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Autore: MairTonks    13/11/2016    1 recensioni
"-Per coloro che non lo sanno, questa sera e' tra noi Charity Burbage, che fino a poco tempo fa insegnava alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarst-
...
-Si..la professoressa Burbage insegnava tutto sui babbani ai figli di maghi e streghe..spiegava che non sono poi tanto diversi da noi...-
...
-Non contenta di corrompere e inquinare le menti dei bambini maghi, la settimana scorsa la professoressa Burbage ha pubblicato una commossa difesa dei babbani sulla Gazzetta del profera. I maghie, ha dichiarato, devono accettare questi ladri della loro conoscenza e della loro magia.-" (Harry Potter e i doni della morte, capitolo 1)
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Charity Burbage, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
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12. Hogwarst, 2 dicembre 1969

Charity era nascosta dietro la porta e tentava di ascoltare i sussurri dei suoi genitori. Suo padre aveva iniziato a camminare avanti e indietro e lei poteva sentire il rumore dei suoi passi attutito dal tappeto verde del soggiorno. Sua madre, seduta sulla poltrona che solitamente occupava suo padre, parlava in una lingua che non conosceva. Anche se Charity aveva solo quattro anni, riusciva abbastanza bene lo svedese, la lingua di sua madre e che lei era solita usare quando era emozionata e si dimenticava di passare all’inglese. Ma non aveva mai sentito quella che adesso usavano i suoi genitori. Sbuffò, odiava quando sua madre e suo padre parlavano in qualche strana lingua per non fare capire a lei e ai suoi fratelli l’argomento dei loro discorsi. Si allontanò dalla porta e si sedette a terra con gambe e braccia incrociate, beccandosi un’occhiata di rimprovero da Merthin e Regan che, ancora con l’orecchio appoggiato alla porta, cercavano di capire qualcosa.

Merthin era più grande di lei di quattro anni mentre Regan di appena due e, anche se avevano sentito i loro genitori usare parecchie lingue, faticavano a capire il significato delle parole pronunciate in soggiorno. Essere figli di due impiegati nel dipartimento per la cooperazione magica internazionale voleva dire avere genitori in grado di conoscere un gran numero di lingue che permetteva loro di dialogare e trattare con un gran numero di Paesi stranieri e, all’occorrenza, usarle quando non volevano farsi capire. Anche Charity e i suoi fratelli usavano parole in svedese quando non volevano farsi capire dai loro cugini e zii.

-Forse e’ spagnolo- propose Merthin staccandosi a sua volta dalla porta. Regan scosse la testa e i suoi lunghi capelli rossi le finirono sul naso facendola starnutire.

-Char, fa silenzio o ci scoprono- la rimproverò Regan prima di rispondere al fratello maggiore. -Non e’ spagnolo, e’ gaelico. Ken ha detto che me lo avrebbe insegnato- spiegò con aria di superiorità.

Merthin sbuffò a sua volta e si sedette accanto a lei incrociando le braccia e squadrando la sorella con i suoi occhi verdi.         -Visto che sai di che lingua si tratta saprai anche cosa si stanno dicendo- ribatte’ seccato. Diversamente da Regan, Merthin non aveva ereditato l’orecchio per le lingue e faticava a riconoscerle. Sapeva solo l’inglese e lo svedese, quelle che veniva parlate prevalentemente in casa.

-Ken non me lo ha ancora insegnato-disse mentre di sedeva anche lei per terra ma in maniera più composta ed elegante, in una perfetta imitazione di sua nonna Hortensia.

All’improvviso i toni nel soggiorno cambiarono e Charity udì chiaramente sua madre gridare qualcosa in svedese e suo padre risponderle nella stessa lingua. Se sua madre era passata alla sua lingua voleva dire che era troppo furiosa per riuscire ad usare le altre.

-Astrid, ti prego. E’ l’unica cosa che possiamo fare- ripete’ suo padre in inglese mentre sua madre continuava a parlare in svedese. Charity aveva mal di testa a furia di sentire tutte quelle lingue e stava per ritornarsene in camera sua quando vide i suoi fratelli alzarsi e riattaccare l’orecchio alla porta.

-La tua famiglia non me lo porterà via! Non mi interessa delle loro stupide regole, non abbandonerò mio figlio- ormai la voce di sua madre aveva raggiunto livelli tali da essere udita anche senza doversi avvicinare alla porta.

-Neanche io voglio abbandonarlo ma e’ la soluzione migliore. Non potrà continuare a stare qui, sai quello che possono fargli i miei fratelli o mio padre. E poi sarà più felice tra quelli come lui- disse suo padre con voce rotta. Charity non sentì la risposta di sua madre ma solo rumorosi singhiozzi seguiti da passi veloci verso la porta. Merthin riuscì a spostare lei e Regan prima che la porta aperta con violenza le colpisse in pieno e Charity vide sua madre correre in lacrime su per le scale.

-Papà, cosa vuol dire?- domandò Merthin. Aloysius, uscito dal soggiorno per seguire la moglie, non si era accorto dei suoi tre figli accovacciati dietro la porta. Li osservò stupito prima di fargli segno di seguirli nella stanza. Charity si sedette sul divano tra i suoi fratelli e tutti e tre rimasero in silenzio, in attesa della risposta del padre.

Dovettero passare parecchi minuti prima che Aloysius trovasse il coraggio di dire qualcosa. Aprì e richiuse la bocca parecchie volte, cambiando idea ogni volta che le parole che aveva in mente non erano quelle che reputava corrette. Era strano, pensò Charity, che un uomo come sua padre, in grado di parlare un sacco di lingue, non riuscisse a trovare le parole adatta per spiegare qualcosa ai suoi figli.

-Quello che papà vuole dirvi e’ che dovrò andare via per un po’- disse un’altra voce. Tutti e tre si girarono di scatto verso il nuovo venuto che non avevano visto entrare. Kendrik fece qualche passò verso di loro, gli sorrise dolcemente e si sedette sulla poltrona davanti al divano, quella che era solito occupare Aloysius. Charity osservò sua padre fermarsi e guardare incredulo il maggiore dei suoi figli fare quello che avrebbe dovuto fare lui.

-E’ perché andrai ad Hogwarst? Lo sappiamo già, non e’ una cosa brutta- commentò Merthin guardando alternativamente il padre e il fratello.

-No Fin- rispose Kendrik dolcemente scuotendo i suoi indomabili capelli rossi, dello stesso colore di quelli di Regan. -Non andrò ad Hogwarst-

Charity notò la figura di sua madre, appoggiata allo stipite della porta, piangere mentre osservava la scena. Suo padre sembrava congelato e lei non riusciva a capirci niente di quella situazione. Perché suo fratello Kendrik, che aveva compiuto undici anni il giorni prima, non sarebbe andato ad Hogwarst? Era quello che facevano tutti i maghi una volta compiuti undici anni e anche Charity, nonostante mancassero ancora parecchi compleanni, non vedeva l’ora di ricevere la sua lettera per andarci.

-Vai in un’altra scuola di magia? Quella dove e’ andata la mamma?- chiese Merthin ansioso di conoscere la risposta. Charity e i suoi fratelli erano cresciuti con i racconti dei loro genitori sulle rispettive scuole di magia e si erano sempre chiesti quale delle due avrebbero frequentato una volta raggiunta l’età giusta.

Di nuovo Kendrik scosse la testa ma senza smettere di sorridere. -Non vado in una scuola di magia. Vado a vivere con i babbani, vero papà?- domandò girandosi verso Aloysius.

-Kendrik, ascolta…- iniziò suo padre ma venne interrotto dal figlio che, sempre mantenendo un tono calmo, continuò a parlare.

-Lo so che non sono un mago, non sono mai riuscito a fare magie. Il nonno mi ha raccontato quello che fanno a quelli come me e penso sia giusto andare a vivere con i babbani.-

Charity non riusciva a capire cosa volesse dire suo fratello Kendrik. Perché non riusciva a fare magie se tutti in famiglia le facevano? Perché doveva andare a vivere con i babbani e non poteva rimanere li’ con loro? Dove sarebbe andato? Avrebbe potuto rivederlo e farsi raccontare le storie come faceva ogni sera prima di andare a dormire? E perché la mamma continuava a piangere e suo padre non riusciva a parlare?

-Kendrik, io e la mamma non vogliamo separarci da te, ti vogliamo bene e vogliamo solo che tu sia felice. E’ per questo che devi andare, capisci?- spiegò suo padre inginocchiandosi davanti alla poltrona dove era seduto Kendrik. Lui annuì e venne immediatamente avvolto dall’abbraccio della mamma che, ancora in singhiozzi, lo aveva raggiunto.

-No! Ken non andrà via! Non può andare a vivere con i babbani!- urlò Regan alzandosi e correndo ad abbracciare il fratello.

-Regan, per favore…-

-No! Kenny non andrà dai babbani!- continuò e suo padre fu costretto a spostarla per poterla guardare negli occhi.

-E’ già stato deciso Regan e non può andare diversamente.- disse con tono autoritario suo padre. -Stasera verranno a prenderlo. Nessuno deve sapere di questo ok? Nessuno ne farà parola con il nonno, la nonna e gli zii. E neanche con i vostri cugini. Sono stato chiaro?- ordinò guardando negli occhi i suoi figli. Charity non aveva mai sentito suo padre parlare con quel tono e, quando incontrò i suoi occhi, non poté fare altro che annuire.

Come aveva annunciato suo padre, Kendrik venne portato via quella sera. Anche se era molto tardi, nessuno di loro riusciva a dormire e suo padre permise a Charity e ai suoi fratelli di rimanere svegli per salutare Kendrik. Nessuno le disse che si trattava di un addio e Charity non riusciva a capire perché la mamma e Regan continuavano a piangere, Merthin era stranamente calmo, non agitato come al solito, e suo padre non faceva altro che camminare avanti e indietro per il soggiorno. Charity pensava che avrebbe rivisto presto suo fratello e trascorse la serata a disegnare con lui su una delle vecchie pergamene di suoi padre.

Vennero a prenderlo una donna e un uomo. Quella sera nevicava abbondantemente e, quando entrarono, i due bagnarono il tappeto verde del soggiorno. L’uomo aveva dei fiocchi di neve che spiccavano tra i capelli neri e, cosa che aveva maggiormente colpito Charity, una grande e brutta cicatrice sul volto. Rimase ad osservarla per un po’, all’inizio spaventata ma, man mano che si abituava alla sua vista, sempre più curiosa di capire come se l’era procurata.

-E così tu sei Charity, e’ un piacere conoscerti- le aveva detto ad un certo punto la donna facendola sobbalzare e distraendola dai suoi pensieri. Diversamente dall’uomo, che stava in un angolo con le braccia incrociate e lo sguardo guardingo, lei aveva abbracciato sua madre, parlato con suo padre ed era venuta a salutare lei e i suoi fratelli. Aveva un corto caschetto rosso e due brillanti occhi azzurri dello stesso colore di quelli di nonna Hortensia.

-Non volevo spaventarti- continuò sedendosi sul divano accanto a lei. -Lui e’ Mike e la brutta cicatrice sul viso se l’è fatta in guerra- le raccontò mentre seguiva la direzione del suo sguardo. Charity abbassò gli occhi imbarazzata, sua madre le diceva sempre di non fissare la gente per non metterla a disagio ma non era riuscita a distogliere lo sguardo dal volto dell’uomo.

-Tranquilla, non sei la prima che se lo chiede- la rassicurò rivolgendole un grande sorriso.

-Sep, dobbiamo andare- disse l’uomo indicando alla donna il suo orologio da polso. La donna annuì e le rivolse un ultimo sorriso prima di alzarsi dal divano e dirigersi verso Kendrik.

-E ora di andare Kendrik. Saluta tutti, io e Mike ti aspettiamo all’ingresso con le tue cose. E’ stato un piacere conoscervi ragazzi, magari un giorno ci rivedremo- li salutò agitando la mano prima di seguire Mike che, senza farselo ripetere due volte, si era già diretto verso l’ingresso.

-Persephone- chiamò suo padre. La donna si voltò e la guardò negli occhi per alcuni secondi prima di continuare. -Grazie-
La donna sorrise e uscì dal soggiorno. Sua madre scoppiò a piangere e abbracciò il figlio maggiore. Anche Regan piangeva ma silenziosamente e rannicchiata in un angolo del divano, la testa nascosta tra le gambe e le spalle mosse dai singhiozzi. Merthin non piangeva ma si poteva chiaramente vedere che aveva gli occhi lucidi, segno che avrebbe tanto voluto farlo.

-Papà, quando possiamo andare a trovare Ken?- chiese Charity avvicinandosi a lui. Suo padre si limitò a scuotere la testa e, perdendo definitivamente il controllo, sussurrò qualcosa che assomigliava a un non lo so.

E allora Charity capì che non avrebbe mai più rivisto suo fratello Ken. Era per questo che sua madre e sua sorella stavano piangendo, che suo padre non riusciva a parlare e suo fratello stava immobile in un angolo. Era l’ultima volta che lo avrebbe visto. Scoppiò anche lei in lacrime e corse ad abbracciarlo, aggrappandosi a lui con l’intenzione di non lasciarlo andare.

Quando Kendrik si mosse per uscire dalla stanza, dopo averli salutati per l’ultima volta, suo padre la afferrò e cercò di prenderla in braccio ma Charity continuava a dimenarsi e ad urlare il nome di suo fratello. Sbatte’ la testa contro qualcosa mentre cercava di liberarsi dalla stretta di suo padre, continuando ad urlare il nome di suo fratello.

Qualcuno la chiamava, probabilmente suo padre che cercava di calmarla ma lei non voleva sentirne. Qualcuno le bloccò un polso e lei venne tirata lontano dalla porta dove era scomparso suo fratello Kendrik. Doveva raggiungerlo e fermarlo, non poteva lasciarlo andare via in quel modo.


-Charity, svegliati!- urlò qualcuno e, quando aprì gli occhi, vide il volto preoccupato di Gabe sopra di lei. Parecchi altri volti la guardavano dall’alto, compreso quello del professor Figg che stava ordinando al resto della classe di allontanarsi per lasciarle spazio.

-Char va tutto bene, era solo un sogno- la rassicurò Gabe senza lasciarle i polsi che aveva afferrato per farla smettere di dimenarsi. -Va tutto bene- aggiunse mentre la aiutava a mettersi seduta. Charity cercò di calmare il respiro e chiuse gli occhi quando vide la stanza girare intorno a lei. Non era solo un sogno, era il ricordo che la raggiungeva di notte e le faceva rivivere uno dei giorni peggiori della sua vita. C’era stato un periodo in cui sognava quella sera ogni notte e si risvegliava nel letto urlando ma era da parecchio che non le capitava.

-Signorina Burbage, le conviene andare in infermeria e farsi dare un’occhiata da Madama Chips. Probabilmente le consiglierà solo di fare una buona colazione ma non si sa mai. Signor Fawley, vada con lei, non so se e’ in grado di camminare da sola- ordinò il professore mentre aiutava Gabe ad alzarla. Charity annuì e si lasciò condurre fuori dall’aula chiedendosi quanto avesse urlato prima di svegliarsi.

-Si può sapere da quanto non mangi? Ieri non hai cenato e oggi non hai fatto colazione, non puoi continuare così- la rimproverò Gabe non appena furono fuori dall’aula. La fece appoggiare al muro mentre si sistemava le borse in spalla e cercava qualcosa dentro la sua.

-Mangia questo. Così riuscirai almeno ad arrivare da Madama Chips- le ordinò mettendole davanti una cioccorana già scartata. Charity la prese e la mangiò senza protestare. Come se si fosse risvegliato dopo il primo boccone, il suo stomaco iniziò a borbottare e si rese conto di avere parecchia fame.

-Meglio?- le chiese Gabe dopo che ebbe finito la sua cioccorana. Charity annuì, pentendosene subito dopo poiché il corridoio riprese a girare.

-Ti fa male la testa? Hai battuto piuttosto violentemente quando sei caduta dalla sedia- continuò il ragazzo mettendole una mano tra i capelli alla ricerca del bernoccolo che si era procurata. Sobbalzò quando vi poggiò le dita sopra e si chiese come aveva fatto a non svegliarsi dopo quella botta.

-Forza, ti porto da Madama Chips- disse. Gabe le mise una mano intorno alla vita per sorreggerla ignorando le sue deboli proteste.

-Si può sapere come puoi dimenticarti di mangiare?- le richiese mentre avanzavano lungo il corridoio. Charity non rispose sentendosi stupida per essersi davvero dimenticata di mangiare. La sera precedente era stata in biblioteca durante l’ora di cene e quella mattina aveva bevuto giusto un sorso di succo di zucca prima di scappare via dalla sala grande.

Come aveva previsto il professor Figg, Madama Chips le consigliò di mangiare dopo averle fatto sparire, con un semplice colpo di bacchetta, il bernoccolo che si era procurata. Uscì dall’infermeria e si sorprese di vedere Gabe che la aspettava appoggiato al muro.

-Dai, andiamo a mangiare qualcosa- le propose.

-Madama Chips mi ha dato della cioccolata. Penso che andrò in dormitorio a riposare un po’- rifiutò dirigendosi verso la torre dei Corvonero. Ma Gabe la ignorò e, prendendole la mano, la condusse verso le cucine senza darle tempo di fargli notare che mancavano solo un paio d’ore al pranzo e poteva aspettare benissimo.

Vennero accolti da un gran numero di elfi domestici che, abbandonando momentaneamente la preparazione del pranzo, si diressero verso di loro per servirli. Gabe annuì ad ogni loro proposta e, quando furono seduti, si trovarono circondati da piatti colmi di cibo.

-Non sono io quello che e’ svenuto nel mezzo della lezione di babbanologia.- le fece notare Gabe spingendo verso di lei un piatto di biscotti. Ne prese uno e iniziò a mangiucchiarlo tenendo gli occhi bassi per ignorare lo sguardo di Gabe.

Il fatto che si stesse occupando di lei la faceva sentire tremendamente a disagio dopo tutto quello che era successo. Non era mai capitato che non si parlassero per giorni, il loro massimo era qualche ora, ed era strano vederlo preoccupato dopo che le aveva urlato di non voler più avere niente a che fare con lei.

-Hai sognato Kendrik?- le chiese dopo qualche minuto in cui si erano limitati a mangiare i biscotti portati dagli elfi.

-Ho urlato il suo nome, vero?- Gabe si limitò ad annuire e lei iniziò a domandarsi perché, dopo anni, avesse sognato l’ultimo incontro con suo fratello. Erano passati tredici anni da quella sera e, ancora, nessuno della sua famiglia aveva superato la cosa. Kendrik era andato a vivere con i babbani, nessuno sapeva esattamente dove ma, almeno, Charity era riuscita a capire il perché.

Suo fratello Kendrik era un magono, non aveva mai compiuto magie nonostante tutta la sua famiglia fosse composta da maghi. Ed era stato proprio a causa della famiglia che suo padre aveva preso la difficile decisione di mandarlo via, a vivere tra i babbani. Anche Charity, col tempo, aveva appoggiato la scelta di suo padre poiché, crescendo, aveva capito che Kendrik non sarebbe mai stato accettato da suo nonno o dai suoi zii e avrebbe finito solo per soffrire. Nonno Herbert le aveva raccontato cosa era capitato ai magono delle generazioni precedenti e ciò aveva rafforzato la convinzione che suo padre aveva preso la scelta giusta.

-Char- cominciò Gabe posando il bignè al cioccolato morso sul piatto davanti a lui. Charity sollevò lo sguardo spaventata e curiosa di sentire quello che il ragazzo voleva dirle. -Se hai smesso di mangiare per quello che e’ successo, per favore, smettila di farlo ok?-

Lei e Gabe avevano discusso dopo l’uscita al villaggio. Senza fermarsi a pensare, senza riuscire a bloccarsi prima di agire, Charity aveva riversato addosso al ragazzo due anni di sentimenti tenuti nascosti. Avrebbe dovuto seguire il consiglio di Cris, di contare fino a dieci prima di fare qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi. Ma Charity aveva passato i due anni precedenti a pensare a cosa sarebbe successo se qualcuno avesse scoperto che si era innamorata del suo migliore amico e, soprattutto, cosa sarebbe accaduto al loro rapporto dopo essersi dichiarata.

Quando aveva sentito le ragazze ai Tre Manici di Scopa dire che Fawley e la Bloom erano usciti insieme, qualcosa in lei era scattato e non era più riuscita a tenere a bada la gelosia. Era riuscita a non dare troppo peso al fatto che il suo migliore amico uscisse con diverse ragazze ripentendosi che non era niente di importante se ne cambiava una a settimana. Ma con Agatha era stato diverso. Agatha era esattamente il tipo di ragazza di cui lui si sarebbe potuto innamorare: bella, intelligente, brava a quidditch, praticamente perfetta. Sapeva che, se si fossero messi insieme, lei sarebbe stata messa da parte e questo non riusciva proprio ad accettarlo.

Dopo due anni passati a nascondere la verità a tutti e a se stessa, con la paura di perdere il suo migliore amico, non appena aveva incontrato Gabe non aveva potuto evitare di urlargli contro tutto quello che gli era passato per la testa. Ricordava di avergli detto che era un errore stare con Agatha, che avrebbe finito per rovinare il loro gruppo.

Se si fosse fermata a riflettere, o almeno, ad ascoltare quello che lui tentava di dirle, avrebbe capito che si era trattato di un errore. Ma lei era andata avanti per la sua strada, ignorando Gabe che le faceva notare che non era stato lui ad uscire con Agatha ma suo fratello Gaspard. Se avesse riflettuto un attimo si sarebbe ricordata dell’esistenza del fratello minore di Gabriel e, magari, avrebbe aspettato prima di aggredirlo.

Se ne era andata senza dargli il tempo di ribattere, si era completamente dimenticata di Camdem che la aspettava e aveva iniziato le sue ricerche per Juliette Summers. Aveva ignorato Gabe per giorni, fino a quando il ragazzo non l’aveva fermata in corridoio e l’aveva obbligata a chiarire.

Mai Charity si sarebbe aspettata di sentire le parole che lui le aveva detto. Mai avrebbe pensato che anche lui era stato assalito dai suoi stessi pensieri. Mai avrebbe pensato che anche lui si era innamorato di lei. Era queste le parole che aveva usato e che l’avevano spaventata. Lo aveva lasciato in quel corridoio, senza risposta ed era scappata via senza voltarsi.

-Non so se le cose potranno tornare come prima ma non possiamo continuare così- terminò mentre giocava con quello che restava del suo bignè.

-Posso solo dirti che, se tu sei felice con Camdem, io cercherò di essere felice per te. Non sarò entusiasta quando ti vedrò baciarlo ma mi basta sapere che starai bene. Solo, cerca di stare bene, ok? Non fare più come negli ultimi giorni-
Charity si limitò ad annuire, senza riuscire ad aggiungere altro. Gabe le sorrise prima di alzarsi e dirigersi verso l’uscita.




Note
Eccomi con la seconda parte. E’ un capitolo più lungo rispetto agli altri ma, non sapendo quando riuscirò ad aggiornare nuovamente, ho preferito non dividerlo ulteriormente.
Ci sarebbero un sacco di cose da spiegare, spero di riuscire a farlo nei prossimi capitoli.
Allora, riguardo al sogni di Charity… si tratta di un ricordo della sua infanzia quando, suo fratello di undici anni, viene mandato a vivere tra i babbani poiché nato senza poteri magici. Ho preso spunto da quello che Ron dice a Harry riguardo ad un cugino di sua madre che, essendo magono, e’ diventato ragioniere.
Secondo precisazione… i genitori di Charity lavorano nel Dipartimento per la cooperazione magica internazionale e, quindi, conoscono e parlano molte lingue che usano quando non vogliono farsi capire.
Terzo…il rapporto tra Gabe e Charity. Piano piano sta venendo fuori il motivo per il quale hanno litigato.
Quarto…piccola anticipazione! Tenete d’occhio il professor Figg, potrebbe rivelarsi importante per lo svolgersi della storia!
Grazie per essere arrivati fino a qui! Cercherò di aggiornare il prima possibile ma non prometto niente.
A presto, MairTonks.

  
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