La leggenda di Camelot.
Atto
V – Draco dormiens.
Druella Fitzroy in Goldstein era sempre stata una
donna pacata, estremamente riflessiva ed amante del silenzio e della calma che solamente
le ore di allenamento nella Sala Blu dell’Accademia potevano garantirle. In
quel momento, tuttavia, facendo la sua entrata trionfale accompagnata da un
altrettanto furioso Anthony, tutta quella calma che suo nonno aveva impiegato
anni a garantire sembrò perdersi nel nulla.
Erano stati smaterializzati a casa da degli Auror appostati giusto fuori dai confini dell’incantesimo,
sistemati lì con il compito di aspettare ed avvisare autorità maggiormente
competenti nel caso in cui ci fossero state novità sia positive che negative.
Fra questi c’era anche Merrick Rosier1,
che il vecchio Fitzroy aveva corteggiato
per anni nella speranza che si unisse all’Accademia per portare avanti la
vecchia tradizione di famiglia e rendere onore al suo vecchio zio Evan. Per una qualche ragione, però, lei si era sempre
rifiutata ed anche in quel momento aveva preferito delegare ad altri il compito
di accompagnarli.
«Nonno!» sbottò
la giovane, buttando via lo stupido e pesantissimo mantello che aveva trovato nell’armadio
della torre. «Per tutte le cavallette, nonno
vieni immediatamente fuori o butto giù tutta la scuola!».
Attirati da quelle urla belluine, gli studenti
dell’Accademia sbucarono da dietro le porte chiuse, osservando la loro futura
direttrice ed uno degli insegnanti attraversare quel corridoio ricoperto da
marmo italiano come se fossero stati sul punto di realizzare davvero quella
minaccia che lei aveva appena urlato ai quattro venti.
Lord Gerarld Fitzroy era
un uomo anziano che manteneva comunque la sua aria di algida e rispettosa
superiorità, soprattutto quando si veniva a dei duelli: nonostante si fosse
ritirato dalla scena da almeno cinquant’anni – da quando, naturalmente, suo
figlio William aveva preso il suo posto, seguito a ruota dall’unica nipote –
nessuno metteva in dubbio che fosse ancora il migliore. Le sue lezioni erano
rare e preziose, quindi, quando l’ultima della sua stirpe iniziò a sbraitare
come una banshee imbizzarrita, fu con non poco
stupore che i suoi alunni spostarono l’attenzione da lui e la portarono sulla
porta, oltre la quale le urla continuavano a susseguirsi.
«Cosa sta succedendo?» mugugnò il vecchio,
rialzandosi dalla sua poltrona ed avviandosi all’uscita, venendo tuttavia
interrotto dallo spalancarsi dei battenti e da un caos a dir poco inconcepibile
in quei luoghi che lui aveva sempre considerato come sacri. «Druella, per
Merlino! Ti sembra questo il modo di-».
«Tua madre!»
sbraitò lei, impedendogli di continuare e puntandogli contro il dito. «Tua
madre ha rovinato il mio viaggio di nozze! Ho rischiato di essere violentata da un vecchio maniaco!». Dietro di lei,
Anthony annuiva con aria grave, senza neppure accennare a calmare la sua sposa
– cosa che era ormai solito fare dal giorno stesso in cui si erano conosciuti –
o ad intervenire per rimettere al loro posto tutti i gli studenti che li
circondavano come una mandria di cornacchie impiccione. Avevano per la maggior
parte più di diciassette anni, se fossero stati più giovani nessuno sapeva cosa
avrebbero potuto fare. Forse si sarebbero messi ad incitare alla rissa.
Incerto, dopo quell’affermazione, Lord Fitzroy
guardò i nipoti con aria sconcertata, per poi lanciare un’occhiata preoccupata
a tutti i suoi allievi. Quello non era il luogo adatto ad una crisi isterica di
coppia. «Ella cara, di cosa… di cosa stai parlando? Mia madre come avrebbe mai
potuto rovinare il tuo viaggio di nozze?» le domandò, con gentilezza, facendosi
avanti come se lei fosse stata pazza e lui avesse temuto che potesse reagire
con violenza.
«È ringiovanita»
sbottò Anthony, poggiando con delicatezza la mano sulla spalla della moglie,
che sembrava sul punto di balzare alla gola del nonno. «Ed oltre a rovinare il
nostro viaggio di nozze sta per rovinare la vita di tutto il mondo».
***
«Dovevamo per forza lasciarli andare via?» si
lamentò Draco, per l’ennesima volta, voltandosi ad osservare la sua fidanzata
con il suo miglior cipiglio da principino esasperato, quasi gli avessero tolto
il trono e lo avessero fatto finire con le regali chiappe al suolo. «Goldstein
era meraviglioso in Difesa ed è abile con gli incantesimi! Quanto ad Ella…»
fece uno sbuffo spazientito. «Ella è soprannominata manolesta, nell’ambiente. Sono certo che
Manolesta
ci sarebbe stata incredibilmente utile».
Hermione non lo degnò di uno sguardo, limitandosi
a sbuffare. «Probabilmente affronteremo la sua bisnonna, Draco, a te potrebbe
sembrare perfettamente lecito chiederle di mettersi contro la sua stessa
famiglia, ma per le persone dotate di un cuore non è una cosa tanto carina da chiedere».
Il modo in cui lui si accigliò l’avrebbe fatta
certamente sorridere, se si fosse abbassata a guardarlo. «Per quale motivo mi
trattate tutti come se fossi un mostro insensibile?» domandò, sconfortato e ferito.
«Proprio tu, Hermione, che hai esplorato le parti più oscure della mia anima!».
«Proprio perché ho esplorato le parti più oscure della mia anima sono certa che tu sia un mostro
insensibile e senza coscienza».
I due si scambiarono un’occhiata apatica, poi,
lentamente, si sorrisero. Draco si avvicinò a lei, passandole un braccio
intorno alla vita per lasciarle un piccolo bacio sulla guancia. «Non mi serve
una coscienza, finché ho la mia dolce e pedante Mezzosangue accanto. Sei tutta
la coscienza che mi serve per non raggiungere i livelli di grande psicosi che
corrono nel ramo materno della mia famiglia».
Lei gli diede un pizzicotto al fianco, scuotendo
il capo. La nuvola che scurì i suoi occhi gli fece capire quanto incosciente
fosse stato nel rivangare la pessima esperienza che lei aveva avuto con
Bellatrix2. Ma Hermione, naturalmente, era una donna ben più forte
di quanto chiunque potesse immaginare, i ricordi non erano che immagini remote
e lei non si sarebbe mai fatta condizionare da questi. Dopotutto, stava per
sposarlo! «Mi hai dato del Grillo Parlante, Malfoy? Non so se dirmene onorata o
disgustata» gli disse, alzando gli occhi al cielo. «Questo farebbe di te il mio
Pinocchio?».
«Pidocchio?». Draco
inarcò le elegantissime sopracciglia bionde, scostando un ramo basso dalla via
sua e della sua fidanzata. «Capisco che l’esser ricco di famiglia mi abbia
aiutato a vivere di rendita per un po’ di tempo, ma addirittura darmi del
parassita, Mezzosangue…».
Lo schiaffo che lei gli assestò sul braccio rese
chiaro che si fosse sbagliato. «Pinocchio era un burattino fatto da un
falegname senza figli, Geppetto. La Fata Turchina gli ha dato vita e gli ha
promesso che sarebbe diventato un bambino vero se avesse imparato a comportarsi
bene» gli spiegò, con un sorrisino allegro. «Il Grillo Parlante gli faceva da
coscienza, perché ovviamente lui non ne aveva una… quando disubbidiva e diceva
bugie gli cresceva il naso e poi dovevano essere dei picchi a farlo tornare
della giusta misura!».
Il povero Draco accolse quella notizia con una
certa sorpresa. «I picchi? Nel senso… nel senso gli uccelli?» domandò, sconcertato, toccandosi la punta del naso
con fare preoccupato.
«Il naso è di legno, lui è un burattino» specificò lei, alzando gli occhi al cielo. «Quando non
obbedisce al grillo e dice bugie il suo naso si allunga e i picchi devono
accorciarlo».
«Se io non obbedisco al mio grillo finisco sempre col litigare e sì, alla fine qualcosa si
allunga, ma di certo non è il naso».
«Malfoy!».
Il suo rimprovero si perse fra gli alberi, ma,
stranamente, non scatenò alcun tipo di reazione. Strano, quella parte dell’Inghilterra pullulava di ogni tipo di
bestiole e creature, comprese tante creature Fantastiche di cui Draco non
conosceva e non voleva conoscere il nome. Tuttavia, avendo passato anni in zone
sperdute del mondo, circondato da terribili maledizioni e bestie sconosciute,
lui sapeva fin troppo bene di non potersi fidare della tranquillità che li
stava circondando.
Non
potevano proprio fidarsi.
«La radura non è molto lontana» disse alla donna,
facendole cenno di seguirlo lungo una zona più appartata. «Ti ricordi quella
volta in cui ti ho raccontato della mia avventura in Perù?» le domandò poi,
accigliato, stringendole la mano per assicurarsi che non si perdesse per strada.
Ed anche, seppur in modo fortemente limitato, per sentirsi più tranquillo e
rilassato. Non le avrebbe dato la soddisfazione di farle sapere quanto, in
realtà, si sentisse in ansia.
«Intendi quando il lama ha provato a mangiarti i
capelli scambiandoti per un cespo di lattuga?» chiese lei di rimando,
ricambiando la sua stretta con un leggero sorriso. «Se non sbaglio me l’hai
raccontato quando ho trovato la foto scattata da Ranya3 e non hai
potuto negare. Non che tu non ci abbia provato, naturalmente, nonostante fosse evidente che il lama non fosse attratto
da te per una questione di chimica animale».
Draco ebbe la forza di accigliarsi, nonostante
quel silenzio intorno a loro si fosse fatto sempre più strano, sempre più
innaturale. Come la maledizione in Perù. «Stai
per sposarmi, mia cara, dovresti conoscere il vero motto della famiglia Black».
«Negare l’evidenza?».
«Negare soprattutto
l’evidenza» le rispose, secco, stringendosi nelle spalle ma mantenendo gli
occhi puntati nell’oscurità tutta intorno a loro. «Hai conosciuto il cugino
Sirius, mia cara, credevo avessi imparato già con lui». Le sorrise, poi,
vagamente intenerito. «Hai visto Teddy? Aveva le mani
sporche di cioccolata ma ha inventato una credibilissima storia su di un
ippogrifo entrato dalla finestra che lui ha combattuto con gran coraggio».
«Andromeda l’ha messo in punizione per una
settimana» specificò Hermione, con una risatina divertita. «Quanto a Sirius…»
il suo tono si affievolì notevolmente, finché non fu costretta a schiarirsi la
voce. «Una volta l’abbiamo beccato in una stanza così piena di fumo da sembrare
Londra in una mattina di novembre, ma ha avuto la faccia tosta di negare di
aver toccato una sigaretta. La signora Weasley lo ha picchiato con il manico di
scopa di Ron».
Senza poterselo impedire, Draco strinse i denti.
«Non parlarmi di quella donna e di quel… quel mostro4. Mai più» sibilò, stringendo la presa
sulla mano di lei con fare possessivo. Hermione poteva aver iniziato a superare
il trauma, lui, invece, era ben lontano dal digerire tutta la rabbia che si
portava in corpo da mesi. «Attenta a
quella radice, Mon Ange, è parecchio grossa e potresti
inciampare».
«Sai bene che loro non fanno più parte della mia
vita e non li rivedremo più» provò a rassicurarlo, con quella solita gentilezza
che a lui faceva venire l’orticaria. Sembrava sempre che non lo ritenesse
abbastanza intelligente o forte da sopportare il carico di emozioni. «Radice?
Intendi que-oh!».
Naturalmente, lei inciampò proprio in quella radice, rovinando al suolo e
trascinando anche lui con sé. Si ritrovarono entrambi contro la terra umida,
lei fortunatamente per metà sul mantello di lui e quindi relativamente salva
dal fango.
«Mezzosangue, per le mutande consunte di Merlino, te l’avevo pure detto! Lo sai che il
fango è difficilissimo da eliminare da questo tessuto! E la spada si è pure
sporcata» si lagnò Draco, tirandosi a sedere ed assicurandosi che anche lei
facesse altrettanto, controllando che non si fosse ferita. «Stai bene?».
Lo sbuffo spazientito con lui lei gli rispose lo
fece sorridere. «La spada, ti preoccupi della spada! Prima di quella e poi della tua futura moglie, è davvero
poco cavalleresco da parte tua» sbottò, voltandosi a fissare malevolmente la
radice in questione. «Io avevo alzato la gamba, la stavo superando ma si è sollevata! Non posso proprio capire come
accidenti sia successo» mugugnò, rialzandosi quando lui, avendolo già fatto, le
allungò la mano. Muoversi con quei vestiti doveva essere tutto fuorché
semplice. Hermione, presa dalla stizza, si voltò a fissare la radice in
questione con espressione bellicosa – proprio come era solita fare con Draco
quando erano dei ragazzini – e poi, presa da un istinto che di nobile non aveva
nulla, le diede un calcio.
Un secondo prima che lo colpisse, tuttavia, Draco
notò qualcosa che avrebbe preferito davvero tanto
non vedere. O, meglio ancora, che avrebbe preferito vedere ma solo come
allucinazione, come una svista dettata dalla caduta. Le impedì di continuare
con i suoi intenti, chiedendole, con un cenno, di guardare con maggiore
attenzione.
C’erano delle scaglie.
Quella non era una radice.
Era una
coda.
***
Il Nero
delle Ebridi ha scaglie ruvide, occhi viola brillante e una fila di creste affilate
lungo la schiena. La sua coda termina con una punta a forma di freccia e
possiede ali simili a quelle di un pipistrello.5
Draco sentiva le gambe tremare, ma non era
abbastanza spaventato da buttarsi alle spalle ogni dignità e mettersi a correre
via come un bambino davanti all’uomo nero. Certo, a dargli coraggio era anche
la presa di ferro che Hermione aveva arpionato al suo braccio, infilzandogli le
unghie nella carne fin quasi a farlo sanguinare.
Ci voleva una bella faccia tosta ad essere spaventata!
Lei non era quella che aveva aiutato un drago a fuggire da Hogwarts e che era
evasa dalla Gringott a cavallo di una bestia
cresciuta in cattività? Era Draco a
non aver mai visto una creatura simile da così vicino. Quantomeno, non senza
una squadra di Dragonologi pronti ad intervenire.
Il rettile era enorme, pacificamente addormentato
fra gli alberi e solo vagamente infastidito dopo la loro rovinosa caduta sulla
sua coda. Era più grosso di quello che aveva visto durante il Torneo Tremaghi, segno che dovesse essere un maschio. I maschi
erano meno aggressivi, stando a quelle breve conversazioni che aveva avuto con
l’unica, vera esperta con cui avesse
mai avuto il piacere di parlare6. E fu proprio a lei che pensò,
cercando di capire cosa accidenti fare per uscire da quella situazione molto
più che incresciosa.
“Il Nero
è estremamente aggressivo, soprattutto quando si invade il suo territorio”.
Naturalmente, lui ed Hermione avevano appena
invaso la tana del drago, cogliendolo proprio nel momento del pisolino serale.
Il brutto muso dentato era rivolto verso la cascata alla loro destra e, proprio
al centro della spirale di scaglie, stava la spada, incastonata nella roccia.
Excalibur era eccezionale: identica alle
descrizioni delle leggende, simile a tutte le altre spade che lui aveva visto
nelle esposizioni a casa dei suoi amici. Al tempo stesso, tuttavia, c’era
qualcosa di incredibilmente speciale in quella lama, forse nel modo in cui
riluceva alla pallida luce emanata dalle loro bacchette, forse a causa dei rampicanti
che la circondavano come a volerla proteggere.
La Spada
che consegnerà il Trono al Vero Re d’Inghilterra.
«Cosa facciamo?» sibilò Hermione, guardandosi
intorno con aria ansiosa. L’oscurità li circondava e, una volta resosi conto di
dov’erano andati a finire e di chi fosse il loro vicino, il rumore sinistro del
respiro della bestia impediva che il silenzio li avvolgesse come prima. «C’è un
incantesimo muffliato qui intorno»
aggiunse lei, quasi avesse voluto rispondere alla domanda che lui non aveva
davvero posto. «Per questo motivo non abbiamo sentito nulla, mentre ci
avvicinavamo. Immagino ci sia anche un qualche incanto che impedisce alla gente
di avvicinarsi, Ella mi ha detto che sua nonna è sempre stata un’esperta in
questo tipo di incantesimi».
“Il Nero
odia essere disturbato. Se fossi mai riuscita a diventare una magizoologa mi sarebbe piaciuto poterli studiare da vicino”.
Ah, se solo avesse potuto dire a Rosemary di quel
suo incontro! Lei lo avrebbe odiato per sempre, oppure si sarebbe fatta una
grossa risata e gli avrebbe chiesto quante paia di mutande aveva già sporcato.
Se fosse stato abbastanza sfortunato, probabilmente entro la fine della notte
avrebbe avuto modo di rivederla e raccontarle tutto di persona.
Si sarebbe arrabbiata infinitamente, ne era certo:
le aveva promesso una Rosemary Malfoy e stava per morire prima di portare a
termine quel semplicissimo compito che lei gli aveva affibbiato. Quello e,
naturalmente, far uscire suo padre dal vortice di depressione in cui era caduto
dal momento stesso della sua morte.
«E come mai noi ci siamo avvicinati?» porre quella
domanda, per Draco, fu proprio una violenza contro se stesso. «Questa mattina
siamo passati giusto a qualche metro di distanza e non siamo stati attirati
qui, mentre adesso sì. Perché?»
insistette, tirando Hermione indietro di un passo. Quando lei calpestò un
rametto lui sentì distintamente una delle sue ossa fare la stessa fine fra i
denti del bestione.
«Perché, naturalmente, io vi voglio qui» gli rispose una voce cristallina ed
incredibilmente familiare, proveniente direttamente dalle loro spalle.
Voltandosi, entrambi si trovarono davanti ad una donna con meravigliosi capelli
biondi ed occhi di smeraldo, straordinariamente
simile a Druella ma decisamente più spaventosa.
«Margaret Fitzroy, è un piacere rivederla» Con una
certa ironia, Draco si inchinò in direzione della donna, non sapendo bene se
fosse più saggio mantenere Hermione al suo fianco oppure spingerla indietro,
verso il drago ancora placidamente e miracolosamente addormentato. «L’ultima
volta che l’ho incontrata era una simpatica vecchina che faceva la maglia,
adesso, invece, usa la magia della più importante spada mai esistita. E tutto
per che cosa? Per delle rughe in meno? Per un sedere senza cellulite?».
«Draco» gli sibilò Hermione, dandogli un pugno
sulla spalla e lanciandogli uno sguardo esasperato. Non stuzzicare la pazza maniaca, idiota.
«Ti prego, chiamami Morgana, adesso» gli rispose la donna, con una risatina agghiacciante, dondolando
leggermente i piedi da sopra il ramo su cui si era accomodata. «E sì, ho fatto
tutto per qualche anno di meno» aggiunse, con un sorrisino. «Una nuova
possibilità di splendere, di impormi senza un marito asfissiante… adesso sono io la protagonista».
«Ma perché farci trovare la spada?» domandò
Hermione, accigliata. «Perché portarci all’unica arma che potrebbe fermare
questo suo piano assurdo?».
In cuor suo, Draco conosceva benissimo la
risposta.
La conosceva e la temeva.
«Ma io non vi ho portati alla spada… vi ho portati
al Drago» specificò Margaret, con un
sorriso dolce, da nonna. «Vedete, io
ho letto delle vostre avventure per il mondo e sapevo che vi avrebbero mandati qui a rovinare tutto. Così…» si
strinse nelle spalle, allegra, sistemandosi la generosa scollatura. «Mi
dispiace soprattutto per te, Draco caro, ma vedi… non posso rinunciare a queste» nel dirlo, accennò al seno
prosperoso. «Quindi… beh, spero vi
divertiate nell’aldilà» continuò, tirando fuori la bacchetta.
“Quando
il Nero punta una preda, nulla potrà impedirgli di porre fine alla sua caccia”.
«Margaret-».
Un boato infernale anticipò di un istante il pop della smaterializzazione della
strega, svanita nel nulla. Un momento dopo, un ringhio feroce si sprigionò
dalle loro spalle, facendo tremare la terra sotto i loro piedi.
Draco dormiens nunquam titillandus7.
Il drago si era svegliato.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Avvertenza: Questa fanfiction è
un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.
Non stuzzicate il drago che dorme.
Anche questa settimana, fortunatamente, sono riuscita ad aggiornare in
tempo! La storia si avvicina alla conclusione – un altro capitolo e poi, forse,
soltanto l’Epilogo – e credo che, con questa, si concluderà, per un po’, la
parentesi del “Mirror Universe”
(l’universo cui appartengono tutte le storie legate a Lo Specchio delle Anime).
Forse mi prenderò un po’ di “ferie”, forse elaborerò qualcosa di diverso. Chi
lo sa? Io di certo no!
Nonna Margaret è una simpatica vecchina, nevvero?
Punti importanti:
» 1 – Merrick Rosier è
un OC presente nella Long, come molti altri apparsi qui e lì nella fanfiction. Per chi non lo sapesse, è una cugina di Draco
che, per ragioni particolari spiegate nella long stessa, ha deciso di diventare
Auror.
» 2 – Venitemi a dire che Bellatrix non è
psicopatica, se ne avete il coraggio! Ovviamente il riferimento è all’incontro
che c’è stato fra Hermione e la Mangiamorte a Malfoy Manor,
quando quest’ultima l’ha torturata per avere informazioni.
» 3 – Ranya è
un’esperta di arte antica proprio come Draco. Ha aiutato lui ed Hermione nel
passato (più suo zio che lei, in realtà) e si è tenuta in contatto, soprattutto
perché ha una bella cotta per la nostra Mezzosangue ;)
» 4 – Nel caso non abbiate letto Lo Specchio, non ho intenzione di fare
spoiler. Vi basti sapere che, in Lo Specchio, Ron e Molly si sono comportati
davvero molto male con Hermione.
Tranquilli, tutto ha una sua ragione logica.
» 5 – Cit. da “Animali Fantastici e dove trovarli, di N. Scamander”. Il 17 uscirà il film, non vedo l’ora. C’è una legilimens in quel
film. Io adoro i legilimens.
Nella mia prossima storia voglio usare una legilimens.
(Merrick è una legilimens,
se vogliamo esser pignoli).
» 6 – Riferimento a Rosemary Crave, figlia del dottor
Newton Crave. Storia lunga, la ragazzina ha avuto una
brutta vita. Draco e lei sono stati
molto amici, anche se solo per un breve periodo.
» 7 – Non stuzzicare il drago che
dorme. Ovviamente, è il motto di Hogwarts.
Ho una domanda: io
avevo pensato di scrivere qualcosina sui Malandrini, ma potrei avere in mente
un’altra fanfiction ambientata nel periodo di Harry
(possibile Dramione, in questo caso). Voi cosa
pensate sia meglio sviluppare, per prima?
A lunedì prossimo, spero!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a
chiunque leggerà,
-Marnie