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Autore: eliseCS    21/11/2016    1 recensioni
Per "festeggiare" il fatto di aver finito gli esami ho deciso (invece di cominciare a concentrarmi sulla tesi) di cominciare a pubblicare questa ff che ho per le mani da un po' di tempo.
Dopo quella sui fondatori e quella su Draco e Astoria la new generation non poteva certo mancare, quindi eccola qui.
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Una ragazza comincerà a scoprire le sue potenzialità in modo alquanto singolare.
Ricordi torneranno pian piano a galla.
Una profezia (forse, l'autrice è ancora un po' indecisa al riguardo)
E ovviamente non si può chiedere ai Potter di restare fuori dai guai, no?
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[...] Non sapeva che invece quello era stato solo l’inizio, come non sapeva che quella crisi era in qualche modo collegata a quello che uno strano bambino dai capelli scuri e spettinati le aveva detto diversi anni prima dietro la siepe di un parco giochi.
Per Elise quello strano incontro era ormai diventato un vecchio ricordo sbiadito e senza importanza, nulla più di un insolito e confuso sogno.
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Un piccolo assaggio dal prologo
Buona lettura
E.
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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37 – Pura magia
 
 
“Elise?” James bussando piano alla porta della camera della ragazza.
Non ricevette risposta e dopo qualche istante entrò lentamente richiudendo poi la porta dietro di lui.
La ragazza era girata di spalle che guardava fuori dalla finestra.
La raggiunse fermandosi al suo fianco.
“Lo sai che prima o poi la cosa sarebbe venuta fuori comunque, vero?” le domandò, ma non c’era traccia di rimprovero nella sua voce.
Elise annuì impercettibilmente.
“Sono passate settimane…”
“Lo so James, lo so” lo interruppe lei spostandosi dalla finestra andandosi a sedere su letto, la testa bassa, come se non sopportasse la sua vicinanza.
 
 
“Perché non sei arrabbiato?”
“Lo sapevo già…”
 
Avevano parlato tutti e due insieme, Elise non era sicura di aver capito sul serio quello che il ragazzo aveva detto.
 
“Tu… cosa?” domandò alzando la voce e perforandolo con lo sguardo.
James si mosse a disagio sul posto.
“Hai dormito per una settimana, Elise. I Medimaghi ti hanno fatto praticamente ogni tipo di analisi prima di decidere che stavi solo dormendo e avevi solo bisogno di tempo per svegliarti. Ad un certo punto ti hanno fatto anche il test che hanno fatto a Dan quando è rimasto senza poteri e… beh, era positivo”
“Chi altro lo sa?” domandò Elise. Era senza parole.
“Solo io, mio padre e il Primo Ministro” rispose svelto lui. “Volevamo che fossi tu a dirlo quando fossi stata pronta”
 
“Quindi… non ti importa? Che io non possa più usare la magia intendo”
James scosse la testa mentre un sorrisetto divertito gli curvava le labbra: “Pensi davvero che basterebbe così poco per farmi stancare di te?” domandò di rimando fingendosi offeso.
“Spero di no…”
 
“Elise” ripetè il ragazzo avvicinandosi e inginocchiandosi davanti a lei prendendole le mani, di colpo tornato serio.
“Pensavi davvero che un dettaglio come quello sarebbe bastato per farmi allontanare da te?” domandò ancora.
“Io…”
“Pensi davvero che dopo essere rimasto al tuo fianco per tutto questo tempo, dopo tutto quello che abbiamo passato, me ne sarei andato così solo perché tu non hai più i tuoi poteri?” proseguì interrompendola.
La ragazza fece per rispondere ma lui la fermò di nuovo.
“La risposta è no, Elise. No, non ti avrei mai potuta lasciare. Perché indipendentemente dal fatto che tu sia una strega o meno, sei tu e io non potrei mai lasciarti dopo averti conosciuta. Perché sono innamorato di te, e forse lo sono da quando una bambina di otto anni con i capelli biondi spettinati quasi più dei miei mi ha chiesto se volevo giocare con lei al parco, prima ancora di sapere che anche lei poteva usare la magia come me, quello è venuto dopo”
 
Elise era ammutolita, incapace di proferire parola, gli occhi lucidi mentre guardava James senza sbattere le palpebre come se avesse paura di non trovarselo più davanti se avesse chiuso gli occhi anche solo per una frazione di secondo.
 
“E ti prego non pensare mai più, neanche per un attimo, di non essere all’altezza, alla mia altezza, perché ti giuro che lo sei, e forse sono io quello che non ti merita. E forse non ti vedrai mai come ti vedo io: come illumini la stanza quando sorridi, come mi basta guardarti per sentirmi meglio; e ti prego di credermi, non sono pazzo – o forse sì – ma penso che tu sia assolutamente perfetta per me e non vorrei nessun’altra che non sia tu al mio fianco…”
 
Alla fine James aveva quasi il fiatone mentre Elise era ancora a bocca aperta.
Se non era una dichiarazione quella…
 
“James?” chiamò timidamente la ragazza dopo un istante di silenzio che ad entrami sembrò interminabile.
Il ragazzo alzò il capo che aveva momentaneamente abbassato per incrociare il suo sguardo con quello di Elise.
 
E poi non ci furono altre parole oltre al “Ti amo anch’io” sussurrato da Elise dal momento che la ragazza si abbassò verso di lui fino a far incontrare le loro labbra per poi afferrare subito dopo James per la maglia tirandolo verso di sé in modo da ricadere entrambi sul letto.
Tutti e due speravano che Julia e Dan avessero il buon senso di prolungare la loro uscita almeno fino a dopo cena.
 
 
 
Quando più tardi – l’ora di cena era passata da un pezzo – i due tornarono all’appartamento furono felici di constatare che il palazzo era ancora in piedi.
E come se non bastasse Elise sembrava tranquilla come non era da mesi, accoccolata sul divano insieme a James mentre parlavano del più e del meno.
Il sorriso che entrambi avevano sulle labbra la diceva lunga, ma forse per quella volta Julia si sarebbe trattenuta e non avrebbe infierito sull’amica dandole tempo… fino al giorno dopo.
 
 
 
ↄ ↄ ↄ
 
 
 
Era il venti settembre e finalmente poteva dire di essersi lasciata alle spalle il famigerato esame di tirocinio.
Per affrontare la prova gli studenti venivano chiamati a caso: Elise era stata fortunata perché era stata pescata quasi subito, purtroppo aveva visto Julia alzarsi dal suo posto per cominciare il percorso solo quando lei firmava per uscire perché aveva finito.
Avevano comunque precedentemente deciso che chi delle due avrebbe finito prima avrebbe aspettato l’altra al parco.
E così Elise si stava incamminando verso la sua meta.
 
James e Dan avevano sostenuto il loro esame un paio di giorni prima – ovviamente entrambi l’avevano superato brillantemente – di lì a qualche giorno anche loro avrebbero ricevuto i loro risultati: se erano fortunate il prossimo fine settimana sarebbero usciti tutti e quattro per festeggiare la loro definitiva ammissione al terzo anno di corso.
 
 
Forse prima doveva fare un salto a farsi vedere da un medico – o Medimago - pensava Elise mentre oltrepassava il cancello d’entrata del parco.
Era da qualche giorno che accusava un senso di malessere generale, una spossatezza che la mattina le faceva sembrare l’alzarsi dal letto come la più ardua delle imprese e un mal di testa costante che la sera raggiungeva il suo picco massimo facendole vedere le stelle. E non dimentichiamoci delle scariche di brividi – non per il freddo, sembravano quasi scariche elettriche… - che sembravano coglierla quando meno se lo aspettava.
Ora che l’aveva fatto non poteva più dare la colpa nemmeno all’ansia per l’esame.
 
 
 
Era quasi ora di pranzo e il parco era praticamente deserto.
Nell’area giochi c’era solo un bambino che dimostrava a mala pena sei anni e che in quel momento era intento a scalare lo scivolo al contrario mentre quella che verosimilmente era sua madre lo teneva sott’occhio da una panchina poco distante.
Guardare quel bambino mentre giocava la fece sorridere.
Prese posto a sua volta su una panchina all’ombra e appoggiò la borsa con i libri al suo fianco, buttando poi indietro la testa a guardare le parti di cielo visibili tra le fronde degli alberi.
 
Aveva perso la concezione del tempo, Julia ancora non si era fatta vedere, quando la voce della signora che richiamava il figlio perché era ora di andare la distolse dai suoi pensieri.
 
“Sammy, andiamo, è ora di pranzo: non hai fame tesoro?” chiamò la donna.
Sammy non sembrava molto contento.
“Ancora cinque minuti mamma!” protestò infatti.
La signora scosse la testa divertita alzandosi dalla panchina e mettendosi la borsetta a tracolla.
“Guarda che sto andando…” lo avvertì scherzosamente mentre cominciava ad allontanarsi.
Elise sorrise al ricordo di quando Diana lo faceva con lei: si incamminava in modo da sparire dal suo campo visivo, di solito arrivava fino al cancello, e quando non la vedeva più per Elise non c’era gioco che teneva e le correva subito dietro per non essere lasciata da sola.
A quanto pareva la strategia non era cambiata durante gli anni.
 
Sammy, che in quel momento si stava dando da fare per arrampicarsi sulla fiancata della struttura in legno che sosteneva lo scivolo vero e proprio girò appena la testa.
Evidentemente non si aspettava di non vedere già più la madre, e quell’attimo di sorpresa gli fece perdere la concentrazione su quello che stava facendo.
Il piede su cui aveva il peso scivolò dallo scanso su cui era appoggiato, complici anche le suole di gomma delle scarpe da ginnastica tutte consumate, e le manine non riuscirono a mantenere la presa quando si trovarono a dover sostenere tutto il peso del suo corpo chiudendosi intorno all’aria invece che intorno all’asse di legno dove erano appoggiate poco prima.
 
Elise registrò che il bambino stava cadendo in una frazione di secondo, di sicuro due metri e mezzo non era un’altezza da cui si atterrava incolumi, e l’attimo successivo era già scattata in piedi con il braccio sinistro teso davanti a sé, il palmo della mano aperto in direzione di Sammy.
Quello interruppe il piccolo urlo che si era lasciato sfuggire quando era scivolato nel momento in cui realizzò che non si sarebbe schiantato al suolo perché qualcosa lo stava trattenendo.
Quando finalmente i suoi piedi toccarono di nuovo terra si girò svelto notando che la ragazza bionda che prima era seduta sulla panchina vicino alle altalene adesso era in piedi e lo stava guardando con un’espressione più che stupita, la mano ancora tesa verso di lui.
 
“Sammy?” la signora era intanto tornata indietro chiedendosi come mai il figlio ci stesse mettendo così tanto a seguirla.
Elise abbassò il braccio e si risedette di scatto.
“Arrivo mamma” trillò allegro il bambino andandole incontro.
Nel farlo passò vicino alla panchina su cui era seduta la ragazza la quale sussultò appena quando il bambino le sussurrò un “Grazie” che solo loro due avevano sentito.
 
 
Quando finalmente rimase da sola Elise si rialzò dalla panchina compiendo un giro su se stessa con le mani tra i capelli sospirando pesantemente.
 
Quello che era appena successo… era semplicemente impossibile!
Si riguardò stranita la mano rendendosi conto solo in quel momento che tutti i disturbi che aveva accusato negli ultimi giorni erano magicamente spariti.
No, non poteva essere.
Cercò di rallentare il respiro e mise le mani nelle tasche dei jeans per smettere di continuare a guardarsele.
 
Quelli erano i suoi jeans portafortuna, e adesso che ci pensava erano gli stessi che aveva indosso quando avevano fatto la missione a Skelton House.
Dopo quello gli aveva fatto fare almeno tre lavaggi in lavatrice, quasi a voler cancellare anche il ricordo di quello che era successo, ma a quanto pareva qualcos’altro era sopravvissuto all’acqua.
 
Un foglietto di pergamena nella sua tasca destra di cui lei non si era mai accorta e che sembrava miracolosamente intatto.
 
Era piegato in più parti, le uniche cose che indicavano che fosse effettivamente rimasto lì tutto quel tempo erano la consistenza un po’ molliccia della carta e l’inchiostro con cui erano scritte le parole al suo interno che era sbavato, seppure il messaggio rimanesse comunque leggibile.
 
E quello che lesse le fece saltare un battito: erano solo due righe ma ebbero il potere di farle venire le lacrime agli occhi.
 
Ma nascosta e sopita la scintilla resta
Finchè di nuovo divampa quando uno meno se lo aspetta.
 
Suo padre le aveva detto che nemmeno Shayleen conosceva la profezia per intero, ma lui sì.
Solo che al pezzo in più che le aveva detto mancavano ancora le ultime due righe, la vera conclusione: adesso la profezia era completa.
 
 
“Elise, tutto bene?”
Era così persa nei suoi ragionamenti che non si era accorta che alla fine Julia l’aveva raggiunta.
“Ti prego dimmi che non stai pensando all’esame: lo sai che odio tornarci sopra una volta che sono finiti, quello che è fatto è fatto” rincarò la dose la mora vedendo che l’amica aveva ancora un’espressione pensierosa in viso.
In effetti in quel momento Elise stava pensando se dire o meno della sua scoperta a Julia, e se sì come farlo.
Julia sembrò decidere per lei dandole uno spunto perfetto per affrontare il discorso.
“Non chiedermi come ho fatto ma sono modestamente riuscita a tagliarmi con la fialetta del ferro* che era da preparare per la flebo. E meno male che non ho schizzato in giro, altrimenti mi avrebbero messo zero di sicuro…” commentò la ragazza sventolando in aria la mano incriminata.
“È come quando ti tagli con la carta: il taglio è piccolo ma brucia da morire e dà un fastidio…” si lamentò guardando male il dito come se fosse stata colpa sua.
“Dai lagna, fammi vedere” la prese in giro Elise bloccandole la mano esaminandola per trovare il taglio in questione.
Le era appena venuta un’idea…
“È qui, vedi?” Julia le indicò un taglietto, che in realtà tanto piccolo poi non era, che risaltava arrossato sulla pelle dell’indice.
“Mmm…” fu il commento di Elise mentre lo osservava.
Aveva ovviamente avuto modo di guarire ben di peggio, ma questo non toglieva che fossero passate settimane dall’ultima vola che aveva usato la magia, escluso il salvataggio di Sammy di poco prima.
E poi si parlava di guarigione, non di un semplice incantesimo: e se non ne fosse stata più in grado?
Cercando di tenere a bada i dubbi Elise strinse ulteriormente il dito di Julia tra pollice e indice, come a farle credere che volesse semplicemente guardare la piccola ferita più da vicino, e richiamò alla mente la sensazione che provava quando doveva usare i poteri per guarire.
Una manciata di secondi più tardi Julia faceva passare lo sguardo sbalordito dalla sua migliore amica al suo dito che era miracolosamente guarito.
“Elise? Come… come hai fatto?!”
La diretta interessata si concesse finalmente di sorridere lasciando perdere qualsiasi preoccupazione.
I suoi poteri erano tornati, erano tornati sul serio!
 
“Magia” rispose semplicemente mentre Julia l’abbracciava quasi più su di giri di lei.
 
Pura magia…”
 
 
 
ↄ ↄ ↄ
 
 
 
Julia, Elise, Dan e James erano all’appartamento delle prime due, seduti a tavola, e avevano appena finito di mangiare il dolce che James aveva commissionato a nonna Molly per festeggiare il buon esito dell’esame.
Il fatto che in realtà la signora Weasley si fosse lasciata prendere la mano e avesse preparato per loro tutta la cena era un altro discorso.
Avrebbero avuto avanzi per almeno quattro giorni…
 
Elise, in accordo con la coinquilina, aveva alla fine deciso di non dire nulla ai ragazzi fino a quella sera: sarebbe stata una sorpresa.
Era rimasta un po’ indecisa sul modo in cui glielo avrebbe detto, ma Julia aveva preso in mano la situazione con un “Lascia fare a me, fidati” non del tutto rassicurante, e circa a metà della cena aveva cominciato ad insistere affinchè tutti raccontassero a turno com’era andata la loro prova: ormai sapevano di essere stati promossi quindi, secondo una assurda regola che probabilmente si era inventata al momento, potevano parlarne.
Lei sarebbe stata l’ultima.
 
Mentre Elise cominciava a riporre i primi piatti nel lavello la mora aveva continuato il suo racconto, sottolineando più volte il fatto di essersi tagliata il dito, ed Elise cominciò a capire dove l’amica stesse andando a parare quando Julia invece di fermarsi continuò a parlare anche dopo aver riferito di come una delle tutor l’aveva guardata male quando aveva per sbaglio sporcato di sangue il foglio firme.
A quel punto era palese che l’interesse di Dan e soprattutto di James era leggermente sfumato, ma Elise sapeva che le cose sarebbero presto cambiate.
La ragazza si lasciò scappare una lieve risatina quando Julia raccontò di come, una volta arrivata al parco, aveva trovato Elise in piedi e ferma come una statua di sale come se in quel momento stesse ricevendo un’illuminazione divina, parole testuali.
 
“E poi come se nulla fosse mi ha guarito il taglio che avevo sul dito” concluse finalmente Julia con tono quasi noncurante.
Passarono due secondi netti dopodichè i due ragazzi sembrarono realizzare quello che avevano appena sentito: Daniel cominciò a tossire perché l’acqua che stava bevendo gli era andata di traverso mentre James fece direttamente cadere per terra il bicchiere che stava per portarsi alle labbra, schizzando acqua e facendo disperdere per il pavimento frammenti di vetro.
“Tu cosa?” domandò in stato quasi di shock fissando allibito la sua ragazza.
Elise scrollò appena le spalle, fece un ampio gesto con la mano verso il pavimento come a voler richiamare a sé tutte le schegge di vetro che vi erano disseminate: pochi istanti dopo il bicchiere che James aveva fatto cadere era nella sua mano, di nuovo intatto e senza l’ombra di una crepa; il pavimento asciutto.
James continuò a fissarla sbalordito finchè Elise non si mosse tirando fuori un foglio e porgendolo poi ai due ragazzi in modo che potessero leggerlo.
 
Aveva riscritto la profezia, tutta la profezia.
“Non era completa, non lo è mai stata” spiegò.
Proseguì poi dicendo di come aveva trovato gli ultimi versi scritti nel foglietto nella tasca dei suoi jeans che evidentemente era stato messo lì da Evan.
Probabilmente non le aveva detto subito anche la parte finale perché doveva essere convinta del fatto di dover perdere – anche se momentaneamente – i suoi poteri per poter tornare indietro e restituire la magia agli altri.
Finirono di festeggiare con un abbraccio di gruppo, decidendo poi che il giorno dopo sarebbero andati a dare a tutti la bella notizia.
 
 
Julia la salutò poco dopo: i genitori di Dan quella sera non erano a casa e lei sarebbe ovviamente andata a dormire da lui, come era ovvio che James si sarebbe fermato all’appartamento per la notte.
Quando la porta d’ingresso si fu chiusa lasciando James e la ragazza da soli, Elise, le sue labbra già incollate a quelle del ragazzo, non potè fare a meno di pensare che di sicuro non c’era modo migliore di concludere la serata e, pensandoci bene, non le sarebbe dispiaciuto per niente concludere così anche tutte quelle future.













*le fialette del ferro per preparare le flebo sono in vetro, e per esperienza personale vi posso assicurare che sono davvero bastarde...







Buonasera a tutti.
Ammetto che per un attimo ho pensato di "dimenticarmi" che oggi fosse lunedì e che avrei dovuto aggiornare.
Il motivo è molto semplice... questo è l'ultimo capitolo della storia.
Ebbene sì, siamo arrivati alla fine: le cose si sono finalmente sistemate, l'ultimo colpo di scena è stato svelato e direi che a questo punto Elise e James un po' di tranquillità se la meritano tutta.
Ma non disperate, manca ancora l'epilogo, che però NON verrà caricato lunedì prossimo: stavolta vi farò aspettare solo fino a venerdì (e  se leggerete le note che ci saranno in fondo all'epilogo capirete anche il perchè di questo anticipo).
Immagino comunque che non vi dispiaccia aspettare di meno, no?
Dunque...
I ringraziamenti "lunghi" me li lascio per la prossima volta, per adesso mi limito come sempre a ringraziare chi ha seguito la storia fino a qui e chi mi lascia il suo parere attraverso una recensione (riusciamo ad averne una in più visto che è l'ultimo capitolo?)
A venerdì!
E.
   
 
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