà la fine del mondo...” 

“Sai, credo che sia proprio questo il problema: da un certo punto di vista, dirlo a te è molto più difficile che parlarne con chiunque altro.”

Dante sorrise quasi amaramente, cogliendo la leggera confusione sul volto della ragazza prima di parlare di nuovo, questa volta con un tono più pacato e quasi più serio:

“Mi prometti che non ti allontanerai da me, Jane? Non posso stare senza di te, di sicuro l'ho capito nelle ultime due settimane.”

“Dante, così mi spaventi... certo che non mi allontano da te, non lo farei mai! Ma stai parlando come se avessi ucciso qualcuno, per favore dimmi qual è il problema!” 

“No, rilassati non ho ucciso proprio nessuno... ma non lo so Jane, potrei sempre farlo. E non voglio fare del male a nessuno, specialmente a te. Vedi... la mia famiglia me l'ha tenuto nascosto per anni, ma ho sempre fatto sogni strani che mi hanno fatto sospettare che ci fosse qualcosa che non andava. Non lo controllo e non lo faccio di proposito, ma soffro di esplosioni, scoppi di magia involontaria... e posso far male alle persone, sfortunatamente... e già successo quando ero piccolo, ho ferito i miei fratelli più grandi molte volte. Non mi succede da anni, ma sai quanto io sia irascibile e spesso nervoso... se lo divento troppo, esplodo. Sono giorni che ci penso e quasi non dormo Jane, non ce la facevo più a non dirtelo e a stare senza di te.” 

Dante sospirò, abbassando lo sguardo con aria cupa anche se sentì al contempo un macigno sollevarglisi dal petto: finalmente glie l'aveva detto... ora restava solo da capire che cosa ne pensava lei. 

Jane però non disse nulla, mentre elaborava quanto appena sentito... quel silenzio improvviso fu quasi agghiacciante per il ragazzo, che alzò lo sguardo di nuovo su di lei prima di scivolare giù dal banco, sospirando nervosamente mentre sentiva il battito cardiaco accelerare molto velocemente.

“Senti... se vuoi ti lascio da sola, se ci devi riflettere un po’ lo capisco, davvero. Mi faccio paura da solo, non preoccuparti.” 

“Dan. Siediti, per favore.” 

Era quasi certo di aver sentito male, ma voltandosi vide Jane sorridergli... e al contempo smise di pensare, ritrovandosi con il cervello ridotto improvvisamente in pappa mentre si lasciava scivolare in automatico sulla sedia più vicina, senza obbiettare minimamente.

Jane non disse niente mentre scivolava giù dal banco, guardandolo quasi con aria intenerita mentre sedeva sulle sue ginocchia, circondandogli il collo con le braccia:

“Ok... Non so perché tu ci abbia messo tanto, ma grazie per avermelo detto. No, fa silenzio. Ora parlo io.” Jane sorrise, appoggiando un dito sulle labbra del ragazzo e zittendolo sul nascere, impedendogli per una volta di parlare. Dante sbuffò appena ma non osò controbattere, annuendo anche se era diventato improvvisamente dello stesso colore del suo stemma a causa della vicinanza con la ragazza. 

“Bene... dicevo. Grazie per la sincerità, e se prima non te la sentivi va bene, immagino che prima tu abbia dovuto fare i conti con te stesso. Hai detto che non ti succede da anni, quindi non vedo perché preoccuparsi... hai un cuore d'oro Dante, non faresti del male a nessuno.” 

“Non la metterei proprio così... se dovessero trattare male i miei fratellini o te, spacco la faccia a qualcuno. Ok, sto zitto, continua.” 

“Grazie. Dicevo... hai una passione strana per le risse, ma non è grave... e sono sicura che queste crisi di cui soffri non ti succederanno quasi più, ora che sei cresciuto. Faremo solo in modo che tu non ti innervosisca troppo, o che lo stress non prenda il sopravvento. Credo che tu infondo l'abbia sempre saputo, visto come stai alla larga dall’ansia e dalle fonti di stress... ma dimmi, che cos’è che ti calma e ti rilassa, se mai dovesse succederti?” 

“Tu.” 

“Levati quel sorriso marpione dalla faccia Julius, io sono seria!” 

“Anche io... sei tu il mio anti-stress, cucciola.” 

Dante sorrise, avvicinandola ancora di più a lui mentre le circondava la vita con le braccia, appoggiando il capo sulla sua spalla con aria rilassata, sorridendo. Jane sbuffò leggermente e provò a scollarselo di dosso, ma invano:

“Dan, perché non riusciamo mai a fare un discorso serio? Smettila di fare il bambino!” 

“Sei troppo cattiva Jane, non vedi che sono bisognoso di coccole? Quando ci sei tu, non riesco ad essere nervoso... non so come, ma tutto si scioglie come neve al sole.” 


“Quindi, riassumendo... per evitare che tu distrugga mezza scuola, dovrei starti costantemente vicino?” 

“In pratica, si.” Dante sollevò il capo, sorridendo allegramente mentre la guardava in faccia, cogliendo una nota scettica nello sguardo della ragazza. 

“Non fare quella faccia, piccola Jane... ho bisogno di te.” 
Dante appoggiò la fronte su quella della ragazza, restando in silenzio e ascoltando solo il suo respiro, finché anche lei non parlò, annuendo debolmente:

“Anche io.”

Esitò per un attimo, ma poi incapace di resistere oltre appoggiò le labbra sulle sue, baciandola dolcemente mentre la teneva ancora stretta a sé, non avendo alcuna intenzione di guardarla allontanarsi un’altra volta. Era certo che il battito cardiaco fosse decisamente accelerato, ma forse per una volta non perché era in preda all’ansia o all’agitazione...

Nel giro di un istante smise di preoccuparsi di poter perdere il controllo per la prima volta dopo giorni... infondo aveva ragione: quando era vicino a Jane, andava tutto per il meglio. 














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Angolo Autrice:

E... salve! 
Probabilmente state facendo suonare le trombette da stadio perché, finalmente, vi ho fatte contente... questa volta solo 16 capitoli, poteva andare peggio :P

Ho deciso di dividere il capitolo in due parti, poiché altrimenti sarebbe venuto di circa una trentina di pagine... insomma, vedrete nel prossimo che, vi prometto, non ci metterà molto ad arrivare, per sabato al massimo lo pubblicherò di sicuro :) 

Grazie come sempre per le recensioni, scusate se non ho risposto ma ieri ho avuto una giornata un po’ piena, poi mi sono messa a scrivere... e infine ci sono stati i Medici, scusate. 

Ah, piccola nota: come forse qualcuna di voi avrà già capito, personaggi come Lizzy, Altair e Aerin non dovrebbero essere ad Hogwarts nel 1944... in effetti tecnicamente dovrebbero essere già diplomati visto che hanno un anno in più di questi fanciulli, ma mi dispiaceva non metterli quindi facciamo finta che siano coetanei. 

In questo capitolo i prof sono stati poco presenti... ma non preoccupatevi, si rifaranno nella seconda parte u.u

Ci sentiamo prestissimo, un bacio! 

Signorina Granger 

   
 
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