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Autore: Elizabeth_Carre    18/11/2016    2 recensioni
"Ma in questo giorno più triste di altri, la certezza che due di noi potrebbero morire nelle prossime settimane ci fa sentire già tutti morti, e forse un po' lo siamo già."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno.
Ci tenevo a precisare che la storia ha molto in comune con il libro originale. Ho cercato di rendere la vita dei protagonisti il più simile possibile per non allontanarmi dal carattere assegnato dalla Collins ai due personaggi principali. Spero di esserci riuscita.
Piccola curiosità: ogni capitolo che scriverò inizierà con la stessa identica parola del capitolo di Hunger Games dal quale è tratto. Mi sembrava una cosa carina.
Grazie.
 
 
Capitolo 2
 
 
 
 
Una volta, poco dopo la morte del loro padre, ricordo di avere visto Prim vagare per il distretto con in braccio un gatto randagio e ferito ad un orecchio. Era magra e scompigliata, inciampava ad ogni passo che faceva, ma continuava imperterrita a camminare. A chiunque la fermasse per chiederle se volesse ripararsi sotto una tettoia o volesse in prestito un ombrello rispondeva che doveva tornare di corsa a casa perché il gattino aveva bisogno di cure.
Sul suo  viso, se pur tristissimo, si vedeva chiaramente la speranza di riuscire a fare qualcosa per la povera bestiolina che miagolava disperata tra le sue braccia. E' sempre stata così lei. Davanti ad un animale o un amico o persino un estraneo in difficoltà non si è mai tirata indietro se poteva dare una mano.
La madre proviene da una delle famiglie più antiche di farmacisti di qui, e anche se si è trasferita nel Giacimento dopo il matrimonio, ha continuato a prendersi cura degli abitanti del distretto. E' il nostro medico di fiducia e così sarà la figlia un giorno.
Poco tempo dopo questo episodio la vidi saltellare nel tragitto che porta a scuola con un gattone peloso appresso. Era riuscita nel suo intento di salvarlo e si era conquistata la sua devozione e da quel giorno non la vidi mai  più triste. Mai prima di oggi.
Il pubblico mormora il suo dissenso, io vorrei urlare il mio. Prim era alla sua prima nomina. Una sola strisciolina conteneva il suo nome.  Mi si rivolta lo stomaco nel vederla staccarsi titubante dalla propria fila, pallida con le mani strette a pugno lungo i fianchi e incamminarsi incerta verso il palco. Le due trecce lunghe e bionde si agitano ad ogni suo passo. Uno dopo l'altro. Lentamente.
Vedo in Katniss il suo stesso terrore, e se fino a poco fa ho sperato che non fosse estratto il suo nome, mi rendo conto che per lei il fatto che sia stato sorteggiato quello della sorellina adorata è anche peggio che se fosse stata scelta lei stessa.
-Prim!- il suo urlo soffocato mi risveglia dal trance in cui ero caduto e rilascio il respiro che non sapevo di trattenere. Mi esce affannoso dal petto, un peso mi opprime. Perché io so già cosa stia per fare. -Prim!- La folla si apre per lasciarla passare e di corsa raggiunge la sorella, la spinge dietro di sé. -Mi offro volontaria!- Ansimo. Le parole che temevo di sentirle pronunciare.- Mi offro volontaria come tributo!
Il mio peggiore incubo si sta avverando. Me l'aspettavo. Da sempre l'amore per la sua sorellina minore le ha dato la forza di andare avanti quando altre ragioni non c'erano. Il padre era morto in miniera, la madre non era riuscita ad elaborare il lutto ed era caduta in una fase di depressione acuta. Non si alzava né muoveva se non a comando. Non badava a loro in nessun modo. La fame stava distruggendo la loro vita. Lo vedevo. Lo capivo ogni giorno quando le osservavo. Katniss sempre più magra e pallida si trascinava per la città in cerca di lavoretti o di cibo per la sua sorellina.
Morire di fame non è insolito da noi. Anziani che non possono più lavorare, famiglie con troppe bocche da sfamare, mutilati nelle miniere che perdono il lavoro. Ufficialmente la causa del decesso non è mai la fame, è sempre l'influenza o il congelamento. I Pacificatori che ritirano i corpi dei morti che trovano nel Prato o contro i muri tra le case, non potrebbero mai ammettere che Capitol non si prenda cura di noi come si deve.
Ricordo che mi distruggeva il non poter fare nulla per aiutarla. Fino a quando una sera, tre mesi dopo la morte del signor Everdeen, sentii la voce di mia madre inveire contro qualcuno fuori dalla panetteria. Posai le pagnotte che stavo per infornare, mi avvicinai alle sue spalle e lei era lì. Appoggiata ad un albero sotto una pioggia insistente. Vidi i cestini dell'immondizia aperti e capii subito cosa stesse facendo prima che mia madre la sentisse e le urlasse di andare via minacciandola di farla venire a prendere dai Pacificatori.
Non ci pensai due volte. L'occasione mi si era presentata alla porta di casa. Misi più in fondo nel forno le pagnotte che si stavano cuocendo, in modo tale che si bruciassero e non fosse più possibile venderle. Non mi importava se per questo gesto avrei ricevuto una strigliata, forse non ci pensai neanche. Non m'importava che dopo mia madre me le avrebbe date di santa ragione e mi avrebbe detto che ero un incapace. Ci ero abituato. Non ero il suo figlio prediletto così come non ero il fratello più amato. Lo feci e basta. Per lei.
Dopo essermi preso le botte da mia madre uscii di corsa sul portico ma non diedi il pane ai porci come mi intimò di fare subito. Mi assicurai di non essere visto dalla mia famiglia e dopo avere spezzettato qualche pezzetto di pane e gettato nel trogolo, lo lanciai nella sua direzione.
I capelli sciolti sulle spalle, le braccia intorno al corpo alla ricerca di calore. Fradicia dalla testa ai piedi. Mi guardò un solo secondo, la guardai un solo secondo e sospirando rientrai in casa. Non avrei potuto fare altro per lei quella sera.
C'è un po' di trambusto sul palco per questo evento inatteso. -Splendido!- trilla Effie Trinket. - Però credo che prima si debba presentare il vincitore della mietitura e poi chiedere se ci sono volontari, e se qualcuno si offre, allora noi...- La sua voce si spegne indecisa sul come andare avanti con lo spettacolo.
Il Distretto Dodici non ha mai avuto un volontario e la regola vuole che un altro ragazzo o un'altra ragazza che rispondono ai requisiti richiesti possono farsi avanti come tributo e prendere il posto di colui o colei di cui è stato estratto il nome, e che importa se ciò avviene prima o dopo?
- A che serve?- ribatte il sindaco - a che serve? Lasciate che venga - e il suo sguardo addolorato passa da Katniss a Prim che dietro di lei adesso sta gridando isterica. - No, Katniss! No! Non puoi!
-Prim, lasciami andare- le intima Katniss sconvolta ma con un tono fermo e duro. Dentro di sé sta morendo di dolore, le emozioni si sono susseguite velocemente. Deve ancora realizzare la portata del suo gesto. Chi si prenderà cura di loro adesso? Se dovesse morire nell'arena come potranno andare avanti senza di lei?
Tutto questo le si legge in viso ma non cede. Non crolla. Non molla. - Lasciami andare!- ripete freneticamente. Gale si avvicina e gliela stacca gentilmente da dietro la schiena e Prim comincia a dibattersi tra le sue braccia mentre lui l'allontana.
-Brava, brava!- la incita Effie Trinket mentre Katniss sale i gradini che portano sul palco.- Questo è lo spirito del programma!- continua esaltata.
Katniss a quel punto la raggiunge e quando le viene chiesto quale sia il suo nome la voce che risponde non sembra neanche la sua. -Katniss Everdeen.- Il suo tono è spento e stanco. E' come se già si fosse rassegnata a morire.
-Mi sarei giocata la testa che quella era tua sorella. Non vogliamo che ci rubi tutta la gloria, vero? Coraggio, allora! Facciamo tutti un bell'applauso al nostro nuovo tributo- continua ostinata Effie Trinket, ma nessuno si muove. Stiamo tutti lì, a guardare Katniss, in silenzio. Le braccia molli lungo il corpo, il viso inespressivo e pallido, gli occhi vacui.
Piano piano però qualcuno reagisce. Non come ci si aspetta. Non battono le mani ma fanno qualcosa di più significativo. Prima uno, e poi a mano a mano tutti gli abitanti, portano le tre dita di mezzo della mano sinistra alle labbra e le tendono verso di lei.
E' un antico gesto del nostro distretto. Un gesto che significa ammirazione, comprensione. Un modo tutto nostro per dire "noi siamo con te, ti siamo vicini". Un addio.
L'ho visto fare una volta ad un funerale da uno dei pochi anziani rimasti. Credo che Katniss per un atto del genere potrebbe addirittura scoppiare in un pianto frenetico. Lo vedo nei suoi occhi e nel tremolio del suo corpo.
Per fortuna Haymitch sceglie proprio quel momento per avvicinarsi barcollante a congratularsi con lei e distende un po' la tensione del momento. -Guardatela. Guardate questa qui!- urla mettendole un braccio sulle spalle quasi come fossero vecchi amici. - Mi piace!- riprende fiato - Ha un gran bel...fegato!- asserisce. Si allontana da lei e si porta davanti al palco. Adesso è agitato più che gongolante. - Più di voi!- traballa sul bordo - Più di voi!- non si capisce bene con chi ce l'abbia. Grida rivolto direttamente ad una telecamera. Un avvertimento per gli altri tributi? Un ammonimento per Capitol City? Non lo sapremo  mai, perché proprio quando sembra stia per portare avanti il suo discorso, barcolla e  rovina fragorosamente al suolo perdendo i sensi.
Grazie all'intervento di Haymitch, Katniss riesce a ricomporsi, deglutisce e porta le mani dietro la schiena riprendendo a guardare dritto davanti a sé. Il suo sguardo si è schiarito finalmente.
-Che giornata eccitante!- esclama Effie mentre Haymitch viene portato via in barella e cercando di riprendere in mano la situazione. - Ma altre emozioni ci aspettano! E' giunto il momento di scegliere il nostro tributo maschile!- Tutta affettata si avvicina alla boccia che contiene i nomi dei tributi uomini. Una mano alla parrucca rosa e l'altra che avanza verso i bigliettini.
Non so come succede. Per un momento sono rimasto rapito dal movimento della mano di Effie mentre speravo ardentemente che non fosse estratto il mio nome, e il momento dopo mi ritrovo a boccheggiare. -Peeta Mellark!- annuncia Effie, ma io sto boccheggiando. Il cuore mi batte velocissimo nel petto ed il mio istinto è quello di fuggire, urlare, piangere. Si, piangere. Adesso so che è questo che hanno provato tutti quelli prima di me. La sensazione di non poter respirare, perché lo sai, dall'arena non si ritorna. Propria stamattina lo diceva mia madre ma io facevo finta di non sentirla. Non volevo sentirle dire tutte quelle cose sui tributi degli scorsi anni. Tutti i tributi che non ce l'hanno fatta. Gente che conoscevamo. Anche io sarei potuto essere estratto. O Knead. Che madre insensibile è quella che non rivolge nemmeno una parola rassicurante ai propri figli che si preparano per il patibolo?
La folla si apre per farmi passare. Leggo sollievo nei loro occhi che mi guardano e mi intimano silenziosamente a raggiungere il palco quasi come avessero paura che sia tutto uno sbaglio. Ma non è un errore. No.
Mi ricompongo come meglio posso. Respiro per quanto mi sia possibile. La camicia ad un tratto è diventata troppo stretta. Mi strozza. Non so come, ma mi incammino. Lo sguardo basso. Mi  guardo i piedi. Non voglio vedano la paura che sicuramente mi si legge in volto.
In prossimità delle scale alzo gli occhi coraggiosamente. Non guardo lei perché altrimenti sono sicuro che scoppierei in lacrime, salgo i gradini deciso e prendo posto.
Effie Trinket chiede se ci siano volontari ma so che nessuno alzerà la mano per me, nessuno urlerà il mio nome. E' normale. Nel giorno della mietitura l'attaccamento alla vita supera di gran lunga quello per la famiglia. E comunque io non ho questo gran rapporto con i miei fratelli, gli unici che potrebbero offrirsi per me. Gli voglio bene e loro a me, questo sì, ma sono convinto che l'amore fraterno sia qualcosa di più del semplice salutarsi al mattino o chiedere se sia tutto ok. No. L'amore tra fratelli va oltre. E questo me lo ha insegnato Katniss.
Per tutta la vita che ho passato osservandola l'unico punto suo fermo è sempre stata Prim. Ha fatto sempre di tutto per lei. Tutti noi del distretto lo vedevamo. Se aveva un qualsiasi problema, anche piccolo, lei era sempre lì. Per una sbucciatura al ginocchio, quando i ragazzi la prendevano in giro perché povera. In ogni momento ha sempre avuto una parola gentile, le ha sempre fatto una carezza. Ha fatto in modo che anche noi ci affezionassimo e preoccupassimo per Prim.
Mai nessuno mi ha rivolto queste attenzioni. Mi sono sempre sentito un po' solo. Per questo mi sono rifugiato nei libri, quei pochi che potevamo permetterci. In tutto sei o sette, ma li ho divorati più e più volte. Mi sono creato delle amicizie per sopperire alle mancanze della mia famiglia. Ho imparato a vivere a modo mio per soffrire di meno. E ci sono riuscito, ecco perché non mi aspetto che qualcuno si offra per me.
Purtroppo la fortuna non è dalla mia parte oggi. Tributo maschile per i settantaquattresimi Hunger Games. Tributo maschile con Katniss.
La guardo di sottecchi chiedendomi perché debba essere in coppia proprio con lei e mi chiedo se si ricordi di quel mio gesto di tanto tempo fa. Se ha mai notato i miei sguardi frequenti. Se mi ha mai notato tutte le volte che ho provato a parlarle. Era inavvicinabile.  Un macigno sulle spalle. Un peso che ha sempre portato da sola.
Vedo sua madre e sua sorella tra la folla piangere l'una tra le braccia dell'altra mentre Gale stringe entrambe. Si prenderà cura di loro, questo dicono i suoi occhi. Allontano lo sguardo verso la mia famiglia. Non vedo espressioni disperate o lacrime. Non vedo niente nei loro volti incolori.
Mia madre guarda nella mia direzione senza vedermi. I miei fratelli sono ancora in fila ma sono più sereni. Adesso hanno entrambi la certezza di avere superato il rischio di combattere per la sopravvivenza nell'arena. Mio padre è un po' più distante, lo sguardo afflitto Non avevo dubbi che nessuno avrebbe pianto per me.
A questo punto il sindaco parte con la lettura obbligatoria del Trattato del Tradimento, ma io penso solo a tutto quello che sta succedendo. Penso a Katniss. So che io non avrò un minimo di possibilità di vincere i giochi, ma lei potrebbe farcela. Sa cacciare, è agile, furba e intelligente. Potrebbe vincere.
Rimugino su tutte le volte che avrei voluto avvicinarla senza mai riuscirci. La sua aura forte mi ha sempre intimorito. Ma forse, forse durante tutto questo viaggio avrò l'opportunità di farmi conoscere almeno un pochino. Se dovessi morire non avrei rimpianti ripensando a tutte le volte che avrei voluto parlarle. Sarò il suo punto di riferimento per tutto quello che posso. Non posso accettare l’idea di dover lottare tra di noi per vincere. Non voglio. Non devo. Io infondo non ho nessuno da cui ritornare. Lei ha tutto un mondo a cui pensare.
Non riesco a credere alla mia lucidità. Non riesco a credere di avere già deciso di non lottare. Anche se so di non avere alcuna possibilità di vincere, potrei almeno sforzarmi. Cercare di farcela. Ma non ci riesco. Non con lei.
Il sindaco finisce di leggere il lungo e noioso Trattato e invita me e Katniss a stringerci la mano. La sua è gelida tra le mie, segno che ha paura, così cerco di infonderle un po' di coraggio dandole una stretta che vorrei la rassicurasse almeno un pochino.
Ci giriamo verso il pubblico mentre risuona l'inno di Panem. La cerimonia finalmente si è conclusa.
   
 
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