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Autore: Signorina Granger    13/11/2016    8 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
1944: Gellert Grindelwald rappresenta più che mai una minaccia e la Camera dei Segreti è stata misteriosamente aperta da circa un anno; nemmeno Hogwarts è un luogo sicuro.
Nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che potrebbe aspettarli dopo il Diploma, il Preside Armando Dippet convoca alcuni tra i suoi più talentuosi ex studenti per far seguire delle lezioni nuove, creando così una classe speciale formata dai più capaci studenti dell’ultimo anno.
Queste nuove lezioni li aiuteranno ad affrontare la crudeltà della vita vera?
Oppure anche i loro nuovi insegnanti si ritroveranno ad imparare qualcosa da loro?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 17: I Patronus

 
                                                                                                                                   Mercoledì 10 Marzo, 17:00


“Dai andiamo, non possiamo fare tardi!” Jane sbuffò, cercando di districarsi tra il fiume di studenti che stava uscendo dalla Biblioteca: avevano avuto un tempismo pessimo per passare davanti al secondo piano.  

“Rilassati Jane, non ci uccideranno per un paio di minuti.” Dante, che camminava dietro di lei tenendola per mano, sorrise con noncuranza mentre invece la Tassorosso sembrava di altro avviso: non moriva dalla voglia di dover affrontare chissà quale mostro per aver fatto tardi a lezione...

“Di questo passo arriveremo nei Sotterranei domani, altro che pochi minuti... ma non puoi usare la tua voce come fai di solito?” Jane si voltò verso di lui, guardandolo con aria accigliata mentre Dante invece sorrise, fermandosi all’improvviso prima di fare pressione sul braccio di Jane, attirandola a sè senza tante cerimonie:

“DAN, CHE FAI? Siamo in ritardo, vuoi che Cavendish ci uccida?”

“Se ne farà una ragione... Non fare la guastafeste, piccola Jane.”

Dan sorrise con aria divertita, chinandosi per baciarla anche se la ragazza cercò di staccarsi dal suo abbraccio, squittendo nervosamente e arrossendo di colpo:

“Non davanti a tutti!”

“È proprio questo il punto, faccio capire a tutto il castello che sei solo mia... se vuoi posso anche dirlo a voce, ma così faccio prima.”

Dante sorrise e Jane sgranò gli occhi, orribilmente certa che sarebbe stato capace di alzarsi su una panca nella Sala Grande e urlare ai quattro venti che stavano insieme quella sera stessa, a cena.

Nel non sentirla controbattere Dan si chinò, baciandola con trasporto e sbuffando quando, pochi istanti dopo, Jane si staccò da lui per trascinarselo dietro verso i Sotterranei:

“Uffa Jane, non mi va di andare a lezione... voglio stare con te, ho due settimane da recuperare!”

“Smettila di fare il bambino... oggi ci saranno anche Carsen, Charlotte e la Goblets... sono sicura che sarà una lezione interessante.”

Jane gli sorrise e come sempre Dante si maledisse mentalmente per non riuscire a controbattere: in genere gli piaceva fare come voleva lui, ma con lei gli risultava impossibile impuntarsi.


                                                                                     *


Mentre apriva la porta dell'aula Antares sperò vivamente di non essere arrivato per ultimo: l'idea di stare in primo banco lo allettava ben poco, anche perché non aveva idea di cosa avrebbero dovuto fare quel giorno.

Tirò quasi un sospirò di sollievo nell’entrare in una stanza praticamente vuota, fatta eccezione per una figura dai capelli quasi scintillanti nella penombra, che era allegramente seduta nel banco in ultima fila:

“Oh, to’ guarda chi si vede... com’è che noi due siamo sempre i primi ad arrivare?”

“Non saprei... che sia per questo che ci hanno nominati Caposcuola?”

Antares si trascinò fino al terzo banco mentre parlava con tono decisamente acido, appoggiandoci la borsa sopra e lasciandosi scivolare sulla sedia: sarebbe volentieri andato a dormire dopo aver fatto da baby-sitter a suo cugino per tutto il pomeriggio... quasi quasi pretendeva un voto in più per Medimagia.

“Nervosetto, Black?” Il fatto che Isabella sembrasse decisamente allegra e quasi rilassata non contribuì a renderlo più socievole, limitandosi a fulminarla con lo sguardo prima di darle le spalle, posando gli occhi sulla cattedra e sperando che gli altri si sbrigassero ad arrivare.

Non aveva alcuna voglia di chiacchierare e fu quasi sollevato del silenzio che andò a crearsi, interrotto solo dalle dita pallide della ragazza che tamburellavano sul legno del banco con impazienza.


Dopo pochi istanti la porta si aprì, facendo entrare anche Oliver in compagnia di Ingrid, intenti a chiacchierare.

Oliver sorrise alla vista di Isabella, facendole un cenno mentre puntava dritto nella sua direzione:

“Ciao, carotina... non ho ancora avuto modo di ringraziarti per il suggerimento di questa mattina.”

“Te l'ho già detto mille volte, Oliver... non mi chiamare così! In ogni caso, forse sarebbe stato meglio se tu avessi capito correttamente. Mi mancavano proprio, le Liste di Prostituzione.”

Ingrid rise mentre Oliver si stringeva nelle spalle, per nulla turbato dalla sua gaffe... ci era abituato, quando si trattava di Storia della Magia:

“Beh, grazie comunque per il tentativo... mi faresti lezioni di labiale?”

“Temo di essere molto impegnata Olly... Sai, di recente qui mi stanno prendendo per un elfo domestico...”

“Non ci avevo riflettuto, ma la somiglianza è ammirevole...” Antares sfoggiò un sorrisetto mentre parlava a bassa voce, tenendo lo sguardo sul suo libro anche se non gli sfuggì il pesante tomo che gli sfiorò la testa di soli pochi centimetri, atterrando sul pavimento freddo della stanza con un tonfo sordo.

Si voltò verso la sua proprietaria con cipiglio perplesso, mentre Oliver rideva della grossa, seduto sul banco davanti a quello occupato da Ingrid e Isabella:

“Burton, credo ti sia sfuggito di mano il libro...”

“Colpa mia... mani di burro Black. Ma la prossima volta credo proprio che centrerò il bersaglio.”


                                                                                *


“D'accordo ragazzi... visto che ci siete tutti, possiamo cominciare. Come avrete notato, oggi non sono solo e abbiamo con noi qualche zavorra.”

"Tante grazie.” Lyanna inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e lanciando un'occhiata torva in direzione di Will, che era in piedi qualche passo davanti a loro, rivolto verso la classe.

“Ovviamente scherzavo. Abbiamo con noi una sola zavorra, gli altri due sono ospiti.”


William sfoggiò un lieve sorrisetto, non voltandosi verso i tre diretti interessati anche se era certo che il messaggio fosse comunque stato inteso correttamente... sentì di sfuggita infatti Regan ridacchiare, mentre un borbottio seccato di Charlotte giungeva alle sue orecchie contemporaneamente.

"Bene, bando agli indugi e conciamo, direi... visto che oggi abbiamo la lieta presenza dei qui presenti colleghi, non credo sia il caso di annoiarci sui libri... alzatevi, per favore, ci serve più spazio.”

Quando i ragazzi si furono rumorosamente alzati scostando le sedie Will fece planare all’istante banchi e sedie verso le pareti della stanza, addossandoli al muro con un semplice movimento della bacchetta.

“Bene. Allora ragazzi... è da un paio di settimane che non lo facciamo, direi che è ora di tornare a concentrarci sui Patronus... e già che ci siamo, vi mostreremo anche noi come si fa. Qualche obiezione?”

Will inarcò un sopracciglio, voltandosi verso Regan, Lyanna e Charlotte cercando dei segni di disapprovazione che non trovò. Charlotte deglutì, aprendo la bocca per dire qualcosa per poi richiuderla, abbassando lo sguardo sul pavimento quasi a disagio.

Probabilmente le avrebbe chiesto se c'era qualcosa che non andava, ma non era il caso di metterla in difficoltà davanti a tutti... così Will tacque, rivolgendosi di nuovo agli studenti che al contrario dell’Auror sembravano aver preso la notizia piuttosto bene.

“D'accordo, in tal caso possiamo cominciare... oggi avete anche più di un parere, se ne avete bisogno chiedete pure. Sapete la teoria, quindi potete cominciare.”

Will sorrise mentre ruotava su se stesso, rivolgendosi ai tre colleghi mentre si avvicinava: aveva imparato anni prima ad evocare un Patronus formato, non sarebbe stato certo un problema... ma sapeva che, benché la teoria non fosse affatto complicata, metterla in pratica non era molto semplice.

“Sai, sono sollevato... temevo che ci avresti chiuso in una gabbia insieme ad una Chimera.”

“Avevo preso in considerazione un’Acromantula, ma poi ho desistito... per noi questo non dovrebbe essere difficile.”

Regan sorrise, annuendo quasi con aria sollevata mentre si rigirava la bacchetta tra le dita, come se stesse pensando a che ricordo utilizzare: era passato molto da quando aveva evocato un Patronus l'ultima volta... il suo lavoro d'altronde non lo richiedeva mai, e per fortuna non aveva mai avuto il dispiacere di trovarsi davanti ad un Dissennatore.

“Come mai i Patronus?”

“Non capisco perché, ma il Ministero non vuole metterli nei programmi scolastici... a mio spero dovrebbero, non si sa mai. E poi stiamo facendo i Dissennatori e i Lethifold, sarebbe stupido non parlare anche dei Patronus. E poi, in questo modo la nostra Charlotte saprà cosa fare se dovesse trovarsi davanti ad un vero Velo Vivente.”

“In al caso non evocherei un Patronus Cavendish, mi limiterei ad usarti come scudo umano.”

Il tono acido di Charlotte non fece vacillare il sorrisetto divertito di Will, che quasi riuscì ad immaginarsi la scena:

“Oh, non ne dubito. In questo modo avresti un ricordo molto felice da usare per evocare un Patronus in futuro, no?”

Charlotte alzò lo sguardo su di lui, piegando le labbra in un sorriso privo di ironia o beffa forse per la prima volta da giorni:

“Ottimo spunto... grazie, Cavendish”


                                                                               *


Poteva un ricordo essere bello, felice... un ricordo che al solo pensarci la faceva sorridere, ma che allo stesso tempo era quasi doloroso?

Non sapeva nemmeno lei che cosa provasse di fronte a quelle immagini ormai quasi sfuocate, ma sapeva che se c'era un ricordo che le avrebbe permesso di evocare un Patronus formato, era quello.

Doveva essere quello, per forza.


“La mamma non si arrabbierà?”

“È soltanto acqua Bella, si asciuga da sola... e poi non la farò cadere, vedrai.”

“Secondo me non ce la fai... è impossibile.”

“Io posso fare qualunque cosa Bella, l'hai scordato per caso?”

Nicholas le sorrise, strizzandole l’occhio mentre camminava verso di lei lentamente, tenendo le braccia spalancate per mantenere l’equilibrio mentre camminava sulla trave di legno, tenendo in precario equilibrio un bicchiere colmo d'acqua sulla testa.
Isabella seguiva i movimenti del fratello quasi trattenendo il fiato, certa che sarebbe scivolato e avrebbe fatto cadere l'acqua sul prezioso tappeto della madre... Invece Nicholas si fermò davanti a lei, sfoggiando un sorriso carico di soddisfazione mentre si solleva il bicchiere dalla testa:

“Ma come hai fatto?”

“Io sono magico, Bella.”

“Beh, anche io se è per questo!” Isabella sbuffò, gonfiando le guance con irritazione come solo le bambine erano in grado di fare, mentre Nicholas ridacchiava e le arruffava i capelli rossi, strizzandole l’occhio con aria complice:

“Ma certo piccolina... sei molto speciale, un giorno lo capiranno anche mamma e papà, vedrai. Intanto però, io riesco a tenere l'acqua in equilibrio e tu no, rassegnati.”

“Un giorno anche io andrò ad Hogwarts, e allora diventerò più brava di te Nick.”

Isabella gli fece la linguaccia mentre il fratello maggiore ridacchiava, guardandola con gli occhi chiari pieni d'affetto:

“La vedremo... ma scommetti che riesco a farlo anche camminando all'indietro?”

“No che non ce la fai, è impossibile.” Isabella si strinse nelle spalle, guardando il fratello quasi con sfida. Il ragazzino però sorrise, prendendo la sfida alla lettera e appoggiando di nuovo il bicchiere sul proprio capo, muovendo un passo indietro leggermente incerto. Al terzo però il bicchiere si inclinò, baciandogli una spalla e parte della schiena, facendo scoppiare a ridere la sorellina mentre il vetro s’infrangeva sul pavimento della stanza.

“Lo sapevo... era impossibile, Nick!”

Isabella continuò a ridere e Nicholas, per ripicca, raccolse dal pavimento il secondo bicchiere che avevano preparato per giocare e glielo rovesciò addosso senza tante cerimonie, bagnandola a sua volta.

“Nick, la mamma si arrabbierà!” La bambina smise di ridere, guardando il vestito bagnato quasi con orrore mentre Nicholas rideva, prendendola per la vita e abbracciandola, facendole il solletico e facendola così scivolare sul tappeto.

“Ma no, ora andiamo davanti al camino così ci asciughiamo... la mamma non lo saprà mai Bella.” Nicholas sorrise, guardando la sorellina contorcersi mentre rideva, stesa sul tappeto accanto a lui. Dopo qualche istante l’abbracciò, accarezzandole i capelli rossi e sorridendole:

“Mi mancherai quando tornerò ad Hogwarts... ma presto verrai anche tu, e allora staremo di nuovo insieme, nessuno potrà mai dividerci.”

“Staremo insieme per sempre, vero Nick? Papà non mi vuole bene, ma tu sì. Vero?”

“Ma certo... staremo insieme per sempre, piccoletta.”




Le sembrò quasi di sentire la sua stessa risata riempire la camera mentre Nicholas le faceva di nuovo il solletico... ma poi tornò alla realtà, parlando a bassa voce mentre teneva lo sguardo basso:

“Expecto Patronum.”

Ormai non ci aveva quasi più sperato, ma sorrise nel vedere un animale saltare fuori dalla punta della sua bacchetta... l’antilope d’argento si voltò verso di lei, riflettendosi negli occhi lucidi della ragazza prima di saltellare via, lasciandosi una scia luminosa alle spalle.

Isabella lo segui con lo sguardo, annuendo impercettibilmente prima di parlare di nuovo, a voce ancora più bassa in modo che nessuno potesse sentirla... ma sperò che suo fratello ci riuscisse:

“Per sempre.”


                                                                                      *


La prima volta in cui aveva evocato un Patronus formato, aveva assunto l’aspetto di un gabbiano... solo un paio d'anni dopo però era cambiato, lasciandola quasi interdetta quando se n'era resa conto per la prima volta.

Ci aveva messo un attimo a realizzare che non era affatto un caso: conosceva qualcun altro con lo stesso Patronus, dopotutto.

Chiuse gli occhi, esattamente come aveva fatto altre volte. Per un attimo le sembrò davvero di lasciare l'aula è persino Hogwarts, tornando ad un giorno purtroppo ormai lontano... eppure straordinariamente vicino, tanto da riuscire a sentire il profumo dei fiori che teneva in mano mentre una porta davanti a lei si apriva, permettendole di avere una visuale completa della chiesa.

I suoi occhi non avevano indugiato neanche per un istante sulle persone sedute davanti a lei, posandosi subito su una persona infondo alla navata, in piedi davanti all’altare. Le dava le spalle e stava parlando con qualcuno quando la porta si aprì, ma sentendo il rumore si era subito voltato, ricambiando il suo sguardo prima di sorriderle.

Le era sembrato di non averlo mai visto felice come in quel momento, mentre la guardava con gli occhi luccicanti e un gran sorriso stampato in volto... e di conseguenza lei aveva ricambiato, sentendosi improvvisamente leggera come una piuma.

Lyanna agitò la bacchetta, quasi curiosa: avrebbe visto un gabbiano uscire dalla sua bacchetta, come molti anni prima?
Le sue labbra si piegarono in un sorriso vedendo la volpe saltare fuori dalla sua bacchetta, voltandosi verso di lei e guardandola quasi con curiosità.
Lyanna sorrise, gli occhi fissi sulla volpe che trotterellò via, ignara del significato che portava appresso.

Aveva ancora il suo stesso Patronus... guardando quell’animale argenteo lo sentì quasi accanto a lei, tenendole le braccia intorno alla vita e baciandole una guancia come aveva fatto centinaia di volte.

“Ciao, tesoro.”


                                                                                       *


Aveva sempre usato lo stesso ricordo quando aveva evocato un Patronus... non gli costava molta fatica, infondo.
Aveva aspettato un po’, osservando gli studenti provarci e anche i suoi stessi colleghi: Lyanna era stata la prima, evocando una volpe.

Non gli sembrava un animale particolarmente adatto alla donna, ma sapendo che era stata sposata dedusse che forse aveva preso la forma di quello di suo marito, come dicevano succedeva spesso... lui non era un grande fan di quella teoria, ma a quanto sembrava poteva succedere, a volte.

Will rivolse un lieve sorriso in direzione di una Isabella visibilmente soddisfatta, quasi volendosi congratulare silenziosamente con lei per esserci riuscita dopo diversi tentativi.

La Caposcuola ricambiò mentre il suo coniglio le saltellava intorno, quasi volendo richiamare la sua attenzione.

Will spostò lo sguardo, chiudendo gli occhi mentre si rilassava, tornando indietro a molti anni prima. Non aveva avuto molti momenti particolarmente felici, non prima di Hogwarts... eppure, qualcuno ce n'era lo stesso, anche se erano pochi.

Svuota la mente


Quasi senza rendersene conto sorrise appena, ritornando con la memoria ad una sera di tanti anni prima, quando un bambino era seduto sul suo letto, aspettando sotto le coperte con impazienza... non aveva nessuna intenzione di dormire, non finché quella porta non si sarebbe aperta.

Il bambino sorrise con sincera gioia quando la porta si aprì lentamente e un volto decisamente familiare spuntò sulla soglia, guardandolo con aria intenerita:

“Signorino Will... è ancora sveglio, vedo.”

“Certo!”

Aveva sfoggiato il suo sorriso migliore, consapevole di essere adorabile con il pigiama azzurro addosso e il ciuffo di capelli castani sparato in aria... non era cambiato poi molto, in effetti.
La donna aveva sospirato, arrendendosi al fatto che non sarebbe cambiato mentre entrava nelle stanza, tenendo tra le mani la più grande tazza che Will avesse mai visto.


Will tese le braccia, afferrando la tazza piena di latte e cioccolato prima di berne un generoso sorso, sotto lo sguardo affettuoso della donna, la persona più vicina ad una madre che avesse mai avuto.

“Come le ho insegnato a dire, signorino?”

“Grazie.” Will sorrise con sincero affetto alla tata, emergendo dalla tazza e guardandola con un baffo di latte sopra al labbro e facendola sbuffare, pulendogli la bocca con un fazzoletto.

“Deve restare il nostro segreto, mi raccomando...”

“Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno.”



Lei gli aveva strizzato l'occhio e come tutte le sere era uscita dalla camera del bambino, lasciandolo solo insieme alla sua quotidiana dose si affetto sotto forma di tazza di latte.


Aveva agitato la bacchetta tenendo ancora gli occhi chiusi, aprendoli solo dopo qualche istante: il consueto sorriso compiaciuto gli comparve sul volto nel vedere il coniglietto d’argento saltellare sul pavimento, intorno agli studenti e attirando molti sguardi ammirati.

Voltandosi aveva notato che anche Charlotte stava osservando il Patronus, ma con un’espressone quasi distante, come se in realtà stesse pensando ad altro.

Spinto da una forza sconosciuta Will si ritrovò ad avvicinarlesi quasi automaticamente, fermandosi accanto a lei e sorridendole:

“Bello vero? Quasi quanto il suo proprietario.”

“Oh, certo, stavo giusto pensando a questo.”

Charlotte spostò lo sguardo su di lui, scoccandogli un’occhiata quasi esasperata mentre lui invece sorrideva con fare leggermente beffardo, chiedendosi al contempo a cosa stesse pensando:

“Non ne dubito... Perché non evochi il tuo Patronus, Charlotte?”

“Sono stata ad un funerale oggi. Non sono molto in vena di... pensieri felici.”

Charlotte si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo quasi come se si vergognasse... non aveva mai avuto problemi ad evocare il suo Patronus, ma quella proprio sembrava non essere giornata.



“Credo che tu sappia meglio di me che a volte non ci sia tempo per riflettere. Se avessi davanti un Dissennatore lo evocheresti senza pensarci due volte, ne sono sicuro.”

“È un modo per dirmi che ne metterai uno in bagno?”

Charlotte inarcò un sopracciglio, facendolo sorridere leggermente mentre scuoteva il capo:

“Per chi mi hai preso Selwyn, non arriverei mai a tanto... ma basta chiacchierare, concentrati e chiudi gli occhi.”

“Guarda che non sei il mio insegnante!”

“Fallo e basta, per una volta non replicare ad ogni cosa che dico!”


Will sbuffò, avvicinandosi di un paio di passi alla collega mentre Charlotte decideva, per una volta, di obbedire senza contestare: forse non era il caso di tirare su una discussione nel bel mezzo della lezione.

“Strano, mi hai ascoltato davvero... tutto bene Selwyn?”

“Si Cavendish, ma smettila di parlare!” CeCe sbuffò appena, mentre cercava di focalizzarsi su un particolare ricordo... peccato che la voce di Will glielo rendesse praticamente impossibile. Nonostante tenesse gli occhi chiusi avrebbe giurato che lui avesse sorriso alle sue parole mentre si spostava dietro di lei, mettendole le mani sulle spalle.

Di fronte a quel gesto Charlotte spalancò gli occhi, facendo per schizzare via alla velocità della luce anche se Will glielo impedì, sbuffando e tenendola ferma facendo pressione sulle sue spalle:

“Andiamo Charlotte, non ti mangio! Fidati, per una volta...”

Charlotte borbottò qualcosa di incomprensibile, ma dopo un attimo di esitazione chiuse di nuovo gli occhi, cercando di rilassarsi mentre sollevava leggermente la bacchetta davanti a se:

“Ok... Pensa alla persona che ami di più. Un ricordo legato a questa persona ce lo dovrai pur avere, no? Non pensare a quello che hai visto stamattina Charlotte, pensa a qualcuno a cui tieni... e rilassati, sei sempre iper nervosa e pronta a scattare alla minima cosa.”

Non seppe perché, ma fece davvero quello che le stava dicendo Will... e non aveva alcun dubbio, su chi fosse la persona che amava di più.


Ben presto si dimenticò di essere ad Hogwarts a lezione, si dimenticò di tutto quello che era successo negli ultimi mesi e delle mani di Will sulle sue spalle.
Era a casa sua, di nuovo.

E rideva come non si sentiva fare da diverso tempo.

Sentiva le braccia di suo fratello strette intorno alla sua vita mentre la teneva sollevata, i piedi staccati da terra mentre giravano su se stessi, entrambi ridenti mentre stavano abbracciati l'uno all'altra.

“Sean, mettimi giù!”

Come sempre lui non l'aveva ascoltata, strizzandole l’occhio mentre la faceva roteare sul liscissimo pavimento della sala da ballo deserta, fatta eccezione per loro due.

Dopo pochi istanti erano entrambi scivolati sul pavimento, ma non si erano alzati ed erano rimasti stesi per terra senza smettere di ridacchiare:

“Sai, non credo che si faccia così.”

“Nemmeno io... ma a chi importa? Noi facciamo sempre quello che vogliamo, no?” Sean le aveva sorriso, strizzandole l'occhio e tenendola abbracciata a sè come faceva anche quando erano piccoli.

“Già... non siamo ballerini nati, la mamma dovrà farsene una ragione.”

“Lo penso anche io... dici che ci toglierà il saluto se alla festa di domani balleremo così?”

“Non credo, ma se anche fosse non mi importa di loro... mi basta il mio fratellone.”

“Ci vuole bene Charlie... a modo suo, ma ci vuole bene.”

“Sta zitto Sean, tu sei il suo principe perfetto... ti adora eccome, ma non so se lo stesso si possa dire di me.”

 
Charlotte sbuffò, dando una pacca sulla spalla del fratello mentre si rigirava sulla schiena, osservando l’alto soffitto della sala e l’enorme lampadario che dondolava sopra le loro teste.
 
“Le hai dato filo da torcere da quando avevi cinque anni, Charlie… Lei voleva una bambolina da pettinare, invece ha avuto un piccolo tornado dalla lingua biforcuta. E’ stato una specie di shock per nostra madre…”
 
“Come osi, io non ho la lingua biforcuta… dico solo le cose come stanno!”
 
Charlotte sbuffò, colpendo di nuovo il fratello su un braccio e facendolo ridacchiare, guardandola con aria divertita:
 
“Come ti permetti tu di colpire un tuo superiore, semmai! Non scordare che sono di grado superiore a te, piccoletta.”
 
“Non ho 15 anni Seannie, non chiamarmi così… e smettila di fare la mamma chioccia al Dipartimento, credei che non sappia che hai richiesto tu di avermi nella tua squadra?”
 
“E tu non chiamarmi Seannie allora… in ogni caso è ovvio che l’ho richiesto, ti devo tenere d’occhio… e assicurarmi che non ti succeda niente.”
 
Sean le sorrise con aria innocente, facendola sbuffare mentre borbottava qualcosa sul fatto che in famiglia tutti cercassero di controllarla costantemente.
 
“Sono tuo fratello maggiore Charlie, se non lo faccio io chi ci deve pensare?”
 
“Lascia perdere, se ripenso a quella volta in cui hai minacciato di avvelenare due del secondo anno solo perché mi avevano preso in giro…”
 
Charlotte piegò le labbra in una smorfia mentre invece il fratello rise, ricordando l’aneddoto con maggiore divertimento rispetto a lei.
 
“Te l’ho detto Charlie, proteggerti è uno delle mie occupazioni da sempre… e continuerò a farlo ancora per molto, salvo imprevisti.”
 
“Niente imprevisti, ho bisogno di te Seannie… perciò vedi di non farti succedere niente.”
 
Agitò la bacchetta, evocando il suo Patronus non verbalmente… e quando riaprì gli occhi sorrise debolmente, guardando per la prima volta dopo diverso tempo il puma d’argento che ricambiava il suo sguardo, fermo davanti a lei come se fosse in attesa di ricevere qualche ordine preciso.
 
Will le diede un colpetto su una spalla che la riportò alla realtà, spostandosi per poterla guardare in faccia e sorridendole appena:
 
“Discreta studentessa… tutto merito dell’insegnante però, ovviamente.”
 
“Ovviamente.”      Charlotte ricambiò il sorriso, non aggiungendo altro anche se una singola parola aleggiava nell’aria, tra lei e William, una parola che difficilmente avrebbe pronunciato ad alta voce visto quanto era orgogliosa: grazie.
 
                                                                                   *
 
“Che strano, ero convinta di averlo lasciato qui…”
 
Rosalie Prewett sollevò gli strofinacci e le pirofile che affollavano il tavolo, cercando il tagliere con il cioccolato che aveva frantumato poco prima.
 
Quando, pochi istanti dopo, lo ritrovò con il cioccolato praticamnete dimezzato spostò subito lo sguardo sulla bambina in piedi su uno sgabello accanto a lei, mettendosi le mani sui fianchi a mo’ di rimprovero:
 
“JANE PREWETT!”
 
“Non sono stata io!”    Jane sgranò gli occhioni azzurri, nascondendo le mani sporche di cioccolato dietro la schiena e stampandosi in faccia l’espressione più innocente che le riuscì, facendo sospirare la madre:
 
“Ah sì? E allora chi è stato?”


“Non lo so… magari è stata Winnie!”
 
Rosalie lanciò un’occhiata all’elfa domestica che stava lavando i piatti a poca distanza, sbuffando leggermente e guardando la figlia con aria esasperata:
 
“Non essere sciocca Jane, lo so che sei stata tu… e visto che ti sei già servita, forse è il caso che la mangino Rex e Connie.”
 
Un’espressione affranta incupì il visino pallido di Jane, che abbassò lo sguardo con aria malinconica, parlando con un filo di voce:
 
“Scusa mamma…”
 
Rosalie sorrise, non riuscendo a restare arrabbiata di fronte alla dolcezza della figlia, allungando una mano opera darle un pizzicotto su una guancia:
 
“Dai, non importa… ma la prossima volta ti terrò d’occhio, piccola peste. E ora aiutami, dobbiamo frantumare altro cioccolato visto che una parte è misteriosamente scomparsa nel lasso di tempo io cui sono andata a lavarmi le mani.”
 
Jane sorrise con finta aria angelica di fronte all’ironia della madre, che la guardò con gli occhi pieni d’affetto:
 
“Sei una piccola peste travestita da angioletto, non è così piccola? Dai, aiutami... dobbiamo finirla prima che papà torni a casa.”
 
Jane sorrise, rivedendo se stessa con le dita sporche di farina che aiutava la madre a fare una torta e poi suo padre che spuntava sulla soglia della cugina, sorridendole e prendendola in braccio come faceva ogni sera, tornato dal lavoro.
“Hai fatto una torta con la mamma per me, principessa?”      Suo padre le sorrise, gli occhi azzurri tremendamente simili ai suoi che la osservavano, ridenti di fronte alle mani e ai vestiti sporchi della figlia.
“No papà, è per gli zii che vengono domani… Ma se vuoi ne faccio una per te!”
Jane sorrise con sincera allegria mentre il padre, dopo aver infilato una mano nella farina, le sporcava ulteriormente le guance, facendola ridere.
“Peter, credo che sia già abbastanza ricoperta di farina senza il tuo contributo…”
Rosalie, che si stava pulendo le mani su uno strofinaccio, guardò i due con aria leggermente scettica mentre invece il marito sorrise, parlando alla figlia che teneva ancora in braccio:
 
“Che dici, lanciamo la farina anche alla mamma?”
 
Jane sorrise e annuì, quasi entusiasta all’idea del padre… un attimo dopo suo padre e sua madre ridevano, tirandosi farina addosso a vicenda e imbiancando così tutta la cucina.
 
Jane boccheggiò, gli occhi improvvisamente lucidi mentre stringeva la bacchetta tra le dita, incapace di pronunciare l’incantesimo.
 
La ragazza sbattè le palpebre per cacciare le lacrime mentre i ricordi di suo padre le affollavano la mente, non riuscendo a non pensare che andandosene si era portato via anche la felicità di sua madre.
 
E se da una parte sentiva che non l’avrebbe mai potuto perdonare, dall’altra le mancava l’uomo che la coccolava e le sorrideva, chiamandola “principessa”.
 
Un paio di braccia la strinsero inaspettatamente per la vita e prima di potersene rendere conto Jane si ritrovò stretta in un abbraccio da Dante, che le diede un bacio sulla nuca:
 
“Lo so che ti manca, Jane…” 
 
Jane deglutì, annuendo con un debole cenno del capo senza riuscire a proferire parola prima di chiudere gli occhi, appoggiando la testa al petto di Dante e lasciandosi abbracciare.
Il ragazzo sospirò mentre le accarezzava i capelli, trattenendosi dal dirle che non meritava le sue lacrime: qualcosa gli diceva che non era il momento per dire una cosa del genere…
“Non ci riesco.”
 
“Non lo devi fare per forza oggi piccola… ci riproverai.”         Dante abbassò lo sguardo, sorridendole con aria incoraggiante mentre lei annuiva debolmente, forse non del tutto convinta delle sue parole.
 
                                                                          *
 
Non la smetteva di sorridere, non ascoltando minimamente quello che il prete stava dicendo e continuando invece a voltarsi verso Stephanie, tenendola per mano e stando seduto accanto a lei.
Conscia del suo sguardo la donna si voltò, sorridendogli e accarezzandogli leggermente il palmo della mano.
 
Forse avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione alla cerimonia, ma proprio non ci riusciva… si sentiva troppo felice, emozionato e nervoso allo stesso tempo per potersi concentrare su qualunque cosa se non su quella che stava per diventare sua moglie.
 
Regan sorrise, sentendosi tutto ad un tratto incredibilmente gioioso al solo ricordo del giorno del suo matrimonio… quando aveva visto Stephanie, quando le aveva scostato il velo dal viso, quando l’aveva baciata e quando aveva ballato insieme a lei… ad un anno di distanza tutto era perfettamente impresso nella sua memoria, portandogli più felicità di qualunque altro ricordo che avesse.
 
“Expecto Patronum.”
 
Un leone d’argento balzò fuori dalla sua bacchetta, correndo subito a rincorrere l’antilope di Isabella in compagnia del puma di Charlotte, mentre invece il coniglietto di Will saltellava da una parte all’altra per sfuggire agli artigli della volpe di Lyanna, che ridacchiava insieme a Charlotte, trovando la situazione molto divertente, al contrario di un corrucciato William che osservava il suo Patronus quasi come se fosse in pena per lui.
 
Regan seguì i movimenti del suo Patronus con lo sguardo, provando improvvisamente una sensazione fastidiosa di vuoto allo stomaco: non poteva fare a meno di pensare a quanto Stephanie gli mancasse… gli mancava sua moglie che lo andava a salutare al Ministero, che cercava invano di farlo uscire con la cravatta messa in ordine e che, quando usciva prima di lui al mattino, cercava di fare piano per non svegliarlo anche se lui si alzava lo stesso, incurante dell’ora per salutarla.
 
L’uomo sbuffò appena, passandosi una mano tra i capelli lisci e spettinandoli leggermente, mentre Lyanna gli si avvicinava, sorridendo:
“Pensavi a tua moglie?”
“Si… mi manca molto.”
“Già… anche a me lui manca.”
Lyanna sfoggiò un sorriso malinconico, osservando la sua volpe che trotterellava in giro per la grande stanza. Regan aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse in fretta, temendo di poter essere indiscreto o di ferirla… sapeva di non poter lamentare la mancanza di Stephanie, perlomeno non di fronte a Lyanna.
 
“Tranquillo Reg, non mi offendo… è più che lecito che lei ti manchi.”
Quasi leggendogli nel pensiero Lyanna gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla prima di superarlo e avvicinarsi ad Isabella ed Ingrid, lasciandolo nuovamente solo e leggermente stupito, chiedendosi come facesse a sapere sempre cosa pensasse.
 
                                                                             *
 
“Astrid, che fai? Devi mettere lo zenzero prima di mescolare!”
 
“Smettila di fare la sapientona!”    Astrid sbuffò, facendole la linguaccia e continuando a mescolare l’impasto per i biscotti, ignorando la sorella maggiore.
 
“Ma così non saranno veri biscotti di Natale, senza lo zenzero… Dai, lo metto io.”  Ingrid sbuffò, allungando una mano per prenderle la scodella dalle mani anche se la sorellina glielo impedì, scostandosi appena in tempo mentre la madre delle due si avvicinava al tavolo per, come al solito, spegnere il possibile incendio imminente: 
“Smettetela di discutere, voi due… lo mezzo io, così non litigate.” 
“Noi non discutiamo mamma, ci vogliamo bene… vero Ingrid?”
Anne roteò gli occhi di fronte ai sorrisi angelici delle due figlie, prendendo il mestolo dalle mani della piccola di casa per mescolare al suo posto.   
“Certo, come no… Ingrid, che accidenti ti sei messa in testa?” 
La donna inarcò un sopracciglio, vagamente perplessa di fronte al capello da Babbo Natale che la figlia maggior si era infilata. Ingrid sorrise, divertita dalla faccia della madre prima di stringersi nelle spalle, parlando quasi come se fosse ovvio:
“Mamma, è la Vigilia di Natale… che cosa dovrei mettermi, un capello con le orecchie da coniglietto pasquale?” 
“Beh, ti starebbero benissimo…”   Astrid sfoggiò un sorrisetto beffardo, lanciando alla sorella un’occhiata divertita che la fece sbuffare: 
“Grazie tante, sempre in vena di complimenti tu… mettiti questo, invece di prendermi in giro!”
Ingrid si sfilò il cappello e lo mise alla sorellina, che scoppiò a ridere mentre la madre delle due cercava di rimanere seria… proposito che non andò a buon fine visto che l’immagine della figlia con un paio di orecchie da coniglio in testa la fecero irrimediabilmente ridacchiare, con grande indignazione di Ingrid: 
“Mamma, anche tu? Vi siete messe d’accordo contro di me?”
Ingrid sbuffò, prendendo una manciata di zenzero e lanciandolo senza tanti preamboli addosso alla sorellina e alla madre, che ridendo abbandonarono momentaneamente l’impasto per i biscotti per ricambiare, dando così vita ad una specie di battaglia a base di zucchero e farina.  
Con le risate di quel pomeriggio ancora in testa Ingrid sorrise, pronunciando l’incantesimo a bassa voce.
Il sorriso sul volto della ragazza si allargò nel vedere l’animale che uscì dalla sua bacchetta: era sempre stata molto curiosa, in effetti… ma non si sarebbe mai aspettata di avere una papera come Patronus.
Sua sorella l’avrebbe di certo trovato molto divertente, quando glie l’avrebbe detto… Già immaginava di vederla ridacchiare, di fronte alla notizia.
Ingrid guardò il suo Patronus zampettare confusionariamente sul pavimento dell’aula, non potendo fare a meno di chiedersi se avrebbe avuto un altro Natale come quello a cui aveva pensato per evocarlo.
 
                                                                                     *
 
Dante era inginocchiato davanti al caminetto, guardando i tizzoni ardenti quasi in attesa: non lo vedeva da mesi… e non vedeva l’ora di poter sentire di nuovo la voce del suo fratellone preferito.
 
Era la prima volta in assoluto in cui era felice di quello che aveva fatto… per una volta non aveva fatto male a nessuno, anzi: era riuscito a far smettere di piangere Coraline grazie alla sua magia, era riuscito a far smettere di star male Francies, che era caduto da un albero facendosi male… non sapeva nemmeno come, ma aveva fatto sbocciare fiori per tutto il giardino e le scintille colorate avevano in qualche modo fatto smettere di piangere la sorellina, poco prima in preda al panico per la punizione che i genitori avrebbero affibbiato a tutti e tre per essere saluti sull’albero senza supervisione… per la prima volta era riuscito davvero a fare del bene, senza fare male a nessuno.
 
E suo padre gli aveva promesso che quella sera avrebbe potuto parlare con Lucas per la prima volta dopo mesi, da quando era partito per Hogwarts.
 
Un gran sorriso comparve sul volto del bambino quando il viso familiare e sorridente di Lucas comparve tra le fiamme, guardandolo con affetto:
 
“Ciao, campione!”
 
“Luke!”
Dante fece per protendersi e abbracciarlo, ricordandosi però che non era davvero davanti a lui e fermandosi appena in tempo, risparmiandosi una bella scottatura.
 
“Mi sei mancato…”
 
“Anche tu, piccoletto… ma sono riuscito a salutarti, anche se non abbiamo tanto tempo. Mamma e papà mi hanno detto cos’hai combinato… te l’ho sempre detto, che puoi aiutare le persone invece che fare del male. Ma devi essere tu a convincerti e a capirlo.”
 
“C’erano un sacco di colori, Luke… e Cora non piangeva più. E neanche Francies, sono stato bravo?”
 
“Bravissimo, campione… ora sei tu il più grande, devi badare ai marmocchi mentre noi non ci siamo, intesi?”
 
“Non preoccuparti Luke, lo farò.”   Dante sfoggiò un sorriso allegro, annuendo al contempo e mostrando il dente che aveva irrimediabilmente scheggiato durante una delle innumerevoli zuffe tra fratelli.
Lucas gli sorrise, guardando il fratellini prediletto con affetto:
 
“Ci credo… sono fiero di te, Dante. Tutti noi lo siamo, non dimenticarlo mai.”
 
 
“Expecto Patronum.”
 
Dante sorrise nel vedere qualcosa balzare fuori dalla punta della sua bacchetta, inclinando leggermente il capo e cercando di capire di che animale si trattasse: un lupo, forse?
“Coyote… a che pensavi?”  
La voce di Jane lo riscosse, facendolo voltare nella sua direzione e sorriderle, stringendosi nelle spalle:
“Ai miei fratelli… quando ho capito che erano fieri di me.”
“E perché non dovrebbero esserlo? Sei tu che sei sempre stato troppo critico con te stesso, Dan.”
Jane sorrise, avvicinandoglisi e abbracciandolo, esattamente come lui aveva fatto con lei, solo poco prima.
“Forse… in effetti però se non sei scappata a gambe levate, non devo essere tanto male, no?”
 
                                                                                 *
 
“Dici che qui non ci troveranno?”
“Assolutamente si… qui non mi trovano mai.”        Antares sorrise alla domanda di Rod, alzandosi al contempo in punta di piedi per sbirciare attraverso una fessura: sentivano distintamente i genitori che li chiamavano a gran voce… forse un po’ gli dispiaceva fare preoccupare sua madre, ma giocare a “nascondino” era comunque divertente.
“Però dobbiamo uscire in tempo per il the, ricordatelo…”
“Tranquillo Rod, non ti farai mai perdere il tuo prezioso the…”   Antares ridacchiò, guadagnandosi un’occhiata torva da parte del suo migliore amico, che incrociò le braccia al petto e lo guardò con aria offesa, sembrando più che mai un piccolo lord con i capelli neri pettinati e la piccola giacca color bordeaux addosso.
“Dai, non fare quella faccia… seguimi, andando di qua si arriva alla Sala da Ballo!”
Antares sorrise, facendo cenno all’amico di seguirlo per il tunnel fin troppo stretto per una persona adulta, ma loro due ci passavano perfettamente.  
“Ma è pieno di polvere…” 
“Scusi Altezza, la prossima volta provvederò a pulire prima di portarla qui… andiamo Rod, vieni e non ti lagnare!”
Antares scomparve nello stretto imbocco senza aggiungere altro, sentendo distintamente l’amico sbuffare prima di seguirlo, non avendo nessuna intenzione di restare da solo in quella stanzetta buia, nascosta dietro ad un arazzo.  
“Va bene, arrivo… ma la prossima volta ci nascondiamo in giardino in mezzo alle aiuole di tua madre!”
Aveva riso alle parole dell’amico, immaginando se stesso in compagnia di Rod a rotolarsi in mezzo ai fiori della madre… e allora sì, che sarebbero stati nei guai.
 
“Expecto Patronum.”
 
Sorrise, a metà tra il soddisfatto e il sollevato, quando vide un animale d’argento saltare fuori con eleganza dalla punta della sua bacchetta, atterrando sul pavimento della stanza e voltandosi verso di lui, osservandolo per un istante prima di trotterellare via, librandosi a mezz’aria e attirando più d’uno sguardo.
 
Ci aveva pensato spesso, chiedendosi che forma avrebbe assunto il suo Patronus… e poteva ritenersi soddisfatto ora che aveva finalmente una risposta.
Antares seguì i movimenti del suo Patronus con lo sguardo, osservando il leone d’argento aggirarsi tra i suoi compagni con la criniera che si muoveva sinuosamente, creando delle onde luminose quasi ipnotiche.
 
Le labbra del ragazzo si inclinarono leggermente in un sorriso, appuntandosi mentalmente di scrivere a Rod quella ser stessa… probabilmente non gli avrebbe detto che aveva pensato a lui quando l’aveva evocato, ma avrebbe potuto fargli notare che ora era in grado di evocare il suo Patronus, che aveva preso la forma di un leone… Ovvero uno degli animali più temibili, forti e conosciuti. Sentiva quasi l’invidia pungente di Rod anche a km di distanza…
 
                                                                                  *
 
Oliver strinse la bacchetta tra le dita, imprecando mentalmente mentre contorceva la mascella con evidente irritazione: detestava il non riuscire ad evocare il suo Patronus… quanto meno, non formato del tutto.
 
In fin dei conti nemmeno Jane ci era riuscita, quindi almeno non era l’unico… ma era comunque molto sconfortante, anche se tutti gli insegnanti gli avevano detto di non darci molto peso e di non abbattersi: molti avevano qualche difficoltà ad evocare un Patronus formato, all’inizio… non era il primo, e nemmeno l’ultimo.
 
In ogni caso, il non esserci riuscito lo demoralizzava comunque… forse il ricordo che aveva usato, il suo primo incontro vero e proprio con Ethan sul campo da Quidditch qualche anno prima, nonché quando erano diventati amici, non era abbastanza intenso… era sicuro che fosse uno dei più belli che avesse, ma forse non era abbastanza.
 
Il Grifondoro sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e dicendosi di non pensare ancora a quella storia… l’aveva già fatto stare male abbastanza in passato, non era il caso di riportarla a galla.
 
Non potè fare a meno di pensare che forse quel ricordo gli avrebbe permesso di evocare il suo Patronus, se Ethan non se ne fosse andato… ma non l’avrebbe mai saputo con certezza.
 
“Dai, non fare quella faccia… se ci sono riuscita io puoi farlo anche tu, datti tempo.”
 
Ingrid gli sorrise con gentilezza, quasi invitandolo a non demoralizzarsi mentre gli passava davanti per uscire dall’aula insieme a tutti i loro compagni.
 
Oliver si sforzò di annuire, ricambiando debolmente il sorriso prima di seguirla fuori dalla stanza.
 
“Spero che tu abbia ragione… non mi ricordo, il tuo era una papera?”
 
“Si… e devo dire che è stata una sorpresa, un animale abbastanza insolito… ma evidentemente mi rispecchia. Dai, andiamo a cena… ho bisogno di buttare giù qualcosa dopo tutti questi ricordi e sentimentalismi, e credo anche tu.”
 
Oliver sorrise, annuendo e seguendola fuori dall’aula; sperava davvero che la Corvonero avesse ragione, visto che non voleva essere da meno dei suoi compagni… e poi era curioso di sapere che forma avrebbe assunto il suo Patronus, dopo aver visto quelli degli altri.
 
                                                                                         *
 
Dopo essersi chiusa la porta alle spalle si sfilò velocemente le scarpe, lasciandole con noncuranza accanto alla porta. Alzò le mani in un gesto automatico per legarsi i capelli, come faceva sempre quando restava da sola… ma la sua attenzione venne catturata quasi con magnetismo da qualcosa.
 
O meglio da qualcuno, che ricambiava il suo sguardo e che sorrideva nella sua direzione, come l’aveva visto fare milioni di volte.
 
Charlotte rimase immobile per un attimo, gli occhi fissi sulla pagina di giornale che aveva attaccato al muro due mesi prima… e che non aveva più toccato, lasciandola lì per giorni.
 
Camminando a piedi scalzi sul pavimento freddo e liscio si avvicinò alla parete, senza staccare gli occhi dall’articolo e in particolare dalla fotografia in bianco e nero di suo fratello, animata e che lo ritraeva sorridente, con la divisa blu e oro addosso.
 
Deglutì, alzando una mano per sfiorare la fotografia con le dita leggermente tremanti. Dopo qualche istante appoggiò completamente il palmo sulla foto, coprendola dalla sua visuale e sospirando leggermente. Rimase immobile per qualche istante ma poi si decise, staccando la pagina dal muro con un solo, secco gesto.
 
Il camino era già stato acceso, probabilmente dagli elfi, e Charlotte gli si avvicinò con la pagina della Gazzetta del Profeta stretta in mano, lanciandoci un’ultima occhiata prima di lasciarla cadere tra le fiamme.
 
Quella mattina, di fronte alla lapide di John, aveva capito che era arrivato il momento di chiudere quella storia… o almeno, di iniziare a farlo.
Sfortunatamente, loro non c’erano più… e non era giusto nei loro confronti non vivere appieno, non quando a loro quella possibilità era stata brutalmente negata.
 
Charlotte rimase immobile, osservando la sottilissima carta ripiegarsi su se stessa mentre le fiamme iniziavano a consumarne gli angoli… ben presto non sarebbe rimasta che cenere.
 
Ma infondo, non le serviva un articolo per ricordarsi di suo fratello e di quello che era successo.
Non l’avrebbe dimenticato in ogni caso, anche senza quel promemoria che si era imposta da sola.




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Angolo Autrice:

Buonasera! Come avevo predetto, il capitolo è davvero molto lungo... spero che non vi abbia annoiato, ma è uscito una specie di papiro.
Come sempre grazie per le recensioni, ci sentiamo in settimana con il seguito... spero che vi sia piaciuto, a presto e buonanotte!

Signorina Granger
   
 
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