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Autore: Mary P_Stark    11/11/2016    1 recensioni
2024. Malcolm Hamilton e i suoi amici si apprestano a terminare i loro studi alla Columbia ma il giovane, Guardiano dello Spirito e Fulcro del Pentacolo di Potere della sua famiglia, sente che qualcosa non va, che qualcosa lo minaccia, pur se non direttamente. Niente e nessuno sembra riuscire a comprendere cosa stia curiosando attorno al giovane, neppure un'entità potente come la Fenice Araba, che si è presa personale carico di aiutare l'amico e Guardiano.
Cosa vi può essere che riesce a sfuggire agli occhi di un Dominatore dello Spirito? E sarà un'entità davvero malvagia, o solo incuriosita dal potere di Malcolm e della sua famiglia?
E' difficile scoprirlo, specialmente quando cuore e anima vanno in due direzioni diverse. Se il primo vorrebbe pensare agli occhi dolci di Eiko, la seconda è incuriosita da Rin, le due nuove amiche che Malcolm conosce all'università.
Riuscirà il ragazzo a non cacciarsi nei guai, o saranno i guai a trovare lui? - SPIN-OFF serie 'The Power of the Four' (è necessaria la previa lettura della saga, per comprenderne gli intrecci)
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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16.
 
 
 
 
Una civetta svolazzò sulle loro teste mentre, dalla scalinata del tempio, una figura biancovestita avanzava lenta e tranquilla.

Winter fu il primo a riconoscerla e, nel pregare tutti di uscire dal lago, mormorò: “Mia Signora… è un onore incontrarti qui.”

Solo Malcolm e Kurama non sospirarono di sorpresa – ben sapendo a loro volta che volto avesse la dea – e Arianrhod, sorridendo per un attimo a Winter, asserì: “Dominatore dell’Acqua… è sempre un piacere vederti. Come sta mia figlia?”

Uno sfrigolio del ghiaccio sul lago e, in un attimo, Erin riprese forma umana per inchinarsi dinanzi alla dea.

Ossequiosa le baciò la mano protesa e Arianrhod, sorridendole, disse: “Figlia cara, le tue energie sono ancora fuori controllo. Ma non temere, non sono qui per punire nessuno. Tuo figlio non verrà con me.”

“E’ un sollievo saperlo, Mia Signora” mormorò Erin, raddrizzandosi per poi andarsi a piazzare di fianco a Winter.

Arianrhod, a quel punto, sorrise tutti loro, annuì ossequiosa all’indirizzo di Malcolm e infine squadrò Kurama, asserendo: “Sei stata cortese ad aiutare mio figlio, demone-volpe. Così come lo sei stata con le creature che hai usato per salvare la vita a Malcolm.”

“Non volevo causare guai al bambino, visto che ero io a guidare la sua mano. Ho imparato, nei secoli, a rispettare e onorare la vita umana, e ho a cuore le sorti del clan dei Kurumi, di cui questa fanciulla è l’erede.”

Ciò detto, Kurama scrutò una più che mai confusa Eiko che, fino a quel momento, non era stata in grado di chiudere la bocca per il troppo stupore.

Arianrhod, allora, la osservò a sua volta, sorrise misteriosa e mormorò: “Oh… ha uno stupendo cuore, figlio mio. Capisco perché ti abbia conquistato.”

“Non potrei essere più d’accordo, Mia Signora” assentì Malcolm, sorridendo nel prendere la mano di Eiko che, a quel tocco, sobbalzò, tornando in sé.

Nel ritrovarsi gli occhi della dea addosso, oltre a quelli di tutti i presenti, la giovane arrossì e, reclinando il capo, sussurrò: “Mia… Signora…”

Arianrhod rise, le si avvicinò ancora e le sfiorò il mento per sollevarne il viso.

Scostandolo a destra e a sinistra per scrutarne ogni angolatura, la dea assentì nuovamente, mormorando: “Sì, davvero perfetta. E il tuo scudo è mirabile, fanciulla. Hai una mente assai potente, per essere una persona priva di poteri.”

“G-grazie” balbettò Eiko, incatenata a quegli occhi multicolori, vorticanti, in tutto simili a un tornado di forze diverse e in lotta tra loro.

Arianrhod sorrise e, infine, si rivolse alla neonata fata, allungando una mano verso di lei perché le si avvicinasse.

“Vieni, piccina, e fai la mia conoscenza” mormorò la dea con tono caloroso, punteggiato qua e là di dispiacere.

Rin si avvicinò con un balzello, imitò l’inchino che aveva visto fare a Erin e infine domandò: “Potrò davvero stare sempre con Eiko e Malcolm?”

“Sì, bambina… in quanto Fata dello Spirito, Malcolm governa i poteri che ti permettono di essere ciò che sei, quindi, non solo potrai, ma dovrai.”

Rin allora sorrise alla coppia di amici e disse: “Non potrei chiedere di meglio. Ma mi sarà concesso di dire la verità ai miei genitori?”

“Lascerò questa decisione al mio Dominatore” replicò Arianhrod, sollevando il braccio perché la sua civetta bianca si posasse sul braccio proteso.

Carezzandola gentilmente sul petto morbido e piumoso con il dorso di un dito, la dea aggiunse: “Poiché hai aiutato i miei Dominatori, Kurama, io ti sono debitrice. Hai fatto ciò che io non avrei mai potuto.”

Kurama scosse però il muso e replicò: “Una dea che governa il divenire, non avrebbe mai potuto viaggiare avanti e indietro nel tempo come posso fare io, perciò non ci sono debiti. Il tuo bambino ama la mia protetta, e lei, lui. Questo mi basta. So che Eiko sarà al sicuro, anche se io sarò qui al tempio con Inari.”

Sorpresa, Eiko domandò alla volpe: “Cosa intendi dire, Kurama?”

“Io e Ashara non abbiamo combattuto realmente in questo tempo. Non completamente, e non sempre.”

Ciò detto, scrutò con intenzione Autumn e aggiunse: “E’ per questo che i nostri movimenti sembravano erratici, difficili da cogliere a occhio nudo. Eravamo in movimento tra passato, presente e futuro. Questa strategia ha sfiancato sia me che Hashara e, se non fosse stato per i poteri di Malcolm, entrambe saremmo cadute a terra stremate, del tutto deprivate di energia, poiché quella che può contenere un essere umano non è infinita.”

La volpe li lasciò digerire quella notizia di per sé sconvolgente, prima di terminare il discorso che aveva iniziato.

“Se Hashara avesse speso più tempo nel conoscere gli uomini, avrebbe capito che attaccarmi qui, con l’aiuto di cinque Dominatori, sarebbe stata la sua fine. La sua superbia l’ha condannata prima ancora del mio colpo mortale.”

“Fa piacere sapere che non mi servono gli occhiali da vista, allora” ironizzò Autumn, facendo ridere la volpe. “Così come fa piacere sapere che qualcuno ha un po’ di sale in zucca.”

“Lo si ha in abbondanza, Dominatore, credimi” replicò Kurama, mostrando la sua mirabile dentatura.

Tornando infine a rivolgersi alla sua protetta, Kurama aggiunse: “Una dea come Arianrhod può solo procedere in avanti, poiché lei tesse i futuri di tutti. Non si può permettere alcuna regressione, o finirebbe per cambiare il futuro di colui cui regge il filo della vita.”

La dea assentì alla sua spiegazione e, nel rivolgersi ai suoi figli, asserì: “Ora riposate, figli miei, ma sappiate questo. La vostra dea è orgogliosa di tutti voi.”

Ciò detto, allungò una mano a Rin perché andasse con lei e, con la promessa di rimandarla da loro ben presto, si allontanò verso il bosco.

La civetta si levò in volo, lanciando il suo triste verso e, infine, scomparve assieme alla sua padrona.

Fu solo a quel punto che Summer si lasciò andare a un sospiro tremulo e preoccupato, asserendo a mezza voce: “Giuro… stava per venirmi un coccolone, quando l’ho vista avvicinarsi.”

Questo bastò perché tutti loro scoppiassero in una risata contagiosa e liberatoria.

E fu in quel momento che il sole sorse, brillante e caldo nonostante il freddo della notte appena trascorsa.

Malcolm lo guardò a occhi socchiusi, con Eiko stretta a lui in un abbraccio che, sperò, non avrebbe mai avuto fine.

 
***

“Ahia! Papà, vacci piano con quel betadine! Brucia come l’inferno!” protestò Malcolm, quando Winter cercò di disinfettargli le ferite causate dagli artigli di Hashara.

L’uomo si interruppe solo il tempo di permettere al figlio di smettere di divincolarsi, dopodiché riprese a disinfettare il braccio destro.

“Sei un gran lamentone, Mal… e poi, più ti divincoli, più impiegherò tempo” replicò il padre, passando la garza imbevuta di disinfettante sui tagli slabbrati.

“Mamma, diglielo tu che…” iniziò col dire il giovane prima di interrompersi, stupito, quando non la vide più nella stanza.

Il signor Kurumi aveva offerto loro quella stanza, per curare Malcolm, mentre lui era impegnato a rifocillare il resto del gruppo e prepararsi all’arrivo delle miko.

Winter, perciò, aveva seguito Mal nello stanzino, subito seguito da una ansiosa Erin.

Erin che però, in quel momento, sembrava sparita nel nulla.

“Dov’è andata la mamma?”

“Da Kimmy e gli altri. Voleva rassicurarli” gli spiegò il padre, il viso sempre reclinato verso le ferite e percorso da una gravità che, solo negli anni seguenti dopo la morte di Erin, era stata così evidente e forte.

Quando Winter imbibì la garza per l’ennesima volta, Malcolm si rese conto del leggero tremore alla mano del padre e, nel bloccare il suo polso, mormorò: “Papà, che succede?”

Win prese un gran respiro, prima di sollevare il volto e scrutare ombroso il viso del figlio.

Non era facile ammettere le proprie debolezze, ma vedere il figlio in difficoltà e, soprattutto, ferito nel corpo e nello spirito, lo aveva quasi spezzato.

Dinanzi a lui, però, aveva preferito non ammettere quanto, quello scontro, lo avesse provato. Doveva essere una roccia, per lui, sempre e comunque.

“Sono abbastanza grande per sopportare anche il tuo dolore, papà” gli rammentò Malcolm, sorridendogli mesto. “E non penserò che tu non sia forte, se anche ti lascerai andare.”

“Smettila di leggermi dentro” si lagnò Winter, spingendo un dito contro la sua fronte. Malcolm rise di quel gesto.

“Non sarà facile accettare che Rin è morta, ma saperla una fata mi aiuterà… ci aiuterà. Convivrò con il mio dolore e cercherò di farlo sparire un po’ alla volta.”

“Avrei solo voluto evitarti tutto questo… non vorrei mai vederti infelice” ammise Winter, carezzandogli il viso col dorso della mano.

“Ma non puoi. Il semplice percorso di crescita di una persona comune, implica degli stati di infelicità. Sta a noi scoprire come essere anche felici. In quanto Dominatore, ho la capacità di comprendere molte più cose degli altri, dell’animo umano, e soffrirò molto più di una persona qualunque, per questo, ma non temo più il mio dono. Ora, so veramente come usarlo, e non mi lascerò mai sopraffare da esso” gli sorrise per contro Malcolm, circonfuso da una nuova sicurezza.

Winter assentì e, non potendosi più trattenere, strinse delicatamente a sé il figlio e permise alle lacrime di scendere silenziose sul suo viso.

Malcolm lo strinse a sé, massaggiandogli la schiena in lenti cerchi per confortarlo, per cancellare il dolore che quella lotta aveva risvegliato nel padre.

Per alcuni istanti, rivide se stesso da bambino, infelice per la perdita della madre, mentre suo padre lo stringeva a sé, grande e forte e protettivo.

Sorridendo, Malcolm poggiò il capo contro la spalla di suo padre.

Ancora una volta, nonostante fosse lui, in quel momento, a consolare Winter, avvertì quel senso di protezione, di forza, di grandezza.

Suo padre sarebbe sempre apparso un colosso, ai suoi occhi, per tutta la vita.

Un guerriero, un protettore, un padre amorevole, una persona che avrebbe dato la vita stessa, e anche di più, per lui.

“Ti voglio bene, papà” sussurrò a quel punto Malcolm, desideroso di mettere a parole i sentimenti che avvertiva fin troppo forti, dentro di sé.

Winter si scostò da lui, gli sorrise e, nel baciargli la fronte, mormorò: “Is breá liom tú1figlio mio…”

Un quieto bussare alla porta interruppe quel momento e Winter, nel volgersi a mezzo, disse: “Sì?”

“Sono Eiko. Vi ho portato un vassoio con qualcosa da mangiare, prima che si freddi” rispose la ragazza con tono compito.

L’uomo fissò il figlio con ironia – Malcolm era in boxer, visto che aveva ferite sia su braccia che gambe – e chiosò: “Non sei presentabile, ma fa lo stesso. Immagino ti abbia già visto così.”

“No, per la verità” sottolineò Malcolm, afferrando una felpa per coprirsi alla bell’e meglio.

Winter, allora, sghignazzò leggermente e, nell’andare ad aprire, sorrise a Eiko e, afferrato un panino caldo e fumante, le passò accanto sussurrando: “Vado a dare fastidio a Autumn, così non origlierà. E busserò, prima di rientrare. Ciao.”

“Eh? Oh, ah… ecco… g-grazie” balbettò Eiko, divenendo paonazza in viso mentre Winter si allontanava con il suo panino in mano e un sorrisone stampato in viso.

Nel chiudersi la porta alle spalle, la giovane si morse un labbro nel notare il torace nudo di Malcolm e le gambe mezze scoperte… e segnate dai tagli di Hashara.

L’imbarazzo venne subito sostituito dall’ansia per lui e, nel poggiare il vassoio accanto a Malcolm, esalò: “Oh, cielo… non mi ero resa conto di quanto fossero profonde.”

“Sono più brutte di quel che sembrano” minimizzò Mal, ritrovandosi ad affrontare due occhi neri e feroci.

Assottigliando le iridi infuocate, Eiko borbottò: “La verità, Malcolm. Niente di meno. Non dopo tutto quello che ho visto! Non voglio rischiare di impazzire senza un buon motivo!”

Sospirando nel vederla così volitiva e sì, decisa a tutto pur di conoscere le sue reali condizioni, il giovane allora disse: “Fanno un male cane e, quando ci passi sopra il betadine, è peggio. Ma non ho veramente idea se gli artigli di un demone possano fare infezione, perciò è meglio sopportare in silenzio, piuttosto che andare in setticemia.”

Afferrato batuffolo e betadine, Eiko si mise d’impegno per proseguire il lavoro di Winter lasciato a metà e, accigliata, mormorò: “Mangia con la mano libera, mentre ti sistemo qui. Almeno, avremo tutti e due qualcosa da fare.”

Lui assentì ma, nel notare il suo disagio, le domandò: “Che succede, Eiko?”

“La verità?” sussurrò allora lei, levando due occhi liquidi a guardarlo dubbiosa.

“Solo e unicamente la verità” assentì lui.

Eiko, allora, poggiò i medicamenti e lo strinse così forte da strappargli un ansito di sorpresa e dolore.

“Ehi, calma, mo chrói…

“Ho avuto una paura folle, quando Hashara ha afferrato te e Rin. Temevo vi avrei perso entrambi, e a me sarebbe toccato vivere tutta la mia esistenza senza di voi” ansò terrorizzata Eiko, aumentando ulteriormente la stretta.

Malcolm replicò alla stretta con una più lieve per non farle male e, dandole un bacetto sul collo, mormorò: “Ho avuto paura anch’io e, se ci ripenso, tremo ancora. Sarebbero potute andare storte un milione di cose, ma non è successo. Siamo qui, siamo vivi…”

“Non Rin” sottolineò Eiko con un sospiro tremulo.

“No, ma per lei ho fatto quanto di meglio fosse possibile, vista la sua condizione… e non la perderemo mai, così” le sussurrò gentilmente, carezzandole i lunghi capelli.

Eiko sospirò più tranquilla e l’abbraccio si fece più dolce, meno sincopato.

Le mani scorsero lungo la schiena nuda e Malcolm inspirò con forza, sussurrando: “Attenta, Eiko… non sono così stanco da non reagire al tuo tocco.”

Lei, allora, si bloccò, sorrise contro la sua spalla e mormorò: “Scusa. Ma ora come ora, sono un po’ scombussolata.”

“Ci arriveremo, ma non in questo momento. Vorrei offrirti qualcosa di più di un tavolo su cui stenderti” le sorrise lui, scostandola per baciarla con tenerezza.

“Oh, credimi, in questo momento andrebbe bene anche il pavimento…” esalò lei, facendolo scoppiare a ridere. “… ma hai ragione. Nessuno ci corre dietro, adesso. Niente più demoni pronti a mangiarci, o dee che possono portarci via da un momento all’altro.”

“A cosa diavolo ti ho messa di fronte…” si lagnò Malcolm, scuotendo il capo.

Eiko però gli sorrise, strinse il suo viso tra le mani per dargli un bacetto e replicò: “Ho detto che va bene. Tutta la verità, nient’altro che la verità e, anche se certe cose sono veramente folli – perché ammettiamolo, la vostra dea fa veramente paura, tanto sembra potente – sono disposta ad accettare ogni cosa, per te, chiaro?”

“D’accordo” assentì Malcolm, non potendo far altro che gioire all’idea di aver trovato una persona come Eiko, sul suo cammino.

“Quindi, tolto tutto ciò, non devo preoccuparmi di altro, vero? O di qualcuno?”

“No, di nessuno” sussurrò lui, afferrandola alla nuca per darle un bacio.

Con un ansito, affondò nella sua bocca e tornò a stringerla a sé, lasciando che le sue mani le carezzassero quei lunghi capelli serici e profumati.

Non l’avrebbero fatto, no, non era né il tempo né il luogo, ma non avrebbe rinunciato a quel bacio per nulla al mondo.

Come non avrebbe rinunciato a Eiko per nulla al mondo.

 
***

Il disbrigo delle questioni burocratiche legate alla morte di Rin, fu tedioso e quanto mai struggente, per Eiko.

Furono costretti a mentire, poiché sarebbe stato impensabile ammettere la verità con le autorità.

Nessuno avrebbe creduto loro, e il segreto degli Hamilton sarebbe stato in pericolo, ogni cosa sarebbe andata a catafascio.

Quando, perciò, i suoi genitori e quelli di Rin si presentarono al tempio su sua richiesta, la polizia era già stata allertata e, ben presto, sarebbero giunti.

Eiko li pregò di ascoltare sia lei che il nonno e, per tutto il tempo, la giovane tenne stretta a sé la madre di Rin, in lacrime e colma di dubbi e domande.

Fu Kurama stessa a sciogliere qualsiasi dubbio, presentandosi nella sua forma animale nel centro del tempio, così che le parole di Eiko avessero un senso.

Sulle prime, nessuno di loro volle credere a quell’apparizione, ed Eiko comprese più che bene le loro ritrosie.

Per uno shintoista, era facile credere ai kami, così come diceva la loro religione, ma un conto era dire… un altro era trovarsene dinanzi uno.

Nonno Kurumi dovette usare tutta la sua affabilità per calmare i quattro genitori e, quando Kurama finalmente poté parlare, conquistò la loro attenzione.

Quando infine giunse la polizia, fu Eiko a prendersi l’impegno di spiegare loro cosa fosse successo all’amica.

Li accompagnò sul monte Inari, mostrò loro il cadavere e spiegò ai due poliziotti che Rin era crollata a terra priva di vita, col sorgere del sole, dopo una notte passata in tenda nei pressi del tempio.

Nulla di ciò che aveva tentato, era servito a salvarla.

Come Kurama le aveva spiegato, se anche avessero tentato un’autopsia, avrebbero trovato solo i segni di un infarto del miocardio.

La spada di luce non aveva inferto danni al corpo, ma solo divelto l’anima.

Quando l’anima si era distaccata dal corpo, il cuore era collassato, andando in arresto.

Il tutto si svolse nel più completo riserbo e con estrema cortesia da parte dei poliziotti, che interrogarono i genitori per sapere di eventuali malattie pregresse della figlia.

Eiko fu sempre accanto a loro, non lasciò la coppia neppure per un attimo e, a ogni domanda dei poliziotti, rispose con lucidità.

Quando infine Rin venne condotta all’ospedale per un controllo di rito, la giovane poté concedersi il lusso di un pianto silenzioso, sostenuta dall’abbraccio di Malcolm.

 
***

Accomodato su una panchina nel giardino privato della casa dei Kurumi, Malcolm venne raggiunto da Kenzo, il padre di Eiko.

Il resto di entrambe le famiglie si trovava all’interno della casa tradizionale dei Kurumi, che si trovava alle loro spalle.

Allungandogli una Asahi in lattina, Kenzo gli sorrise a mezzo e asserì: “Dalle videochiamate di Eiko, ci era parso di capire un suo interesse per te, ragazzo, ma mai avremmo pensato che, quando lei ti definiva ‘speciale’, lo fossi così tanto!

Sorridendo sghembo, Malcolm assentì debolmente, replicando: “All’epoca, Eiko ancora non sapeva nulla. Però fa piacere sapere di averla colpita per qualche altro motivo che non fosse …, beh, questo.”

Ciò detto, sollevò una mano e la mosse come se volesse compiere una magia di qualche tipo.

“Non l’abbiamo mai vista così coinvolta… o combattuta” annuì pensieroso Kenzo, sorseggiando la sua birra. “Non sapevamo se esserne lieti, o preoccupati.”

“Credo che mio padre abbia avuto più o meno gli stessi pensieri, a tempo debito. Essendo ciò che sono, sa quanto un… coinvolgimento intimo possa turbarmi, se non c’è lealtà alla base del rapporto” ammise Malcolm, giocherellando con la sua lattina. “Ci sono già passato.”

Era stato strano parlare con loro, presentarsi ai genitori di Eiko con la Spada di Damocle dei loro poteri già sguainata e brillante sulle loro teste.

La schiettezza di Kurama aveva implicato altrettanta chiarezza da parte loro, o nulla avrebbe avuto un senso, per i genitori di Eiko e Rin.

Già così, doveva essere stato comunque difficilissimo prendere per vere le loro parole e accettarli nella loro vita, da quel momento in poi.

“Sai, credo che per Kazue e Iroshi sia un sollievo sapere che la figlia è rimasta qui con le sembianze di un kami” mormorò Kenzo dopo alcuni attimi di silenzio.

“Non ho potuto fare più di questo, per lei” sospirò Malcolm, reclinando il viso.

L’uomo, allora, gli batté una mano sulla spalla, sorrise e replicò sentitamente: “Hai fatto molto più di quanto avremmo potuto fare io, o Motoko, o mio padre… quel vecchio… sempre a blaterare di quella vecchia volpe… e ha sempre avuto ragione!

Malcolm sorrise a mezzo nel notare gli occhi vagamente sgranati di Kenzo, indice primo dell’incredulità che ancora galleggiava nel suo animo.

Sarebbe perdurata ancora per diverso tempo, ma Malcolm aveva visto in tutti loro anime in grado di sopportare quel peso.

Erano persone speciali, esattamente come la le figlie che avevano cresciuto.

Nel terminare la sua birra, Kenzo aggiunse: “Non avevo mai capito perché volesse con così tanto ardimento che noi portassimo Eiko al tempio. Ma ora che so, beh… dovrò proprio ringraziare mio padre.”

Ancora una risata incredula, e Malcolm accentuò il suo sorriso.

Ve ne sarebbero state ancora molte, poiché non tutto poteva essere assimilato al primo colpo, o dopo poche parole.

Vi sarebbero state mille altre domande, dubbi e incredulità, ma l’essere stati accettati per ciò che erano, era un buon inizio.

Quando anche Motoko si presentò in giardino, il bel caschetto di capelli neri a incorniciare un viso tondo e allegro, Malcolm disse: “Sarà meglio se rientriamo. Non voglio far preoccupare nessuno.”

“Certe cose si assimilano meglio nel silenzio e nella solitudine, Malcolm-san” replicò pragmatica Motoko. “Sapere che tu e la tua famiglia vi siete fidati di noi per esporci un segreto di tal portata, ha voluto dire molto, per me e per Kenzo, così come per Iroshi e Kazue. E, vedendo come Eiko è felice, non posso che essere lieta che ti abbia incontrato.”

“Grazie, signora Kurumi” mormorò Malcolm.

Lei allora rise dolcemente, scosse il capo e disse: “Motoko, caro. Solo Motoko. Come mi ha detto Eiko, in famiglia ci si da del tu.”

Annuendo nel ridere per quell’accenno, Malcolm si alzò assieme a Kenzo e, tornando in casa con la coppia, celiò: “E’ il motto di casa mia.”

“E’ un bel motto” chiosò Kenzo.

Quando infine si accomodò su uno dei bassi divanetti del salotto, Malcolm non si stupì più di tanto, quando udì la voce tranquilla di Ben fare capolino nella sua mente.

“Come va, laggiù nel Sol Levante?”

“Tutto bene, più o meno.”

“Ho visto Rin… è davvero favolosa, nelle vesti di fata.”

“Già. I suoi genitori l’hanno presa bene, dopotutto, e sembra che siano onorati che la loro figlia sia divenuta un kami.”

“Hai potuto dar loro molto più di una tomba su cui piangere, Malcolm. Grazie a te, potranno parlarle, vederla, e sapere che non si ammalerà mai, o nessuno potrà farle del male” gli rammentò Ben, saggiamente. “Quanti genitori possono dire lo stesso, per i propri figli?”

“Non avrò un crollo emotivo, davvero… credo di essere giunto più o meno a un compromesso, riguardo a Rin e a… beh, alla sua morte” lo rincuorò Malcolm, mentre sua zia Spring gli allungava un piatto con dell’okonomiyaki.

“Ti terrò comunque d’occhio ancora per un po’… ma prima, controllerò che tu non sia con Eiko. Non si sa mai” sghignazzò Ben dentro la sua testa.

Nonostante tutto, Malcolm scoppiò mentalmente a ridere e, nel mandarlo debitamente al diavolo, asserì: “Grazie per il tuo prezioso aiuto, Fenice, e grazie per aver pensato a proteggere la mia famiglia.”

“Per gli amici, questo e altro. E ora goditi la festa, amico… te la sei meritata.”

Ciò detto, Ben sparì dalla sua mente e, nel sorseggiare un po’ di birra, sorrise tra sé.

Sì, non sarebbe stato né oggi né domani, ma alla fine avrebbe accettato ciò che era avvenuto e non ne avrebbe più pianto.






 
1 Is breá liom tú: (gaelico irlandese) Ti voglio bene.



Note: Siamo quasi al termine di questa avventura, di cui spero di aver svelato tutti i misteri fin qui posti dinanzi a voi. Aveste dei dubbi, comunque, non esitate a chiedere.
Arianrhod ha pensato di dover intervenire in prima persona, questa volta, vista la vicenda più unica che rara in cui sono incappati i suoi figli, e il suo arrivo ha portato un certo scompiglio, visto che non si può mai star tranquilli quando un dio decide di mostrarsi.
Fortunatamente, la dea voleva solo congratularsi con i Dominatori e ringraziare Kurama, oltre a condurre per un po' con sè la giovane Rin. In fondo, lei è diventata una delle sue figlie, ed è giusto che le parli un po' di ciò che le spetterà come fata, non vi pare? ;-)
Venerdì prossimo ci sarà l'epilogo e poi, per un po', mi prenderò una pausa per pensare a cosa proporvi. Ci sono tanti progetti e molte idee, ma devo metterli nero su bianco, e questo richiederà un po' di tempo.
Voi, comunque, continuate a curiosare nella mia bacheca. Qualche OS ogni tanto potrebbe comunque comparire, nel frattempo.
Grazie per avermi seguita in questa avventura, e alla prossima!



 


 
  
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